(riprende dalla prima parte)
La prima serie include filtri denominati in vari modi (A e B, CR e BR, etc.) e comprende una doppia serie di modelli, una intonata all’arancio e l’altra all’azzurro/blu, che consente di riscaldare o raffreddare l’atmosfera della fotografia, secondo il mood desiderato; naturalmente la maggiore intensità della pigmentazione, in entrambi i casi, produce una variazione più marcata, tuttavia da gestire ad occhio.
Una serie analoga ma più professionale e controllabile prevede i filtri della serie 81 ed 82 (quest’ultima classificazione arriva direttamente dalla linea dei celebri filtri professionali Kodak Wratten); in questo caso abbiamo una decina di filtri, 6 caldi e 4 freddi, ciascuno dei quali è disegnato per uno scostamento esattamente predefinito fra la temperatura colore della sorgente luminosa e quella misurabile dopo il filtro; questi filtri 81 e 82 sono molto leggeri e ciascuno di essi produce uno shift non superiore a circa 250° Kelvin, considerando che la differenza fra la luce calda di una lampada al tungsteno e quella solare nelle ore centrali della giornata è intorno ai 2.500°K, circa 10 volte in più; i parametri di certi filtri consentono anche un overlap, quindi è possibile abbinarne due per ottenere una transizione più marcata ma definita con altrettanta precisione.
Questi filtri in passato erano molto usati in cinematografia o per figura umana e ritratto a luce ambiente, mentre oggi è sufficiente modificare il settaggio di temperatura-colore nel bilanciamento del bianco della fotocamera digitale o alterarlo a posteriori aprendo il file RAW, in modo più semplice e prevedibile.
La terza categoria appartenente a questa serie include i filtri di conversione cromatica che, diversamente da quelli di correzione cromatica appena descritti, producono uno scostamento verso toni freddi e caldi molto più accentuato e venivano utilizzati per ottenere una riproduzione cromatica corretta utilizzando un film convenzionale per luce diurna con sorgenti ad incandescenza o sfruttare un film tarato per luce artificiale con la luce solare.
Per ciascuna delle 2 tipologie sono disponibili differenti versioni, ciascuna delle quali parte da (filtri caldi) o arriva (filtri freddi) a 5.500°K , ovvero la taratura della luce diurna media, differenziandosi però per l’intervallo della variazione.
Fra i filtri caldi tipo 85, la versione più leggera 85C consente di operare con luce diurna utilizzando un film tarato per 3.800°K, la serie 85, 85N3, 85N6 e 85N9 permette invece di scattare a luce diurna con un film calibrato per i photoflood a 3.400°K (con leggere differenze di intonazione fra i vari modelli per copiare le caratteristiche delle varie lampade), mentre il tipo 85B permette di scattare a luce solare con la più diffusa pellicola tarata per lampade al tungsteno a 3.200°K ed è quindi il modello con la maggiore variazione di questo lotto.
Passando alle versioni fredde, il filtro 80A consente invece di utilizzare pellicola per luce solare a 5.500° K fotografando con lampade ad incandescenza al tungsteno da 3.200° K, il tipo 80B con pellicola a luce diurna e photoflood a 3.400° K, la versione 80C con pellicola a luce diurna e luce lampo azzurrata a 3.800° K e infine il tipo 80D sempre con pellicola convenzionale e luce leggermente più fredda a 4.200° K; dal momento che le pellicole per luce artificiale più diffuse erano quelle per lampade a tungsteno da 3.200° K e che queste ultime erano anche il sistema di illuminazione più diffuso, i filtri di conversione più comuni ed utilizzati furono sicuramente le versioni 80A e 85B.
Come nota a margine, l’uso di filtri blu nel ritratto in bianconero può portare a risultati molto particolari, con lentiggini accentuate, labbra quasi nere, incarnato abbassato e occhi chiari esaltati, spettrali.
Questa immagine (per gli amanti del vintage, scattata con lo zoom Canon FD new 80-200mm f/4 L alla fluorite) simula artificialmente l’effetto di alcuni filtri leggeri di correzione cromatica visti in precedenza: a sinistra il soggetto appare troppo freddo e a destra troppo caldo perché, idealmente, la temperatura-colore della luce disponibile in quel frangente non corrispondeva a quella sulla quale era tarato il film impiegato: abbinando nel primo caso un filtro 81EF e nel secondo caso un filtro 82B la dominante viene compensata, portando in entrambi i casi al blend cromatico più corretto visibile nella versione centrale; questa era la prassi lavorando con pellicola analogica a colori.
Vediamo ora quali sono i filtri utilizzati nella fotografia bianconero e quali vantaggi può portare ciascuno di essi; è innanzitutto necessario premettere che l’uso di filtri detti di contrasto o di selezione risulta molto importante nel monocromatico, perché colori che nella fotografia tradizionale sono molto differenziati o addirittura complementari potrebbero produrre nel bianconero tonalità di grigio con la stessa identica luminanza, per cui, ad esempio, 2 elementi in verde e rosso con netto contrasto fra loro diventerebbero una singola macchia grigia, quasi senza distinzione.
I Filtri nel bianconero svolgono proprio a funzione di differenziare la brillanza dei toni di grigio: infatti, un filtro colorato non fa passare i complementari e trasmette i simili, quindi un tono di grigio generato dalle prime sfumature apparirà come sottoesposto, scuro, mentre quello prodotto dalle seconde sarà molto più luminoso e chiaro, dando vita quindi ad una “brillanza tonale” con il precedente che li differenzia e appaga l’occhio; utilizzando filtri di sfumatura opportuna è quindi possibile alzare o abbassare selettivamente i toni di grigio generati da certi colori, producendo un’immagine monocromatica altrettanto gratificante.
I filtri per il bianconero sono solitamente scelti nella gamma del giallo, arancio, rosso e verde, e in questi intervalli esisterebbero oltre 25 versioni, spesso con differenze reciproche aleatorie, pertanto ho ristretto il novero alle tipologie più sfruttate; anche in questo caso esistono molte denominazioni differenti per lo stesso modello, pertanto ho adottato la nomenclatura scelta da Nikon.
Filtro giallo chiaro: assorbe tutti gli ultravioletti e una piccola parte dello spettro nelle frequenze più corte; abbassa leggermente i toni del cielo (contrastando l’elevata sensibilità al blu del film bianconero), rende un incarnato più luminoso e accentua la differenziazione tonale fra vegetazione e infrastrutture di mattoni rossi, producendo una resa complessivamente gradevole; è consigliato per la maggioranza delle riprese bianconero in esterni; va inoltre ricordato che le frequenze più corte esaltano la foschia atmosferica, quindi l’uso di filtri caldi che le escludono accentua il senso di nitidezza in distanza.
Filtro giallo medio: assorbe una maggiore quantità di blu intensificando leggermente l’effetto del precedente; con pellicole pancromatiche restituisce complessivamente una percezione di differenziazione tonale analoga a quella della corrispondente foto a colori, con cieli più abbassati rispetto al giallo chiaro.
Filtro giallo scuro: taglia completamente le frequenze fredde e accentua il comportamento già visto: cielo più scuro, nuvole esaltate, incarnato e strutture in mattoni luminosi che si stagliano rispetto alla vegetazione (più scura), penetrazione della foschia.
Filtro arancio: questo filtro non assorbe solamente ultravioletto, violetto e blu ma anche il verde; in bianconero rende il cielo ancora più drammatico, molto scuro con nuvole ben delineate, incrementa il contrasto (l’ombra scoperta è sempre illuminata indirettamente dalla luce fredda del cielo, qui tagliata sottoesponendo la zona) e la soppressione della foschia in distanza (utile con i teleobiettivi); il filtro arancio illumina incarnato, rocce di colore caldo e strutture in mattoni però, in questo caso, la vegetazione viene riprodotta con toni molto scuri (il verde è trattenuto) e tende a perdere dettagli.
Filtro rosso: questo filtro lascia passare solamente rosso ed infrarosso, portando all’estremo l’effetto del filtro arancio; ombre tappate, cielo nero, nuvole evidentissime, annullamento della foschia anche a grandissima distanza, elevato contrasto, toni della vegetazione quasi privi di dettaglio ed elementi con colori caldi invece “sollevati” in modo marcato; produce immagini spettacolari ma per le caratteristiche di risposta spettrale molto selettiva appena annotate non è adatto a qualsiasi immagine monocromatica, specie se toni e sfumature della vegetazione sono importanti nella scena; è invece utile per immagini ad alto contrasto, quasi al tratto, dove predomina un palinsesto grafico.
In coda va anche annotato che gli obiettivi tendono a fornire le peggiori prestazioni quando lavorano in luce monocromatica a onda lunga, cioè con i colori più caldi, pertanto scattando con filtri arancio e rosso occorre considerare anche un fisiologico detrimento di resa.
Vediamo ora di simulare la riproduzione monocromatica di un soggetto colorato scattando senza filtro e con filtro rosso, verde e blu.
Ho scelto questo vecchio ritratto perché comprende elementi di colori differenti e contrastanti il cui stacco reciproco, ovviamente, risulta molto gratificante e basta a caratterizzare la fotografia; osserviamo quindi come si ridefinisce in toni di grigio ciascuno di essi, visualizzando la stessa immagine in monocromatico senza filtro o con le filtrature appena descritte.
Come potete osservare, l’immagine “liscia” non prevede eccessi ma risulta anche insipida e poco attraente, visto che la differenziazione cromatica dell’originale non trova riscontro e zone prima nettamente distinte ora quasi sfumano l’una nell’altra, confondendosi reciprocamente; utilizzando invece una selezione rossa, verde o blu, la corrispondente trasmissione spettrale selettiva dei vari colori porta ad un maggiore stacco fra i vari elementi, con le stesse zone ora alzate e ora abbassate dalla maggiore o minore trasparenza del filtro al corrispondente colore di origine; notate in particolare come la decorazione dell’indumento veda vari elementi marcatamente esaltati a seconda del filtro impiegato.
Questo è un esempio estremo ma anche eloquente dell’effetto prodotto nel bianconero dai vari filtri di contrasto.
In questo ulteriore esempio, acquisito con un Olympus OM Zuiko Zoom 28-48mm f/4 degli anni ’80, la mia esigenza di abbassare drammaticamente il cielo ed ottenere un’opportuna differenziazione tonale sul terreno l’ho perseguita abbinando un filtro rosso scuro ad un filtro digradante grigio 4x; l’azione selettiva del filtro rosso ha ulteriormente scurito il cielo ed evidenziato le nuvole, mentre il suo completo assorbimento delle frequenze fredde ha abbassato in modo drastico le ombre sul terreno ed esaltato la vegetazione di colore giallo-caldo, portando ad una brillanza tonale complessiva piuttosto piacevole.
Filtro infrarosso: il filtro infrarosso estremizza ulteriormente il comportamento di quello rosso, escludendo praticamente tutte le frequenze visibili, rosso compreso, e trasmettendo solamente l’infrarosso fuori banda.
I filtri IR tradizionali effettuano un taglio di banda in un intervallo compreso fra 700nm (soglia estrema del rosso visibile) ed 850nm di lunghezza d’onda, e il loro utilizzo nonché la scelta stessa del modello è subordinata alle caratteristiche di sensibilità spettrale della speciale pellicola infrared utilizzata oppure del sensore digitale che adottiamo, spesso modificato eliminando il filtro frontale che blocca gli IR; fotografando ad infrarosso il contrasto è estremo, con ombre tappate, penetrazione assoluta della foschia, cielo completamente nero con nuvole molto chiare e resa dell’incarnato quasi diafana, luminosa; in questo caso, tuttavia, la vegetazione non viene riprodotta in toni quasi neri come sfruttando un normale filtro rosso, perché il fogliame, specie se scaldato dalla luce solare, riflette una ingente quantità di infrarossi, pertanto fotografandoli con tale filtro risulta molto sovraesposto e quasi bianco (effetto Wood).
Questa immagine del fiume che lambisce la mia città con relativa vegetazione mostra chiaramente l’aspetto visionario di una immagine bianconero scattata nella banda infrarossa con relativo filtro: contrasto e penetrazione della foschia sono molto evidenti, con cielo ed elementi a bassa temperatura come l’acqua molto scuri e vegetazione invece caratterizzata da un candore surreale.
Filtro giallo-verde: contrariamente al filtro giallo convenzionale, taglia sia ultravioletto/violetto/blu che rosso, abbassando quindi il cielo ma modificando la relazione fra toni derivati da rosso e verde, riproducendo i primi un po’ più scuri e i secondi più chiari; è utile anche fotografando in bianconero con pellicole pancromatiche ma utilizzando luci artificiali al tungsteno perché in tal caso riproduce una differenziazione tonale naturale e piacevole.
Filtro verde: taglia sia blu che rosso, riducendo marcatamente quest’ultimo rispetto al filtro giallo-verde; scurisce il cielo, l’incarnato e le strutture di mattoni ma schiarisce molto il fogliame e la vegetazione, una caratteristica che può essere utile fotografando questi elementi combinati; può essere indicato anche per ritratti monocromatici in luce artificiale a incandescenza, bilanciando l’eccesso di frequenze “calde” di tali sorgenti e producendo risultati più naturali.
I filtri sono stati quindi un prezioso alleato del fotografo e ancora oggi il loro corretto sfruttamento può costituire la marcia in più per un’immagine, senza necessariamente ricorrere a modelli che producono “effettacci” a buon mercato e che, infatti, in questa sede non ho nemmeno preso in considerazione; contestualmente ho anche escluso le varie tipologie di filtri soft-focus ai quali eventualmente dedicherò lo spazio necessario in un pezzo dedicato.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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