Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; l’esemplare del racconto odierno rappresenta un protagonista indiscusso nel corredo Nikon F della prima ora, dal momento che fu l’unico grandangolare retrofocus (utilizzabile con lo specchio reflex) più spinto di 35mm disponibile per i primi 7 anni di vita del sistema, e anche l’unica scelta nella focale 28mm per un intero decennio; stiamo naturalmente parlando del Nikkor-H Auto 2,8cm (poi 28mm) 1:3,5, sicuramente una vecchia conoscenza per moltissimi Nikonisti stagionati.
Nella seconda metà degli anni ’50 in casa Nippon Kogaku fervevano i preparativi per la concezione ed il lancio del primo corredo professionale reflex 35mm della Casa, il mitico sistema Nikon F (sigla derivata dall’iniziale del cognome di Masahiko Fuketa, designer di molti componenti del corpo macchina) e per i responsabili della progettazione ottica uno dei problemi più spinosi riguardava il calcolo dei grandangolari, dal momento che lo specchio reflex e il relativo movimento imponevano uno spazio libero fra il vertice dell’ultima lente e il piano focale di almeno 35-36mm, un limitazione che non esisteva per le ottiche destinate ai corpi Nikon S a telemetro, pertanto con i nuovi wide per Nikon F si rendeva necessaria una progettazione di tipo retrofocus che, sfruttando elementi divergenti anteriori aggiuntivi, soddisfaceva questa specifica; questo tipo di schemi era stato introdotto da pochissimi anni da Angènieux e Zoellner di Carl Zeiss Jena e le esperienze in questo settore completamente nuovo erano ancora scarse e frammentarie; possiamo quindi immaginare la preoccupazione e le difficoltà che accompagnarono il grande Zenji Wakimoto quando gli fu chiesto di replicare le caratteristiche geometriche del Nikkor-W 28mm 1:3,5 per Nikon a telemetro del 1952 prevedendo però uno spazio retrofocale di poco inferiore ai 40mm…
Il calcolo del nuovo obiettivo fu completato di stretta misura sui tempi del corredo F e consegnato per la registrazione del brevetto prioritario il 26 Dicembre 1958.
I primi lotti di obiettivi Nikkor per Nikon F prevedevano caratteristiche particolari, fra le quali filetti di raccordo smaltati fra le numerazioni del diaframma e il relativo punto di fede, caratteristica che gli valse fra i collezionisti il nomignolo “Thick Mark”; queste specifiche riguardarono alcune centinaia di esemplari per ciascuno dei modelli svelati nel 1959 in contemporanea con la Nikon F, tuttavia del 2,8cm 1:3,5 “Thick Mark” sembra che siano stati realizzati solamente alcuni prototipi, uno dei quali è illustrato in questo documento giapponese dell’epoca, senza realizzare il piccolo lotto di serie che caratterizza i modelli coevi, e infatti gli esemplari conosciuti con la matricola più bassa, poche decine di numeri dopo quello iniziale (301.011), presentano già le caratteristiche delle serie successive, pertanto si può affermare che i prototipi di Nikkor 2,8cm 1:3,5 “Thick Mark” furono esibiti già nel 1959, tuttavia non venne realizzata la corrispondente produzione in piccola tiratura del quale beneficiarono altri modelli come i vari 3,5cm 1:2,8, 5cm 1:2, 10,5cm 1:2,5 e 13,5cm 1:3,5 e il 2,8cm 1:3,5 praticamente entrò in produzione solamente nel Marzo 1960 (con codice interno 20FL74).
L’obiettivo con questa prima configurazione di schema ottico calcolato da Wakimoto-San rimase in produzione per 17 anni, dal Marzo 1960 al Marzo 1977, mantenendo invariato il gruppo di lenti ma passando attraverso numerose variazioni estetiche e di dettaglio, sia individuali che legate alla naturale evoluzione tecnica ed estetica del corredo, molte delle quali poco appariscenti e difficili da notare; ho quindi realizzato uno schema per riassumere queste variabili.
La prima versione è il citato prototipo “Thick Mark” del 1959, con singola scala sulla ghiera di messa a fuoco e i caratteristici indici di raccordo fra diaframmi e punto di fede.
Il primo modello di serie verrà prodotto dal Marzo 1960 all’inizio del 1967 e sarà caratterizzato da questi elementi peculiari: montatura anteriore satinata cromo, focale in centimetri, ghiera del diaframma uniformemente zigrinata, messa a fuoco a 0,6m, baionetta monolitica senza viti di fissaggio e scritta Nippon Kogaku Japan; nei 7 anni di produzione si registrarono piccole variabili, come la presenza o meno della specificazione PATS PEND o della scritta Lens Made in Japan e la ghiera di messa a fuoco con doppia scala in metri e piedi oppure con scala singola.
All’inizio del 1967 la ghiera dei diaframmi abbandona la zigrinatura fine uniforme a favore di una serie di godronature a sbalzi alternati, in grado di favorire la presa; inoltre, la baionetta risulta ora separata e fissata con 5 viti a taglio.
Alla fine dello stesso anno la denominazione della focale passa ai millimetri (28mm).
Nel 1968 la parte anteriore della montatura abbandona la finitura satinata cromo a favore di una laccatura nera, lasciando satinata solo la porzione centrale del barilotto; in questa configurazione il Nikkor-H Auto 28mm 1:3,5 verrà prodotto dal 1968 al 1971.
Nel 1971 l’obiettivo sostituirà la denominazione Nippon Kogaku passando a Nikon ed inizierà ad utilizzare per la baionetta viti con intaglio a croce, arrivando con questo assetto fino al Giugno 1973.
Nel Giugno 1973 la denominazione diviene Nikkor-H-C Auto 28mm 1:3,5 e le lenti beneficiano del rivestimento antiriflesso multistrato NIC; questo modello rimarrà in produzione fino al Febbraio 1975.
Nel Febbraio 1975 l’obiettivo acquisirà finalmente il barilotto più moderno tipo “K” già introdotto sugli altri modelli nel 1974 e caratterizzato da un’estetica più moderna, con finitura interamente nera e ghiera rivestita da un settore gommato; contestualmente la messa a fuoco minima passa a 0,3m; quest’ultimo tipo rimarrà in produzione fino al Marzo 1977, quando verrà sostituito dall’omologo modello Ai col nuovo schema ottico ricalcolato da Sei Matsui.
L’obiettivo è passato quindi attraverso molte trasfigurazioni, tuttavia il gruppo ottico non ha registrato modifiche e in questo settore l’unico step percettibile va individuato nel passaggio al modello H-C del Giugno 1973 che, grazie al rivestimento antiriflesso multistrato, garantisce una superiore protezione dal flare e contrasto migliorato; va anche annotato come per questo storico modello gli aggiornamenti generalizzati del corredo Nikkor, come appunto il trattamento antiriflesso NIC e il barilotto gommato tipo “K”, arrivarono sempre con un anno di ritardo rispetto al resto della produzione.
Fra le varianti secondarie merita un cenno il passaggio dalla baionetta monolitica a quella separata dell’inizio 1967, una scelta sicuramente opportuna che rendeva molto più semplice ed economica la sostituzione di un elemento eventualmente deteriorato dall’uso intenso.
Il Nikkor 2,8cm 1:3,5 ha quindi militato per molti anni e naturalmente compare spesso nelle brochure e nei cataloghi del corredo Nikon F; vediamo alcuni esempi.
In questo stralcio di una brochure giapponese del Maggio 1962 il Nikkor 2,8cm è regolarmente illustrato; notate come nel documento sia presente anche l’unico supergrandangolare disponibile per Nikon F fino al Novembre 1967, cioè il Nikkor-O 2,1cm 1:4; questo tuttavia costituisce la riedizione del corrispondente modello per Nikon S calcolato a fine anni ’50 e il suo schema simmetrico con ridottissimo spazio retrofocale (circa 1cm) impone l’utilizzo con lo specchio alzato e l’ausilio del mirino esterno illustrato, una procedura molto scomoda, mentre il 2,8cm è meno spinto ma non pone limitazioni all’impiego dello specchio reflex.
E’ interessante considerare che anche il Nikkor-O 2,1cm 1:4 venne calcolato da Zenji Wakimoto all’incirca nel momento in cui disegnò anche il nostro Nikkor-H Auto 2,8cm 1:3,5 per Nikon F e merita sicuramente ammirazione la sua capacità di concentrarsi simultaneamente su 2 progetti dalle esigenze e specifiche così differenti e che imponevano approcci e soluzioni drasticamente divergenti!
In quest’immagine di gruppo da una brochure di inizio anni ’70 il Nikkor-H Auto è in primo piano e accanto a lui fa la sua comparsa uno dei primi esemplari del Nikkor-N Auto 28mm 1:2, la versione luminosa appena presentata; notate quindi come dal Marzo 1960 fino ad allora l’unico 28mm disponibile nel sistema F sia stato il modello 1:3,5 protagonista di questo articolo.
In questo catalogo giapponese del Maggio 1972 il modesto 28mm 1:3,5, al cospetto di modelli come i nuovi 15mm 1:5,6, 28mm 1:2 e 35mm 1:1,4, rischia di recitare la parte di Cenerentola, tuttavia manteneva saldamente la sua collocazione logica a corredo perché garantiva dimensioni e pesi molto più contenuti ed il suo prezzo di listino, pari ad appena il 43% di quello che caratterizzava il fratellone di grande apertura 28mm 1:2, lo rendeva più abbordabile in una risma di obiettivi invariabilmente piuttosto cari.
La sua longevità ed il prezzo relativamente mite hanno quindi reso il Nikkor 2,8cm – 28mm 1:3,5 primo tipo un modello molto popolare e diffuso e la sua caratteristica estetica, con la grande lente anteriore dai seducenti riflessi blu, è ben nota e familiare ai Nikonisti inossidabili; quest’obiettivo con lo schema ottico primo tipo è stato prodotto complessivamente in 385.247 esemplari, dei quali 131.948 con antiriflesso multistrato NIC (48.367 esemplari H-C e 83.581 pezzi tipo “K” gommato); si tratta naturalmente di un tipico obiettivo “da uso”, tuttavia segnalo che la versione con parte anteriore satinata cromo e ghiera del diaframma aggiornata con godronature a sbalzi alternati del 1967 venne realizzata in “appena” 9.659 pezzi, e pertanto è la meno comune.
Andiamo ora a conoscere le caratteristiche fondamentali dell’obiettivo utilizzando schede tecniche dell’epoca ed iniziando da quelle realizzate da Amphoto, storico distributore Nikon statunitense con sede sulla East Coast che realizzava cataloghi composti da fogli amovibili che venivano aggiornati costantemente (a pagamento con una forma di abbonamento) inviando al proprietario per posta le schede dei nuovi modelli che nel frattempo si affacciavano.
Il Nikkor-H Auto 2,8cm – 28mm 1:3,5 consente chiusure del diaframma comprese fra 1:3,5 ed 1:16, con arresti a scatto solo sui valori interi; la ghiera con spaziatura equidistante prevede anche la classica forchetta per l’accoppiamento esposimetrico ai corpi Nikon F ed F2 Photomic e alle Nikkormat che lo garantiscono, mentre l’iride è pentagonale; l’attacco filtri anteriore è il classico 52×0,75mm a filetto e le schede citano anche non meglio precisati filtri da 54mm a pressione, mentre il paraluce suggerito è il modello HN-2, in metallo a vite; il diametro della lente anteriore è così ampio che nella montatura da 52mm non rimane spazio sufficiente per la classica ghiera con i dati dell’obiettivo, e questi ultimi sono riportati sull’esterno del barilotto.
La messa a fuoco minima si spinge solo fino a 0,6m, ai quali corrispondono un rapporto di riproduzione di 1:18 e un campo minimo inquadrato pari a 43,2×65,8cm; si tratta di un valore modesto se confrontato con i modelli recenti e probabilmente venne definito dal progettista considerando l’incremento di curvatura di campo e aberrazioni che sarebbe subentrato in un grandangolare retrofocus come quello e privo di lenti flottanti, per cui evidentemente il valore conservativo di 0,6m è stato scelto perché passando oltre il degrado nella qualità ai bordi sarebbe stato troppo vistoso.
L’obiettivo, la cui focale effettiva desunta dalle sezioni quotate è 28,6mm, prevede uno spazio retrofocale utile di 38mm, addirittura abbondante rispetto alle esigenze del corpo macchina reflex, e copre 74° in diagonale, 64° in orizzontale e 45°30’ in verticale; lo schema ottico prevede 6 lenti in 6 gruppi e l’azienda suggeriva di utilizzare l’obiettivo su Nikon F preferibilmente in abbinamento ai vetri di messa a fuoco intercambiabili tipo A, F, J, G1 ed H1, indicando come sfruttabili anche le versioni B ed E.
L’obiettivo misura 41,8mm di lunghezza (circa 54mm considerando lo sbalzo posteriore della palpebra protettiva) per 61,3mm di diametro (però indicati come 62,5 nel testo) e pesava 215g; oltre ai tappi standard posteriore e anteriore con innesto a molla da 52mm, per l’obiettivo erano disponibili anche il bussolotto per il trasporto CL-31, il sacchetto floscio tipo 51 e la campana in plastica CP-1.
Queste complete schede d’epoca si dilungano anche a descrivere succintamente le caratteristiche ottiche e il comportamento sul campo del modello, sempre naturalmente tenendo conto che si tratta di materiale creato e divulgato da un distributore il cui interesse e scopo era vendere il maggior numero possibile di esemplari; dopo indicazioni generiche (grandangolare di uso generale apprezzato da tempo, adatto per la maggioranza delle situazioni tranne in luce molto debole), il documento riferisce che lo schema retrofocus garantisce vivido contrasto e brillantezza anche a tutta apertura, con distorsione e coma ridotti al minimo; la correzione dell’aberrazione sferica consente di minimizzare lo spostamento del piano di fuoco al chiudersi del diaframma.
Occorre naturalmente relazionare questi giudizi palesemente ottimistici con il periodo in cui i testi sono stati creati, a fine anni ’60, quando sicuramente gli standard di riferimento non erano quelli di oggi; il documento però onestamente non minimizza gli effetti della curvatura di campo: infatti suggerisce che una qualità ottimale si otterrebbe già ad 1:5,6, tuttavia per avere un’alta resa anche ai bordi si suggerisce invece di chiudere ad 1:11 o addirittura 1:16, probabilmente per recuperare con la profondità di campo quello che la curvatura di campo mette fuori fuoco; un altro dettaglio curioso delle schede Amphoto sta nel fatto che si dilungavano a descrivere il comportamento in macrofotografia di ogni modello, compresi quelli meno adatti allo scopo, spiegando come sfruttarli per ottenere il miglior compromesso nei risultati; nel caso del Nikkor-H 2,8cm – 28mm 1:3,5 utilizzato per elevati rapporti di riproduzione sul soffietto si suggerisce di montarlo invertito (a tale scopo era disponibile l’anello BR-2) e di operare ad apertura 1:8, mentre, usandolo su prolunghe con orientamento convenzionale la qualità migliora progressivamente al chiudersi del diaframma, evidentemente considerando come il forte aumento di curvatura di campo debba essere compensato dalla chiusura dell’iride per recuperare profondità di campo, anche se questo riduce la risolvenza generale per diffrazione; la presenza di curvatura di campo a distanze ravvicinate viene implicitamente ribadita anche dal suggerimento di evitare la riproduzione di originali piani.
Queste ulteriori schede tecniche dedicate a tale obiettivo sono interessanti perché vennero pubblicare rispettivamente nel 1972 e nel 1976 e definiscono il passaggio dalla classica montatura interamente metallica con alternanza di elementi neri e satinati al nuovo barilotto “tipo K” del 1975, interamente nero, con sagoma più lineare e ghiera di messa a fuoco interessata da una fascia in gomma con 3 settori geometrici a rilievo; in questo secondo caso è curioso osservare che la scheda fa arbitrariamente riferimento non solamente ad un nuovo barilotto ma anche a un gruppo ottico asseritamente “migliorato” ed in grado di fornire prestazioni ancora superiori, un’affermazione che lascia perplessi perché l’obiettivo esibisce sicuramente una montatura completamente nuova, con migliorie funzionali quali la messa a fuoco ridotta a 0,3m e il diaframma portato a 7 lamelle e in grado di chiudere fino ad 1:22, tuttavia il suo nocciolo ottico è identico a quello presente nel precedente modello H-C Auto prodotto dal Giugno 1973 al Febbraio 1975, e anche il decantato rivestimento multistrato NIC era già presente nel predecessore.
Proprio l’ultima versione “K” gommata, prodotta dal Febbraio 1975 al Marzo 1977 risulta interessante perché rappresenta una sorta di fossile vivente, un obiettivo in montatura moderna che tuttavia condivide ancora il nocciolo ottico calcolato nel 1958 e che era rimasto in produzione fino ad allora, semplicemente con antiriflesso migliorati; questa foto d’insieme dell’impressionante sistema Nikon risale al 1976 e nel dettaglio si può appunto apprezzare il classico 28mm 1:3,5 con la nuova livrea nera e gommata, tuttavia riconoscibile per la caratteristica e grande lente anteriore che impone di spostare i dati di targa all’esterno della montatura.
Questi 2 stralci dei cataloghi di ottiche Nikkor risalgono al 1976 e al 1977 e mostrano rispettivamente il Nikkor 28mm 1:3,5 tipo “K” con vecchio schema ottico e il nuovo Nikkor Ai 28mm 1:3,5 introdotto proprio nel 1977 con schema ottico rivisto; quest’ultimo risulta leggermente più ingombrante del precedente (51,3mm fra i vertici delle lenti esterne contro i 48,9mm del primo), tuttavia prevede una lente anteriore di diametro decisamente ridotto, consentendo di inserire i dati dell’obiettivo nel classico anello anteriore coassiale.
Questa pagina è ricavata dalla prima brochure italiana dedicata alla nuova serie Ai, pubblicata nel 1977 ed illustra le 3 focali da 28mm allora disponibili (ricordiamo che il Nikkor 28mm 1:2,8 era nel frattempo comparso nell’Agosto 1974); il nuovo Nikkor Ai 28mm 1:3,5 è in primo piano ed è possibile apprezzare il diametro ridotto dell’elemento anteriore che consente di inserire la ghiera frontale con i dati identificativi.
Questa completa scheda statunitense dedicata al nuovo modello Ai con secondo schema ottico permette di apprezzare un dettaglio che vedremo meglio in seguito: il nuovo schema ottico di Sei Matsui è ricalcolato ma sostanzialmente invariato rispetto all’architettura originale di Zenji Wakimoto,un estremo gesto di rispetto del nuovo e talentuoso progettista nei riguardi del prestigioso precursore ed anche parte di una filosofia di progetto Nikon per cui uno schema valido si continua ad evolvere step by step, senza rivoluzioni improvvise, ravvisabile in molti altri modelli.
Il Nikkor Ai 28mm 1:3,5 è il primo grandangolare Nikon da me posseduto, acquistato nuovo nel Settembre 1981 quando avevo appena compiuto 17 anni, con garanzia Cofas e al prezzo per me impegnativo (studente liceale…) di 234.000 Lire dell’epoca.
La versione “K” terminale del primo tipo è comunque subito identificabile, sebbene ad un’occhiata distratta sembri molto simile al nuovo Ai: infatti nel modello prodotto dal 1975 al 1977 il diametro della lente anteriore originale impose di trasferire i dati identificativi del modello sul frontale della ghiera di messa a fuoco, mentre nel tipo Ai risultano all’interno dell’attacco filtri; inoltre la vecchia versione non prevede il leggero strombo diagonale all’estremità anteriore della montatura (richiesto dalla lunghezza del nocciolo ottico) e naturalmente esibisce una ghiera del diaframma antecedente alla generazione Ai, priva della seconda scala delle aperture per il pozzetto del mirino e con forchetta montata in posizione rovesciata e priva di asole per il passaggio della luce.
Queste sono le vicende e le caratteristiche del primo 28mm nella storia del sistema Nikon F; vediamo ora come ebbe origine la sua parte ottica, grazie al brevetto originale giapponese che ho reperito solamente nel Febbraio 2021, letteralmente dopo 22 anni di ricerche.
Osservando lo schema composto da 6 elementi spaziati con le 2 lenti anteriori di grande diametro, una convergente e l’altra divergente, si nota come Zenji Wakimoto, in assenza di dati ed esperienze pregresse nel settore, si sia ispirato al corrispondente Retrofocus Type R11 di Pierre Angènieux, modello calcolato a inizio anni ’50 che rappresentò l’archetipo del genere; questo permise al progettista di avere una base di partenza già testata e di concentrarsi sull’affinamento dei particolari.
Questi 2 schemi riportano il brevetto del Nikkor 2,8cm 1:3,5 nella sua interezza; come evidenziato in grafica, la richiesta di brevetto fu depositata in giappone il 26 Dicembre del 33° anno dell’era Showa e venne ratificato 5 anni dopo, il 10 Dicembre del 38° anno dell’era Showa; come infatti molti sapranno, il calendario giapponese non si basa ovviamente sugli anni a partire dalla nascita di Cristo ma riparte da 1 all’elezione di un nuovo Imperatore, che definisce la sua “era” con un nome proprio; pertanto il brevetto di Wakimoto venne concepito durante il regno dell’Imperatore Hirohito, che denominò il suo periodo come Showa con inizio nel 1926, anno del suo insediamento; pertanto il 33° anno Showa è il 1958 e il 38° invece il 1963.
Lo schema ottico descritto dal documento, e corrispondente a quello del Nikkor-H Auto 2,8cm 1:3,5, appare ancora molto semplice e poco evoluto, tuttavia le 12 superfici esposte ad aria sono tutte rifrangenti (anche R6, il raggio posteriore della terza lente, che sembra piatto, in realtà prevede un valore negativo molto elevato, quindi la superficie è leggermente convessa); questo fattore unito alle spaziature ad aria interposte (che, a tutti gli effetti, funzionano come “lenti” con lo stesso indice di rifrazione di tale mezzo) fornisce comunque sufficienti variabili di calcolo, e infatti lo schema delle aberrazioni riporta valori buoni per l’epoca, specialmente riguardo alla distorsione.
Lo schema è stato confezionato in modo intelligente, sfruttando tutta l’esperienza che Wakimoto-San poteva vantare, riuscendo a coniugare prestazioni convincenti con una certa economia produttiva, sempre benvenuta; infatti il gruppo ottico è stato disegnato utilizzando solo 4 tipi di vetro ottico, e con una coppia di lenti caratterizzate dall’identica tipologia; in nessun caso sono stati impiegati moderni vetri agli Ossidi delle Terre Rare, all’epoca ancora molto costosi.
Troviamo quindi il Dense Flint SF-5 negli elementi L1 ed L4, il Dense Crown SK-51 in L2, il Dense Crown SK-52 in L3, il Very Dense Crown SSK-5 in L5 e il famoso Borosilicate Crown BK-7 in L6, tutti materiali dalle caratteristiche convenzionali ma orchestrati da un genio dell’ottica fino ad arrivare ad uno dei Nikkor più famosi e popolari.
Un’ultima e rapida occhiata agli schemi ottici dei Nikkor 28mm 1:3,5 primo tipo (1959-1977) e secondo tipo (1977-1983) conferma la parentela con l’Angenieux Retrofocus R11 originale e le grandi similitudini fra le 2 versioni, che mantengono non soltanto una configurazione analoga ma anche le caratteristiche rifrattive basilari di ogni lente; possiamo quindi dire che ogni modello di quest’obiettivo prodotto nella storia mantiene un fingerprint omogeneo riconducibile al calcolo anni ’50 del grande Zenji Wakimoto.
Piccolo, di aspetto dimesso, economico: il Nikkor 28mm 1:3,5 primo tipo non è un obiettivo che si prende la scena in modo perentorio, tuttavia la sua importanza tecnica e storica è senza discussione e per molto tempo ha retto da solo un notevole peso di responsabilità, coprendo per tutti gli anni ’60 il settore del grandangolare medio Nikkor da 28mm, sempre più popolare ed apprezzato col passare del tempo; il fatto stesso che l’azienda non abbia sentito l’esigenza di proporre un modello alternativo fino alla Photokina 1970 è la conferma più eloquente delle sue valide caratteristiche ottiche, sfruttabili con vantaggio ancora oggi anche su corpi digitali, senza farsi impressionare dal diaframma basico a 5 lamelle, dalla messa a fuoco limitata e dall’aspetto spartano: il 2,8 cm 1:3,5 H Auto è un Nikkor a tutti gli effetti e il fatto che sia stato calcolato da quello che forse è il più iconico e famoso progettista postbellico Nippon Kogaku aggiunge a questo piccolo e simpatico obiettivo una mistica tutta sua.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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