Normali per Contarex. Zeiss Planar 50mm 1:2

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; nel secondo dei tre articoli dedicati agli obiettivi normali destinati alle reflex 35mm professionali Zeiss Ikon Contarex introdurrò il Carl Zeiss Planar 50mm 1:2, ovvero lo standard per eccellenza del sistema, un obiettivo che normalmente veniva fornito di primo equipaggiamento con tali fotocamere; quest’obiettivo è stato il primo Planar per 35mm ad essere commercializzato e le sue eccellenti prestazioni complessive hanno ben supportato le aspettative di chi investiva una piccola fortuna per acquistare il nuovo gioiello Zeiss Ikon, talmente complesso e costoso da produrre da trascinare a fondo con se l’intera azienda.

La genesi e l’introduzione del Planar 50mm 1:2 per Contarex è stata lunga e articolata, scandita da tempi rarefatti e dilatati; cerchiamo quindi di ricostruire correttamente queste fasi.

Lo schema Planar, basato inizialmente su una struttura tipo Doppio Gauss con due menischi collati interni e due elementi singoli esterni praticamente speculari, venne calcolato dal Dr. Paul Rudolph e brevettato nel lontano 1898, sebbene inizialmente i problemi di aberrazione sferica sagittale obliqua e interriflessioni per gli otto passaggi ad aria ne abbiano limitato la diffusione a modelli da arti grafiche di ridotta apertura (Apo-Planar); nel Dopoguerra l’accesso generalizzato ai rivestimenti antiriflesso e la disponibilità di nuovi vetri ad alta rifrazione e bassa dispersione consentirono una svolta, mettendo finalmente il promettente schema Doppio Gauss in una posizione di vantaggio rispetto ai modelli tipo Tessar e Sonnar che avevano dominato il mercato fino ad allora.

Lo schema ottico del Planar Contarex venne calcolato nel 1952-1953 e rimase in stand-by inutilizzato per alcuni anni (le versioni per Linhof di medio e grande formato utilizzavano una configurazione differente a 5 lenti); il primo prototipo della nuova Contarex, ancora marcata Contaflex e con calotta non definitiva, comparve nel 1956 con la denominazione VK03 (Versuch Kemera n° 3), tuttavia ancora priva di obiettivo perché il corrispondente Planar non era ancora stato fattivamente definito ed assemblato; fra i cimeli sopravvissuti a quell’epoca abbiamo quindi il prototipo VK1/13 del 1957, per il quale venne realizzata la prima ipotesi di normale Planar 50mm 1:2, e la successiva VK1/24 con l’esposimetro al selenio che in precedenza era ancora assente; pertanto i primi Planar 50mm 1:2 vennero effettivamente realizzati nel 1957, quattro anni dopo la consegna del brevetto relativo allo schema ottico; la Contarex venne quindi presentata alla Photokina nell’Autunno 1958, dopo un altro anno di attesa, e per risolvere numerosi problemi di gioventù emersi dagli esemplari di preserie la produzione effettiva venne ulteriormente procrastinata di altri 12 mesi, arrivando al Settembre 1959.

Questi fattori concomitanti portarono quindi ad un ritardo di ben sei anni e mezzo fra la consegna del brevetto per lo schema ottico e la produzione di serie del corrispondente obiettivo, e chi oggi utilizza il Planar 50mm 1:2 stupendosi delle sue prestazioni deve considerare che in realtà le radici della sua progettazione affondano addirittura ad inizio anni ’50; ricordo anche che la Carl Zeiss di Oberkochen aveva inizialmente ipotizzato di abbinare a questi obiettivi Doppio Gauss il classico nome Biotar già utilizzato nel periodo prebellico, tuttavia nel 1953 ci fu un importante pronunciamento nella diatriba legale sui diritti legati ai marchi Zeiss che vedeva contrapposte Carl Zeiss e Carl Zeiss Jena: al brand di Oberkochen fu riconosciuto il diritto di utilizzare i marchi preesistenti (abbandonando quindi anche il provvisorio Zeiss Opton a favore di Carl Zeiss), tuttavia la denominazione Biotar venne curiosamente assegnata a Jena, pertanto da quell’anno si decise di utilizzare il brand name Planar e di questi obiettivi West Germany con denominazione Biotar rimangono solo alcuni prototipi di fattura immediatamente precedente.

 

 

Questa illustrazione pubblicitaria della prima ora definisce un antequem cronologico per il Planar: infatti l’obiettivo raffigurato riporta la matricola 2.368.917, una numerazione che riconduce appunto al 1957 e rientra in un lotto assegnato a quest’obiettivo che esordisce con 2.367.811; questo lotto di Planar effettivamente assemblati nel 1957 lascia intendere come a Stuttgart fossero fiduciosi di presentare la Contarex già alla Photokina 1957 ed avviare subito produzione e distribuzione, tuttavia i tempi della sua messa a punto andarono per le lunghe, procrastinando di fatto per alcuni anni anche l’introduzione del nuovo Planar.

 

 

Infatti questo bollettino informativo per i dealer statunitensi fu prodotto in data primo Aprile 1960 e riferisce come la Zeiss Ikon Stuttgart stesse iniziando le spedizioni di corpi Contarex solamente allora; pertanto, riassumendo: lo schema venne completato entro il Marzo 1953, i primi obiettivi definitivi furono assemblati nel 1957 a la disponibilità effettiva nelle mani dei clienti risale solamente alla Primavera 1960; osservate, nella foto di corredo, l’enorme maquette lignea della Contarex I con Zeiss Sonnar 85mm 1:2 utilizzata nello stand Zeiss Ikon al London Photo Show: oggi questo pezzo sarebbe sicuramente un prezioso ed ambito oggetto da collezione.

 

 

Il Planar venne dunque selezionato come primo obiettivo per il sistema Contarex, e la sua preferenza sull’affermato e luminoso Sonnar di Bertele si deve anche e soprattutto al ridotto tiraggio di quest’ultima tipologia di obiettivi, insufficiente a garantire il movimento dello specchio reflex, mentre col Doppio Gauss tipo Planar si riusciva a soddisfare tale esigenza; come si può osservare nell’illustrazione, per garantire il perfetto allineamento e l’esatta spaziatura delle lenti l’intero nocciolo ottico era preassemblato in una struttura di ottone provvista di un’asola centrale con relativa camma mobile che consentiva la movimentazione del diaframma; questa struttura affrancava il reparto responsabile dell’assemblaggio meccanico finale da qualsiasi intervento sulle quote e posizioni degli elementi ottici, dal momento che doveva limitarsi a calzare il cannotto di lenti già finito e calibrato nel barilotto, entrando dalla parte anteriore, mettere il bordo della montatura in battuta sulla flangia frontale, verificare il tiraggio di infinito (eventualmente fresando il bordo per aggiustare le quote) e fissare il tutto bloccando la parte in battuta sovrapponendo a quest’ultima la baionetta anteriore per i filtri; il nocciolo ottico risulta quindi sospeso all’interno del barilotto e viene tenuto fermo dalla stretta esercitata sul suo labbro anteriore dalla baionetta cromata dei filtri avvitata contro il barilotto.

Per il sistema Contarex la Zeiss Ikon Stuttgart aveva chiesto alla consociata di Oberkochen di realizzare obiettivi della massima qualità ottica e meccanica, senza scendere a compromessi, e alcuni dettagli descrivono in modo eloquente tale perfezionismo.

 

 

Ad esempio, il diaframma del Planar 50mm 1:2 è movimentato su un cuscinetto a sfere (necessario a ridurre al minimo gli attriti perché la propulsione per la chiusura arriva dal corpo macchina tramite una complessa serie di rinvii) e il suo iride è composto da numerose lamelle dalla sagoma molto complessa che, a seconda del valore impostato, definiscono un’apertura di forma differente: poligonale e quasi arrotondata a diaframmi molto aperti, a stella con 9 punte a quelli intermedi e circolare alle massime chiusure.

 

 

Inoltre, siccome al suo esordio il Planar era in grado di mettere a fuoco direttamente da infinito fino ad appena 0,3m, il lungo tiraggio introdotto dall’elicoide creava un certo assorbimento luminoso che su questi corpi privi di esposimetro TTL a lettura diretta attraverso l’obiettivo poteva portare ad una leggera sottoesposizione indesiderata; pertanto la Zeiss escogitò una soluzione semplice quanto intelligente per compensare automaticamente l’apertura effettiva a distanze minime, aprendo leggermente l’iride rispetto al valore nominale impostato dal fotografo: la camma mobile che gestisce le aperture si muove avanti e indietro nel barilotto durante la messa a fuoco, e i tecnici hanno disegnato la guida entro la quale scorre e che gestisce l’apertura selezionata in modo che la camma scorra su un piano inclinato: pertanto, a parità di apertura impostata dal corpo macchina (e definita dalla rotazione della guida sull’asse longitudinale dell’obiettivo), quando il gruppo di lenti avanza assieme alla camma focheggiando a distanze brevi, quest’ultima ruota leggermente scorrendo sul piano inclinato, aprendo automaticamente il diaframma per compensare l’assorbimento del tiraggio.

Fin dal primo approccio si intuisce quindi che si tratta di un obiettivo di altissimo profilo.

 

 

Visti i prezzi elevati e il target elitario, l’intera produzione di fotocamere ed obiettivi Contarex è stata molto contenuta; il Planar 50mm 1:2 fu l’obiettivo più diffuso perché veniva fornito come equipaggiamento standard su ogni corpo venduto, salvo specifiche richieste di altro tenore, tuttavia anche con queste favorevoli circostanze gli esemplari realizzati furono appena 37.768, una cifra risibile a fronte dei milioni di normali approntati dai concorrenti nipponici.

I primi esemplari di 50mm 1:2 furono assemblati nel 1957 e la produzione continuò fino al 1973 (sebbene sfruttando lotti di matricole inutilizzate già assegnati da tempo, infatti nessun Planar arrivò mai al seriale 5.000.000); in questo ambito sono note due versioni dell’obiettivo, nettamente differenziate fra loro: il tipo satinato cromo e quello nero, due modelli le cui varianti non si limitano alla finitura esterna ma coinvolgono anche importanti caratteristiche meccaniche; vediamo quindi in cosa differiscono.

 

 

La prima versione satinata cromo, definita dal codice interno 11.2401, fu prodotta ufficialmente dal 1958 al 1965 (con un lotto di preserie, come detto, già realizzato nel 1957); in questo caso abbiano il barilotto satinato, la ghiera di messa a fuoco con spessore ridotto, scala delle distanze singola in metri o piedi riportata nella parte inferiore, messa a fuoco fino a 0,3m e indici della profondità di campo incisi nella parte inferiore del barilotto assieme ad una linea di fede rossa con riferimento triangolare; sulla ghiera di messa a fuoco potete osservare le caratteristiche “orecchie” sporgenti che facilitano le operazioni e che sono presenti solamente nei Planar 50mm 1:2 e Tessar 50mm 1:2,8.

 

 

La seconda versione rifinita in nero, abbinata al codice 11.2412, fu invece in produzione dal 1965 al 1973; quest’obiettivo condivide col predecessore  gruppo ottico e diaframma e si distingue per la finitura parziale del barilotto in nero (le parti soggette ad usura della ghiera di messa a fuoco rimangono in metallo a vista, così come la baionetta cromata anteriore e quella posteriore), l’introduzione di una ghiera di messa a fuoco di maggiore sezione, la presenza di doppia scala metri/piedi incisa nella parte superiore della ghiera, indici della profondità di campo e linea di fede senza riferimento triangolare anch’essi posizionati anteriormente, la distanza minima di messa a fuoco limitata a 0,38m e, soprattutto, la presenza di un nuovo sistema meccanico di accoppiamento al numero guida del flash chiamato Flashmatic, il cui ingombro ha imposto di accorciare l’elicoide di messa a fuoco e di ridefinire la corrispondente distanza minima a 0,38m.

 

 

Questo nuova funzione, per la quale l’obiettivo venne ribattezzato Blitz-Planar o B-Planar, prevede due indici triangolari arancioni, uno sul barilotto e uno sul bordo della flangia cromata posteriore, la cui coincidenza come in foto esclude la funzione di accoppiamento al numero guida e l’obiettivo viene utilizzato normalmente; quando invece premiamo il pulsante di blocco e facciamo ruotare il settore, è possibile posizionare il numero guida flash desiderato davanti all’indice triangolare della flangia posteriore, e in tal modo ruotando la ghiera delle distanze l’obiettivo imposta automaticamente l’apertura di diaframma necessaria per una corretta esposizione con quel settaggio metrico e la potenza del flash utilizzato, definita dal numero guida impostato (con doppia scala misurata in metri e piedi); questo svincolava il fotografo dai relativi calcoli e consentiva di utilizzare il flash senza particolari attenzioni.

Tale opzione venne estesa anche al leggero grandangolare Distagon 35mm 1:4 in versione nera, a sua volta ribattezzato Blitz-Distagon.

 

 

Naturalmente la funzione Flashmatic, per un corretto esercizio, richiedeva che fosse svincolato anche il preselettore del diaframma del corpo macchina, pertanto quando la miglioria venne introdotta in tali obiettivi anche i corpi macchina di produzione corrente e futura vennero modificati, introducendo una camma che si accoppia con un pin nella baionetta posteriore degli obiettivi “Blitz” e predispone la fotocamera al funzionamento speciale; gli apparecchi compatibili col sistema Flash-matic sono indicati dal relativo logo inciso sulla calotta superiore.

 

 

Il passaggio dal modello satinato cromo 11.2401 a quello nero 11.2412 con funzione aggiuntiva Flash-matic è scandito dalla presenza di un prototipo residuo, identificato dal codice prototipico 1 20 99 V56/2, la numerazione lascia intuire quante sperimentazioni intermedie siano state effettuate prima di arrivare a questo esemplare che, in effetti, appare del tutto simile al modello di normale serie; il nuovo Planar nero 11.2412 del 1965 era quindi un obiettivo che offriva tutto quello che un fotografo poteva desiderare: ottima resa ottica, antiriflesso efficiente, sistema GN per l’accoppiamento automatico fra messa a fuoco e potenza del flash, iride con molte lamelle dal bokeh personalissimo, diaframma alla massima apertura fino al momento dello scatto e distanza minima molto ridotta, sebbene in questo modello per esigenze meccaniche fosse stata portata a 0,38m dagli originali 0,3m; entrambe le versioni 11.2401 e 11.2412 condividevano invece la baionetta di servizio anteriore B56 con filettatura aggiuntiva da 49×0,75mm e le aperture di diaframma comprese fra 1:2 ed 1:22 mentre il paraluce suggerito era il classico 50-135mm.

Fra le anomalie statistiche va annotato un piccolo lotto di esemplari del primo tipo in finitura completamente nera, con scala delle distanze singola (in metri o piedi) oppure doppia.

 

 

Proprio un obiettivo di questo tipo, con matricola 3.180.803, è entrato nella storia perché equipaggiava una particolarissima Contarex Special modificata dalla NASA per l’impiego con i guantoni spaziali e venne utilizzato dall’astronauta statunitense Edward White della missione Gemini 4 durante la prima esperienza umana EVA (attività extraveicolare nel cosmo, fuori dalla navetta), nel Giugno 1965.

 

 

In questa ulteriore immagine di NASA possiamo vedere lo stesso Planar 50mm 1:2 11.2401 in finitura nera montato sulla Contarex Special modificata e priva di mirino, il tutto abbinato allo speciale dispositivo di propulsione creato per la prima attività extraveicolare; ho potuto ammirare questo congegno dal vivo nel museo Zeiss di Oberkoken, sebbene abbinato ad un obiettivo completamente estraneo e incoerente con la dotazione originale.

 

 

Fra le curiosità triviali si può anche annotare questo Planar 50mm 1:2 secondo tipo 11.2412 completamente anodizzato nero e con flange anteriore e posteriore placcate in oro, realizzato da terze parti su richiesta del proprietario ed accoppiato ad una Contarex Super tarda del periodo “Vertieb” anni ’70, anch’essa placcata in oro dopo la vendita.

 

 

Il Carl Zeiss Planar 50mm 1:2, specie la versione “Blitz” 11.2412, è dunque il normale Contarex per eccellenza e in questa immagine vediamo due esemplari appartenenti allo stesso lotto di fabbricazione montati su apparecchi prodotti nella fase terminale di questa avventura, lo “Zeiss Contarex Vertieb”, struttura che ha gestito l’assemblaggio e la commercializzazione degli ultimi corpi macchina dopo la chiusura della Zeiss Ikon Stuttgart da parte dello Stiftung centrale e i cui apparecchi sono riconoscibili dal logo ZEISS cubitale in luogo di quello classico Zeiss Ikon inserito nella doppietto acromatico; si tratta di corpi rari e ricercati, specialmente la Super Electronic in finitura nera, della quale esistono probabilmente solo una decina di esemplari, anche e soprattutto perché si spinsero fino al 1975: in pratica come trovare un Tyrannosaurus rex nel Cenozoico ben oltre la data della sua estinzione di massa.

Questo modello introduceva dunque lo schema Doppio Gauss tipo Planar nel mercato degli apparecchi 35mm, dopo le ipotesi anni ’50 mai giunte alla serie di un equipollente Planar 50mm 1:2 (con schema però derivato da un progetto diverso) per reflex Contaflex con aggiuntivi Planar-Gon e Planar-Tel disegnati per aggirare la limitazione dell’ottica fissa imposta dalla presenza di un otturatore centrale; vediamo come da dove si è evoluto il gruppo ottico del normale 1:2 per Contarex.

 

 

Il normale Zeiss con schema Doppio Gauss prese avvio nella seconda metà degli anni ’30 con il famoso Biotar 58mm 1:2 per Exakta, un obiettivo che garantiva lo spazio retrofocale necessario all’apparecchio reflex e che verrà riproposto nel Dopoguerra da Carl Zeiss Jena fino al crepuscolo degli anni ’50 e in seguito dall’ottica Sovietica sotto le spoglie del modello Helios-44 e numerose varianti; il vero trait d’ùnion fra l’originale Biotar 58mm e il Planar Contarex si può identificare nel prototipo Carl Zeiss Jena V 1941 n° 23, ovvero il 23° Versuch (prototipo) ideato dall’azienda nell’anno 1941 (il calcolo venne completato il 3 Dicembre di quell’anno) e relativo ad un 25mm 1:2 probabilmente destinato ad utilizzo cinematografico su pellicola 35mm; questo modello deriva strettamente dalla configurazione del Biotar ma utilizza una selezione di vetri differente per migliorare la correzione e possiamo osservarne le caratteristiche grazie a questa scheda che per decenni fu segreto militare ed era conservata presso il Central Air Defence Office di Dayton, Ohio.

 

 

Lo schema utilizzato per il Planar 50mm 1:2 Contarex venne invece calcolato da Johannes Berger, grande specialista degli schemi gaussiani e padre di altri obiettivi Planar, e Guenther Lange, capo del dipartimento di calcolo ottico ad Oberkochen, e la richiesta prioritaria di brevetto fu depositata in Germania il 17 Marzo 1953; la scelta di alcune tipologie di vetro in specifiche lenti dello schema tradisce la continuità con progetti prebellici come quello appena mostrato (calcoli comunque antecedenti di appena 10 anni) mentre il vero passo avanti nel settore è rappresentato dall’adozione del modernissimo vetro lanthanum Crown LaK9 per le due lenti esterne, lo stesso vetro alle Terre Rare che è alla base del coevo Leitz Summicron 5cm 1:2 rientrante.

 

 

Osservando gli schemi del Versuch 1941 n° 23 del Dicembre 1941 e del Planar del Marzo 1953 la principale differenza geometrica riguarda il raggio di incollaggio nel doppietto posto dietro il diaframma che da positivo (convesso) diviene negativo (concavo) ed anche lo spazio fra i due emi-gauss risulta più abbondante perché studi avanzati avevano mostrato che tale incremento poteva aiutare la correzione di certe aberrazioni (naturalmente per applicarlo occorrevano vetri a rifrazione più elevata di quelli disponibili in precedenza); in entrambi i modelli la seconda e terza lente utilizzano un vetro ottico dello stesso tipo (Dense Crown e Light Flint) e complessivamente si può dire che questo nuovo schema non costituisca un elemento di rottura con l’esperienza precedente ma si innesta su tale palinsesto introducendo dettagli ora disponibili come, appunto, le lenti in vetro LaK9.

 

 

Questo schema quotato è stato disegnato dal caro amico Pierre Toscani partendo dai parametri matematici di progetto presenti nel brevetto del 1953, mentre quello precedente con i codici-colore per le lenti l’ho semplicemente ricalcato da una sezione di corpo Contarex Super divulgata a suo tempo da Zeiss Ikon che includeva lo schema ottico effettivo riprodotto con precisione, e la congruenza delle due configurazioni conferma come il Planar Contarex sia effettivamente figlio di questo brevetto, sebbene nel frattempo ad Oberkochen avessero calcolato un altro schema tipo Planar 1:2 più moderno.

Per quanto riguarda il rendimento ottico di questo 50mm per Contarex, le sue prestazioni sono diventate rapidamente famose e questo normale è passato alla storia per la costanza ed affidabilità di comportamento a qualsiasi apertura, in ogni zona del campo e a qualsiasi distanza, configurando un compagno di avventure in grado di fornire in ogni caso risultati soddisfacenti; anche su questo modello nell’Aprile 1970 ad Oberkochen venne misurato il trasferimento di modulazione del contrasto (MTF) ad 1:2 ed 1:8, la vignettatura e la distorsione, riportando poi manualmente i parametri su carta millimetrata che oggi appare raggrinzita in seguito all’allagamento dei faldoni per un’esondazione del fiume; come ho anticipato nel corrispondente articolo dedicato al Tessar Contarex 50mm 1:2,8, col defunto Dr. Hubert Nasse del laboratorio tecnico Zeiss ci siamo confrontati sulle curve insolitamente scarse alle basse frequenze spaziali riportate su queste misurazioni d’epoca, arrivando alla conclusione condivisa che gli strumenti utilizzati all’epoca soffrissero per la presenza di luci e riflessioni parassite che compromettevano i risultati, e questo appare evidente soprattutto nelle curve MTF del Planar Contarex 50mm 1:2, pertanto osservando tali dati è bene tenere in considerazione questo dettaglio.

 

 

Le curve MTF vennero misurate dal centro (sinistra) ai bordi (destra) con le aperture 1:2 ed 1:8, valutando il trasferimento di contrasto a quattro differenti frequenze spaziali: 5, 10, 20 e 40 cicli/mm; le curve evidenziano un obiettivo nel quale curvatura di campo, astigmatismo e aberrazione cromatica laterale risultano mirabilmente corrette, come si può desumere dai valori sostanzialmente uniformi da centro a bordi e con livelli praticamente identici sia in lettura sagittale che tangenziale; questa eccezionale uniformità complessiva garantiva risultati soddisfacenti in qualsiasi condizione d’esercizio, e la correzione di tali aberrazioni è stata ottenuta a scapito del contrasto alle basse frequenze spaziali, uniforme ma insolitamente ridotto se relazionato ai valori misurati a 40 cicli/mm, al punto che con il Dr. Nasse abbiamo concluso che non fosse fisiologicamente possibile avere, ad esempio, neanche 80% di trasferimento di contrasto a 20 cicli/mm quando troviamo il 65% a 40 cicli/mm, come se le curve relative alle basse frequenze spaziali (quelle più alte) fossero “compresse” da fattori estranei legati all’hardware di misurazione.

Troviamo in ogni caso un approccio differente da quello, ad esempio, di certi obiettivi Leitz, nei quali il conseguimento di un contrasto eccezionalmente elevato è stato ottenuto accettando quote avvertibili di curvatura di campo; naturalmente un comportamento così omogeneo sul campo rende l’obiettivo idoneo anche ad esigenze di riproduzione, condizione d’uso nella quale peraltro si avvantaggia grazie alla messa a fuoco minima insolitamente ravvicinata.

 

 

Passando alle misurazioni complementari, la caduta di luce ai bordi ad 1:2 è abbastanza percettibile (la trasmissione residua è leggermente inferiore al 30% rispetto al flusso in asse) ma si può considerare normale per un obiettivo di tale apertura, mentre chiudendo ad 1:8 l’illuminazione complessiva è uniforme e in nessuna zona del campo la trasmissione è inferiore al 70% rispetto all’asse; passando alla distorsione, l’obiettivo risulta molto corretto e il valore massimo di 1% a barilotto è molto contenuto e inferiore alla media delle ottiche standard della stessa categoria.

Per valutare cosa aspettarsi da quest’obiettivo utilizzandolo al giorno d’oggi, aggiungo a seguire alcune immagini realizzate frettolosamente su una mirrorless full-frame con uno dei miei Planar 11.2412 adattato in modo abbastanza complesso (vecchio e costoso anello Contarex – Leica a vite + anello Leica a vite – Leica M + anello Leica M – Sony E).

 

 

In questo caso ho scattato alla massima apertura 1:2 ottenendo comunque una qualità d’immagine più che soddisfacente ed evidenziando una caratteristica che lo accumuna al Planar 80mm 1:2,8 per Hasselblad a 7 lenti (non per nulla progettato a sua volta da Johannes Berger): certi obiettivi prevedono un MTF estremamente elevato, tuttavia non appena si misura il valore “tridimensionalmente” (OTF), uscendo dal piano di fuoco ottimale e spostandoci nel background e nel foreground, la priorità data a certe correzioni porta ad un degrado brusco dei valori, fornendo un’immagine con l’impressione di profondità di campo carente; nel Planar Contarex 50mm 1:2, invece, sembra che l’obiettivo tenga bene anche uscendo dal piano di fuoco e i valori decrescano in modo più graduale, garantendo un senso di “presenza” che fornisce una migliore leggibilità ai piani sfuocati davanti e dietro il soggetto, come si percepisce facilmente in questa immagine scattata ad 1:2.

 

 

 

Questo scorcio bidimensionale ricchissimo di dettagli è stato invece fotografato con diaframma chiuso ad 1:8, nelle condizioni di massimo rendimento ottico, e in effetti il vecchio Planar ha fornito una sensazione di nitidezza calligrafica fino ai bordi, anche grazie alla sua ottima planeità di campo e alla correzione dell’astigmatismo, a riprova che già a fine anni ’50 un Doppio Gauss calcolato con l’adeguato know-how era capace di prestazioni notevoli, discorso che può essere tranquillamente esteso anche ai vari Voigtlaender Ultron, Rodenstock Heligon o Schneider Xenon del tempo.

 

 

Siccome il Planar Contarex garantisce anche una distanza di messa a fuoco insolitamente ravvicinata, ho impostato l’obiettivo a coniugate minime (in questo caso 0,38m, trattandosi di un modello nero 11.2412), prestando molta attenzione alla messa a fuoco (con l’adattatore devo scattare in stop-down, chiudendo manualmente il diaframma dopo aver raggiunto il fuoco ottimale, e a distanza così ravvicinata operando a mano libera è facile sfuocare tutto in queste fasi) e ho scattato questo dettaglio agreste, croppando poi moltissimo il file originale (il riquadro residuo col frame che osserviamo era da circa 1.500×1000 pixel, poi ridotti a 1.050×700); anche in questo caso si intuisce sul piano di fuoco l’ottima delineazione dei dettagli garantita da questo normale.

 

 

Infine, ho attualizzato il Planar Contarex fotografando queste strutture che in origine erano il chiostro trecentesco di un convento femminile e realizzando una panoramica con 5 scatti verticali ad 1:8 mappati in proiezione rettilineare; anche in questo caso si ha la percezione di una qualità complessivamente uniforme ed impeccabile (nel file originale al 100% si leggono regolarmente le scritte stampate sui fogli A4 affissi sui vetri a destra).

 

 

Il Carl Zeiss Planar Contarex 50mm 1:2 è quindi ancora un obiettivo eccellente in senso assoluto, anche con standard attuali, nonostante sia stato impostato nel 1957 e calcolato nel lontano 1952-53, e i fortunati proprietari del tempo avevano tutte le ragioni per gongolare e considerarsi soddisfatti per questo “cavallo da tiro” a suo agio in qualsiasi contesto e situazione d’uso; col senno di poi l’unico accento dissonante che ho trovato è una risposta spettrale ai colori un po’ strana, con una certa enfasi ai toni freddi nelle ombre che probabilmente dipende dalla trasmissione dei vetri utilizzati, molti dei quali obsoleti, tuttavia il giudizio complessivo è ampiamente positivo e questo normale di prestigio merita sicuramente un posto di riguardo nel gotha della più grandi realizzazione ottiche; infatti, se la transizione dalla Contarex SE alla successiva Contax RTS definisce un abisso tecnologico e di design nonostante le loro parabole si siano sfiorate, lo stesso non si può dire per il passaggio ai successivi Planar per Contax, sicuramente più luminosi e moderni nel design a non percettibilmente superiori nella resa complessiva a questo grande antenato.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

 

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