Leitz Summicron 50mm 1:2 a 7 lenti: nascita del suo schema ottico e relativi cloni.
Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; il famoso obiettivo Leitz Summicron 5cm 1:2 con schema a 7 lenti prodotto dal 1953 al 1969 è sicuramente una pietra miliare nella storia della progettazione ottica votata alla fotografia di piccolo formato, sia per le prestazioni che poteva garantire nonostante l’elevata luminosità che per l’adozione di uno schema originale e molto più complesso rispetto allo standard consueto del settore; questa specifica architettura, con 4 lenti spaziate ad aria poste davanti al diaframma e 7 elementi complessivi, comprendeva numerose variabili di calcolo che hanno permesso un insolito livello di correzione, consentendo al Summicron 5cm di definire nuovi parametri quanto a resa ottica, specialmente alle maggiori aperture.
In questo contesto voglio ripercorrere le svariate fasi che hanno portato alla concretizzazione di questo peculiare schema ottico e, a riprova del suo valore universalmente riconosciuto, descrivere anche alcuni obiettivi che hanno sfruttato la stessa architettura, fino al plagio pedissequo.
Il Summicron 5cm 1:2 è il punto di arrivo di una lunga parabola evolutiva che ebbe origine a inizio anni ’30; nel 1932 il colosso Zeiss Ikon mise in commercio la celebre Contax, fotocamera 35mm a telemetro che entrava in concorrenza diretta con la piccola Leica, ed era un apparecchio non soltanto di una modernità sconcertante per il design e le soluzioni tecniche ma poteva vantare fin da subito, grazie ai progetti di Bertele, due normali Sonnar da 50mm con apertura massima 1:2 e addirittura 1:1,5.
La società Leitz, inizialmente, non era interessata a dotare la sua Leica di ottiche molto luminose: lo stesso Max Berek, in una celebre intervista, confidò che l’azienda avrebbe potuto equipaggiarla fin da subito con obiettivi 1:2, tuttavia l’elevata perizia richiesta per focheggiare correttamente in presenza di una profondità di campo così risicata avrebbe condotto ad una buona percentuale di immagini sfuocate, la cui scarsa nitidezza sarebbe stata eventualmente ascritta a limiti e difetti dell’apparecchio e del suo obiettivo proprio in un momento in cui si stava consolidando la reputazione della Leica, passaggio cruciale per il suo futuro commerciale; pertanto la luminosità 1:3,5 degli Elmar fu ritenuta un buon compromesso fra un’apertura già favorevole (rispetto a quella delle ottiche di grande formato in voga a quei tempi) e una profondità di campo sufficientemente estesa da annullare eventuali, piccoli errori di messa a fuoco.
Ovviamente i due Sonnar 50mm 1:2 ed 1:1,5 (che si focheggiavano con sicurezza grazie all’enorme base telemetrica della Contax) furono come un masso lanciato nello stagno: in effetti, considerando la ridotta sensibilità delle pellicole di allora, molti fotografi ambivano ad ottiche luminose per accedere alla presa di istantanee con soggetti colti in movimento oppure in interni, con luce proibitiva, pertanto i nuovi obiettivi Zeiss vennero subito accolti con un certo clamore; a Wetzlar, giocoforza, compresero subito che per affrontare ad armi pari la temibile concorrente che si era affacciata sul mercato non potevano indugiare oltre ed era necessario equipaggiare la Leica, in tempi brevi, con un normale decisamente più luminoso del classico Elmar.
Fu quindi deliberato di affiancare al 50mm 1:3,5 un altro normale con apertura 1:2, sufficiente per fronteggiare uno dei Sonnar per Contax; a quei tempi concepire ottiche luminose risultava molto arduo perché non erano disponibili i moderni vetri ad alta rifrazione/bassa dispersione e inoltre l’assenza di antiriflessi, su schemi complessi con molti passaggi ad aria, comprometteva in modo inaccettabile il contrasto delle immagini prodotte; il Sonnar di Bertele, una geniale evoluzione del tripletto, rappresentava la quadratura del cerchio ma era anche coperto da relativo brevetto, pertanto non era possibile sfruttarne i principi.
Nel poco tempo messo a disposizione dal management, il dipartimento di calcolo ottico decise di utilizzare uno schema tipo Doppio Gauss, l’unico che consentisse di correggere molte aberrazioni anche con i vetri del tempo, una struttura riguardo alla quale la Leitz vantava già una certa esperienza perché gli obiettivi Micro-Summar da riproduzione progettati a cavallo del secolo adottavano uno schema di questo tipo; naturalmente un Doppio Gauss a 6 lenti in 4 gruppi presenta 8 passaggi ad aria, contro i 6 del Sonnar (che prevede 6 oppure 7 lenti in appena 3 gruppi), quindi intrinsecamente il contrasto risulta inferiore, tuttavia si trattava del migliore compromesso che la Leitz potesse mettere in campo con il poco tempo e i mezzi a sua disposizione.
Nacque così il primo obiettivo 50mm 1:2 per Leica, il capostipite di una lunga e gloriosa stirpe che incontrerà grande successo, arrivando a simboleggiare il normale per eccellenza degli apparecchi Leitz; quest’ottica fu commercializzata nel 1933 (mostrando quindi una notevole reattività rispetto al guanto di sfida Zeiss Ikon) e fu battezzato Summar, un nome piacevole ed azzeccato che evoca un senso di eccellenza e rende omaggio all’originale serie di ottiche repro con le quali aveva esordito 30 anni prima; il Leitz Summar 5cm 1:2, venduto ad un prezzo circa doppio di quello dell’ Elmar 5cm 1:3,5, più semplice ed abbordabile, rispetto a quest’ultimo presenta anche innegabili vantaggi meccanici: ad esempio, la ghiera del diaframma è spostata sul barilotto, consentendo di regolarlo anche in presenza di filtri e paraluce, inoltre la montatura di messa a fuoco è rettilinea, non rotante, e questo consente di aggiustare il valore di apertura anche dopo aver focheggiato e senza rischiare di spostare inavvertitamente la distanza di fuoco regolata in precedenza; il luminoso schema ottico gaussiano col relativo diaframma è stato inserito in un barilotto di diametro così contenuto, realizzando anche acrobazie meccaniche, da mantenere il classico cannotto collassabile all’interno della fotocamera, garantendo quindi al corpo macchina la proverbiale compattezza Leica.
Lo schema ottico, che si può considerare la base di partenza per il futuro Summicron a 7 lenti, fu brevettato nel 1933 e mostra un Doppio Gauss a 6 lenti in 4 gruppi con due menischi collati ed un raggio infinito, cioè piatto (la superficie interna dell’ultima lente); l’obiettivo concretizza una sostanziale economia nella scelta di vetri ottici, impiegando tre tipi di materiale appartenenti a due sole categorie: Dense Crown e Light Flint: infatti le 4 lenti più esterne condividono tutte il vetro Dense Crown SK16 (indice di rifrazione nD= 1,6202, numero di Abbe vD= 60,4) mentre i due elementi adiacenti al diaframma sfruttano i Light Flint LF5 (nD= 1,5814 vD= 40,8) ed LF6 (nD= 1,5673 vD= 42,8); naturalmente, per una correzione ottimale delle aberrazioni anche con uno schema valido come questo, sarebbero stati necessari vetri con un indice di rifrazione molto più elevato, pur mantenendo il controllo sulla dispersione, mentre i materiali dell’epoca hanno obbligato i progettisti ad accettare notevoli raggi di curvatura in molti elementi che hanno imposto compromessi nella correzione; in ogni caso la favorevole dispersione dei vetri utilizzati ha consentito di controllare bene l’aberrazione cromatica, in effetti molto ridotta.
Per Leitz non fu invece possibile, negli anni ’30, rispondere direttamente al superluminoso Carl Zeiss Jena per Contax con apertura 1:1,5 perché i due schemi più promettenti e sfruttabili all’epoca erano il tipo Sonnar utilizzato dal concorrente oppure una variazione del Doppio Gauss con 2 menischi posteriori spaziati ad aria (schema poi universalmente adottato in tutti i normali luminosi praticamente fino ai giorni nostri), tuttavia entrambi erano debitamente brevettati: il tipo Sonnar da Bertele nel 1932 e il Doppio Gauss modificato a 7 lenti da Horace William Lee nel 1930.
Un abbraccio a tutti – Marco chiude.
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