Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; questo pezzo costituisce il terzo articolo della serie VINTAGE METER che si prefigge di monitorare aberrazioni e prestazioni MTF di obiettivi vintage o di modernariato, creando una scheda parametrica in modelli anche rari, dei quali non esista una omologa documentazione ufficiale o che non sono stati testati da riviste o istituti; questa opzione estremamente interessante per appassionati e collezionisti si concretizza sfruttando un sofisticato software di calcolo ottico professionale, il Synopsys Code V, ed è possibile grazie all’amichevole collaborazione dell’amico Dr. Mark Jeffs, progettista ottico da oltre trent’anni con trascorsi prestigiosi, che ringrazio di cuore per aver accettato di supportarmi; specifico che i numerosi diagrammi presentati non sono ottenuti da misurazioni dirette su un esemplare (con tutte le variabili legate a problemi di allineamento dovuti ad urti e cadute o agli effetti sull’immagine di polvere, aloni o scollature fra le lenti dopo svariati anni di esercizio) ma sono calcolati, partendo dagli esatti parametri costruttivi del sistema di lenti, grazie all’avanzato software di progettazione ottica, in grado di effettuare simulazioni molto precise ed attendibili sul rendimento effettivo dell’obiettivo prodotto secondo quelle specifiche.
Il protagonista di questa tornata è un altro obiettivo molto famoso e favoleggiato, ovvero il Leitz Summicron-R 50mm 1:2 nella prima versione per Leicaflex con 6 lenti in 5 gruppi, presentato nel 1964 e rimasto sul mercato fino al 1976, quando la nuova versione progettata da Walter Mandler con 6 lenti in 4 gruppi andò a prendere il suo posto; l’obiettivo, qui montato su una Leicaflex SL, venne disegnato tentando ancora di avvicinare la caratteristica compattezza dei coevi obiettivi per Leica M e il ridottissimo diametro della montatura anteriore influenza la vignettatura a diaframma aperto.
Il Summicron-R 50mm 1:2 per Leicaflex fu lanciato con camma singola e codice interno 11218; con l’avvento della Leicaflex SL, nel 1968, l’introduzione della seconda camma modificò in relativo codice in 11228 e occorre registrare che gli ultimi esemplari del 1976 vennero forniti direttamente dall’azienda equipaggiati anche con la terza camma R per garantire la compatibilità con la nuova Leica R3; nella sistematica del modello bisogna anche aggiungere che un piccolissimo lotto di preserie venne inizialmente prodotto con barilotto satinato cromo (versione qui illustrata assieme all’altrettanto raro Elmarit-R 35mm 1:2,8 cromato), una soluzione a mio avviso elegante e sicuramente più resistente alle abrasioni, tuttavia leggenda vuole che i riflessi sul metallo cromato influenzassero la fotocellula esposimetrica esterna della Leicaflex I, inducendo i tecnici a dirottare immediatamente sulla finitura nera che tutti conosciamo.
Nelle brochure ufficiali l’azienda sottolineava la risoluzione, il contrasto e l’ottima planeità di campo dell’obiettivo, assieme all’elevata qualità alla massima apertura 1:2; in effetti il Summicron-R 50mm 1:2 tipo 11218 – 112228 è sempre stato famoso ed apprezzato dagli appassionati del marchio per la sua ottima risolvenza e brillantezza a diaframma completamente aperto, condizione di esercizio in cui addirittura fornisce una resa più contrastata e convincente rispetto alla versione successiva del 1976; in effetti un ottimo rendimento ad tutta apertura nello spot centrale sembra essere stato la linea guida del progettista, secondo il principio informatore Leitz che il diaframma spalancato dev’essere un’autentica apertura di lavoro, garantendo alta qualità.
Il Summicron-R 50mm 1:2 primo tipo fu calcolato da Otto Zimmermann, coadiuvato dal collaboratore Georg Knetsch; Otto Zimmermann è un personaggio molto importante perché il suo lavoro definisce il passaggio dalla generazione delle prime ottiche disegnate da Max Berek, del quale fu discepolo, ai nuovi progetti postbellici e fra i suoi disegni troviamo anche il primo Elmarit 90mm 1:2,8, il Summicron 50mm 1:2 a 7 lenti e il primo Summilux 50mm 1:1,4.
Il 50mm 1:2 per Leicaflex fu progettato con l’ausilio del nuovo computer Elliott 402F installato a Wetzlar nel 1958 e il calcolo venne completato a metà del 1960, con un anticipo di ben 4 anni sull’effettiva presentazione dell’obiettivo che tradisce le travagliate fasi di gestazione della fotocamera; ecco la copia integrale del relativo brevetto.
La richiesta di brevetto prioritario tedesco venne depositata il 18 Giugno 1960; Zimmermann poteva vantare una notevole esperienza sugli schemi di tipo Gaussiano maturata nell’ultima dozzina d’anni calcolando il Summicron 50mm 1:2 a 7 lenti (entrambe le versioni) e il Summilux 50mm 1:1,4, tuttavia in questo caso dovette gestire la variabile supplementare dell’ampio spazio retrofocale necessario per lo specchio reflex; sfruttando vetri avanzati e il potenziale di calcolo del nuovo elaboratore britannico, il progettista adottò uno schema molto moderno, utilizzando solamente 6 lenti e spaziando ad aria il doppietto anteriore (il Summicron a 7 lenti era stato una notevole palestra di sperimentazione sulle possibilità di correzione introdotte dalle lenti ad aria, nello stesso periodo utilizzate anche da Bertele per il suo Biogon da 90°), ottenendo una configurazione a 6 elementi in 5 gruppi che anticipava di lustri il trend che si sarebbe poi diffuso fra i concorrenti; per confezionare il nuovo Summicron per Leicaflex vennero utilizzate due lenti il vetro lanthanum Crown LaK9, una in lanthanum Crown LaK10, due in Dense Flint (SF7 ed SF5) ed una sfruttando un materiale del tipo lanthanum Dense Flint proprietario ad alta rifrazione/bassa dispersione e analogo al vetro Schott LaSF12, non più prodotto.
L’utilizzo su un apparecchio reflex con precisa messa a fuoco diretta consentiva una drastica riduzione della distanza di messa a fuoco minima rispetto ai Summicron per Leica M, pertanto fra le attenzioni del progettista ci fu anche quella di mantenere un buon rendimento a coniugate brevi, fino a 0,5m.
Il Summicron-R 50mm 1:2 per Leicaflex è stato un obiettivo molto amato ed apprezzato, specialmente per la già citata qualità d’immagine nelle aree centrale ai diaframmi più aperti; vediamo ora di capirne i segreti grazie alla simulazione di calcolo permessa dal software Synopsys Code V.
Questo schema mostra i parametri inseriti nel software per ottenere i diagrammi desiderati; in questa fase la difficoltà consiste nel recuperare o ricostruire i valori di dispersione parziale anomala dei vetri, identificandoli con precisione (operazione che richiede ovviamente la supervisione di un progettista ottico esperto), e definire la composizione dello spettro luminoso virtuale con il quale l’obiettivo viene testato, facendo riferimento anche alla trasmissione spettrale complessiva del sistema, figlia di quella propria ad ogni singolo vetro con i relativi cementi; probabilmente, in esemplari successivi all’introduzione del collante Leitz Absorban che filtra la banda UV, il 5% di componente a 404,70mn ai limiti dell’ultravioletto non sarebbe più necessaria, migliorando ulteriormente ed eventualmente il comportamento in certe misurazioni.
Questo è lo schema derivato dai parametri grezzi di progetto, nel quale si osserva un moderno Doppio Gauss con doppietto anteriore spaziato, una struttura che a partire dagli anni ’70 verrà adottata dalla maggioranza dei normali con luminosità non eccessiva; lo spazio retrofocale, circa 35,85mm, risulta superiore a quello del coevo Summicron-M a 7 lenti e riesce di stretta misura a garantire il movimento dello specchio montato sulla Leicaflex; la presenza di 10 superfici esposte ad aria e di lenti con raggi di curvatura tutti differenti e rifrangenti (nessuno è piatto, con raggio infinito) garantisce numerose variabili di calcolo ma rende anche l’obiettivo costoso da produrre, tenendo anche conto delle 4 lenti in vetri agli ossidi delle Terre Rare.
Osservando i parametri calcolati per aberrazione sferica longitudinale, curvatura di campo, astigmatismo e distorsione, notiamo come nel primo caso lo spostamento di fuoco fra le varie frequenze dello spettro sia ridotto complessivamente ad appena 100 micron con esclusione della curva relativa alla banda al confine con l’ultravioletto, a 404,70nm di lunghezza d’onda; come detto, le versioni con collante Absorban non lasciano passare questa frequenza e comunque l’adozione di un filtro UV la elimina alla fonte; si può preconizzare che l’obiettivo preveda un ridotto sferocromatismo, utile a ridurre il flare a tutta apertura e a garantire una riproduzione netta e vigorosa ad 1:2.
Curvatura di campo e astigmatismo (evidenziato dalla separazione fra la curva sagittale continua e quella tangenziale tratteggiata) risultano molto ben controllati (notate il fondo-scala ad appena 200 micron dal piano di riferimento), fattore che sicuramente promuove un buon rendimento in soggetti bidimensionali o caratterizzati da pattern incrociati (tetti con coperture a coppi, etc.) mentre la distorsione, circa il 2% a barilotto, si può considerare normale e analoga a quella di molti altri 50mm.
Il complesso diagramma con i transverse ray errors misurati in orientamento sagittale e tangenziale da centro a bordi mostra il comportamento caratteristico di un ottimo normale e, soprattutto, rivela una notevole correzione cromatica ai bordi (notare come le curve in alto nello schema relative alle varie frequenze dello spettro misurate ai bordi, ad oltre 23° di campo sulla semidiagonale, risultino molto ravvicinate fra loro).
La vignettatura è stata calcolata con grande precisione perché fra i parametri forniti al software c’erano i diametri esatti degli elementi anteriore e posteriore, misurati sul mio esemplare con calibro centesimale; a tutta apertura 1:2 la compattezza dello schema paga pegno e la caduta di luce ai bordi è superiore a quella misurata sul Summicron-M 50mm 1:2 a 7 lenti coevo, garantendo negli angoli una trasmissione residua pari ad appena il 21% rispetto all’asse, corrispondenti ad una perdita di circa 2,3 f/stop, valore che rende la vignettatura sicuramente visibile.
Basta comunque chiudere ad 1:4 per normalizzare drasticamente la situazione, con il campo a 15mm fuori asse che garantisce ancora il 90% della trasmissione misurata in asse e i bordi che arrivano comunque oltre il 60%, valori che rendono la vignettatura visivamente impercettibile.
Osservando le due curve sovrapposte si apprezza il drastico miglioramento prodotto dalla chiusura del diaframma di 2 valori.
Passiamo ora a valutare i diagrammi di trasferimenti di modulazione del contrasto (MTF), come di consueto misurati con standard Zeiss, a 10, 20 e 40 cicli/mm di frequenza spaziale in doppia lettura sagittale e tangenziale (curva continua e tratteggiata), focheggiando un piano per 20 cicli/mm di frequenza spaziale e mantenendo tale regolazione a tutte le aperture successive (penalizzando quindi i valori nel caso di focus-shift introdotto dalla diaframmazione, dato che porta fuori fuoco il sistema rispetto al piano selezionato),
A tutta apertura 1:2 l’obiettivo presenta nell’area centrale valori eccellenti che eguagliano quelli garantiti dal Summicron-M 50mm 1:2 a 6 lenti in 4 gruppi prodotto dal 1979 in avanti, presentando però un flesso evidente non appena si esce da questo sweet spot che viene mantenuto su tutto il campo.
Chiudendo ad 1:2,8 i valori nel cerchio centrale da 10mm di diametro migliorano in modo marcato, anche in questo caso replicando o superando quelli garantiti dal Summicron-M 50mm 1:2, attuale, tuttavia le parti periferiche risentono molto meno dello stop di chiusura e l’obiettivo presenta un’evidente ottimizzazione al centro, veramente eccellente, con le zone periferiche decisamente meno brillanti.
Chiudendo ad 1:4 la zona centrale raggiunge già il limite di diffrazione, con valori molto elevati anche per gli standard moderni, e anche il resto del campo progredisce in modo deciso, con le coppie di curve della stessa frequenza spaziale che si avvicinano molto ad indicare un’ottima correzione di astigmatismo e aberrazione cromatica laterale; il progresso rispetto ad 1:2,8 è marcato in tutto il campo ma le zone fuori asse pagano ancora la grande differenza iniziale rispetto al centro.
Chiudendo ad 1:5,6 il centro stalla e, anzi, inizia già a degradare leggermente per diffrazione, mentre il resto dei campo continua a progredire e a questo punto anche i bordi, sebbene ancora nettamente distanziati dal centro, iniziano già a garantire un rendimento soddisfacente per qualsiasi esigenza.
Osservando le curve di 1:4 ed 1:5,6 sovrapposte si nota bene come le porzioni centrali del campo (a sinistra) non registrino variazioni apprezzabili mentre i bordi (a destra) migliorano in modo evidente, specie alle basse frequenze spaziali di 10 e 20 cicli/mm (curve più in alto).
Chiudendo ad 1:8 l’asse degrada impercettibilmente per diffrazione mentre il resto del campo e i bordi continuano a migliorare, portando ad un’ottima uniformità su tutto il fotogramma con curve sagittali e tangenziali quasi sovrapposte ad indicare un ottimo controllo di varie aberrazioni come astigmatismo, curvatura di campo e aberrazione cromatica laterale; si tratta complessivamente dell’apertura migliore e garantisce un rendimento impeccabile.
Le curve MTF di 1:5,6 ed 1:8 sovrapposte evidenziano il leggero flesso in asse per diffrazione ma anche l’ulteriore progresso ai bordi, finalmente equivalenti al resto del campo.
Questi calcoli strumentali confermano in gran parte i riscontri dell’esperienza d’uso diretta: l’obiettivo risulta complessivamente molto corretto, con astigmatismo e curvatura di campo molto contenuti e un’ottima correzione cromatica generale, ed appare evidentemente ottimizzato in sede di progetto per il massimo rendimento in asse alle grandi aperture, condizione d’uso nella quale riesce ancora a stupire e regalare grandi soddisfazioni; questa scelta, come la classica coperta corta, considerando anche una progettazione che risale al 1960, penalizza inizialmente la qualità nel resto del campo ma basta chiudere ad 1:5,6 o 1:8 per recuperare l’uniformità che consente immagini impeccabili; il ridotto flare e l’alto contrasto nelle zone centrali a grandi aperture consente di effettuare riprese di soggetti umani esaltando in senso plastico dell’immagine, in equilibrio fra la grande presenza nel piano di fuoco e l’evidente sfuocato garantito dal diaframma molto aperto, e non va trascurato il fatto che le specifiche lenti addizionali ELPRO a 2 elementi collati progettate per questo Summicron forniscono in abbinamento ad esso un rendimento molto buono, paragonabile a quello dei macro propriamente detti.
Il Summicron-R 50mm 1:2 per Leicaflex è quindi un obiettivo di alto livello e con una sua marcata personalità che eccelle sull’asse a qualsiasi apertura fino all’arrivo della diffrazione, permettendo quindi ad un fotografo esperto e cosciente delle sue caratteristiche di sfruttarlo nel modo opportuno, volgendole a suo favore; la possibilità di adattarlo facilmente sulle moderne Leica a telemetro o mirrorless con messa a fuoco sul monitor/mirino elettronico e su altre fotocamere digitali di terze parti dal tiraggio corto lo rende ancora perfettamente utilizzabile, e con grande soddisfazione, anche dai fotografi moderni avvezzi alle ultime tecnologie.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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