Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; nel nostro paese la produzione fotografica Minolta dei tempi d’oro non ha mai raggiunto la penetrazione di mercato conseguita in altre nazioni e non ha reso giustizia alla qualità e alla scelta garantite dal gigante di Osaka; questa situazione, col senno di poi, era principalmente dovuta alle scelte gestionali dell’importatore attivo all’epoca ma è un dato di fatto che fotocamere, obiettivi ed accessori Minolta avrebbero meritato ben altri successi e riscontri commerciali anche per la presenza di articoli raffinati ed esclusivi come il protagonista odierno, ovvero il medio-tele da ritratto Minolta Varisoft 85mm 1:2,8 del 1978.
La cultura del Sol Levante ha sempre apprezzato ritratti, nudi e immagini di beauty avvolte nella sognante e morbida atmosfera garantita da una ripresa flou, e negli anni ruggenti della fotografia analogica obiettivi del genere vennero proposti solo da Minolta ma anche da Canon, Fuji, Asahi Pentax o Mamiya (e, in tempi più recenti, anche Nikon ha detto la sua con la serie DC); il Minolta Varisoft risulta tuttavia in evidenza perché al momento della presentazione finalizzava l’immagine soft senza limitarsi a proporre un doppietto collato sottocorretto o obbligando gli utenti a cimentarsi con diaframmi aggiuntivi “a setaccio” da mettere e togliere fisicamente com’era in uso a quei tempi ma gestendo tutto grazie alla sua particolare configurazione ottica; in questa sede voglio quindi descrivere esaustivamente questo interessante modello e molti contenuti e dati sono qui disponibili grazie al disinteressato contributo di Andrea Aprà e Mauriece “Maury” Jacks di Austin (Texas), collezionisti ed esperti Minolta di livello mondiale che hanno dedicato vita e passione a questo glorioso marchio; Andrea e Maury hanno provveduto a colmare molte delle mie lacune e li ringrazio di cuore per il loro gradito supporto!
Il Minolta Varisoft 85mm 1:2,8 è un medio-tele per apparecchi reflex 35mm con attacco a baionetta Minolta SR compatibile con gli standard MC ed MD (quest’ultimo con un distinguo che vedremo); l’ottica misura 80mm di lunghezza, 70mm di diametro, pesa circa 430 grammi, accetta un filtro anteriore a vite da 55×0,75mm, mette a fuoco fino a 0,8m ed utilizza un diaframma ad 8 lamelle regolabile da 1:2,8 ad 1:16; l’angolo di campo sul 24x36mm è pari a 28,5° e l’ottica può utilizzare un paraluce a vite (tuttavia non venne mai predisposto né fornito a corredo un modello appositamente dedicato); la matricola è riportata sulla parte posteriore del barilotto e in tutti gli esemplari esordisce con il prefisso 140 seguito dalla numerazione sequenziale.
L’elemento distintivo di questo modello è una terza ghiera che consente di intervenire sulla correzione dell’aberrazione sferica grazie ad un flottaggio interno, e su questo componente la scritta SOFT di colore bianco è abbinata ad un indice con 4 differenti posizioni, identificate con 0, 1, 2 e 3, che permettono di passare da una nitidezza convenzionale ad un flou sempre più marcato.
Naturalmente quest’obiettivo costituiva uno dei fiori all’occhiello del parco ottiche Minolta, così come il 24mm 1:2,8 VFC col controllo della curvatura di campo e altri interessanti modelli, pertanto spesso nelle brochure esisteva una pagina dedicata proprio all’85mm 1:2,8 Varisoft come ad esempio questa, nella quale viene mostrato lo schema ottico in sezione e si sottolinea come sia possibile gestire a piacere l’ammorbidimento, semplicemente ruotando l’apposita ghiera e selezionando la posizione desiderata; il documento introduce anche un concetto importante, ovvero la presenza di un circolo confusionale con un centro nitidamente riprodotto e il bordo circondato da un alone, lasciando intendere come la resa soft dell’obiettivo non sia analoga a quella ottenibile anteponendo filtri appositi ad un’ottica normale.
Anche il catalogo generale Minolta per gli U.S.A. 1981-82 dedica una pagina a tale modello, nella quale vengono replicati alcuni dei concetti già visti con l’aggiunta di alcune foto d’esempio realizzate con la ghiera nelle varie posizioni; lo schema ottico qui riproposto non rispecchia la configurazione per foto convenzionali (ghiera soft in posizione 0) ma mostra la spaziatura degli elementi con il settaggio 3 per il massimo flou possibile, con la sesta lente arretrata rispetto al resto del sistema ottico.
Naturalmente anche brochure leggermente più recenti dedicano spazio al Varisoft, abbinandolo all’altrettanto speciale 24mm VFC.
Il Minolta Varisoft 85mm 1:2,8 è stato commercializzato dal Marzo 1978 fino alla prima metà degli anni ’80 e la sua sistematica prevede particolarità e anche prototipi che ora analizzeremo.
E’ infatti noto un prototipo preliminare (con matricola 1000002, quindi probabilmente il secondo esemplare di un lotto limitatissimo, forse solamente 2 pezzi) con alcune caratteristiche antecedenti allo standard MD introdotto nel 1977, pertanto è possibile che sia stato assemblato addirittura alla fine del 1976; vediamo in cosa differisce dai modelli di serie arrivati in seguito.
Innanzitutto la scritta frontale utilizza ancora l’obsoleta dicitura 1:2,8 f = 85mm, pospone il nome MINOLTA a questi dati e soprattutto prevede la scritta MC, ad indicare l’appartenenza alla serie precedente, appunto MC, introdotta nel 1966 e sostituita nel 1977 da quella MD; anche la vista posteriore evidenzia caratteristiche da ottica MC, con un settore satinato cromo che negli MD risulta nero; tutti questi dettagli suggeriscono una produzione antecedente al lancio della serie MD nel 1977.
L’osservazione del barilotto mostra nuovamente il settore cromato presso la baionetta di retaggio MC; sul retro osserviamo al matricola prototipica senza il prefisso 140 tipico del modello e molte differenze caratterizzano la speciale ghiera di regolazione per il flou: infatti la sua sezione è ridotta, i bordi satinati cromo del modello di serie sono assenti, la scritta soft è in colore ambra e spostata di lato e, soprattutto, fra le posizioni disponibili per il soft focus esiste anche l’opzione -1, assente nei modelli di serie e della cui funzionalità discuteremo a seguire; inoltre, la scritta VARISOFT 85mm nella parte inferiore risulta più vicina al punto di fede bianco rispetto agli esemplari di produzione e la ghiera di messa a fuoco si caratterizza per 4 settori con prismi gommati (passati poi a 3 negli esemplari di serie) e per un maggior numero di riferimenti per le distanze rispetto ai successivi modelli di produzione (ad esempio, subito prima di infinito troviamo 20m, riferimento assente nella serie).
A suo tempo Maury Jacks ebbe modo di smontare completamente il prototipo 1000002 e un esemplare di serie MD III e documentò minuziosamente tutti i componenti interni creando questo eccezionale index, con i pezzi più significativi fotografati da varie angolazioni; le immagini affiancate permettono di apprezzare nel prototipo (fila a sinistra) la maggior dovizia di riferimenti nella scala di fuoco e la sezione più ridotta della ghiera per il soft-focus, con grafica differente e posizione aggiuntiva -1 assente nel modello di serie.
In quella circostanza Maury Jacks effettuò precise misurazioni delle sue quote, poi relazionate con quelle di un esemplare MD II di serie; questo è il suo schema originale realizzato a mano in tale circostanza e le quote ottenute sono molto interessanti e consentono ulteriori valutazioni; per rendere più chiara la descrizione ho abbinato dei codici colore ai valori e occorre sapere che spostando la ghiera del soft focus sulle varie posizioni l’ultima lente del sistema si allontana dalle altre, aumentando l’ingombro longitudinale complessivo del nocciolo ottico utilizzato.
Innanzitutto (con settaggio del flou a 0) il vertice della lente posteriore si trova alla stessa distanza dalla battuta posteriore (misura b) in entrambi di esemplari, con un valore corrispondente a 28,7mm, mentre la lente frontale del prototipo risulta più vicina alla battuta della montatura anteriore, posizionandosi a 15,7mm contro i 17,5mm del modello di serie (misura t, colore rosa); il gruppo ottico dovrebbe essere analogo e questa differenza si giustifica con diverse quote meccaniche negli elementi che costituiscono il barilotto (infatti il prototipo matricola 1000002 è leggermente più corto rispetto alla serie).
La questione si fa interessante quando si interviene col soft focus, ruotando la relativa ghiera su posizioni diverse da 0; infatti, selezionando in entrambi gli esemplari la posizione 3 di massimo flou, la lente posteriore del prototipo 10000002 si trova ora a 16,5mm dalla battuta posteriore, mentre lo stesso elemento del modello MD II di serie si posiziona ad appena 12,5mm (sempre misura b, colore giallo), pertanto con soft focus al settaggio 3 la lente posteriore del modello di serie si trova 4mm più arretrata rispetto al modello di serie.
A questo punto è necessario specificare che il gruppo ottico complessivo, passando da posizione neutra 0 a soft focus 3, arretra a sua volta in blocco per circa 8mm abbondanti, al fine di compensare lo spostamento della distanza di messa a fuoco dovuta al flottaggio (per leggera modifica della focale effettiva dovuta a tale regolazione), pertanto nei 12,2mm di arretramento complessivo evidenziati dalla misurazione b nel prototipo (28,7mm – 16,5mm) e nei corrispondenti 16,2mm di arretramento presenti nel modello di serie (28.7mm – 12,5mm) è compreso sia l’arretramento indipendente dell’ultima lente che genera il flou che il congruente spostamento all’indietro dell’intero sistema, e la combinazione dei 2 movimenti genera la misura finale.
Prove sul campo che vedremo in seguito sembrano mostrare come il modello di serie, usato con ghiera del soft su 3, produca un’immagine leggermente più flou rispetto al prototipo 1000002, pertanto è plausibile che in quest’ultimo la corsa della lente in configurazione soft focus 3 sia inferiore rispetto al modello poi prodotto in serie (forse il massimo ammorbidimento sperimentato col prototipo venne ritenuto insufficiente e nella serie hanno voluto incrementarlo); questo dettaglio spiegherebbe l’arretramento complessivo superiore visto nel modello di serie, confermato indirettamente anche dalle misurazioni relative alla lunghezza del gruppo ottico a soft 3 (misura d, colore verde): infatti in tale configurazione il gruppo ottico del prototipo misura 53,8mm e quello di serie invece 55,9mm, mostrando come a parità di settaggio (soft focus 3) la lente dell’obiettivo di produzione arretri 2,1mm in più rispetto al prototipo, ai quali va poi aggiunta di conseguenza una corsa di compensazione maggiore per tutto il gruppo ottico, arrivando quindi ai fatidici 4mm.
La misurazione d relativa alla lunghezza del sistema ottico è interessante anche per altre ragioni: in posizione neutra (settaggio 0) il gruppo di lenti del prototipo 1000002 è 0,3mm più lungo rispetto al modello di serie (48,3mm anziché 48,0mm), e questo mostra come la calibrazione prevista per l’uso convenzionale risulti leggermente diversa, col modello di serie un pelo più sovra-corretto come aberrazione sferica rispetto al prototipo; quest’ultimo tuttavia prevedeva anche la posizione supplementare -1 con una sovra-correzione molto più decisa (la sesta lente flottante avanzava ulteriormente di 1mm rispetto al settaggio 0, andando praticamente in appoggio con la quinta lente) ed è possibile che sul modello di serie, nel quale questa opzione è stata esclusa, abbiano selezionato come posizione 0 una configurazione con lente flottante leggermente più avanzata per garantire all’utente una resa ben incisa con soft focus escluso.
Pertanto il prototipo 1000002 prevedeva una posizione supplementare -1 con aberrazione sferica sovra-corretta e, da quanto si può inferire osservando queste evidenze, una posizione 3 leggermente meno sotto-corretta rispetto al modello finale.
Queste immagini sono state realizzate sempre da Maury Jacks e come le altre gentilmente concesse per l’utilizzo in questa sede; nella sequenza sono state prodotte fotografie scattando a tutta apertura 1:2,8 con i Varisoft 85mm prototipo 1000002 e di serie (tipo MD II), mettendo a fuoco a 90cm e scattando con la ghiera del soft focus sulle posizioni -1 (limitatamene al prototipo), 0, 1, 2 e 3.
A parte il piano di fuoco a settaggio 3 più soft nel modello di serie (che supporta quindi l’evidenza della corsa per la relativa lente incrementata rispetto al prototipo), è interessante osservare i punti luminosi nello sfuocato, nei quali i bordi regredendo dal soft focus verso il settaggio 0 diventano sempre più netti e luminosi rispetto al centro (passando quindi da bokeh “negativo” a bokeh “neutro”), mentre nella posizione -1 presente esclusivamente nel prototipo 1000002 il bordo dei circoli confusionali diviene sgradevolmente marcato e più luminoso del centro (bokeh “positivo”), una caratteristica associata alle ottiche con aberrazione sferica sovra-corretta.
Il prototipo è stato quindi un laboratorio per sondare il comportamento del gruppo ottico flottante non soltanto in caso di sotto-correzione dell’aberrazione sferica ma anche in direzione opposta, scegliendo poi di omettere quest’ultima possibilità nel modello di serie e implementando invece l’entità del flou grazie ad una corsa estesa del relativo flottaggio.
Passando agli obiettivi regolarmente prodotti, esistono 3 varianti principali, 2 delle quali sono a loro volta distinte in una coppia di versioni ciascuna, per un totale di 5 opzioni; occorre comunque anticipare che dal punto di vista ottico e meccanico tutti gli esemplari sono identici e le differenze sono circoscritte ai dati riportati nella ghiera frontale; ecco quindi come sono articolati i modelli.
Versione MD II tipo 1 – si caratterizza per l’assenza dell’indicazione del diametro dei filtri e per la scritta ROKKOR, che può essere di colore ambra con aggiunto -X per il mercato Nordamericano (U.S.A. e Canada) e bianca senza il suffisso -X per il resto del mondo.
Scatola nera con scritte arancio e tappo anteriore a molla con logo vecchio per il ROKKOR-X statunitense e canadese, scatola nera con scritte bianche e tappo anteriore a pressione con logo vecchio per il ROKKOR “rest of the world”.
Versione MD II tipo 2 – analoga alla prima, con scritta ROKKOR-X color ambra per U.S.A. e Canada e ROKKOR bianca per il resto del mondo, ma in entrambi i casi compare la scritta col diametro del passo filtri.
Scatola nera con scritte arancio e tappo anteriore a molla con logo vecchio per il ROKKOR-X U.S.A. e Canadese, scatola nera con scritte bianche e tappo anteriore a pressione con logo vecchio per il ROKKOR “rest of the world”.
Versione MD III – unificata per tutti i mercati; scompaiono le scritte ROKKOR-X e ROKKOR e LENS MADE IN JAPAN.
Scatola bianca con nuovo logo Minolta blu (disegnato nel 1980 da Saul Bass). e tappo anteriore a molla con logo parimenti aggiornato.
Come potete osservare, il codice identificativo in tutte le serie è 0653-100 per il mercato globale e 0653-300 per gli esemplari destinati al Nordamerica.; la commercializzazione della versione MD II tipo 1 iniziò a Marzo 1978, la versione MD II tipo 2 subentrò in data imprecisata, intorno al 1979-80 e l’introduzione dell’ultima versione MD III avvenne invece intorno al 1983 (anche in questo caso i dati non sono precisi).
La scelta di differenziare graficamente gli obiettivi per il Nordamerica con scritta ROKKOR-X in ambra e diciture sulla confezione in arancio probabilmente era volta a contrastare il mercato grigio di importazioni parallele in quelle zone, rendendo immediatamente riconoscibile un esemplare portato sui banchi di vendita dai canali d’importazione e distribuzione ufficiale.
Per quanto riguarda la produzione di serie, il numero non può essere definito con precisione e la stima si divide fra 4.500 e 5.500 pezzi; infatti non è possibile sapere se la numerazione ebbe inizio con 140 00xx oppure 140 10xx, pertanto del primo tipo potrebbero esistere 1.300 pezzi oppure solamente 300, e questo giustifica le 2 differenti stime; del secondo tipo vennero invece prodotti 3.700 esemplari e del terzo tipo circa 500 esemplari, o secondo altre fonti solamente 300; in ogni caso si tratta di un obiettivo realizzato in numeri esigui.
Peraltro, sebbene gli esemplari di serie fossero denominati MD, la loro baionetta non ha mai condiviso la piena funzionalità di tale standard, non prevedendo l’interfaccia che informa il corpo della massima chiusura del diaframma, dettaglio che impediva di sfruttarlo con corpi Minolta che garantissero l’automatismo a priorità di tempi o programmato, quindi con gestione dell’apertura in tempo reale da parte della fotocamera; tale caratteristica si spiega forse col fatto che in questo modello la scelta dell’opportuna apertura di diaframma risulta importante per gestire il soft-focus, pertanto risultava illogico predisporre l’obiettivo per una modalità di utilizzo che la gestiva in automatico, su qualsiasi valore.
Per chiudere la sequenza, a inizio anni ‘80 venne predisposto un ulteriore prototipo definitivo, noto perché mostrato con una certa leggerezza in alcune brochure dell’epoca (come questa LBH-203E-A1) e tale esemplare impone di introdurre un’importante premessa.
Alcuni esperti concordano con l’ipotizzare che l’intera produzione del Minolta Varisoft 85mm 1:2,8 (4.500 o 5.500 esemplari) sia stata in realtà concretizzata in un singolo lotto, fra il 1977 e il 1978, andando poi ad esaurimento scorte, una supposizione validata dal fatto che tutti gli esemplari appartenenti alle serie descritte in precedenza sono in realtà meccanicamente ed esteticamente identici, ivi compreso lo smalto verde per la scala in piedi nella ghiera di messa a fuoco, dettaglio che dal 1981 in tutta la produzione Minolta Rokkor era passato al colore ambra mentre nel Varisoft mantenne la sfumatura verde originale anni ’70 anche negli ultimi pezzi della terza serie.
Infatti tutte le “varianti” che definiscono le 3 serie, col distinguo Nordamerica/ROW, sono circoscritte alle diciture riportate sulla ghiera frontale, un dettaglio facilmente rimuovibile e sostituibile nei pezzi accantonati a magazzino per aggiornarli a nuovi protocolli; è quindi possibile che dal 1978 al 1983 le vendite siano state rifornite dallo stesso lotto originale, e l’eventuale esaurimento delle scorte proprio in quell’anno avrebbe imposto la creazione del nuovo prototipo aggiornato ai tempi, in vista di un secondo lotto di produzione per continuare a commercializzare il modello; in realtà il programma Varisoft venne cancellato dai piani e il prototipo del 1983 non ebbe seguito.
I questo esemplare possiamo osservare l’ammodernamento del barilotto, con scanalatura anteriore per paraluce ad innesto rapido (con modello ad hoc finalmente previsto), ghiera di messa fuoco ampliata e rivestita da un ampio settore gommato con prismi più piccoli (secondo la nuova style policy), scala in feet finalmente di colore ambra, cannotto centrale ristretto con indici per la profondità di campo ridisegnati, numerazioni per il soft di colore bianco, scritta modificata 85 VARISOFT posizionata a sinistra, pallino rosso di allineamento leggermente più piccolo e linea di fede per i diaframmi in luogo del punto; inoltre nella parte posteriore è presente un nuovo pin, privo di denominazione ufficiale e noto fra gli appassionati come “pin X-600” che forniva una informazione sull’apertura massima dell’obiettivo e sarebbe stato destinato a corpi con sistema di messa a fuoco manuale assistita.
Questo sarebbe stato l’aspetto del nuovo 85mm Varisoft se la produzione fosse continuata.
Per quanto riguarda la parte ottica, questo sistema con parti flottanti per gestire aberrazione sferica e soft-focus venne disegnato da Yukio Okano, Akiyoshi Nakamura e Toshinobu Ogura; questo team depositò una richiesta di brevetto statunitense in data 15 Dicembre 1976 e le richieste prioritarie giapponesi vedono il documento più aggiornato consegnato in patria in data 10 Settembre 1976, pertanto l’obiettivo venne calcolato in quell’anno.
L’architettura base contemplata nel brevetto prevede un gruppo principale tipo Zeiss Tessar, a 4 lenti in 3 gruppi, con un quinto elemento posteriore flottante che allontanandosi dal resto del sistema introduce l’aberrazione sferica necessaria al soft focus; in questo esempio preferenziale la messa a fuoco avviene col movimento dell’intero gruppo e i diagrammi con lo stato delle aberrazioni in posizione 0 e di massimo flou mostrano la netta sottocorrezione dell’aberrazione sferica e anche il coma che subentrano flottando l’apposita lente.
Questo brevetto è molto complesso, prevede svariati “embodiment” e documenta uno studio approfondito e sistematico sull’argomento; fra gli esempi proposti, il modello destinato alla produzione di serie è invece questo, concettualmente simile al precedente ma più sofisticato perché ora dietro al gruppo principale tipo Tessar sono presenti 2 elementi spaziati ad aria, il secondo dei quali si allontana dal primo provvedendo alla sottocorrezione necessaria a generare il flou, tuttavia in questo caso siamo anche in presenza di un sistema con “front focus”, nel quale passando da infinito a distanze brevi avanza solamente il gruppo anteriore tipo Tessar a 4 lenti in 3 gruppi, mentre la quinta e sesta lente restano stazionarie e la loro distanza relativa dipende invece dall’entità di soft focus selezionata dall’utente sull’apposita ghiera, un’azione che comunque arretra solamente la sesta lente senza movimentare la quinta.
Anche in questo caso, agendo sull’apposito flottaggio, l’aberrazione sferica diviene marcatamente sottocorretta mentre l’astigmatismo non presenta variazioni apprezzabili, evidenziando come l’azione della ghiera soft sia selettiva e non chiami in causa un peggioramento delle altre aberrazioni.
In dettagliato brevetto prende in considerazione anche il particolare design degli elicoidi necessari a gestire un sistema ottico così complesso perché, come vedremo, mentre la ghiera di messa a fuoco avanza solo le prime 4 lenti, quella per il controllo del soft arretra selettivamente la sesta e, contestualmente, sposta indietro anche l’intero sistema ottico, in qualunque configurazione di fuoco o flottaggio flou si trovi al momento, per compensare il fuoco, pertanto anche la meccanica degli elicoidi risulta molto sofisticata.
Il testo del brevetto chiarisce la mission dei progettisti, ovvero creare un’ottica soft focus che non produca sgradevoli aberrazioni secondarie, definendo l’entità del flou solo grazie alla gestione dell’aberrazione sferica, che mantenga il soggetto a fuoco anche ruotando la ghiera che introduce il soft focus, che consenta un controllo preciso e senza soluzione di continuità da immagine nitida a massimo flou e che sia in grado di generare immagini con un circolo confusionale il cui centro risulti nitido e preveda invece flare attorno ai bordi, producendo quindi un’immagine flou di aspetto gradevole.
Questa tabella riassume i cosiddetti dati grezzi di progetto relativi all’esemplare di serie, individuando i raggi di curvatura sulla superficie delle lenti, i relativi spessori sull’asse ottico, gli spazi fra elementi e i parametri rifrattivi e dispersivi dei vetri ottici previsti; come si può osservare, gli spazi anteriore e posteriore della quinta lente sono variabili, il primo modificato dalla messa a fuoco che avanza il gruppo di elementi frontale (L1-L2-L3-L4) e il secondo dalla ghiera del soft-focus che arretra la sesta lente rispetto alla quinta.
Questo è dunque il gruppo ottico che troviamo nei modelli di serie del Minolta Varisoft 85mm 1:2,8, uno schema teoricamente non molto complesso ma caratterizzato da sofisticati movimenti multipli.
La sezione ufficiale con lo schema destinata alle brochure conferma la presenza dello stesso gruppo ottico, tuttavia, come anticipato, non collima con la configurazione spaziale vista nel brevetto perchè in questo caso abbiamo l’obiettivo regolarmente su infinito (notate il gruppo anteriore di 4 lenti tipo Tessar accostato alla quinta lente) ma con soft focus non in posizione neutra (0) bensì regolato sul massimo flou (3), come evidenziato dall’evidente arretramento della sesta lente rispetto alla quinta.
Il gruppo ottico del Minolta Varisoft 85mm 1:2,8 venne quindi calcolato nel corso del 1976, arrivò ufficialmente sul mercato nel Marzo 1978 e la sua struttura prevede 5 tipologie di vetri ottici: Lanthanum Flint (LAF) in L1, Dense Flint (SF) in L2, Very Light Flint (LLF) in L3, Lanthanum Crown (LAK) in L4 ed L5 e Light Flint (LF) in L6; abbiamo quindi 3 lenti realizzate con materiali agli ossidi delle Terre Rare ad alta rifrazione e bassa dispersione e gli elementi L1 ed L4 utilizzano rispettivamente un vetro Lanthanum Flint e Lanthanum Crown proprietari Minolta che sono simili ma non identici a versioni standard di altre vetrerie, quindi non è possibile associarli ad una sigla standard, mentre il L2 abbiamo il Dense Flint SF7, in L3 il Very Light Flint LLF2, in L5 il Lanthanum Crown LAK14 e in L5 il Light Flint LF7.
Naturalmente altre aziende utilizzano vetri prodotti dalla propria vetreria (Nikon, ad esempio, controlla Hikari che fornisce tali materiali per le ottiche Nikkor), tuttavia solitamente queste realtà producono vetri conformi a standard industriali noti e con caratteristiche rifrattive e dispersive riconducibili a versioni presenti nei cataloghi concorrenti, mentre nel caso di Minolta la vetreria interna di Itami, attiva dal 1942, spesso ha reso disponibili vetri i cui parametri ottici non coincidono esattamente con una tipologia affermata ma se ne discostano leggermente, dando di fatto vita a vetri dalle caratteristiche simili ma che esistono solo nella gamma Minolta e non possono essere sostituiti da analoghi prodotti di altre vetrerie, e anche nel caso del Varisoft i vetri presenti in L1 ed L4 seguono questo protocollo.
Per completezza di informazione, lo stesso team che progettò l’obiettivo (con l’aggiunta di Shuji Ogino) diede vita ad un secondo brevetto, presentato in Giappone il 7 Marzo 1977 e negli Stati Uniti esattamente un anno dopo; questo studio contempla 3 ulteriori “embodiments”, e quello preferenziale è a sua volta analogo allo schema presente nel Varisoft di serie, tuttavia è chiaro che quest’ultimo è stato derivato dal brevetto precedente,
Vediamo comunque gli esemplari previsti in questo documento più tardo.
Il primo “embodiment” è relativo ad un 85mm 1:2,8 effettivamente simile al modello di produzione, e anch’esso con l’opportuno flottaggio introduce aberrazione sferica vistosamente sottocorretta senza penalizzare l’astigmatismo.
Il secondo “embodiment” contempla a sua volta un 85mm 1:2,8 soft focus con uno schema leggermente modificato, basato su un tripletto con 3 elementi posteriori e comportamento simile al precedente.
Infine, il terzo “embodiment” è relativo ad un soft focus da 85mm 1:2, una versione di maggiore apertura che forse doveva incarnare il doppio ruolo di normale medio-tele luminoso per ritratto con ridotta profondità di campo ed ottica flou; notate come in questo caso sia stato impiegato un gruppo principale gaussiano a 6 lenti in 5 gruppi con 2 lenti posteriori supplementari per finalizzare il soft focus.
Le finalità di questo secondo brevetto restano quelli del precedente documento; creare un obiettivo soft focus che generi l’ammorbidimento variando la correzione dell’aberrazione sferica senza interferire con gli altri difetti ottici, impostando l’entità del flou mantenendo il soggetto a fuoco e tramite il flottaggio di un singolo modulo.
Passiamo ora ad analizzare i movimenti che caratterizzano il gruppo ottico di produzione.
Questo schema originale è illuminante perché mostra come la messa a fuoco sia messa in atto solamente dall’avanzamento delle prime 4 lenti (gruppo tipo Tessar), il soft focus dall’arretramento indipendente della sesta lente e come in quest’ultima fase tutto il gruppo ottico si sposti a sua volta indietro per mantenere a fuoco il soggetto nonostante la sesta lente arretrata abbia modificato leggermente la lunghezza focale complessiva e quindi il piano di fuoco.
Pertanto la quinta lente è teoricamente stazionaria, e si nuove solo nella misura in cui è obbligata ad arretrare assieme a tutto il sistema per compensare il fuoco mentre la sesta lente si sta spostando in modo più marcato verso la fotocamera.
Ho predisposto questo ulteriore schema per rendere ancora più comprensibile come si configurano le lenti a infinito o a distanza minima, con soft focus escluso o in posizione 3; i movimenti legati al fuoco sono indicati in blu e quelli connessi al soft focus in rosso.
Nella prime sezione dello schema abbiamo il soft focus in posizione 0, quindi escluso; il primo schema mostra la configurazione di infinito, con tutti gli elementi raggruppati, mentre il secondo corrisponde ad una messa a fuoco a 0,8m, col gruppo anteriore tipo Tessar avanzato rispetto alle 2 lenti posteriori.
Nella seconda sezione dello schema abbiamo invece il gruppo ottico con ghiera soft focus a fondo-corsa (posizione 3); con messa a fuoco ad infinito abbiamo il gruppo anteriore tipo Tessar regolarmente accostato alla quinta lente, tuttavia la sesta lente risulta ora decisamente arretrata per generare l’aberrazione sferica sottocorretta necessaria, e contestualmente tutto il gruppo ottico si è spostato indietro rispetto alla posizione di infinito per compensare la messa a fuoco; passando alla distanza di 0,8m, il gruppo anteriore tipo Tessar avanza nuovamente come nel caso precedente, e rispetto alla stessa messa a fuoco con soft focus a 0 abbiamo tutto il sistema arretrato per compensare il fuoco e la sesta lente a sua volta spaziata dalla quinta.
Come visto in precedenza, l’arretramento complessivo della sesta lente passando da soft focus 0 a 3 è di circa 16,2mm, e considerando che il cannotto metallico sul quale è montato il sistema ottico contestualmente arretra di 8mm abbondanti assecondando il suo spostamento per compensare il fuoco, si potrebbe affermare che la corsa della sesta lente e il corrispondente arretramento di compensazione dell’intero sistema contribuiscono in parti approssimativamente uguali allo spostamento complessivo, indicando come ad ogni millimetro di flottaggio della lente corrisponda un arretramento più o meno simile di tutto il sistema, quindi 2 millimetri per ogni millimetro di flottaggio dell’ultimo elemento (naturalmente è solo un valore indicativo e molto approssimato).
Il manuale d’istruzioni del Varisoft ribadisce nuovamente che l’obiettivo consente di passare da immagini molto nitide al flou e sottolinea la sua capacità di generare l’ideale quantità di soft focus pur mantenendo la registrazione dei dettagli, ricordando anche l’avanzato rivestimento antiriflesso che lo caratterizza.
Le istruzioni sono interessanti perché quantificano le differenze nell’entità di soft focus sperimentabili con i vari settaggi dell’obiettivo: a tutta apertura 1:2,8, ad esempio, l’entità del flou approssimativamente raddoppia per ogni successivo settaggio della ghiera, da 0 a 3; il documento aggiunge che partendo da 1:2,8 ogni ulteriore chiusura dell’iride di mezzo valore (1:3,5, 1:4, etc.) introduce una riduzione del soft focus pari ad uno step della ghiera (quindi, teoricamente, 1:2,8 e step 1 dovrebbe corrispondere ad 1:3,5 e step 2 o 1:4 e step 3), anche se l’incremento della profondità di campo e l’azione del diaframma sulle aberrazioni probabilmente non danno vita a risultati sovrapponibili.
Secondo le istruzioni, il limite di percettibilità del flou fra 1:2,8 e 1:4 (1:3,5) corrisponde al settaggio 1, ad 1:4 al settaggio 2 e fra 1:4 ed 1:5,6 (1:4,8) al settaggio 3; chiudendo ad 1:5,6 o passando oltre, l’azione del diaframma elimina l’aberrazione sferica sottocorretta con qualsiasi posizione della ghiera, annullando di fatto il flou e trasformando l’obiettivo in un medio-tele convenzionale.
L’ultimo suggerimento è quello di mettere a fuoco col settaggio 0 per facilitare tale operazione.
Si tratta quindi di un modello decisamente versatile, che produce immagini con flou regolabile anche in assenza di diaframmi mobili a setaccio e può trasformarsi immediatamente in un’ottica tradizionale, semplicemente agendo su una ghiera.
Essendo di un obiettivo molto particolare, poco diffuso e costoso, normalmente all’epoca le testate del settore non hanno sottoposto a test il Varisoft, con l’eccezione della rivista “Il Fotografo” – Mondadori, scomparsa dalle edicole intorno al 1985, che nelle ultime fasi della sua parabola pubblicò una prova su varie ottiche Minolta MD.
Ovviamente la prova del Varisoft fu circoscritta al funzionamento convenzionale con ghiera in posizione 0 (sarebbe stato impossibile quantificare il rendimento in modalità soft), ed il test era comunque interessante perché all’85mm 1:2,8 soft focus venne affiancato anche il classico 85mm 1:1,7, il medio tele luminoso solitamente utilizzato per ritrattistica dagli utenti Minolta.
Ribadendo i limiti connessi a questo tipo di prove (la curvatura di campo su mire piane compromette i risultati più che nell’utilizzo reale su soggetti tridimensionali e il valore di risolvenza senza conoscere il contrasto residuo con cui è letta è un’informazione solo parziale), entrambi gli 85mm Minolta hanno fornito risultati omogenei, con differenze modeste fra centro e bordi a tutte le aperture; è interessante osservare che a parità di diaframma selezionato l’85mm 1:1,7 convenzionale produce da 1:2,8 ad 1:8 valori risolutivi solo marginalmente superiori al Varisoft e in quest’ultimo la progressione lineare con incremento modesto ma costante della risolvenza da tutta apertura fino ad 1:11 in ogni zona del campo consente di continuare a gestire l’incisione dell’immagine anche con ghiera soft in posizione 0 (ovviamente su ben altri livelli di dettaglio); i valori misurati ad 1:8 ed 1:11 non sono stratosferici ma sufficienti a qualsiasi esigenza della fotografia tradizionale non ritrattistica, confermando la versatilità del modello; queste caratteristiche comportavano però un prezzo di listino piuttosto elevato, quasi il doppio rispetto al luminoso fratello.
Il Minolta Varisoft 85mm 1:2,8 è stato quindi un medio-tele molto interessante e sfruttabile in una marea di situazioni che passò come una meteora nel corredo Rokkor da fine anni ’70 ad inizio anni ’80, un solo lustro prima di cedere alle logiche commerciali ed affrontare un repentino pensionamento che sicuramente ha rattristato gli appassionati Minolta, orfani di un pezzo esclusivo e pregiato che ben pochi concorrenti potevano vantare.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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