La storia e le incredibili origini di questo misterioso obiettivo finalmente svelate.
E TU CHI SARESTI?…
C’è un obiettivo che da 60 anni aggrega i collezionisti e gli appassionati Leica e Zeiss sotto il comune denominatore di dubbi amletici e domande senza risposta: il misterioso normale marcato semplicemente “Leica – Sonnar 1:1,5 f = 5,8 cm”, un pezzo che saltuariamente affiora nel mercato del materiale usato da collezione e che solitamente risulta equipaggiato con attacco a vite LTM da 39×1/26”, quindi applicabile senza problemi – direttamente o con un diffuso anello adattatore – a tutte le Leica non reflex ad ottica intercambiabile prodotte dagli albori fino ad oggi.
Nel corso degli anni sono comparsi esemplari marcati 5,8cm oppure 6cm (evidentemente un arrotondamento arbitrario per esigenze “estetiche”), senza alcuna indicazione del fabbricante (la stragrande maggioranza) oppure marcati Carl Zeiss Jena, privi di indicazioni relative al trattamento antiriflessi oppure marcati T (Transparenz) o V (Verguetung), con montatura anteriore tutta in metallo a vista o implementata con un anello antiriflessi laccato nero coassiale alla lente anteriore oppure con tutta la sezione anteriore rifinita in nero (come i Sonnar 50mm per Contax postbellici) ed incisioni in smalto bianco; infine, per aumentare le già numerose variabili, solitamente l’attacco è a vite 39×1/26” ma sono noti anche esemplari con baionetta esterna Contax – Kiev: tutti elementi che hanno aumentato la confusione ed innescato una ridda di ipotesi, tuttavia inconcludenti.
Naturalmente il semplice coesistere del marchio Leica e di un brand name registrato da Zeiss sulla ghiera anteriore dello stesso obiettivo ha ammantato questi pezzi di un allure particolare, suscitando un interesse che non ha visto cedimenti per mezzo secolo e che tuttora alimenta threads sui forum e discussioni in giro per il mondo… Ma andiamo per ordine.
SONNAR, L’IMMORTALE
Dal momento che quest’obiettivo, per ora misterioso, viene denominato “Sonnar”, è bene spendere due parole su questo straordinario progetto, frutto di una geniale intuizione di Ludwig Jackob Bertele, capo progettista prima alla Ernemann di Dresden e poi, dopo l’assorbimento dell’azienda, in forza alla Zeiss Ikon con lo stesso ruolo presso la Carl Zeiss Jena.
Il Sonnar per antonomasia è un normale da 50mm per Contax a telemetro molto luminoso, lanciato nel 1932 assieme alla celebre fotocamera Zeiss Ikon; la versione a 7 lenti con apertura f/1,5, stratosferica per l’epoca, si caratterizzò immediatamente per prestazioni sorprendenti con un livello di contrasto insolito, trattandosi di ottiche prive di trattamenti antiriflessi, grazie al fatto che gli elementi risultavano cementati in appena 3 gruppi, con soltanto 6 passaggi aria-vetro; le prestazioni erano così elevate nonostante la grande apertura che il Sonnar 50mm f/1,5 potè rapidamente assurgere al ruolo di obiettivo-simbolo degli anni ’30, obbligando la concorrenza ad un’affannosa rincorsa.
Il segreto del Sonnar e della sua correzione sta soprattutto nel particolare tripletto collato anteriore, composto da due lenti convergenti ed una divergente unite assieme: il primo elemento in vetro Dense Crown presenta rifrazione medio-alta e dispersione medio-bassa, il secondo elemento in vetro Fluor Crown ai fluoruri si caratterizza per bassa rifrazione e bassa dispersione ed il terzo, in vetro Dense Flint, al contrario presenta alta rifrazione (per l’epoca) ed alta dispersione.
In questo modo la prima e la seconda lente introducono una sottocorrezione dell’aberrazione cromatica mentre la seconda e la terza una sovracorrezione; questa particolare caratteristica, unita al bilanciamento realizzato dagli altri elementi, è una delle specifiche esclusive che garantiscono al Sonnar le sue prestazioni di rilievo; questo elemento è stato oggetto di un lungo affinamento perché un giovanissimo Bertele, classe 1900, iniziò ad introdurlo ad inizio anni ’20 sugli Ernostar che, all’epoca, progettava per la Ernemann e le sue celebri detective cameras Ermanox.

(foto 03) Il nuovo concetto ottico introdotto da Bertele nel suo sviluppo dal modello Ernostar a Sonnar.
Questa scheda illustra lo schema ottico dell’ultima versione di Ernemann Ernostar prodotta in serie, con apertura f1,8, assieme ad un prototipo spinto fino ad f/1,0; come si può vedere il modulo anteriore a tre lenti appena descritto era già sviluppato nel precedente Ernostar, concepito 10 anni prima del Sonnar; successivamente, ormai in forza alla Zeiss Ikon, Bertele portò a compimento il suo gioiello elaborando un modulo posteriore definitivo che, nella versione più luminosa Sonnar f/1,5, presenta tre lenti collate con il raggio di curvatura della sesta e settima lente sviluppato in modo da minimizzare il coma a piena apertura e l’aberrazione sferica, decisamente più controllata rispetto all’Ernostar; si tratta quindi di un progetto straordinario che ha lasciato una firma indelebile nel campo dell’ottica e che ad Oberkochen, con modelli aggiornati e riprogettati dallo stesso Bertele nel dopoguerra, fece ritardare l’introduzione dei Planar fino alla seconda metà degli anni ’50: in pratica ad “uccidere” il Sonnar fu solamente il declino delle telemetro e l’avvento delle reflex, sulle quali la sua lente posteriore risultava troppo vicina al piano focale per le esigenze meccaniche dello specchio.
LO STRANO IBRIDO DEL DOPOGUERRA
Tornando all’oggetto di questa narrazione, va detto che la Carl Zeiss Jena – sia durante il Secondo Conflitto Mondiale che nel dopoguerra – ha prodotto in piccola serie ottiche Sonnar 50mm f/1,5 in attacco a vite LTM, quindi di primo acchito si potrebbe ipotizzare che la versione 5,8cm f/1,5 sia anch’essa stata prodotta a Jena e costituisca una curiosa variante del modello standard.

(foto 04) Il “Leica – Sonnar” 5,8cm f/1,5 assieme ad un Carl Zeiss Jena 50mm f/1,5 T postbellico, anch’esso in attacco Leica LTM.
Tuttavia, anche considerando gli standard di finitura della Carl Zeiss Jena DDR nell’immediato dopoguerra, forzatamente inferiori a quelli del periodo d’oro prebellico per carenza di materie prime, personale qualificato e macchine fresatrici in ordine, queste ottiche da 5,8cm presentano un evidente scadimento nella qualità dei metalli, nelle lavorazioni e nella pulizia delle incisioni, palesando più una fattura artigianale ad opera di terze parti improvvisate che una produzione originale Zeiss; forti di queste considerazioni, molti hanno anche ipotizzato che il nocciolo ottico all’interno del barilotto non sia un vero “tipo Sonnar” ma, ad esempio, un qualche modulo di produzione sovietica rimontato.
UN’OCCHIATA CON LA SUPERVISTA
Per risolvere questo primo dilemma mi sono avvalso della collaborazione di un carissimo amico, il Dr. Milos Paul Mladek che, durante un recente incontro a Vienna, con squisita gentilezza mi ha fatto omaggio di una lastra con la radiografia dei due obiettivi sopra illustrati, da lui stesso realizzata.
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