Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; in questa sede voglio parlare di un altro obiettivo fisheye prodotto da Nikon e commercializzato a fine anni ’60; il modello in questione, il cui schema è il secondo dall’alto a destra, rappresenta un prodotto molto particolare perché si tratta del Fisheye-Nikkor 10mm 1:5,6 OP, un’ottica con 180° di copertura che produce sul fotogramma un’immagine circolare inscritta nel medesimo ed è stata calcolata per fornire una proiezione di tipo ortografico (OP = Orthographic Projection), in contrapposizione alla classica proiezione equidistante dei comuni obiettivi ad occhio di pesce.
Il Fisheye-Nikkor 10mm 1:5,6 OP, qui visibile in una brochure del 1970, venne presentato nel Luglio 1968, è noto un prototipo preliminare ed è rimasto in produzione fino all’Agosto 1976; gli obiettivi assemblati sono quindi tutti conformi allo standard “F” e oltre all’esemplare prototipico sono noti 500 pezzi con la denominazione Nippon Kogaku Japan (realizzati dal Luglio 1968 fino al 1972) e altri 158 con la dicitura Nikon (prodotti dal 1972 all’Agosto 1976), per un totale di appena 659 obiettivi; pertanto, come già asserito nell’articolo dedicato al mastodontico Fisheye-Nikkor 6mm 1:2,8, anche in questo caso siamo in presenza di un obiettivo decisamente raro.
Il 10mm 1:5,6 OP prevede una progettazione classica, non retrofocus, pertanto un cilindro metallico con le lenti posteriori protrude decisamente oltre il piano della baionetta e deve entrare in profondità nel corpo macchina fino a 17,6mm dal piano focale (riferito al vertice della lente posteriore, scendono circa a 15mm se misuriamo dalla relativa palpebra metallica protettiva), imponendo quindi il sollevamento preventivo dello specchio che preclude la visione reflex ed obbliga a sfruttare il mirino esterno DF-1, illustrato in foto; all’epoca della presentazione il corpo macchina di riferimento con specchio sollevabile era la Nikon F, pertanto l’attacco del mirino è compatibile con la speciale slitta posta sopra il nottolino di riavvolgimento film di tale modello.
Ciò che rende il 10mm 1:5,6 OP unico e di grande valore storico e tecnico è la sua lente anteriore, che per finalizzare la proiezione ortografica prevedeva caratteristiche uniche; vediamo quali.
Il Fisheye-Nikkor 10mm 1:5,6 OP venne calcolato da Keiji Matsuki, uno specialista che aveva già lavorato con Masaki Isshiki al disegno del Fisheye-Nikkor 6mm 1:5,6, il primo fisheye di serie con 220° di campo; come si può osservare, lo schema ottico del 10mm OP derivata largamente da quello del precedente Fisheye-Nikkor 7,5mm 1:5,6 del Gennaio 1966, tuttavia per finalizzare la proiezione ortografica in luogo di quella equidistante (ribadiremo in seguito il significato di queste definizioni) il diametro dei 2 elementi anteriori venne ridotto e, soprattutto, la superficie anteriore della lente frontale era interessata da un profilo asferico estremamente accentuato e facilmente apprezzabile anche ad occhio nudo; all’epoca la tecnologia per creare lenti asferiche era ancora agli esordi e i metodi convenzionali di molatura diretta sarebbero stati difficilmente compatibili con un elemento dal diametro simile e con un profilo asferico così pronunciato, pertanto si decise di operare per glass molding, pressando il vetro rammollito a caldo in una sagoma asferica.
La realizzazione di questa lente fu estremamente critica perché non era sufficiente creare lo sbozzo asferico per glass molding ma occorreva rifinire il profilo asferico ottenuto per minimizzare irregolarità e anomalie, una procedura che non poteva contare su strumenti a controllo numerico sofisticati come quelli odierni e richiedeva quindi una espertissima supervisione dell’operazione, mentre Matsuki-San si preoccupò addirittura di concepire lo schema in modo da risentire il meno possibile di eventuali difetti della lente asferica.
Tutto questo consentì a Nippon Kogaku di vantare orgogliosamente la realizzazione del primo obiettivo di serie destinato a corpi reflex con lente asferica; la specificazione riguardo alla fotocamera si rendeva necessaria in quanto già nel 1966 l’azienda Leitz Wetzlar aveva offerto il suo celebre normale Noctilux-M 50mm 1:1,2 per Leica a telemetro con 2 superfici esterne asferiche, punto di arrivo di un lungo studio iniziato nel 1958, mentre a titolo di curiosità le prime superfici asferiche introdotte in obiettivi effettivamente prodotti e sfruttati sul campo in ambito fotografico vennero impiegate intorno al 1955 in uno speciale obiettivo calcolato dallo statunitense Baker ed impiegato sul celebre aereo spia U2.
Il Fisheye-Nikkor 10mm 1:5,6 OP si presentava in una montatura piuttosto spartana, con un barilotto nero la cui linearità era interrotta solamente da un settore a rilievi godronati nel frontale che fungeva da presa di forza per il montaggio; questo modello non prevedeva una ghiera di messa a fuoco perché, considerando l’impiego tipico a distanze medio-grandi, la corta focale e la ridotta apertura massima, la profondità di campo era così ampia da rendere superflua la regolazione di fuoco, pertanto sul barilotto è presente solamente il controllo del diaframma, insolitamente rappresentato da una fessura nella quale scorre un selettore con riferimento bianco accanto alla scala delle apertura da 1:5,6 ad 1:22; accanto a questo elemento è presente anche una seconda apertura che consente di ruotare e gestire la torretta girevole interna con 6 filtri incorporati.
L’immagine mostra chiaramente il cilindro posteriore sporgente che porta parte del gruppo ottico in profondità all’interno del corpo macchina a specchio sollevato (o, eventualmente, di un corpo a telemetro con adattatore da Nikon F alla baionetta/attacco a vite della fotocamera); la lente ad appena 17,6mm dal piano focale produce una proiezione non molto telecentrica, sebbene l’immagine sia limitata ad un cerchio da 20mm inscritto nel fotogramma, rendendo il modello poco idoneo ad un impiego attualizzato su corpi mirrorless digitali,
Il 10mm OP prevedeva un solco perimetrale fra la parte anteriore del barilotto e la ghiera di serraggio della lente frontale, sfruttato per applicare uno specifico tappo conico il cui bordo inferiore, sporgente e filettato, si accoppiava alla corrispondente filettatura interna del barilotto, offrendo una solida protezione alla preziosa lente asferica sporgente; anche il mirino a corredo DF-1 prevedeva un tappo anteriore in miniatura di foggia analoga, mentre per la parte posteriore dell’obiettivo con relativo elemento sporgente si sfruttava lo specifico tappo LF-2 creato da Nikon per questo tipo di ottiche non retrofocus ed utilizzato nei modelli Fisheye-Nikkor 8mm 1:8, Fisheye-Nikkor 7,5mm 1:5,6, Fisheye-Nikkor 10mm 1:5,6 OP, Fisheye-Nikkor 6mm 1:5,6 e Nikkor-0 2,1cm 1:4; una caratteristica di questo tappo allungato è la presenza di una slitta di accoppiamento nella battuta inferiore che, alla bisogna, consente di fissare per il trasporto il relativo mirino esterno utilizzato dall’obiettivo.
La denominazione, unica nel suo genere, dichiara esplicitamente la speciale formula di proiezione; questa immagine consente di apprezzare un’ulteriore finezza, con le zigrinature del tappo a vite identiche a quelle presenti nell’obiettivo sotto la scritta.
Come sempre avviene per i fisheye, anche nel 10mm OP la lente anteriore costituisce il punctum che attira attenzioni, soprattutto perché in questo modello, caso molto raro, il profilo asferico è immediatamente percettibile.
La torretta girevole per i filtri incorporati è progettata in modo azionale, con arresti a scatto e bordo zigrinato per facilitare la rotazione, e per ciascuno dei 6 filtri di volta in volta utilizzati compare posteriormente la corrispondente sigla con codice cromatico di immediata identificazione e la cui posizione si apprezza a colpo d’occhio appena si distoglie lo sguardo dal mirino.
Le versioni previste sono un filtro neutro/UV L1A, un giallo chiaro Y48, un giallo scuro Y52, un arancio O56, un rosso R60 e un giallo/verde X0.
Non essendo possibile la visione reflex, l’obiettivo era equipaggiato a corredo con questo pregevole mirino DF-1, la cui finitura nera martellata con ghiera cromata frontale cita palesemente gli analoghi stilemi dei mirini Zeiss Ikon; lo schema ottico prevede 4 lenti in 4 gruppi e la necessaria semplificazione non ha consentito di coprire interamente i 180° o 220° delle ottiche di destinazione, bensì solamente 160°, pertanto – come specificato dallo stesso fabbricante – questo mirino va inteso come un dispositivo di puntamento per una centratura approssimativa dell’inquadratura e non per una valutazione esatta di quanto ripreso.
La slitta di attacco è insolita perché questo mirino è stato concepito principalmente per l’impiego sul corpo Nikon F (fotocamera professionale in sintonia con le caratteristiche molto specialistiche del 10mm OP), e tale modello non prevede una slitta standard sul tettuccio per via dei vari mirini intercambiabili, sostituita da un modello specifico a coda di rondine posto a sinistra, attorno al nottolino di riavvolgimento del film, pertanto il sistema di aggancio del mirino DF-1 è compatibile con questo elemento; era tuttavia possibile applicare il mirino anche sui corpi Nikkormat con possibilità di sollevamento dello specchio e slitta convenzionale grazie ad uno specifico adattatore commercializzato da Nippon Kogaku, oggi molto raro.
La vista posteriore di obiettivo e mirino mostra la pregevolissima finitura di quest’ultimo , il cannotto sporgente dell’ottica, la sigla del filtro incorporato chiaramente leggibile e le obsolete viti a taglio impiegate nella baionetta, una soluzione che in altri modelli vide il passaggio al tipo Phillips già nel 1971 mentre nel 10mm OP rimasero alla configurazione iniziale fino all’uscita di scena nel 1976.
Questa refrattarietà all’aggiornamento alle nuove style policy nel frattempo introdotte a mio avviso si spiega in 2 modi: da un lato non è remunerativo aggiornare modelli di nicchia con numeri di vendita estremamente ridotti, dall’altro una lente asferica dalla produzione così perigliosa impone al buonsenso di realizzare grossi lotti univoci, nei quali la procedura ormai affinata e a regime consente di mantenere standard omogenei, obiettivi che poi vanno lentamente ad esaurimento nel corso degli anni mantenendo le caratteristiche estetiche e funzionali del momento in cui vennero prodotti.
Dettagli ravvicinati dell’ultima lente tradiscono la presenza del rivestimento antiriflessi tradizionale, anteriore al multicoating; questo standard venne mantenuto per tutta la produzione, suffragando la mia ipotesi di lotti prodotti in anticipo e poi centellinati nel tempo, mentre la relativa palpebra metallica di protezione merita un approfondimento: come si può notare tale elemento scherma la lente solo in un settore parziale, che dopo il montaggio in macchina è orientato ad ore 6, un dettaglio presente in molti altri Nikkor dell’epoca che suggerisce il timore da parte dei tecnici che la proiezione dell’obiettivo verso la parte inferiore del corpo macchina producesse riflessi indesiderati…
Questo timore può avere un fondamento in modelli retrofocus con l’ultima lente a ridosso delle parti metalliche subito dietro la baionetta dei corpi F ed F2 ma in questo caso il cannotto porta l’ultima lente circa 20mm più all’interno, e in quella posizione abbiamo solo il retro dello specchio sollevato e la parte inferiore del mirabox, entrambe adeguatamente annerite.
La vista di profilo consente di apprezzare bene il profilo parabolico della lente frontale, la cui curvatura si attenua visibilmente procedendo verso i bordi e denunciando un grado dia sfericità realmente elevatissimo per questo tipo di applicazioni.
Passiamo ora ad osservare documenti, schede e brochure d’epoca dedicate a questo raro e sconosciuto obiettivo; si tratta di materiale la cui raccolta ha richiesto tempo e pazienza proprio per la particolarità del modello.
Forse il primo documento dedicato al 10mm 1:5,6 OP è la relativa scheda presente nel “libro Nikon” del 1969 realizzato da Amphoto di Garden City (NY); questi volumi a schede ed aggiornabili su abbonamento erano molto apprezzati all’epoca e sono anche alla base dei famosi libri Nikon realizzati da Cofas in Italiano.
Questo documento definisce correttamente lo schema ottico come costituito da 9 lenti in 5 gruppi, escludendo quindi il decimo elemento costituito del filtro interno, e aggiunge che le aperture disponibili spaziano da 1:5,6 a 1:22, il diaframma è solo manuale, la messa a fuoco fissa, l’esposimetro dell’apparecchio ovviamente non accoppiato e che l’immagine prodotta sul film corrisponde ad un cerchio da 20mm di diametro all’interno del fotogramma 24×36; quest’ultimo dettaglio differisce rispetto ai Fisheye-Nikkor prodotti fino ad allora e la cui immagine circolare prevedeva un diametro da 23mm, risultando inscritta di misura nel formato, e sottolinea ulteriormente l’unicità del modello.
Con un diametro ridotto a 20mm si potrebbe obiettare che la superficie utile del fotogramma viene ridotta di quasi un quarto, tuttavia – come vedremo – quest’obiettivo non è nato per realizzare immagini figurative di impiego convenzionale, per quanto produca risultati adeguatamente incisi.
La scheda puntualizza che non ha senso definire i vetri di messa a fuoco più adatti, dato che il mirino della reflex non viene utilizzato sfruttando invece quello esterno illustrato in foto, e specifica che sono presenti 6 filtri incorporati, ovvero i già citati L1A (UV), Y48 (giallo chiaro), Y52 (giallo scuro), O56 (arancio), R60 (rosso) e XO (giallo/verde), ricordando che per la foto a colori è utilizzabile in pratica solo il primo.
Il peso è indicato in 380g e le note sintetiche ricordano che l’obiettivo utilizza una lente frontale asferica e che è caratterizzato dalla proiezione ortografica, spiegando succintamente che in virtù di quest’ultima l’obiettivo riproduce correttamente la luminanza del soggetto il qualsiasi zona della scena, pertanto consente precise misurazioni fotometriche valutando la distribuzione luminosa nell’area fotografata; in parole povere, è un fisheye praticamente privo di vignettatura e, come vedremo, la trasmissione luminosa costante da centro a bordi è finalizzata dalla proiezione ortografica espandendo o comprimendo i settori del soggetto nella varie zone del campo (più dilatati al centro, più compressi ai bordi), uniformando in questo modo le sue caratteristiche di trasmissione.
Notate nuovamente, nello schema ottico, la posizione dell’ultima lente a 17,6mm dal piano focale, circa 20mm in meno del minimo necessario al movimento dello specchio sul corpo Nikon.
Una seconda scheda dello stesso volume documenta la profondità di campo con la messa a fuoco fissa sull’iperfocale, valore che già a tutta apertura 1:5,6 spazia da 62,8cm ad infinito e ad 1:22 scende fino a 22,9cm dal piano focale, in pratica ormai a contatto con la lente anteriore; il documento mostra anche lo schema ottico in sezione del mirino in dotazione DF-1, con 3 grossi elementi divergenti frontali simili a quelli di un fisheye e una quarta lente posteriore, e definisce le quote della montatura, con un diametro massimo di 84mm e una lunghezza complessiva di 105,4mm, dei quali solamente 73,9 dalla battuta della baionetta.
L’obiettivo illustrato è il prototipo realizzato prima della serie, con matricola 100001 (il primo esemplare di produzione prevede il seriale 180011), e come potete notare la sua denominazione sul barilotto è Fish-eye, una dicitura già utilizzata nei precedenti 8mm 1:8 del Luglio 1962 e 7,5mm 1:5,6 del Gennaio 1966, tuttavia in tutti i 10mm 1:5,6 OP di serie il nome venne aggiornato in Fisheye, pertanto l’obsoleto Fish-eye è presente unicamente nel singolo prototipo.
Questa immagine mostra infatti il prototipo 100001 e un esemplare di normale produzione con la citata differenza nelle diciture; probabilmente quando il 10mm 1:5,6 OP entrò in produzione la Nippon Kogaku aveva appena aggiornato la sua style policy introducendo anche questa modifica, passata quindi a tutti gli obiettivi effettivamente commercializzati.
Infatti, nella corrispondente scheda del volume Nikon by Amphoto del 1974, l’esemplare illustrato prevede la denominazione aggiornata Fisheye-Nikkor; in questa scheda il compilatore ha implementato le note sintetiche, aggiungendo le opzioni d’uso convenzionali già descritte anche per altri Fisheye-Nikkor a proiezione equidistante, ricordando tuttavia la specifica vocazione ad indagini fotometriche dove è importante che l’obiettivo documenti oggettivamente la luminosità della scena.
In questa scheda viene chiaramente indicato anche il diametro della filettatura per lo speciale tappo a vite anteriore, pari a 79×0,75mm.; inoltre, curiosamente, i valori della profondità di campo differiscono da quelli condivisi nell’edizione 1969 e sono più permissivi, dal momento che ad 1:5,6 un fuoco accettabile è garantito da 48,4cm e ad 1:22 da 17,6cm, mentre anche il peso è stato corretto in 400g.
Una scheda analoga era presente nel catalogo delle ottiche Nikkor edito nel Marzo 1972; in questo caso lo speciale tappo posteriore allungato per obiettivi con elementi molto sporgenti viene ribattezzato 3F e le didascalie spiegano in modo più accurato la destinazione d’uso primaria dell’obiettivo, nato per determinare una configurazione geometrica del soggetto in relazione alla porzione di cielo sovrastante e la distribuzione della luminanza o gli effetti della radiazione termica in una determinata area.
Questa scheda aggiornata proviene invece dal monumentale Nikon Sales Manual edito nel 1977 dopo l’avvento della generazione Ai e destinato ai rivenditori ufficiali statunitensi; in questo caso è presente un refuso (lo schema prevede 6 gruppi solamente considerando anche il filtro, ma in questo caso le lenti sarebbero 10 e non 9, come indicato) mentre il documento ci informa che il bussolotto rigido in vinilpelle per contenere l’obiettivo, prima fornito come accessorio a richiesta, ora fa parte del corredo standard.
I selling points della scheda definiscono ancora meglio la destinazione del 10mm 1:5,6 OP, introducendo il concetto – ovviamente in una foto zenitale dal basso – di proporzione fra la superficie dell’area ripresa e quella della sorgente di luce che la illumina, proporzione denominata dagli urbanisti “configuration factor”; possiamo aggiungere che, quando la sorgente è il cielo, il termine diviene “sky factor”.
Il documento annota anche debitamente la differente resa prospettica dell’obiettivo con proiezione ortografica, ribadendo nuovamente che la parte centrale ha più enfasi e quelle periferiche risultano invece compresse rispetto ad un fisheye convenzionale a proiezione equidistante.
Trattandosi di un documento prodotto quando i nuovi corpi Nikon FM ed FE erano già in commercio, puntualizza che questi ultimi non possono montare l’obiettivo perché non prevedono il sollevamento manuale dello specchio.
La scheda propone anche una sezione dell’obiettivo con quote e schema, qui invertita in positivo e analoga a quelle viste in precedenza.
Questa pubblicità giapponese venne divulgata nel 1972 ed era dedicata ad alcune ottiche Nikkor in attacco F di impiego speciale; nell’immagine di gruppo compare anche il nostro 10mm 1:5,6 OP assieme al Fisheye-Nikkor 8mm 1:2,8 con visione reflex introdotto nel 1970.
In questa impressionante system chart del sistema Nikon risalente al 1974 il Fisheye-Nikkor 10mm 1:5,6 OP è illustrato assieme al mastodontico Fisheye-Nikkor 6mm 1:2,8 da 220° con visione reflex (entrambi evidenziati) e altri 3 fisheye allora in produzione: il 6mm 1:5,6 da 220° non retrofocus, l’8mm 1:2,8 per reflex e il 16mm 1:3,5 a copertura totale del fotogramma.
In epoca Ai, dopo il 1977, in Giappone venne pubblicata anche questa scheda che illustra il 10mm 1:5,6 OP montato su una Nikon F2A assieme al mirino DF-1 nella posizione prevista, sulla slitta coassiale al nottolino di riavvolgimento del film; come si può osservare, l’obiettivo non garantisce alcun accoppiamento con l’interfaccia esposimetrica Ai del mirino-esposimetro Photomic DP11 montato sulla fotocamera (infatti il pin risulta retratto in posizione di riposo), dal momento che l’impiego con specchio sollevato renderebbe in ogni caso impossibile la misurazione TTL attraverso l’obiettivo.
L’immagine fotografica allegata è invece un buon esempio di impiego pratico dell’obiettivo, con riprese zenitali in contesto urbano che consentono di valutare lo “sky factor” e la distribuzione della luminanza; nella fotografia si nota anche l’illuminazione uniforme del campo fino ai bordi tipica del Fisheye OP.
La scheda comprende anche una pagina tecnica con le consuete sezioni e i principali dati dell’obiettivo.
Una terza pagina del documento mostra due immagini dello stesso soggetto, una realizzata con il Fisheye-Nikkor 8mm 1:2,8 da 180° a proiezione equidistante e l’altra con il Fisheye-Nikkor 10mm 1:5,6 OP, sempre da 180° ma a proiezione ortografica; come si può osservare, nel modello OP l’elemento centrale risulta ancora più dominante ed invasivo mentre le porzioni marginali della scena sono compresse verso i bordi del formato circolare, e questa caratteristica di riproduzione rende l’obiettivo OP meno appetibile per riprese convenzionali rispetto al modello a proiezione equidistante ma abbiamo già definito che la sua destinazione non è la fotografia convenzionale.
Come anticipato, l’obiettivo è stato disegnato da Keiji Matsuki, tuttavia dopo decenni di ricerche ho dovuto accettare l’evidenza che non esiste un documento tecnico ufficiale o brevetto dedicato al 10mm 1:5,6 OP, pertanto non sarà possibile investigare i dettagli tecnici più specifici e i vetri ottici impiegati, limitandoci ad annotare come lo schema derivi strettamente da quello del 7,5mm 1:5,6, con 2 elementi divergenti anteriori che definiscono la copertura, un doppietto cementato che corregge alcune aberrazioni da essi introdotte e un modulo posteriore a 5 lenti che focalizza l’immagine sul fotogramma.
Per non lasciare il pezzo privo di contenuti tecnici vedremo in alternativa le differenze fra la proiezione equidistante convenzionale e quella ortografica che è peculiare del 10mm 1:5,6 OP.
Questo documento nipponico dell’epoca visualizza come varie sezioni del soggetto concentriche all’asse di ripresa centrale vengano proiettate sul fotogramma circolare dall’obiettivo fisheye: a destra abbiamo la consueta proiezione equidistante e a sinistra quella ortografica, nella quale si osservano porzioni intermedie espanse verso l’esterno a scapito di quelle marginali.
Questi schemi originali di Nikon Corporation mettono in relazione l’angolo d’incidenza q fra l’asse di ripresa e la posizione del soggetto nello spazio con la relativa distanza Y del medesimo soggetto dal centro del fotogramma circolare riprodotto sul film, utilizzando una costante c che solitamente è la focale del sistema; nel caso della proiezione equidistante, l’obiettivo a parità di spostamento angolare mantiene una distanza proporzionalmente analoga dal centro dell’immagine impressionata, creando uno schema di proiezione come quello visibile a sinistra, mentre in quella ortografica la proiezione è come sottesa alle normali che si generano dagli stessi punti nella coniugata immagine, e come potete vedere rilevanti porzioni della proiezione periferica risultano compresse in un settore molto più sottile, concentrando di fatto la relativa luminosità in una superficie inferiore e producendo quindi un’immagine più brillante in quel settore, contrastando quindi la vignettatura e promuovendo anche la caratteristica compressione visiva degli elementi ai margini del campo, il tutto subordinato alle formule di proiezione indicate sotto gli schemi.
Questo documento del tempo ribadisce nuovamente la possibilità di monitorare la relazione fra l’area ripresa e la sua fonte di illuminazione, definendo il “configuration” factor” o “sky factor” del contesto: le 2 immagini d’esempio proposte mostrano appunto situazioni in cui tale fattore è differente, con l’esempio 1 più illuminato rispetto al 2.
Nonostante le caratteristiche e la grande lente anteriore a profilo asferico molto pronunciato, il prezzo del Fisheye-Nikkor 10mm 1:5,6 OP non era astronomico: in questo ritaglio da una brochure giapponese di inizio anni ’70 l’enorme Fisheye-Nikkor 6mm 1:2,8 da 220° per visione reflex costa 600.000 Yen, la versione 6mm 1:5,6 da 220° non retrofocus per l’impiego con specchio sollevato ne costa 200.000 mentre il 10mm 1:5,6 OP viene proposto a 109.000, la stessa cifra richiesta per l’8mm 1:2,8 da 180° per visione reflex, e quindi quasi 5 volte in meno rispetto al 6mm 1:2,8; probabilmente questa relativa abbordabilità dipendeva sia dall’assenza di lenti divergenti di grande diametro, presenti negli altri modelli, sia dalla realizzazione dell’elemento asferico tramite glass-molding, procedura all’epoca meno critica e costosa della lavorazione diretta con strumenti meccanici.
Queste immagini analoghe sono ricavate da brochure delle ottiche Nikkor in attacco F pubblicate rispettivamente nel 1979, 1980 e 1981 e consentono di apprezzare quando effettivamente venne menola disponibilità sul mercato di vari Fisheye-Nikkor a prescindere dal termine reale di produzione.
Nel documento del 1979 sono presenti i modelli 6mm 1:2,8 da 220° (rosso, in produzione), 8mm 1:2,8 (alla sua destra, in produzione), 10mm 1:5,6 OP (blu, uscito di produzione ad Agosto 1976) e 6mm 1:5,6 da 220° non retrofocus (verde, uscito di produzione a Marzo 1978); troviamo quindi illustrati il 10mm 1:5,6 OP uscito di produzione da 3 anni e il 6mm 1:5,6 da un anno.
Nell’immagine del 1980 il 6mm 1:5,6 da 220° ed uso con specchio sollevato risulta scomparso, tuttavia è ancora presente il 10mm 1:5,6 che nel frattempo non veniva più prodotto da 4 anni.
Infine, nel ritaglio del 1981 scompare finalmente anche il 10mm 1:5,6 OP, lasciando solamente il 6mm 1:2,8 da 220° e l’8mm 1:2,8, entrambi luminosi e fruibili con visione reflex, quindi idonei per un impiego pratico su corpi moderni; contestualmente, nel settore dei fisheye da 16mm con copertura totale del formato, l’originale 16mm 1:3,5 illustrato nell’immagine del 1979 viene sostituito in quelle del 1980 e 1981 dal nuovo16mm 1:2,8.
Il Fisheye-Nikkor 10mm 1:2,8 OP, prodotto dal Luglio 1968 all’Agosto 1976, rimase quindi ufficialmente a catalogo fino al 1980 compreso, evidentemente ad esaurimento scorte di magazzino.
Infine, a titolo di curiosità, Nippon Kogaku non dimenticò l’idea di un fisheye a proiezione ortografica anche dopo l’uscita di scena del 10mm 1:5,6 OP; infatti quest’obiettivo, esposto nel contesto di una mostra a tema al museo Nikon di Tokyo nell’Ottobre 2018, è il prototipo di un Fisheye-Nikkor AiS 10mm 1:2,8 OP creato nel 1981 e che introduceva notevoli migliorie come incremento nell’apertura massima pari a 2 f/stop, introduzione del controllo di messa a fuoco con relativa ghiera e schema ottico retrofocus che consentiva la messa a fuoco reflex e anche l’esposizione TTL con corpi sia F che Ai grazie alla ghiera del diaframma tradizionale, con forcella di interfaccia meccanica e camma aggiuntiva Ai; era quindi una riedizione in chiave moderna perfettamente adatta ai corpi della nuova generazione, tuttavia l’azienda decise di non produrla in serie, forse per le ridotte richieste da parte della clientela.
Il Fisheye-Nikkor 10mm 1:5,6 OP da 180° con copertura circolare e proiezione ortografica è stato quindi un modello molto speciale che a fine anni ’60 è andato ad arricchire la gamma dei Fisheye-Nikkor e la serie delle ottiche Nikon professionali per impieghi particolari e di nicchia, offrendo ai clienti uno strumento di impiego molto specifico e limitato ma anche impagabile per i professionisti di tale settore e ribadendo una leadership tecnologica all’epoca oggettivamente innegabile e che i brand rivali impiegarono anni a contrastare,
Oggi il 10mm 1:5,6, vincolato alla sua copertura circolare da 20mm con spazio retrofocale molto ridotto e proiezione non telecentrica, risulta difficilmente sfruttabile adattandolo ai corpi macchina mirrorless attuali ma rimane un pezzo da novanta in una collezione di alto livello, magari abbinato in vetrina ad un corpo Nikon F o F2 dell’epoca equipaggiato col mirino laterale DF-1 e messo in mostra per ricordare questi grandi exploit tecnologici nel passato della casa.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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