Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; il travolgente successo del formato 35mm fu sostanzialmente suffragato dall’estrema leggerezza e compattezza delle relative attrezzature, se comparate con quelle dei tradizionali apparecchi di grande formato allora in voga, una caratteristica che ne mantenuto alto il gradimento nel corso del tempo e che, a partire dai primi anni ’70, ha visto una ulteriore miniaturizzazione dei pezzi grazie all’avvento del sistema Olympus OM, un corredo che faceva delle dimensioni contenute una propria bandiera e che incontrò un tale successo da indurre tutti i concorrenti ad adeguarsi, a partire da Asahi Pentax con la linea M; anche la stessa Nippon Kogaku, che faceva di grandi e robuste Panzerkamera professionali e voluminosi obiettivi la propria identità di genere, dovette arrendersi al novo indirizzo del mercato, mettendo a listino le famose FM ed FE, apparecchi che definirono un nuovo corso.
Naturalmente anche gli obiettivi Nikkor affrontarono una drastica dieta dimagrante, con risultati decisamente vistosi se confrontiamo fra loro modelli come i 20mm 1:3,5 UD e 20mm 1:4 K, 85mm 1:1,8 K e 85mm 1;2 Ai, 135mm 1:2,8 K e 135mm 1:2,8 K new oppure 200mm 1:4 Q.C Auto e 200mm 1:4 K; in realtà la Nippon Kogaku, quasi 10 anni prima, aveva già commercializzato un obiettivo di straordinaria compattezza, il GN Auto Nikkor 45mm 1:2,8: questo rifuggiva qualsiasi schema perché era un normale allargato a circa 50° di campo che rinunciata ad uno stop di luminosità rispetto al classico Nikkor-H 50mm 1:2 per adottare un collaudato e compattissimo gruppo ottico tipo Zeiss Tessar a 4 lenti in 3 gruppi; grazie a queste scelte drastiche, il GN Auto Nikkor 45mm 1:2,8 dell’Agosto 1968 settato su infinito prevedeva uno sbalzo di 21mm scarsi, un autentico pancake che non aveva precedenti nella già vasta produzione di ottiche per Nikon F.
Come si evince dalla particolare denominazione GN e dalla descrizione presente in questa scheda ufficiale del 1972, questo minimale obiettivo era stato ideato per lavorare in abbinamento a lampeggiatori; a quei tempi i flash elettronici con esposizione automatica su diaframmi prefissati, grazie ad una fotocellula incorporata e a un circuito parzializzatore sulla scarica del condensatore, erano ancora al di là da venire e i prodotti commerciali prevedevano una potenza fissa, corrispondente ad un determinato numero guida (relazione fra diaframma di lavoro e corrispondente distanza operativa utile); pertanto, utilizzando ottiche convenzionali, dopo aver messo a fuoco il soggetto occorreva valutare la distanza, dividere in numero guida per quest’ultimo valore ed ottenere l’apertura di diaframma da utilizzare, una procedura sicuramente scomoda, specialmente per fotografi di reportage che si trovavano in situazioni in continuo divenire ed imprevedibili; la meccanica del GN Auto Nikkor (GN = Guide Number), alla stregua dei GN-Topcor o dei Carl Zeiss Blitz-Distagon e Blitz-Planar per Contarex, consentiva di selezionare un determinato numero guida (corrispondente alla potenza del lampeggiatore in uso) e con tale azione le ghiere di messa a fuoco e diaframma risultavano reciprocamente ingaggiate per cui, ruotando la prima e impostando una determinata distanza, la seconda veniva automaticamente impostata sul valore di apertura richiesto, in funzione della potenza del lampo; la grande compattezza di questo primo 45mm deriva proprio dalle esigenze di gestione del lampo e del suo numero guida: la scelta dello schema Tessar, con 6 superfici aria-vetro contro le 8 del Nikkor-H Auto 50mm 1:2 o le 10 del Nikkor-S Auto 50mm 1:1,4, garantiva un migliore contrasto utilizzando la potente luce del lampeggiatore in un momento in cui il rivestimento antiriflessi multistrato non era ancora stato introdotto ma, soprattutto, prevedeva dimensioni così contenute da configurare un barilotto estremamente compatto; inoltre, la necessità di fare coincidere geometricamente la rotazione della ghiera di messa a fuoco con un preciso e congruente spostamento di quella del diaframma, con i relativi limiti sui valori estremi di 1:2,8 e 1:32, ha comportato un elicoide con distanza di fuoco minima limitata a 0,8m (avvicinandosi ulteriormente, con lampeggiatori di potenza medio-alta, anche la chiusura minima prevista ad 1:32 non sarebbe stata sufficiente ad evitare la sovraesposizione), e la ridotta lunghezza di tale particolare meccanico ha consentito di compattare ulteriormente l’obiettivo.
Questo primo pancake della storia Nikon arrivò quindi in anticipo sulla concorrenza, tuttavia proprio questa sua vocazione estremamente specialistica per la fotografia col flash ne ha limitato moltissimo la diffusione (anche perché gran parte dei corpi Nikon venivano venduti dai negozianti già corredati di obiettivo normale Nikkor 50mm 1:1,4 o 50mm 1:2, e per questi clienti il successivo acquisto del 45mm 1:2,8 GN Auto Nikkor avrebbe prodotto una sovrapposizione nel corredo), al punto che dal 1968 al 1973 furono prodotti poco più di 30.000 esemplari con antiriflessi standard, cui seguirono circa 13.000 pezzi realizzati dal 1973 al 1977 con antiriflessi multistrato NIC, come quello illustrato in precedenza, e denominati GN Auto Nikkor.C 45mm 1:2,8, per un totale di circa 43.000 obiettivi, numeri trascurabili a fronte, ad esempio, di 1.340.000 Nikkor 50mm 1:2 o addirittura 3.159.000 Nikkor 50mm 1:1,4 complessivamente commercializzati nelle varie serie e versioni; in questa illustrazione il classico schema ottico tipo Zeiss Tessar è in bella evidenza e si intuisce facilmente come le sue dimensioni così ridotte abbiano consentito di produrre un obiettivo altrettanto compatto, anche per la geniale semplicità del sistema di accoppiamento GN adottato.
A metà anni ’90 pubblicai sulla notevole rivista PhotoGRAPHIA di Maurizio Rebuzzini un articolo dedicato al GN Auto Nikkor 45mm 1:2,8, intitolato “L’ultimo dei Tessar”, nel cui contesto, valutando la sua evidente compattezza, auspicavo per il futuro che l’azienda rivisitasse l’idea e commercializzasse una nuova versione di questo pancake, riveduta e corretta, magari aggiornata all’autofocus; naturalmente era una considerazione buttata sul piatto senza troppa convinzione, visto l’orientamento tecnologico ormai indirizzato allo sviluppo di obiettivi zoom oppure focali fisse molto luminose, e invece circa 5 anni dopo l’Azienda seppe stupirmi dando effettivamente un seguito allo storico GN Auto Nikkor del 1968.
Infatti, dall’11 al 14 Febbraio 2001, in concomitanza con il PMA Show di Orlando, Florida, la Nikon Corporation presentò un obiettivo che, per caratteristiche di targa e dimensioni, raccoglieva degnamente il testimone del predecessore; quest’ottica era il Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P ed era stato ideato come obiettivo pancake ideale per la nuova reflex 35mm Nikon FM3A, un interessantissimo apparecchio che replicava le funzionalità della Nikon FE2 (esposizione manuale e automatica a priorità di diaframmi) aggiungendo però un otturatore ibrido che permetteva di variare continuamente il tempo di otturazione in automatico a controllo elettronico e, simultaneamente, anche di mantenere attivi tutti i valori fissi in manuale con funzionamento meccanico, in assenza di batterie; questo modello, lanciato consapevolmente in una fase in cui il mercato delle reflex digitali erano in procinto di esplodere, rappresentava tuttavia una proposta fresca ed interessante, e la disponibilità di questo normale “press” (leggermente allargato) così in sintonia con la compattezza del corpo era un plus davvero apprezzabile.
Il Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P venne lanciato in livrea satinata cromo, per creare un unicum col corpo FM3A, e nell’Ottobre del 2001 fu commercializzata anche la versione nera proprio per fare pendant con la corrispondente livrea opzionale del corpo; fin dal primo approccio si intuisce che si tratta di un obiettivo particolare: infatti la sua costruzione è interamente metallica e, nonostante il design abbia tratto ispirazione dalla seconda serie delle ottiche Nikon Lens Series E, gamma entry level molto economica, la complessione è invece robustissima, priva di qualsiasi lasco meccanico ed improntata alla massima qualità; utilizzando quest’obiettivo, abituati ai classici Nikkor manual focus, il feeling dei materiali, gli scatti della ghiera e la precisione estrema dell’assemblaggio definiscono uno standard diverso e, apparentemente, addirittura superiore a quello dei pregiati fratelli; la principale differenza funzionale rispetto all’analogo GN Auto Nikkor 45mm 1:2,8 consiste nell’eliminazione dell’accoppiamento automatico GN fra la ghiera di messa a fuoco e quella del diaframma, ormai totalmente obsoleto in epoca di TTL-flash a matrice, tuttavia il nuovo modello prevede due caratteristiche interessanti: da un lato, decadendo i limiti di accoppiamento con il valore minimo del diaframma (qui limitato ad 1:22), la messa a fuoco minima passa da 0,8m a 0,45m, bissando quindi le tipiche prestazioni dei 50mm standard e non introducendo alcuna limitazione in tal senso; dall’altro i tecnici Nikon, ben coscienti che un obiettivo Ai manual focus presentato nel nuovo Millennio sarebbe stato acquistato anche da clienti equipaggiati con corpi moderni, hanno previsto un’interfaccia ROM con chip interno e contattiera analoga a quella dei classici AF-Nikkor della prima ora; questa interfaccia, segnalata dalla denominazione “P” e utilizzata in precedenza solamente nel Nikkor Ai 500mm 1:4 ED P, consentiva l’utilizzo con automatismo a priorità di tempi e program sui corpi che ne erano equipaggiati e garantiva una superiore sfruttabilità anche con le reflex Nikon digitali in procinto di arrivare sul mercato.
Il nuovo Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P riprendeva quindi le fila di un percorso interrotto 24 anni prima dal GN Auto Nikkor e, nel contempo, rispondeva anche a modelli pancake della concorrenza che, a loro volta, avevano replicato le caratteristiche di estrema compattezza del GN originale, obiettivi come il Carl Zeiss Tessar 45mm 1:2,8 T* per Contax-Yashica o l’SMC Pentax M 40mm 1:2,8, ai quali aveva arriso un notevole successo.
Replicando proprio le scelte commerciali relative al Carl Zeiss Tessar 45mm 1:2,8 T* (che, in un certo periodo, prevedeva un prezzo di listino superiore a quello dello stesso Carl Zeiss Planar 50mm 1:1,4 T* top di gamma, nonostante la sua semplicità e la realizzazione con varie parti in resina che limitavano il peso ad appena 90 grammi), anche il Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P venne proposto come un gioiellino di nicchia e lanciato ad un prezzo di listino decisamente elevato; però, contrariamente a quanto avveniva con il Tessar, il Nikkor Ai-P non prevedeva soltanto una costruzione solida e di primissima qualità ma veniva anche fornito con una dotazione decisamente completa e che comprendeva: sacchetto floscio per il trasporto, tappi anteriore e posteriore dedicati e cromaticamente congruenti, paraluce metallico specifico Nikon HN-35 (simile come progetto ma non identico a quello creato per il GN Nikkor) e filtro neutro protettivo Nikon NC da 52mm; paraluce e tappi esistevano in duplice esecuzione grigia e nera per abbinarsi alle due versioni dell’obiettivo; il paraluce, anch’esso disegnato per esaltare la compattezza, anziché essere proiettato in avanti e verso l’esterno presenta un design particolare, prevedendo una strozzatura con foro centrale ed un ingombro trascurabile.
La cura costruttiva traspare in ogni dettaglio, come nell’antiriflessi moderno o nel diaframma a 7 lamelle arcuate, per produrre un’apertura quasi circolare; questo elemento era già stato oggetto di molta attenzione anche nel GN-Nikkor, proprio perché l’utilizzo in abbinamento al flash col sistema GN accoppiato poteva comportare anche l’utilizzo di diaframmi molto chiusi, fino ad 1:32, e si riteneva che un diaframma perfettamente circolare avrebbe limitato i classici riflessi stellati sulle superfici speculari puntiformi: infatti le prime versioni utilizzavano addirittura un’iride a 9 lamelle.
L’estrema compattezza, il design minimale e anche il look rètro della versione satinata cromo rendono il Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P un modello molto accattivante; quest’obiettivo, grazie alla progettazione più moderna e all’assenza di accoppiamento GN, riesce ad essere addirittura più compatto del predecessore e su infinito lo sbalzo dalla baionetta è di appena 17mm, rendendolo così piatto che, una volta montato su modelli professionali di generose dimensioni, sembra più un tappo del corpo macchina che un obiettivo vero e proprio.
Il Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P catalizzò immediatamente l’interesse dei Nikonisti di vecchia data per questa intrigante commistione di compattezza, design elegante, costruzione di prim’ordine e interfaccia ROM proiettata nel presente; l’interesse mediatico e la curiosità per la sua presentazione, quasi fosse un navigatore del tempo arrivato a destinazione in ritardo per intoppi di viaggio in un’epoca che ormai non gli appartiene più, non vennero però soddisfatti dalla diffusione di abbondante materiale tecnico e informativo: la parte ottica veniva misteriosamente definita come una nuova interpretazione del disegno Tessar ma, al di là della struttura definita come 4 lenti in 3 gruppi, non fu mai divulgata una sezione del gruppo ottico; questo alone di mistero e anche i materiali e le finiture così differenti dalla normale produzione, dal metallo satinato del barilotto alla particolare lucentezza nel cromo della baionetta, diedero vita ad alcune leggende metropolitane, poi divenute credenze collettive; vediamo a cosa si riferiscono e cerchiamo di fornire la risposta definitiva.
La prima credenza comunemente diffusa riguarda lo schema ottico: la sezione illustrata è riferita al precedente GN Auto Nikkor 45mm 1:2,8 e normalmente si suppone che anche il 45mm 1:2,8 Ai-P preveda uno schema analogo, c’è addirittura chi ritiene che il gruppo ottico sia identico a quello del GN, semplicemente aggiornato con antiriflessi differenti; l’altra idea che serpeggia riguarda addirittura la fabbricazione: proprio i materiali e la finitura insoliti hanno fatto supporre che l’obiettivo sia stato in realtà progettato e prodotto chiavi in mano da terze parti, e alcuni si spingono ad azzardare il nome di Cosina, azienda ormai specializzata in queste prassi.
Dopo contatti diretti con progettisti Nikon coinvolti nella concezione dell’obiettivo e l’analisi del brevetto originale (purtroppo disponibile solo in versione giapponese) posso escludere entrambe le ipotesi.
Infatti, il gruppo ottico del Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P fu calcolato da Koichi Oshita, talentuoso progettista che appartiene alla nuovelle vague di tecnici specializzati in questo ruolo e che fu responsabile, fra l’altro, anche dell’AF-Nikkor 85mm 1:1,4 e dei sistemi di lenti presenti nei Nikon Amusing Lenses Set; Oshita-San depositò la richiesta di brevetto giapponese per questo schema il 21 Giugno 2001, quando in realtà l’obiettivo era già in produzione, e questa è l’intestazione del brevetto, formalizzato l’8 Gennaio 2003; posso quindi confermare che l’obiettivo è stato progettato e realizzato in seno a Nikon; per quanto riguarda il dubbio sulla struttura dello schema ottico, chi riteneva di incontrare un nocciolo identico a quello del GN Auto Nikkor, oppure leggermente differente ma sempre conforme al tipo Tessar classico, era in errore e trovano invece giustificazione le generiche affermazioni ufficiali che parlavano di una nuova interpretazione di tale schema; lei 6 schede che seguono, realizzate raggruppando i dati del complesso brevetto, descrivono i vari embodiments (modelli) previsti dal documento, il primo dei quali fu utilizzato per la produzione in serie dell’obiettivo.
Osservando con attenzione i 6 schemi ottici, si nota che i prototipi 3, 4, 5 e 6 prevedono effettivamente uno schema ottico Tessar di tipo classico, con il raggio nella superficie d’incollaggio del doppietto posteriore positivo, a profilo convesso; viceversa, nei prototipi 1 e 2, e quindi anche nell’obiettivo di serie, in raggio di curvatura nel punto di incollaggio fra le lenti del doppietto posteriore ha un profilo di segno opposto, negativo, e risulta concavo; pertanto il GN Auto Nikkor e il Nikkor Ai-P, pur utilizzando entrambi una struttura a 4 lenti in 3 gruppi con un doppietto collato posteriore, prevedono uno schema decisamente differente e quello utilizzato nell’obiettivo del 2001 nasce dal foglio bianco, senza alcuna eredità diretta dal GN Auto Nikkor.
Anche i vetri ottici utilizzati sono moderni, e l’embodiment 1, al quale corrisponde la versione di serie, prevede per la prima lente un vetro lanthanum Dense Flint tipo Hikari E-LaSF09 (Hikari è la sussidiaria di Nikon Corporation che produce i vetri ottici per la Casa), con indice di rifrazione nD= 1,816, quindi molto elevato, e numero di Abbe vD= 46,63, testimone di una dispersione insolitamente ridotta per un vetro così rifrangente; la terza lente utilizza un vetro ancora più estremo, il lanthanum Dense Flint Hikari E-LaFS08, che prevede un’indice di rifrazione ancora più spinto, nD= 1,883, e un numero di Abbe vD= 40,77, a indicare una dispersione molto contenuta per questi valori; questo tipo di vetro si pone ai limiti di fattibilità con i materiali disponibili (normalmente è il più costoso presente nei listini) e le sue caratteristiche corrispondono a quelle di altri materiali famosi, come i vetri Leitz 900/1 “Noctilux” o Schott LaSF31A; le altre 2 lenti sono invece prodotte con vetri Dense Flint a rifrazione medio-alta e dispersione superiore, com’è caratteristico di questa categoria di materiali; curiosamente, il vetro lanthanum Dense Flint Hikari E-LaSF09 sfruttato nella prima lente viene prodotto anche dalle principali vetrerie nipponiche (Ohara S-LAH59, Hoya TAF5) ma non dalla tedesca Schott.
E’ interessante notare che nei 4 prototipi che adottano lo schema ottico tipo Tessar classico, con raggio di curvatura del doppietto convesso ed elemento più spesso nella sua parte posteriore, anche la posizione dei vetri in tale elemento è invertita, e il vetro ad altissima rifrazione / bassa dispersione Hikari E-LaSF8 è utilizzato nella lente posteriore e non in quella anteriore.
Pertanto, se lo schema ottico del GN Auto Nikkor 45mm 1:2,8 è effettivamente conforme a quello del Carl Zeiss Jena Tessar ideato da Paul Rudolph nel 1902, quello utilizzato sul successivo Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P presenta maggiori analogie con la struttura del primo Voigtlaender Heliar 1:4,5, disegnato da Carl August Hans Harting nel 1901 utilizzando proprio un doppietto posteriore con raggio di curvatura negativo sul piano d’incollaggio; probabilmente è casuale ma risulta significativo considerare anche il secolo esatto che separa l’Heliar dal Nikkor Ai-P.
Un altro elemento che differenzia ulteriormente il 45mm Ai-P dal precedente GN Auto Nikkor è la collocazione del diaframma: infatti sull’obiettivo del 1968 si trova in posizione convenzionale dietro la seconda lente, come nel Tessar originale, mentre sull’Ai-P l’iride è posizionato dietro la prima lente, come nei classici Leitz Elmar da 5cm, probabilmente per finalizzare un controllo ancora superiore dei riflessi interni del barilotto.
Il Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P fu quindi un obiettivo interessante sotto molti punti di vista e anche coraggioso, lanciato controcorrente in un momento in cui tutto tendeva verso autofocus e digitale, plastica e costruzioni consumer; l’obiettivo venne prodotto dal 2001 al 2005 in finitura cromata e dal 2001 al 2006 in quella nera e l’entusiasmo iniziale per questa proposta atipica e rètro fu grande, poi le intenzioni ideali si infransero contro un prezzo di listino decisamente elevato per la categoria (e tuttora l’obiettivo, usato, passa di mano per cifre nell’ordine di 400-500€), pertanto la produzione effettiva si limitò a circa 23.500 esemplari satinati cromo e circa 11.500 in finitura nera, per un totale di circa 35.000 pezzi, numeri ancora inferiori a quelli del suo precursore.
Dal punto di vista ottico, sia il GN Auto Nikkor che il Nikkor Ai-P sono obiettivi che producono immagini nitide e brillanti, specie a diaframmi centrali; nella nuova versione, grazie all’originale interpretazione di Oshita-San, all’utilizzo di software e vetri modernissimi e all’applicazione di antiriflessi e annerimenti interni efficienti, il micro-contrasto tipico di questi schemi risulta ulteriormente accentuato; pertanto, dal mio punto di vista, il Nikkor Ai 45mm 1:2,8 P non è un succedaneo tout court del classico 50mm con qualche grado di campo in più e uno stop di luminosità in meno: la riproduzione calligrafica e il micro-contrasto con diaframmi centrali, abbinati alla profondità delle ombre nelle foto in pieno sole, possono produrre risultati quasi grotteschi con soggetti umani, e vedo più quest’ottica come strumento per riprese di dettagli o elementi grafici e di architettura, eventualmente in bianconero, dove la brillanza tonale necessaria per ottenere un’immagine monocromatica gradevole trova una sponda nell’ottimo vigore dell’obiettivo; naturalmente, come nell’esempio che segue, il 45mm Ai-P può esser usato come ottimo e compattissimo obiettivo di uso generale, magari passeggiando su lunghi percorsi, occorre solo tenere presente l’elevato contrasto e brillantezza che produce, magari compensandoli un po’ in postproduzione se si opera in digitale; come ultima considerazione: l’estrema compattezza lo renderebbe ideale in abbinamento alle compatte mirrorless digitali attuali, purtroppo lo spazio retrofocale molto ampio sistema ottico, previsto per corpi macchina reflex con tiraggio da 46,5mm, posizionano l’obiettivo ad una notevole distanza dal sensore, richiedendo con le mirrorless un adattatore di notevole spessore che vanifica la compattezza teorica del complesso.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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Ottima recensione, come nel tuo stile… grande esperto. Un saluto.