Kinoptik superwide Tegea 1,98mm – 5,7mm – 9,8mm

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; la Société Les Appareils de Précision Kinoptik Paris è ben nota agli appassionati per i suoi obiettivi di prima qualità e realizzati con standard elevatissimi, con speciale riferimento alla gamma di ottiche Kinoptik Apochromat, alcune delle quali costituivano il fiore all’occhiello della fotocamera reflex Alpa realizzata dalla Pignons S.A. di Ballaigues; in realtà la quasi totalità della produzione Kinoptik era destinata all’utenza del cinema professionale e a inizio anni ’60 la linea di queste prestigiose ottiche si arricchì con alcuni modelli davvero speciali, una serie di supergrandangolari luminosissimi che diedero vita alla famiglia Kinoptik Tegea e costituiscono i protagonisti di questo articolo.

 

 

Le ottiche in questione sono i Kinoptik Super-Tegea 1,98mm 1:1,9, Tegea 5,7mm 1:1,8 e Tegea 9,8mm 1:1,8, tutti modelli caratterizzati da un angolo di campo estremo, superiore ai 100°, e nell’esemplare di focale più corta addirittura con caratteristiche di proiezione da fisheye.

 

 

Il Super-Tegea da 1,98mm 1:1,9 (denominazione corretta e conforme a quella presente sul barilotto, sebbene le brochure semplifichino ad 1,9mm) garantiva un cerchio di copertura da appena 8,7mm di diametro, il Tegea 5,7mm 1:1,8 illuminava il fotogramma cine 16mm e il Tegea 9,8mm 1:1,8 copriva sia i fotogrammi 16mm e 35mm che il 24x36mm, sebbene con vignettatura; all’epoca in cui vennero introdotti la combinazione fra copertura supergrandangolare ed apertura molto elevata era senza precedenti e la loro progettazione costituiva un pezzo di bravura, soprattutto considerando che, per esigenze meccaniche legate al montaggio sulla cinepresa, la loro cortissima focale imponeva un disegno retrofocus: provate a immaginare quanto fosse problematico sessant’anni fa disegnare un grandangolare di questo tipo che coprisse oltre 100° con apertura maggiore di 1:2 e uno spazio retrofocale da 3,1 a 4,7 volte più ampio della lunghezza focale stessa!

La creazione dei tre grandangolari Tegea e Super-Tegea avvenne in due steps; questi obiettivi sono frutto del genio di Edgard Hugues e il primo modello ad essere calcolato fu il Tegea 5,7mm 1:1,8, il cui disegno venne completato nel 1957 con relativa richiesta di brevetto prioritario francese a nome di Kinoptik depositata il 17 Settembre dello stesso anno; questa prima versione utilizzava già un particolare elemento ottico che costituisce un po’ il marchio di fabbrica della linea Tegea e che descriveremo meglio in seguito.

Il primo brevetto francese richiesto nel 1957 descrive un grandangolare retrofocus da 103° di campo utile, con apertura 1:1,8 e lunghezza focale di 5,8mm (poi arrotondata nella serie a 5,7mm); in questo modello lo spazio retrofocale è 17,95mm, pari appunto a 3,1 volte la lunghezza focale del sistema.

Dopo questo primo conseguimento, Hugues si adoperò per aggiungere al 5,7mm 1:1,8 altri due modelli: una versione di focale maggiore che garantisse una copertura angolare ancora più spinta e l’accesso al formato 35mm e uno speciale obiettivo a proiezione fisheye con campo di quasi 200°; questi nuovi calcoli vennero completati a metà del 1960 e Edgard Hugues presentò la richiesta per un nuovo brevetto che li descriveva il 2 Agosto 1960, depositandola in questo caso presso lo United States Patent Office che ratificò il relativo brevetto statunitense il 5 Giugno 1962.

 

 

In questa grafica ho raggruppato gli elementi interessanti presenti nel brevetto per identificare i vari obiettivi; nel brevetto U.S.A. era nuovamente presente la descrizione del 5,8mm 1:1,8 già brevettato in Francia e riportata senza modifiche.

Per successiva comprensione degli schemi ho numerato i tre modelli: il numero 1 corrisponde al tipo già noto da 5,8mm (poi 5,7mm) 1:1,8 e 103° di campo, il numero 2 ad un 9,8mm (9,759mm effettivi) 1:2 da ben 110° (poi andato in produzione come 9,8mm 1:1,8) e il numero 3 ad un fisheye da 1,98mm 1:1,9 che garantiva addirittura 197° di copertura.

Vediamo ora gli schemi ottici con i parametri di progetto, l’immagine del prodotto finito e la relativa scheda tecnica per ciascuno dei tre modelli.

 

 

Il primo esemplare, prodotto come Tegea 5,7mm 1:1,8, stupisce perché una copertura rettilineare da ben 103° con apertura 1:1,8 è stata ottenuta sfruttando solamente 6 lenti separate, con un modulo principale posteriore di piccole dimensioni con le sembianze di un tripletto modificato e due grandi elementi anteriori molto spaziati rispetto ad esso: una lente fortemente divergente con superficie esterna piana e una seconda lente convergente, aggiunta probabilmente per equilibrare l’aberrazione cromatica e altri difetti; l’elemento determinante che rende possibile un supergrandangolare luminoso con schema così semplificato è in realtà il raggio fortemente parabolico presente sulla superficie interna della lente frontale, una sagoma dal profilo asferico pronunciato che probabilmente costituisce la quadratura del cerchio, sebbene ricavare a quei tempi un elemento da quasi 9 cm di diametro da uno sbozzo di vetro Crown al lantanio e poi lavorarlo per produrre un profilo asferico del genere doveva essere estremamente complesso e costoso, con un elevata percentuale di scarti (ricordiamo che il 5,7mm è un progetto del 1957!).

Questa particolare lente piano-concava in vetro agli ossidi delle Terre Rare e superficie parabolica interna è presente i tutti e tre i modelli presi in considerazione, quasi una firma del loro progettista, e testimonia le tecnologie d’avanguardia delle quali disponeva l’azienda; è infatti vero che a fine anni ’50 si iniziava a sperimentare l’uso delle lenti asferiche (in quel periodo è giusto citare uno studio di Walter Mandler di Leitz Canada per migliorare il Summaron 35mm 1:2,8 con tale espediente), tuttavia il primo utilizzo fotografico nella serie si fece attendere fino al Leitz Noctilux-M 50mm 1:1,2 del 1966, mentre i grandangolari Kinoptik Tegea e Super-Tegea utilizzavano una enorme superficie parabolica e addirittura concava (molto più complessa da ottenere) ed il calcolo definitivo del primo modello era già stato completato da ben 7 anni quando il Prof. Marx completò il lavoro sul suo Noctilux 1:1,2 asferico.

 

 

Proprio l’utilizzo di lenti anteriori di grande diametro e molto distanziate dal modulo posteriore, tipico dei retrofocus della prima ora, è responsabile delle ragguardevoli dimensioni del Kinoptik Tegea 5,7mm 1:1,8, con un frontale da ben 89mm.

 

 

La scheda tecnica del Tegea 5,7mm 1:1,8 mostra che l’apertura fotometrica T è pari a 2,0 mentre la massima distorsione dichiarata è 1,7% sfruttando un campo da 100°, un valore eccezionalmente corretto per un supergrandangolare retrofocus calcolato negli anni ‘50; il brevetto citava una copertura massima da 103° mentre nel modello definitivo il costruttore indica un valore di 97° sul film da 16mm e ben 113° sul tubo video Vidicon, caratterizzato da una superficie di acquisizione più grande; la struttura meccanica, lunga 153mm con peso di circa 794g, era fornita in attacco C, Arriflex o con barilotto semplice.

Considerando la sua cortissima focale, il fabbricante non ha previsto un elicoide di messa a fuoco perché la profondità di campo si estende in pratica da infinito alla lente frontale dell’obiettivo.

 

 

Il secondo esemplare da 9,759mm 1:2 verrà prodotto come Tegea 9,8mm 1:1,8; non si tratta di un semplice upscaling della versione da 5,7mm perché l’intenzione del progettista era quella di ottenere un angolo di campo ancora più estremo, mettendo l’obiettivo in grado di coprire non solo il formato cine 16mm e 35mm ma anche il 24x36mm fotografico, sebbene oltre i limiti geometrici di rendimento ottimale e accettando compromessi quanto a vignettatura e resa ai bordi; infatti lo schema di questo modello risulta differente e molto più complesso.

La struttura usata nel Tegea 9,8mm 1:1,8 sfrutta 9 lenti in 6 gruppi, il secondo elemento convergente è stato trasformato in un doppietto collato e nel modulo posteriore è presente un ulteriore tripletto collato (costituito da due lenti a bassa dispersione con al centro una terza in vetro Dense Flint al bario) e un gruppo concentratore finale; anche in questo caso il grande elemento anteriore piano-concavo è stato realizzato con vetro Crown al lantanio (LaK9) e prevede una superficie interna a profilo marcatamente parabolico.

 

 

Nonostante la maggiore focale, le dimensioni e la sagoma dell’obiettivo sono simili a quelle del 5,7mm 1:1,8 appena descritto; la principale differenza è costituita dall’introduzione di una ghiera per la regolazione della messa a fuoco.

 

 

La scheda tecnica conferma l’analogia dimensionale col 5,7mm e aggiunge altre interessanti informazioni: i dati del brevetto indicavano una copertura da 110° mentre il documento certifica un angolo di 108° sul formato cine 35mm e addirittura di 130° sul 24x36mm (dichiarando però la presenza di vignettatura); questa forzatura è stata messa in atto con l’intenzione di applicare quest’obiettivo addirittura alle fotocamere 35mm Alpa, ovviamente utilizzandole con lo specchio reflex sollevato e sfruttando un mirino esterno.

L’obiettivo, che pesa 900g, prevede un’apertura massima fotometrica T pari a 2,2 e consente di mettere a fuoco da infinito a circa 23cm; all’altezza della semidiagonale di campo corrispondente a 100° di copertura la distorsione dichiarata è appena 0,7%, un valore incredibile in un retrofocus così spinto, luminoso e calcolato nel 1960 che mostra compiutamente il valore tecnico di questi progetti; il Tegea 9,8mm 1:1,8 era fornito con barilotto in montatura semplice oppure con attacco cinematografico Arriflex e baionetta Alpa.

 

 

Il terzo esemplare del brevetto, dal quale derivò il Kinoptik Super-Tegea 1,98mm 1:1,9, è il modello più estremo del gruppo ma forse anche quello meno problematico per il progettista, dal momento che venne abbandonata la proiezione rettilineare per passare ad una visione fisheye con distorsione non corretta; in pratica, Hugues partì dallo schema del Tegea 5,7mm 1:1,8 applicando un grande elemento divergente anteriore molto incurvato, tipico degli obiettivi fisheye; il massiccio elemento piano-concavo in vetro agli ossidi delle Terre Rare con superficie interna parabolica passò così in seconda posizione e per la sua confezione venne utilizzato un vetro del tipo lanthanum Dense Flint con un rapporto fra alta rifrazione e bassa dispersione ancora più spinto; occorre notare che per il grande elemento anteriore a cupola da circa 90mm di diametro è stato parimenti usato un vetro Crown al lantanio, quindi le prime due lenti del Super-Tegea 1,98mm 1:1,9 probabilmente comportavano già un costo di produzione considerevole.

 

 

Naturalmente il barilotto deve fare i conti con il grande elemento anteriore divergente e assume il classico profilo solitamente incontrato negli obiettivi fisheye di vecchia generazione, con un vistoso strombo anteriore che richiedeva un grande tappo a pressione da ben 105mm.

 

 

La scheda tecnica indica un ingombro di 120mm dal vertice della prima lente al piano focale per un diametro esterno massimo di 105mm e un peso prossimo ai 740g; l’apertura fotometrica T è indicata in 2,0, valore apparentemente ottimistico (il Tegea 5,7mm dichiara lo stesso valore con una lente in meno e apertura geometrica 1:1,8, forse la proiezione fisheye produce un’illuminazione più uniforme che migliora il parametro), mentre viene confermato l’impressionante valore della copertura angolare, pari a 197° su un cerchio da 8,7mm di diametro; un obiettivo fisheye cinematografico di focale così corta da garantire tale copertura angolare sui piccoli formati in uso era sicuramente un’eccezione nel settore, quantunque non fosse un modello di uso comune.

Il Super-Tegea 1,98mm 1:1,9 era fornito in attacco C e anche con montatura rientrante a baionetta Alpa, sebbene immagino che un fisheye che proietta un cerchio di immagine da appena 8,7mm su un ampio formato 24x36mm non fosse molto sfruttabile.

Si tratta comunque di progetti dallo schema improntato agli archetipi retrofocus anni ’50 ma drasticamente orientati al futuro grazie alla presenza delle superfici paraboliche concave, elementi al limite del fattibile che risolvevano istantaneamente molti problemi legati a varie aberrazioni, seppure a caro prezzo; vediamo ora velocemente le tipologie di vetri ottici utilizzati in questi tre specialissimi obiettivi.

 

 

Occorre anticipare che molti vetri utilizzati corrispondono a tipologie obsolete e non più prodotte da tempo, al punto che ho rinunciato al proposito di identificare l’esatta sigla della versione prevista dal progettista, limitandomi alla categoria generale; potendo sfruttare il punto di forza della superficie parabolica concava sul primo elemento, Hugues non ha dovuto utilizzare vetri particolari in un numero eccessivo di lenti: il Super-Tegea 1,98mm utilizza due lanthanum Crown e un lanthanum Dense Flint, il Tegea 5,7mm un lanthanum Crown e un lanthanum Dense Flint e il Tegea 9,8mm due lanthanum Crown; tutto il resto è normale amministrazione.

 

 

Questa rara immagine, proveniente da un test eseguito all’epoca dalla rivista statunitense Camera 35, illustra un Tegea 9,8mm 1:1,8 in montatura Alpa applicato all’omonima fotocamera e con l’aggiunta di un enorme e grottesco mirino esterno, indispensabile con lo specchio sollevato richiesto dall’obiettivo; considerando che la copertura del formato risulta estremamente forzata, con vignettatura e vistoso degrado ai bordi, e tenendo conto che il mirino forniva solo una indicazione approssimativa e con copertura insufficiente, questo esperimento sembra davvero una forzatura, priva di logica funzionale e anche caratterizzata da un prezzo di listino esoso; lo stesso tipo di configurazione, come già visto, esisteva anche per il fisheye Super-Tegea 1,98mm 1:1,9, il cui ridotto spazio retrofocale utile, meno di 10mm, si spingeva quasi ai limiti meccanici della macchina stessa, considerando lo spessore dell’otturatore e la battuta del piano focale.

 

 

La serie Tegea di Kinoptik, il cui nome è ispirato ad una mitica città dell’Arcadia, comprende quindi obiettivi veramente speciali, sia per la loro attitudine estremamente grandangolare, pure in presenza di grande luminosità e ampio spazio retrofocale, che per l’avanzata tecnologia che inerisce la loro progettazione, con quell’incredibile superficie parabolica che additava soluzioni oggi diffusamente adottate e riconosciute come la soluzione ottimale a molti problemi dell’ottica, il tutto con decenni di anticipo: chapeau!

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

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