Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; per svariati decenni i prodotti della Nippon Kogaku (dal primo Aprile 1988 Nikon Corporation) sono stati identificati come gli strumenti fotografici professionali per antonomasia, realizzati con elevati standard tecnologici e qualitativi e in grado di fornire un lungo servizio anche in situazioni difficili, garantendo risultati all’altezza delle aspettative; a quei tempi le ottiche e le fotocamere Nikon erano viste come articoli seri, costosi e senza fronzoli, destinati a fotografi esperti che cercavano concretezza e prestazioni di picco, e per molti di essi costituivano quasi un punto di arrivo, a volte idealizzato ad un livello che andava anche oltre le reali qualità del pezzo.
Nonostante questo retaggio, a metà anni ’90, durante un brainstorming fra tecnici e progettisti, emerse una proposta logica quanto sconcertante: produrre una serie di obiettivi estremamente economici e senza particolari pretese qualitative da commercializzare a prezzo molto conveniente che mettesse i normali fotoamatori domenicali in condizione di realizzare fotografie particolari senza l’ingente esposizione economica richiesta dai corrispondenti obiettivi Nikkor speciali di prima fascia; nacque quindi un kit assolutamente inaspettato denominato Nikon Amusing Lenses Set oppure Nikon FunFun LensSet (SIC).
L’idea di fondo era quella di realizzare alcuni obiettivi molto economici in grado di produrre immagini fisheye, macro, soft-focus e supertele, permettendo quindi a chiunque di accedere, magari saltuariamente, a questi settori specialistici e privilegiati che, impongono l’acquisto di obiettivi particolari e talmente costosi da scoraggiare l’utente poco specializzato; il direttore del progetto era Masaaki Tsukamoto, un ingegnere che aveva già ampiamente contribuito al successo Nikon progettando elementi fondamentali della famosa reflex subacquea autofocus Nikonos RS AF, e la fase operativa di progettazione prese avvio nel Dicembre 1994; le specifiche di qualità d’immagine richieste non erano assolutamente restrittive, dal momento che si prevedeva che l’utente tipo di questi economici obiettivi avrebbe stampato le sue fotografie su piccoli formati come 8x12cm oppure 10x15cm, tuttavia il team di progettisti mise in campo grande esperienza e intelligenza per coniugare una struttura economica e semplice da produrre con una resa ottica decorosa e ben superiore alle aspettative; dopo prove preliminari su prototipi per valutare l’effettiva qualità di riproduzione, il management decise di produrre in serie il set di obiettivi, tuttavia con restrizioni: ne sarebbero stati realizzati solamente 5.000, destinandoli unicamente al mercato interno giapponese e commercializzandoli soltanto a fine anno 1995, proponendoli come una sorta di regalo/gadget; ecco come si presentavano gli obiettivi che facevano parte del Nikon Amusing Lenses Set con la relativa confezione.
Per rendere il prodotto più fresco e scanzonato, puntando ad un pubblico giovane, l’azienda non si limitò ad una grafica inconsueta per confezione e pamphlets, con un simpatico struzzo ammiccante a fare da testimonial (da non confondere con le tsuru, le celebri gru giapponesi che in realtà hanno morfologia diversa) ma vennero coniati anche divertenti soprannomi per ciascuno degli obiettivi! Abbiamo quindi il fisheye Gyogyotto, il macro Gugutto, il soft-focus Fuwatto e il supertele Dodotto; tutto questo naturalmente è lontano anni luce dalla compassata alterigia dei prodotti Nikon professionali ma si trattava di una coraggiosa sortita in un settore completamente nuovo, definito da bel altri canoni.
Le ottiche realizzate furono solamente tre, tuttavia era previsto che fossero in grado di cimentarsi in quattro differenti settori della fotografia ma questa discrasia si spiega facilmente perché uno degli obiettivi è convertibile e spostando i suoi elementi ottici svolge la duplice funzione di tele-macro e anche soft-focus.
Come si può vedere, le ottiche sono realizzate al massimo della semplicità, con barilotti e baionette in resina plastica; il diaframma con la relativa ghiera è assente e gli obiettivi si utilizzano a piena apertura, sfruttando l’automatismo a priorità di diaframma presente nei corpi macchina Nikon contemporanei, mentre la ghiera di messa a fuoco (assente sul fisheye) non è servita da alcuna scala con riferimenti metrici; il kit, prodotto da Nikon Technologies Incorporated in Thailandia per contenere ulteriormente i costi, era costituito di seguenti obiettivi:
Fisheye da 20mm 1:8 con messa a fuoco fissa sull’iperfocale, in grado di garantire immagini ragionevolmente a fuoco fino a 1 metro; l’angolo di campo dell’immagine fisheye è di 153° (leggermente inferiore, quindi, ai classici 180° sulla diagonale), l’uso di filtri è escluso per l’estremo angolo di campo e il peso è di 235g.
Obiettivo convertibile tele-macro da 120mm 1:4,5 trasformabile in soft-focus da 90mm 1:4,8; l’angolo di campo in configurazione macro è di 20° con messa a fuoco da infinito a 0,64m (rapporto di riproduzione = 1:3,3) mentre in versione soft-focus l’angolo di campo è pari a 28° con messa a fuoco da infinito a 0,4m (rapporto di riproduzione = 1:2,2); è presente un attacco filettato per filtri da 52×0,75mm e il peso è di 300g.
Super-teleobiettivo da 400mm 1:8 con barilotto telescopico collassabile per ridurre drasticamente l’ingombro quando non in uso; la messa a fuoco è regolabile da infinito a 4,5m, l’obiettivo accetta filtri da 52×0,75mm e pesa 500g.
Ovviamente, come detto, tutti i modelli sono privi di diaframma e lavorano a piena apertura mentre la baionetta, ovviamente, è quella Nikon F.
Acquistando questo set proposto ad un prezzo abbordabile, chiunque possedesse un apparecchio reflex Nikon poteva quindi realizzare immagini supertele, riprese fisheye mozzafiato, macrofotografie con una comoda distanza di lavoro idonea anche a insetti e piccoli animali viventi e romantiche fotografie soft-focus (molto amate ed apprezzate in Giappone) con un aggravio complessivo di poco superiore ad 1kg, grazie alla leggerissima e semplice struttura in resina e agli schemi ottici molto semplificati.
Anche i relativi pamphlet promozionali, diffusi a inizio Novembre del 1995, presentavano una veste grafica più fresca e ironica, sottolineando altresì le nuove possibilità di ripresa creativa rese possibili dalle particolari caratteristiche di questi obiettivi, non a caso denominati Amusing, cioè stupefacenti, quasi a sottolineare lo stupore del un fotoamatore non impegnato e messo di fronte ad un simile potenziale.
Per quanto riguarda la struttura ottica degli obiettivi, i progettisti hanno sicuramente messo in campo tutto il loro talento perché non è assolutamente facile realizzare ottiche con focali e caratteristiche così particolari mantenendo la massima semplicità ed economia di progetto; vediamo quindi come hanno risolto il dilemma.
Il fisheye “Gyogyotto” da 28mm 1:8 presentava molti problemi perché doveva contenere aberrazione cromatica, sferica e astigamtismo pur in presenza di un angolo di campo così ampio e riducendo al minimo il numero di elementi; i progettisti optarono per uno schema a 3 lenti in 2 gruppi, col classico elemento anteriore divergente di ampio diametro che caratterizza i fisheye, reso tuttavia più economico da produrre grazie al raggio infinito (cioè piatto) della superficie esterna, e un doppietto posteriore cilindrico molto lungo costituito da 2 elementi collati; nonostante questa estrema semplicità, i progettisti che realizzarono foto di prova con i primi prototipi rimasero stupiti per la resa ottica decisamente buona e superiore a quanto richiesto.
Un’analoga semplicità costruttiva si può trovare anche nel vecchio Takumar Fisheye 18mm 1:11 di Asahi.
L’elemento più interessante ed ingegnoso del gruppo è sicuramente l’obiettivo convertibile: il progetto di base era finalizzato alla realizzazione di un medio-tele macro e, dopo aver scartato i classici schemi Doppio Gauss e Xenotar per ovvie ragioni di costo e difficoltà produttiva, si decise di affidarsi ad uno schema molto semplice, costituito da un doppietto acromatico anteriore abbinato ad un grosso menisco divergente posteriore, situato a grande distanza dal primo modulo; questa struttura, abbinata a due flare-stoppers uno dei quali funge da diaframma fisso, dà vita alla configurazione “Gugutto” 120mm 1:4,5 macro che produce risultati decisamente soddisfacenti; a questa fase della progettazione un membro del team si rese conto che eliminando l’elemento divergente posteriore e invertendo di 180° il doppietto, posizionando il flare-stopper/diaframma davanti alle lenti, si sarebbe ottenuta una classica configurazione da obiettivo soft-focus; nacque così il fuoco morbido “Fuwatto” 90mm 1:4,8 che, curiosamente, consente una messa a fuoco minima ancora più ravvicinata rispetto al settaggio da macro, arrivando a 40cm e quasi a 0,5x di ingrandimento.
Questo schema chiarisce meglio la logica della conversione: l’obiettivo base “Gugutto” macro 120mm 1:4,5 presenta i moduli di lenti anteriore e posteriore fissati ad una montatura rimovibile e, in particolare, il doppietto anteriore è montato su un cannotto estraibile la cui lunghezza rispetto al fondo-corsa di battuta è opportunamente calibrata, permettendo di estrarre l’elemento, rovesciarlo di 180° ed inserirlo nuovamente nel barilotto fino a fondo corsa, ritrovando il doppietto nell’esatta posizione necessaria per creare il soft-focus “Fuwatto” 90mm 1:4,8 e garantirne la messa a fuoco ad infinito con la ghiera di fuoco che serve il barilotto; viceversa il menisco posteriore, non più necessario in configurazione soft, viene semplicemente tolto e conservato a parte; con questa soluzione economica ed intelligente è stato quindi possibile creare un interessante e redditizio obiettivo double-face.
Lo schema ottico in versione macro da 120mm 1:4,5 è ricalcato sullo storico disegno ottico sovietico TAIR, risalente alla WWII ma famoso per la sua elevata risoluzione.
La configurazione soft-focus da 90mm 1:4,8, con doppietto acromatico posteriore e stop esposto sul lato soggetto, è invece ripresa dal più classico e famoso obiettivo del settore, il Rodenstock Imagon per apparecchi di medio e grande formato, sebbene quest’ultimo si avvalesse di speciali diaframmi forati ad inserimento che ovviamente nel Nikon sono assenti.
Infine, il super-tele “Dodotto” da 400mm 1:8 utilizza un classico schema da teleobiettivo, con doppietto posteriore fondamentale per ridurre gli ingombri; infatti la lunga focale da 400mm fu scelta per differenziarsi da certi zoom amatoriali 70-300mm, tuttavia la realizzazione di obiettivi compatti e leggeri era un’assoluta priorità e nelle prime fasi di progettazione, quando per semplicità fu utilizzato un semplice doppietto acromatico che imponeva una lunghezza fisica di circa 40cm, il sistema collassabile a stadi multipli richiesto per compattare la montatura in assetto da trasporto risultava troppo complesso, pesante e costoso per il target previsto, pertanto si decise di aggiungere il doppietto posteriore che ridusse significativamente la lunghezza del complesso, permettendo di limitare il sistema a due soli elementi, uno quasi completamente collassabile dentro l’altro; tale soluzione rese la produzione sufficientemente economica e garantì anche la compattezza richiesta.
E’ altresì interessante notare che quest’idea del teleobiettivo collassabile applicata al progetto dei semplici Amusing Lenses ha continuato ad aleggiare nell’aria, portando subito dopo ad un’applicazione ben più pretenziosa e impegnativa: infatti questo brevetto firmato da Yoshiro Kodaka e Tsuneo Watanabe (nomen omen?) venne presentato pochi mesi dopo la decisione di realizzare il set, il 27 Luglio 1995, e mostra l’ipotesi di un supertele luminoso AF-Nikkor ED con il barilotto parzialmente collassabile in fase di trasporto per ridurne l’importante ingombro.
Il Nikon Fun Fun LensSet (ripeto, SIC, senza spaziatura) fu quindi realizzato in 5.000 esemplari e posto in vendita in una singola soluzione sul mercato giapponese, a fine 1995; si tratta quindi di un corredo piuttosto raro sul nostro mercato che tuttavia conserva a distanza di un quarto di secolo tutta la freschezza ed efficacia del principio informatore iniziale: permettere alla marea di fotografi targati Nikon che si limitavano a scattare col 50mm o il piccolo zoom fornito in bundle di allargare drasticamente i loro orizzonti fotografici e creativi, accedendo ad inquadrature e tipologie di ripresa in precedenza appannaggio solamente di utenti ben più specializzati e disposti a dilapidare somme non indifferenti in obiettivi particolari e di utilizzo non frequente; l’assenza di diaframma li rendeva peraltro facili da usare anche per il novizio mentre peso e ingombri contenuti consentivano eventualmente di portarli sempre con sè nella borsa corredo, magari assieme alla macchina con zoom 35-70mm, fornendo al proprietario un sistema economico ma in grado di affrontare moltissime situazioni e anche di sperimentare, migliorando quindi le proprie attitudini.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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