Leitz Summilux 50mm 1:1,4 primo tipo “Zimmermann”

 

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; questo pezzo costituisce il quinto articolo della serie VINTAGE METER che si prefigge di monitorare aberrazioni e prestazioni MTF di obiettivi vintage o di modernariato, creando una scheda parametrica in modelli anche rari, dei quali non esista una omologa documentazione ufficiale o che non sono stati testati da riviste o istituti; questa opzione estremamente interessante per appassionati e collezionisti si concretizza sfruttando un sofisticato software di calcolo ottico professionale, il Synopsys Code V, ed è possibile grazie all’amichevole collaborazione dell’amico Mark Jeffs, progettista ottico da oltre trent’anni con trascorsi prestigiosi, che ringrazio di cuore per aver accettato di supportarmi; specifico che i numerosi diagrammi presentati non sono ottenuti da misurazioni dirette su un esemplare (con tutte le variabili legate a problemi di allineamento dovuti ad urti e cadute o agli effetti sull’immagine di polvere, aloni o scollature fra le lenti dopo svariati anni di esercizio) ma sono calcolati, partendo dagli esatti parametri costruttivi del sistema di lenti, grazie all’avanzato software di progettazione ottica, in grado di effettuare simulazioni molto precise ed attendibili sul rendimento effettivo dell’obiettivo prodotto secondo quelle specifiche.

 

 

Il protagonista di questo articolo è un obiettivo leggendario, un modello che rappresenta il capostipite di una famiglia di ottiche Leitz fa le più amate ed ambite dai Leicisti di tutto il mondo; si tratta infatti del Summilux 50mm 1:1,4 primo tipo, l’originale modello disegnato da Otto Zimmermann, Gustav Kleineberg ed Eugen Ermanni, brevettato nel 1957 e commercializzato nel 1959: la versione originale dal quale tutti i Summilux 50mm discendono e che nasce da una rielaborazione del vetusto Summitar 5cm 1:1,5 (un progetto che rimanda direttamente al Leitz Xenon 5cm 1:1,5 di metà anni ’30), rimanendo nell’alveo della sua caratteristica architettura ma rivisitandola in chiave moderna grazie a nuovi vetri alle Terre Rare appena sviluppati a Warzlar.

Questo primo modello, caratterizzato da 2 grandi lenti posteriori spaziate ad aria, fu commercializzato a partire dal 1959, prima in montatura a baionetta (SOOME / 11114) e dal 1960 anche in attacco a vite 39x1mm (SOWGE); curiosamente il suo schema ottico venne rapidamente pensionato nel 1962 a favore della nuova versione, la seconda, calcolata da Walter Mandler e poi mantenuta in produzione per decenni; dal momento che inizialmente l’estetica rimase inalterata e la stessa Leitz dichiarò l’avvicendamento dello schema ottico solo dopo molto tempo, è bene ricordare che il modulo di lenti protagonista di questo articolo venne sostituito dal successivo a partire dalla matricola 1.844.101 (seriale del primo Summilux 50mm 1:1,4 con schema “Mandler”).

La stretta derivazione del primo tipo “Zimmermann” dallo schema Xenon-Summarit (calcolato da Willliam Horace Lee per Taylor & Hobson e quindi usato da Leitz con licenza Schneider, titolare dei diritti del brevetto sul suolo tedesco) comporta il mantenimento di un certo fingerprint di base in comune, producendo tuttavia alle massime aperture un migliore contrasto grazie all’ottimizzazione dei raggi di curvatura consentita dai nuovi vetri ad alta rifrazione/bassa dispersione (che permette di controllare meglio certe aberrazioni) e all’utilizzo di un rivestimento antiflesso decisamente più efficace di quello applicato al Summarit 5cm 1:1,5 (mentre lo Xenon 5cm 1:1,5, seppure otticamente identico al Summarit, per suo inquadramento cronologico non prevedeva alcun rivestimento).

 

 

Il brevetto originale del primo Summilux 50mm 1:1,4 fu rilasciato in Germania e la relativa richiesta fu depositata da Zimmermann, Kleineberg ed Hermanni per conto di Leitz il 24 Agosto 1957; si tratta quindi di un lavoro realizzato fruttando il computer Zuse Z5 ma non il successivo e più potente modello Elliot 402F che stava per arrivare a Wetzlar.

 

 

Il corrispondente brevetto statunitense venne richiesto dagli stessi soggetti il 21 Agosto 1958 e garantito il 12 Dicembre 1961; in questo estratto del documento ho inserito entrambe le ipotesi di progetto contemplate (in realtà si tratta dello stesso schema con leggere varianti), per ciascuna delle quali è previsto un nuovo vetro ottico alle Terre Rare sviluppato dai chimici di Wetzlar (Broemer e Meinert) e la cui composizione fa parte integrante dei claims del brevetto stesso.

L’embodiment utilizzato per la produzione di serie fu il primo e osservando la sezione allegata al documento si nota immediatamente la grande somiglianza con quella dei precedenti Xenon e Summarit 5cm 1:1,5, nei quali tuttavia il raggio di curvatura nel punto di incollaggio dei 2 doppietti risultava più accentuato.

 

 

Inserendo i parametri di progetto del modello di produzione nel software di calcolo Synopsys Code V otteniamo questa sezione, ovviamente corrispondente a quella condivisa nel brevetto; notate come lo spazio retrofocale utile corrisponda a circa 27,6mm, un valore ragionevole ma non sufficiente a consentire l’eventuale accoppiamento ad un apparecchio 35mm con specchio reflex, quindi lo schema del primo Summilux 50mm 1:1,4 poteva essere abbinato solamente a modelli a telemetro: infatti, per mettere in produzione il corrispondente Summilux R destinato alle Leicaflex, fu necessario calcolare appositamente un nuovo schema con le caratteristiche geometriche opportune.

 

 

Come sempre, una delle maggiori difficoltà incontrate nel simulare aberrazioni e performance di un obiettivo vintage partendo solamente dai dati di progetto riguarda la corretta interpretazione di tali elementi, con particolare riguardo ai vetri ottici; infatti molto spesso in disegni datati venivano utilizzati vetri oggi obsoleti e fuori produzione dei quali non sono noti parametri accessori come la dispersione parziale anomala o la declinazione di rifrazione e dispersione al variare delle lunghezze d’onda della luce impiegata (necessari al software di calcolo per simulare correttamente aberrazioni e rendimento), pertanto è necessaria la competenza di un progettista di lunga esperienza per individuare e recuperare quei dati.

 

 

Un altro fattore molto importante da determinare per ottenere risultati attendibili è la componente spettrale della luce con la quale il software Code V effettua le simulazioni, determinando la corretta percentuale delle varie lunghezze d’onda; in questo caso abbiamo il 70% atrribuito frequenze centrali dello spettro, il 12% a ciascuna di quelle presenti all’estremità del campo visibile e un 5% aggiuntivo verso l’ultravioletto (che non entrerebbe più nell’equazione adottando un filtro UV o skylight).

Vediamo ora i diagrammi relativi ad aberrazioni ed MTF calcolati dal software partendo dai dati di progetto del Summilux 50mm 1:1,4 primo tipo.

 

 

Lo schema dei transverse ray errors evidenzia un comportamento non impeccabile, esito prevedibile in un calcolo ottico 1:1,4 di metà anni ’50, tuttavia i vari tracciati monocromatici relativi alle diverse lunghezze d’onda della luce prese in considerazione sono ben congruenti e preconizzano una buona correzione dell’aberrazione cromatica, pregio che peraltro caratterizzava anche il precedente Summarit 5cm 1:1,5.

 

 

Questo ulteriore schema è importante perché definisce parametri fondamentali come aberrazione sferica longitudinale alle varie frequenze dello spettro, curvatura di campo, astigmatismo e distorsione; il fingerprint di curvatura di campo e astigmatismo è notevolmente simile a quello del Summicron 50mm 1:2 a 7 lenti “rigido”, non per nulla disegnato dallo stesso progettista qualche anno prima, con una certa curvatura e, come nel caso del Summicron “rigido”, la giacitura sagittale e tangenziale che divergono bruscamente verso i bordi, individuando un’area astigmatica; l’aberrazione sferica risulta complessivamente più corretta rispetto al 50mm 1:2 a 7 lenti di cui sopra, pertanto un eventuale focus shift alla chiusura del diaframma dovrebbe essere meno accentuato rispetto al modello di minore apertura; anche la distorsione risulta trascurabile, con un valore a barilotto inferiore allo 0,5%, un risultato molto buono per un luminoso come questo.

 

 

Passando alla vignettatura, il ridotto diametro utile degli elementi e le dimensioni contenute della montatura storicamente penalizzano le ottiche Leitz a telemetro in questo parametro, e infatti anche il Summilux 50mm 1:1,4 primo tipo non fa eccezione, presentando a tutta apertura una luminanza residua ai bordi di poco superiore al 20% di quella garantita in asse; ovviamente questi sono meri dati teorici e una evidente vignettatura dei bordi combinato con la ridotta profondità di campo ad 1:1,4 può invece costituire un mix vantaggioso nella ripresa di soggetti umani in luce ambiente.

 

 

Come spesso avviene con i luminosi, è tuttavia sufficiente chiudere di poco il diaframma, in questo caso ad 1:2,8, per migliorare radicalmente la situazione, anche se oltre i tre quarti di campo permane un residuo di vignettatura che subentra bruscamente.

Vediamo ora la simulazione delle curve di trasferimento di modulazione del contrasto (MTF), confezionate secondo lo standard Zeiss e quindi calcolate con la componente spettrale della luce vista in precedenza, mettendo a fuoco a tutta apertura con 20 cicli/mm, mantenendo tale piano ai vari diaframmi e misurando l’MTF dal centro (sinistra) ai bordi (destra) a 10, 20 e 40 cicli/mm di frequenza spaziale, definendo i valori in lettura sagittale (linea continua, mire con linee parallele alla semidiagonale che dal centro conduce ai bordi) e tangenziale (linea tratteggiata, mire con linee perpendicolari alla stessa semidiagonale).

 

 

A tutta apertura 1:1,4 le curve sono lodevolmente uniformi su tutto il campo, tuttavia i valori alle basse frequenze spaziali (10 cicli/mm, curve blu, e 20 cicli/mm, curve verdi) risultano decisamente bassi anche per un’apertura così ampia, indicando un contrasto non molto elevato; l’appiattimento delle curve non permette ancora di evidenziare comportamenti caratteristici del modello.

 

 

Chiudendo ad 1:2 lo spot centrale da 10mm di diametro migliora drasticamente e il trasferimento di contrasto alle varie frequenze spaziali è già sufficiente a garantire una qualità d’immagine molto buone, mentre i resto del campo rimane su valori più modesti e non dissimili da quelli visti ad 1:1,4; ad 1:2 inizia a manifestarsi un comportamento tipico che vede la curva con lettura tangenziale nelle zone mediane migliorare in modo percettibile mentre quella sagittale rimane al palo.

 

 

Chiudendo ad 1:2,8 lo spot centrale da 10mm di diametro raggiunge già valori di assoluta eccellenza, non lontano dalla condizione di diffraction limited, mentre nelle zone mediane e marginali gli elementi della mira letti in orientamento tangenziale (cioè perpendicolari rispetto alla semidiagonale, linea tratteggiata) progrediscono con decisione seguendo l’andamento del centro e si distaccano in modo marcato da quelli in lettura sagittale (linea continua, mire parallele alla semidiagonale), arrivando ad un differenziale che in certe zone è nell’ordine del 40%; questo comportamento si giustifica con un residuo di astigmatismo in tali aree creato dalla differente giacitura delle calotte sagittale e tangenziale, per cui in quei settori gli elementi congruenti alla seconda si trovano su un piano di fuoco simile a quello dell’asse, utilizzato per la messa a fuoco preliminare, mentre quelli corrispondenti alla calotta sagittale sono su un piano differente e fuori fuoco, determinando appunto astigmatismo.

L’ottimo spunto dell’asse dimostra invece che l’obiettivo non presenta il caratteristico focus shift di altri obiettivi Leitz vintage nei quali il piano di fuoco scelto a priori i sposta chiudendo l’iride.

 

 

Questo schema con le curve MTF ad 1:2 ed 1:2,8 sovrapposte permette proprio di apprezzare come in questo step l’asse presenti un netto incremento, così come le zone mediane limitatamente alla lettura tangenziale (curve tratteggiate), mentre in lettura sagittale i valori a 40 cicli/mm (curve rosse) restano quasi invariati con l’eccezione dell’asse.

 

 

Ad 1:4 tale comportamento caratteristico dovuto alla differente giacitura nel piano delle calotte sagittale e tangenziale diviene ancora più marcato; lo spot centrale ha ormai raggiunto il limite di diffrazione e produce un’eccellente brillantezza, nel resto del campo i valori in orientamento tangenziale sono a loro volta elevati e sostanzialmente uniformi, mentre i tangenziali restano ancora indietro mostrando un parossismo a due terzi di campo, dove a 40 cicli/mm la curva con orientamento tangenziale mostra il 60% di MTF e la stessa in lettura tangenziale appena il 10%.

Questi dati tratteggiano un obiettivo marcatamente ottimizzato sull’asse alle maggiori aperture, tuttavia gli esperti sanno che nel real world e con soggetti tridimensionali le curve non dicono tutto, anzi, spesso la curvatura di campo consente di staccare meglio il soggetto principale a fuoco al centro accentuando il “popping” tridimensionale.

 

 

Chiudendo ad 1:5,6 l’obiettivo inizia a mitigare il comportamento visto in precedenza, anche grazie alla maggiore profondità di campo che compensa le differenze di fuoco dovute alla curvatura di campo; se il centro del fotogramma e il resto del campo in lettura tangenziale sono ormai limitati dalla diffrazione, producendo comunque risultati eccellenti, i dettagli in orientamento sagittale (curve continue) cominciano finalmente a migliorare in modo apprezzabile, avvicinandosi progressivamente ai valori tangenziali, e ormai il rendimento si può considerare ottimo su tutto il campo.

 

 

Questo schema con le curve ad 1:4 ed 1:5,6 sovrapposte evidenzia chiaramente quanto appena descritto: le due serie di letture sono praticamente sovrapponibili con l’eccezione delle curve sagittali che prevedono un evidente incremento.

 

 

Passando infine ad 1:8, l’obiettivo completa il suo recupero nella lettura sagittale (linea continua) e il comportamento è uniforme ed impeccabile fino ad 1mm dai bordi estremi; in queste condizioni ci si può attendere una qualità d’immagine di altissimo profilo e stupisce come la diffrazione non abbia percettibilmente penalizzato le zone arrivate al massimo rendimento ad aperture decisamente inferiori; solitamente i luminosi utilizzati a diaframma ben chiuso pagano pegno rispetto ai modelli di minore apertura e più semplici ma non è questo il caso del primo Summilux.

 

 

In calce a questa serie di schemi voglio aggiungere i diagrammi MTF effettivamente misurati su un esemplare di Summilux 50mm 1:1,4 corrispondente a quello discusso; le curve qui illustrate sono definite dalle stesse frequenze spaziali (10, 20 e 40 cicli/mm) e un confronto diretto con quelle calcolate e riportate in precedenza nell’articolo mostrano un’apprezzabile corrispondenza d’insieme, rassicurandoci sulla validità di questi calcoli simulati.

Il Summilux 50mm 1:1,4 “Zimmermann” del 1959 è stato il primo 50mm superluminoso disegnato direttamente in seno alla Leitz, pur utilizzando la stessa architettura dei precedenti Xenon e Summarit; l’obiettivo calcolato da Zimmermann e compagni è famoso per l’effetto presenza, la riproduzione tonale e la tridimensionalità con i soggetti umani; nello spot centrale ad 1:2 fornisce già ottimi risultati che diventano eccellenti da 2,8 in poi, tuttavia alle maggiori aperture risulta ottimizzato sull’asse, con l’uniformità sul campo che arriva progressivamente con la diagrammazione, diventando ottimale ad 1:5,6 ed 1:8; a tutta apertura 1:1,4 il contrasto è invece più debole (con prestazioni comunque nettamente superiori a quelle del Summarit ad 1:1,5) e infatti il vero passo avanti introdotto dalla successiva versione “Mandler” del 1962 con due doppietti posteriori collati riguarda proprio l’ottimo contrasto al centro ad 1:1,4, ottenuto sacrificando ancora di più la curvatura di campo; il Summilux “Zimmermann” si caratterizza anche per un’ottima correzione di aberrazione cromatica e distorsione, contenendo anche il focus shift a diaframmi chiusi grazie alla specifica correzione dell’aberrazione sferica.

Le scelte fatte in sede di progetto riguardo a curvatura di campo e relativa giacitura dei piani sagittale e tangenziale mi portano a suggerire di utilizzare questo famoso obiettivo a grandi aperture più per riprese di soggetti tridimensionali come soggetti umani ambientati che per fotografie generiche, mentre a diaframma ben chiuso il Summilux “Zimmermann” replica le prestazioni grintose ed uniformi di modelli meno luminosi e può essere sfruttato con grande soddisfazione per qualsiasi impiego.

Pur essendo stato indubbiamente un modello di transizione, nato per traghettare il corredo Leitz dalla sudditanza T,T&H di Xenon e Summarit a schemi definitivi e prestazionali consentiti da nuovi conseguimenti nel calcolo ottico e nella produzione di vetri speciali, il Summilux va considerato un ottimo obiettivo che a fine anni ’50 aveva pochi rivali quanto a prestazioni complessive e che ancora oggi vanta molti, nostalgici aficionados che apprezzano i raffinati vocaboli della sua riproduzione, con una tridimensionalità e una transizione di fuoco che si può solo evocare perché purtroppo non traspare dai freddi diagrammi tecnici.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

 

 

 

 

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