Kowa SW

Kowa SW, l’antesignana delle fotocamere compatte 35mm con obiettivo fisso grandangolare

 

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; oggi parleremo della Kowa SW, una fotocamera compatta per pellicola 35mm di metà anni ’60 quasi sconosciuta che introdusse il concetto di apparecchio di piccole dimensioni equipaggiato con obiettivo fisso a copertura decisamente grandangolare, creando di fatto una nicchia che trent’anni dopo avrebbe vissuto una grande fiammata, incontrando i favori di molti appassionati e professionisti.

Il più famoso apparecchio appartenente a questa tipologia è sicuramente l’Hasselblad Super Wide, leggendaria fotocamera letteralmente costruita attorno allo Zeiss Biogon da 90° di Bertele in versione da 38mm per il formato 6×6, uno strumento utilizzato negli anni ’60 anche per le prime missioni spaziali, come l’immagine suggerisce; con questo apparecchio furono realizzate le prime riprese di ampio respiro alla superficie del nostro pianeta e un esemplare, sfuggito di mano all’astronauta durante un’attività extraveicolare, è finito in orbita geostazionaria.

Questo apparecchio, tuttavia, è ben lungi dall’essere tascabile, utilizza pellicola formato 120, il suo prezzo di listino è sempre stato decisamente impegnativo e anche la copertura grandangolare da 90° è persino eccessiva per un utilizzo generico.

Un altro celebre modello di fotocamera grandangolare ad obiettivo fisso è la Plaubel-Brooks Veriwide 100 (apparecchio creato da Plaubel e poi ceduto a Brooks che lo sviluppò ulteriormente), uno strumento molto interessante che utilizza a sua volta pellicola 120 sul formato 6x9cm (56x81mm effettivi) ed è equipaggiato con uno Schneider Super-Angulon 47mm in montatura elicolidale ed apertura 1:8 (Plaubel) oppure 1:5,6 (Brooks), del quale sfrutta la copertura in modo praticamente completo, garantendo 100° di campo sulla diagonale e permettendo di inquadrare grazie ad un mirino ottico esterno che, nella versione originale Plaubel, è prodotto addirittura da Leitz ed è una derivazione del noto SBKOO cromato per il 21mm Super-Angulon.

Si tratta di un’intrigante fotocamera abbastanza compatta e trasportabile che consentiva riprese supergrandangolari 6x9cm di alta qualità, rivaleggiando già con il grande formato, tuttavia anch’essa era ben lungi dall’essere tascabile o economicamente abbordabile per l’amatore domenicale, e anche in questo caso la copertura supergrandangolare da 100°, utile in architettura, risulta decisamente eccessiva per un utilizzo più generale.

In realtà, tirando le somme dall’esperienza pratica, il grandangolare più sfruttabile per un impiego generico, non troppo specializzato, copre circa 75-76° di campo ed equivale ai classici obiettivi da 28mm per il formato 24×36 oppure da 50mm per il formato 6×6, molto diffusi e largamente sfruttati da molti fotografi.

Nel 1964 l’azienda giapponese Kowa Company Limited (che negli anni ’70 diventerà famosa per la sua Kowa 66, rivale dell’Hasselblad molto amata dal compianto Cesco Ciapanna) presentò un apparecchio fotografico che risulta quasi sconosciuto e che invece costituisce una pietra miliare del costume fotografico le cui implicazioni giungeranno alla massima espressione solamente trent’anni dopo: stiamo parlando della Kowa SW, una fotocamera compatta per pellicola 35mm (formato intero 24x36mm) ed equipaggiata con un obiettivo grandangolare Kowa da 28mm 1:3,2 (all’epoca considerato già un grandangolo abbastanza spinto); l’obiettivo è fisso ma estremamente compatto e configura la SW come un apparecchio molto particolare, idoneo a riprese di ampio respiro nel reportage, nella ripresa urbana e di architettura, nella figura umana ambientata, nel paesaggio e in montagna, magari anche in cordata o su sentieri difficili: tutto questo con un apparecchio tascabile e rapidamente pronto all’uso: era nata la categoria delle compatte con grandangolare fisso, settore rimasto silente, a covare sotto la cenere, fino alla sua esplosione definitiva negli anni ’90.

 

 

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