Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI: nell’ambito delle ottiche Leica per apparecchi a telemetro della serie M, il fabbricante da decenni ha impostato un poderoso programma per rinnovare modelli e schemi ottici che ha portato ad una gamma di obiettivi dalle eccellenti prestazioni e teoricamente quasi perfetti; paradossalmente, proprio questa rigorosa soppressione delle aberrazioni è stata a volte criticata dai clienti di vecchia data e più affezionati perché alcuni storici modelli del recente passato si avvantaggiavano proprio di un residuo aberrazionale modulato ad arte per produrre immagini con grande personalità, amate dagli utenti e spesso addirittura preferite a quelle oggettivamente molto più corrette ma visivamente asettiche e impersonali garantite dalle ultime generazioni di obiettivi.
Dopo aver inizialmente ignorato questo coro di proteste, nei primi tempi ritenute incomprensibili a fronte di nuovi esemplari effettivamente molto migliorati, l’azienda ha lodevolmente compreso il grande valore del proprio retaggio storico e spiazzando tutti ha addirittura deciso di creare edizioni moderne di obiettivi del passato famosi per il rendimento caratteristico, modelli come il grintoso grandangolare Summaron 28mm 1:5,6, il tele da ritratti soft-focus Thambar 90mm 1:2,2 o il luminosissimo normale asferico Noctilux 50mm 1:1,2 sono quindi riemersi dall’ombra tornando in vendita brand new per soddisfare il palato dei Leicisti più nostalgici; l’ultimo esemplare di questa specialissima serie di ottiche “reissue” è il recente Summilux-M 35mm 1:1,4, uno degli obiettivi più iconici e amati dalla clientela più stagionata e simbolo stesso del sistema M classico.
Il Summilux-M 35mm 1:1,4 venne presentato alla Photokina di Colonia del 1960 e attraverso una complessa serie di piccoli ritocchi estetici o meccanici è rimasto in produzione fino al 1995, anno nel quale scomparve dai banchi di vendita lasciando molti orfani inconsolabili fra le file degli utenti M smaliziati ed esperti; la versione Classic del 2022 vuole quindi riproporre lo stesso modello lasciando inalterate le caratteristiche estetiche e soprattutto le prerogative ottiche, con le sue deliziose sfumature e anche i limiti oggettivi, legati ad una progettazione che affonda le radici negli anni ’50; il barilotto dell’obiettivo è stato modellato sulle primissime serie di Summilux, con la caratteristica montatura anteriore allargata e adottando una livrea satinata cromo dal sapore più vintage, tuttavia in Leica non hanno voluto creare una copia pedissequa: infatti la montatura anteriore prevede un filtro da 46mm mentre il modello originale a montatura larga, prodotto dal 1960 al 1966 con i codici 11870/OCLUX, 11871/OCSUX, 11869 e 11872, utilizzava una flangia da 46,5mm di diametro ma per filtri da 41mm; inoltre nel modello Classic del 2022 le scale con le distanze di messa a fuoco prevedono la serie in piedi sopra quella in metri, come negli ultimi 35mm Summilux storici, mentre nelle serie con flangia anteriore larga della prima ora la posizione delle scale era invertita; infine, la zigrinatura alla base della montatura si interrompe prima rispetto agli esemplari d’epoca e prevede una piccola rientranza senza rilievi che la distanzia leggermente dalla baionetta e che non è presente nell’obiettivo originale.
Il Summilux originale con flangia da 46,5mm, come l’esemplare cromato della foto, presenta la scala in metri sovrapposta a quella in piedi e paradossalmente, mentre il Summilux Classic del 2022 strizza l’occhio al passato e prevede una finitura vintage satinata cromo, per i modelli originali di inizio anni ’60 l’intenzione era quella di associarli al concetto di massima modernità, quindi la finitura nera era un’opzione prevista fin da subito e senza nemmeno modificare il codice identificativo, cosa che oggi crea qualche confusione per la corretta sistematica; il Summilux-M 35mm 1:1,4 d’epoca era naturalmente commercializzato anche con l’aggiuntivo ottico per il mirino della Leica M3, privo delle corrispondenti cornicette, elemento che aumenta ulteriormente le variabili.
Questo raro esemplare della prima ora è proprio rifinito in nero ed è possibile apprezzare il caratteristico paraluce dedicato OLLUX (a sua volta oggetto da collezione molto costoso) al quale evidentemente si ispira anche quello fornito in dotazione al Summilux Classic del 2022, seppure anch’esso non sia una copia conforme dell’OLLUX originale ma ne richiami solo complessivamente la sagoma.
Nei sui 35 anni di permanenza a catalogo il Summilux-M 35mm 1:1,4 ha visto svariati, piccoli ritocchi alla sua struttura che riassumeremo meglio in seguito; in questa immagine è interessante osservare una tarda versione titanio 11860, con finitura coordinata alla omologa Leica M6 titanio presentata nel 1992.
La stessa versione con “occhiali” per Leica M3 rimase in produzione per vari anni (era ancora recensita nel 1969) e prima di scomparire dai listini passò attraverso 3 varianti della montatura: flangia anteriore da 46,5mm per filtri a vite da 41×0,5mm, flangia anteriore da 42mm per filtri Series VII fissa e flangia anteriore da 42mm per filtri Series VII rimuovibile, introdotta proprio nel 1969 e ancora disponibile con “occhiali” per M3 e codice 11871.
Senza considerare numerose altre variabili difficili da verificare come miglioramenti nel rivestimento antiriflesso, eventuali aggiustamenti nei vetri ottici seguendo la disponibilità dei fornitori (il vistoso blend giallastro delle primissime serie si è molto attenuato nei modelli tardi, forse indicando una sinergia di antiriflesso modificati e formulazioni dei vetri aggiornate) e un supposto, moderato ricalcolo ottico (negli ultimi esemplari l’aberrazione sferica sembra corretta in modo differente), nella lunga carriera del Summilux-M 35mm 1:1,4 classico possiamo comunque annoverare diverse modifiche, qui esemplificate schematicamente grazie a materiale illustrativo originale Leitz.
Le prime serie prevedevano una flangia anteriore da 46,5mm di diametro rimuovibile e attacco filtri filettato da 41×0,5mm, poi dal 1966 (matricola 2.166.701) la flangia anteriore divenne fissa, ridotta a 42mm e l’obiettivo prevedeva filtri Series VII privi di filetto; nel 1969 la flangia anteriore da 42mm diviene rimuovibile come in origine (grazie ad una vite di fermo), la presa di forza per la messa a fuoco viene realizzata in resina eliminando il blocco su infinito e le lenti dietro l’iride vengono pre-assemblate su un castone, modificando quindi la metodologia di fissaggio delle medesime alla meccanica; nella seconda metà anni ’70 compare poi sul barilotto il numero 35 che indica la focale e la scritta Summilux-M; infine, nella seconda metà del 1985 le due scale di messa a fuoco in metri e piedi avvicendarono la loro posizione.
Leitz ha sempre rinunciato ad un impiego sistematico e massiccio di trattamenti antiriflesso multistrato su tutte le superfici disponibili, affermando da un lato che i vetri ad altissima rifrazione sono naturalmente meno critici in questo senso (e questo Summilux, come vedremo, utilizza solo vetri con rifrazione elevata, compresa fra 1.705 e 1,79) e confermando dall’altro il suo protocollo che ne prevede l’impiego solamente quando produca reali vantaggi rispetto al trattamento semplice; non sono state dichiarate ufficialmente migliorie in tal senso durante la serie ma, naturalmente, i rivestimenti hanno seguito l’evolversi tecnico del settore e il loro colore caratteristico molto differente fra i primi e gli ultimi lotti tradisce questi cambiamenti; in ogni caso il Summilux è sempre stato un obiettivo abbastanza sensibile al controluce, e il sovradimensionato paraluce OLLUX col quale fu presentato ne è una prova.
Questo dettaglio schematico mostra le modifiche al montaggio delle lenti dietro il diaframma introdotte nel 1969, evidentemente applicate per facilitare la produzione ; questi nuovi castoni hanno imposto anche un differente profilo per il bordo anteriore della quinta lente, come si osserva in grafica.
Il Summilux-M 35mm 1:1,4 Classic del 2022 trae origine da tutte queste suggestioni; l’idea è stata quella di assimilarlo il più possibile alla prima versione OCLUX/11870 di inizio anni ’60, la più rara e costosa, senza tuttavia una deriva estremista; pertanto in luogo dell’ormai inconsueto filtro da 41mm l’obiettivo utilizza un più moderno e diffuso passo da 46mm, condiviso con altri modelli attuali, la grafica dei font è quella degli obiettivi moderni, è presente la codifica a 6 bit sulla baionetta per i corpi M recenti e, come detto, le scale delle distanze sono in posizione invertita come nei Summilux 35mm prodotti dal 1985 in poi mentre la zigrinatura alla base della montatura si interrompe precocemente nella parte inferiore, differenziandosi dalle versioni storiche; viene invece mantenuta la messa a fuoco minima ad 1 metro del precursore, oggettivamente insufficiente in molte circostanze,e il diaframma praticamente rotondo, in questo caso a 10 lamelle; anche lo schema ottico, teoricamente, è invariato.
Introduco la forma dubitativa perché il vero problema di queste repliche di modelli storici non è certamente il disegno e il calcolo originale, conservato negli archivi dell’azienda con tutti i dettagli, né tantomeno il know-how o le attrezzature per realizzare gruppo ottico e montatura, bensì la disponibilità nuda e cruda dei vetri ottici originali utilizzati nel modello d’antan; i vetri infatti non rimangono a listino in eterno ma alcune versioni vengono rimosse in quanto poco utilizzate o perché magari includono componenti tossici o dannosi per l’ambiente il cui utilizzo nel frattempo è stato messo al bando nel settore, obbligando le vetrerie a concepire versioni ecologiche del vetro che ne ricalcano in massima parte i parametri rifrattivi o dispersivi ma senza replicarli al 100%, una condizione che rende impossibile clonare l’obiettivo di un tempo replicando esattamente i parametri geometrici del suo schema originale, come si è visto di recente anche col Noctilux-M 50mm 1:1,2 “reissue” che replica concettualmente lo schema ottico del modello di riferimento del 1996 però con spessori, spazi e raggi di curvatura differenti proprio a causa di vetri molto speciali utilizzati all’epoca e oggi non più disponibili con le caratteristiche ottiche originali.
La sezione dello schema attuale e i corrispondenti valori di rendimento MTF dichiarati sembrano mostrare una notevole corrispondenza con il modello originale, così come del resto il Summaron-M 28mm 1:5,6 attuale replica esattamente schema, vetri e rendimento del modello storico.
Lo schema tipo Doppio Gauss a 7 lenti in 5 gruppi con elemento supplementare singolo dietro il diaframma è una delle configurazioni più caratteristiche e famose fra gli obiettivi Leica a telemetro, utilizzata non soltanto nel Summilux-M 35mm 1:1,4 dal 1960 ma anche sulla quarta versione del Summicron-M 35mm 1:2 lanciata nel 1979, due obiettivi entrambi molto amati dagli appassionati e famosi per il loro bo-keh molto particolare e affascinante alle massime aperture; si potrebbe quindi supporre che questa configurazione derivi da un colpo di genio dei progettisti Leitz, invece la sua nascita va retrodatata di anni e spostata a Leningrad.
Infatti,a metà anni ’40, il Gosudarstvennyj Opticheskij Institut di Leningrad (GOI), ovvero l’Istituto Ottico Statale sovietico, creò una tipologia di schema denominata Uran e le versioni Uran-14 del Febbraio 1945 e Uran-26 del Marzo 1948 sono dei 35mm con apertura 1:2,8 rispettivamente in attacco a vite 39x1mm o a baionetta Contax-Kiev che utilizzano questo schema assolutamente identico a quello poi sfruttato da Leitz; pertanto quando la Seconda Guerra Mondiale era ancora in atto esisteva già un 35mm per apparecchi a telemetro 24×36 con questa struttura ottica.
Osservando le sezioni delle ottiche sovietiche Uran-14 e Uran-26 assieme a quelle dei Leitz Summilux 35mm 1:1,4 del 1960 e Summicron-M 35mm 1:2 quarto tipo 11310 del 1979 le analogie sono immediatamente evidenti; in realtà il grosso contributo dei progettisti Leitz è stato l’incremento dell’apertura massima pari a ben 2 stop mantenendo comunque elevate prestazioni con la stessa configurazione, uno sforzo tecnologico non indifferente e reso possibile solo dai moderni vetri alle Terre Rare, ovviamente non disponibili nell’Unione Sovietica di metà anni ’40.
Lo schema ottico del Summilux-M 35mm 1:1,4 è stato creato nel dipartimento canadese di Midland e venne concepito da Walter Mandler ed Erich Wagner; il brevetto prioritario tedesco venne depositato il 30 Agosto 1958 e quel periodo si può considerare molto proficuo per i 35mm di casa Leitz perché quasi contemporaneamente vennero messi a punto anche gli schemi del Summaron 35mm 1:2,8 e del Summicron 35mm 1:2 ad 8 lenti, creando di fatto una nuova famiglia di grandangolari moderati Leitz.
Il brevetto venne in seguito depositato in altri paesi, e abbiamo quindi ad esempio la versione svizzera qui illustrata.
La versione statunitense, la cui richiesta venne formalizzata un giorno prima di quella svizzera vista in precedenza (26 Agosto 1959 anziché 27 Agosto), ci permette di osservare come l’obiettivo fosse concepito utilizzando vetri modernissimi, al punto che 3 lenti dello schema sfruttano un vetro Flint al lantanio di concezione Leitz che era appena stato creato dai chimici della vetreria di Wetzlar (Heinz Broemer e Norbert Meinert) e la cui composizione chimica è allegata al brevetto stesso; questo nuovo materiale utilizza il 30% di ossido di boro come “fluxing agent” per finalizzare una corretta fusione, un pool di ossidi per garantire un elevato indice di rifrazione conservando una dispersione cromatica moderata (49% ossido di lantanio, 4% ossido di tantalio e 4% ossido di zirconio) e, infine, un ossido di elemento bivalente (13% di ossido di cadmio) il cui ruolo è evitare che la mescola ottenuta in fusione recuperi indesiderate caratteristiche cristalline in fase di raffreddamento (strie, birifrangenze, etc.); la formulazione di questo vetro verrà poi concessa a vetrerie esterne per la produzione di massa e diverrà nota come vetro LAF21, tuttavia la presenza di ossido di cadmio evidenzia subito come il materiale nella configurazione originale non sia più disponibile, dal momento che ingredienti dannosi come cadmio, arsenico, piombo, etc. sono al bando da diversi anni e le vetrerie hanno dovuto ovviare creando succedanei ecologici, simili ma non identici.
Questa brochure di inizio anni ’60 è forse la prima nella quale compare il nuovo Summilux 35mm e il modello OCLUX satinato cromo qui illustrato è quello sul quale è stato modellato il modello Classic del 2022, con i distinguo già visti; naturalmente un 35mm di tale apertura a inizio anni ’60 costituiva un notevole progresso tecnico e la brochure non manca di enfatizzare le nuove possibilità di ripresa in available light e si attarda anche a ribadire compiaciuta i dettagli appena condivisi sull’uso di vetri alle Terre Rare concepiti in azienda.
Un’altra brochure che si avvalse in extremis del nuovissimo superluminoso è quella per Leica M2 del 1961, nella quale compare la batteria di ottiche più frequentemente utilizzate (35mm, 50mm e 90mm), con 3 obiettivi diversi per ogni focale fra i quali, appunto, anche il nuovissimo Summillux-M 35mm 1:1,4; col senno di poi, osservando questa sequela di pezzi pregiati, stride un po’ l’evidente eterogeneità stilistica delle varie montature ma all’epoca il concetto di “family feeling” con un design normalizzato era al di là da venire.
Un altro elemento curioso di quel periodo riguarda i testi delle brochure in lingua Italiana, spesso tradotte letteralmente dal Tedesco da qualcuno evidentemente esperto di marketing ma non di tecnica fotografica tout court; già con l’avvento del Summicron 50mm 1:2 a 7 lenti la denominazione tedesca “Lanthan Kron” (riferita ai vetri Crown al lantanio e specificamente al nuovo LAK9 largamente impiegato nel modello) era stata tradotta in “vetri della cosiddetta corona Lanthan”, qualunque cosa essa sia… E anche i queste brochure anni ’60 dedicate al Summilux 35mm l’espressione teutonica “Lichtriesen” (che vuole indicare qualcosa di luminosissimo) è stata tradotta alla lettera in “gigante di luce”; per fortuna attualmente queste traduzioni vengono revisionate da personale debitamente competente e in grado di evitare questi passaggi ridicoli.
Il Summilux-M 35mm 1:1,4 nella configurazione originale prevista dal brevetto utilizza 3 tipologie di vetro: 2 materiali agli ossidi delle Terre Rare con alta rifrazione e bassa dispersione (lanthanum Crown LAK e lanthanum Flint LAF) e il tipo Dense Flint SF ad alta rifrazione e alta dispersione; come si può osservare, Mandler e Wagner hanno sfruttato al massimo il potenziale dei vetri disponibili al momento del calcolo, al punto che il materiale con indice di rifrazione più modesto, il posizione L3, arriva comunque a 1,7044; si è quindi cercato di ottimizzare la correzione realizzando tutte le lenti con vetri ad altissimo indice di rifrazione, e quindi in grado di ottenere la deviazione necessaria dei fasci luminosi con lenti caratterizzate da curvature inferiori rispetto a quelle necessarie sfruttando vetri meno rifrangenti.
L’obiettivo utilizza nell’elemento anteriore L1 un vetro lanthanum Crown di tipologia LAK10, negli elementi convergenti L2, L4 ed L6 sfrutta il lanthanum Flint di progettazione autarchica descritto nel brevetto (vetro Leitz 792472, o LAF21), negli elementi divergenti L3 ed L5 impiega i vetri Dense Flint tipo SF15 ed SF55 e, infine, nella lente posteriore L7 troviamo nuovamente un lanthanum Flint, questa volta di categoria LAF3.
IN realtà non è semplice abbinare i vetri del brevetto originale a corrispondenti sigle da catalogo perché da un lato certe tipologie sono evidentemente state aggiornate, cambiando nome e modificando leggermente i parametri rifrattivi/dispersivi, e dall’altro il brevetto Leitz di quest’obiettivo definisce rifrazione e dispersione dei vetri in funzione della lunghezza d’onda e-line (green mercury line, a 546 nanometri di lunghezza d’onda), mentre solitamente i valori dichiarati per i vetri sono riferiti alla d-line (yellow helium line, a 587 nanometri di lunghezza d’onda), e siccome modificando la lunghezza d’onda cambiano anche rifrazione e dispersione, la determinazione dei valori per la e-line rende più difficile riconoscere tipologie “dubbie”.
Questo schema garantisce una compattezza straordinaria in relazione ad angolo di campo e apertura (una semplice occhiata al corrispondente Summilux-R 35mm 1:1,4 per Leica R è illuminante a tale proposito) e l’aberrazione sferica presente alle massime aperture penalizza teoricamente la nitidezza ma regala in cambio atmosfere sognanti che hanno fatto la fortuna e la leggenda del modello.
Proprio puntando su tali prerogative l’azienda ha messo in produzione questa riedizione, volutamente in antitesi con i moderni Summilux asferici flottanti, virtualmente ipercorretti e impeccabili, cercando di replicare quelle digressioni lessicali ormai assenti nella produzione attuale; i progettisti hanno verosimilmente affrontato un complesso percorso, stretti fra la volontà di conservare queste fragranze vintage e i limiti imposti dall’attuale disponibilità di vetri; tuttavia, osservando i valori MTF del modello Classic 2022 con quelli misurati su un esemplare vintage utilizzando le stesse metodologie, si può dire che l’obiettivo è stato conseguito.
Questo schema mostra il trasferimento di modulazione di contrasto (MTF) da centro a bordi (da sinistra a destra di ogni diagramma), misurato a differenti cicli di frequenza spaziale e a varie aperture; i diagrammi superiori sono riferiti al Summilux originale, quelli inferiori al modello del 2022; ogni curva è sdoppiata per la misurazione con orientamento sagittale, parallelo alla semidiagonale (linea continua) o tangenziale, perpendicolare alla medesima (linea tratteggiata).
Per osservare correttamente lo schema occorre considerare che nel Summilux d’epoca le curve sono riferite solamente a 10, 20 e 40 cicli/mm di frequenza spaziale, mentre nei diagrammi del modello 2022 la quarta coppia di curve, quelle più alte, definiscono l’MTF anche a 5 cicli/mm, misurazione ovviamente assente nei diagrammi superiori, pertanto tale coppia non va considerata nel confronto.
Premesso questo, si può osservare come il fingerprint del comportamento e i valori assoluti misurati siano apprezzabilmente simili nei 2 modelli, e le differenze rientrano nelle tolleranze di montaggio del singolo esemplare; direi quindi che l’operazione clonazione impostata a Wetzlar è stata coronata da successo; è anche interessante osservare il comportamento all’apertura 1:2,8, non misurata sull’esemplare d’epoca: con 2 stop di chiusura la resa nelle zone centrali si impenna già bruscamente mentre compare la classica modulazione negativa Leitz a 2/3 di campo legata alla curvatura di campo, con valori che poi recuperano ai bordi perché la giacitura dei piani si riavvicina a quelli dell’asse sul quale è stata predefinita la messa a fuoco, un tipo di comportamento che con la figura umana produce risultati molto plastici, tipicamente Leitz.
Prendendo in considerazione altre aberrazioni, la distorsione risulta eccezionalmente corretta per un 35mm 1:1,4, praticamente irrilevabile, mentre la vignettatura a tutta apertura paga l’architettura simmetrica e le piccole dimensioni della montatura, pertanto la caduta ai bordi è superiore a 2 stop anche in presenza di lenti esterne di ampio diametro; in ogni caso anche questa rientra negli elementi che connotano la classica fotografia da Summilux 35mm e viene più apprezzata che criticata dagli utenti, mentre a 1:5,6 la perdita si riduce a meno di 1 stop e risulta accettabile, sebbene la strozzatura della flangia anteriore mostri ancora un accenno di vignettatura meccanica ai bordi estremi.
Il nuovo Summilux-M 35mm 1:1,4 Classic tipo 11301 del 2022 è quindi una replica conforme del noto obiettivo e ha una sua concreta ragion d’essere perché mette il Leicista davanti alla scelta fra un 35mm superluminoso perfetto ma asettico e un altro meno corretto ma ricco di fascino e personalità, un pezzo che in mano al fotografo esperto sa scrivere pagine di autentica poesia.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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