Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; i filtri sono i più noti e diffusi accessori fotografici, apprezzati e sfruttati fin dall’epoca adolescenziale della disciplina per gestire la relazione fra toni di grigio nell’immagine bianconero, specie dopo l’avvento delle emulsioni pancromatiche che consentivano un controllo migliore e più prevedibile; in questa occasione voglio quindi censire le varie tipologie di filtri, relativamente a materiali, posizionamento e interfaccia di attacco, delegando eventualmente ad un articolo successivo la discussione sul loro impiego pratico.
I filtri hanno accompagnato la carriera degli apparecchi di ogni epoca, marca e formato, diversificandosi per esigenze funzionali oppure ottiche e dando vita a varie categorie che ora passeremo ordinatamente in rassegna.
Il tipo più antico, noto e diffuso è il modello con attacco a vite da abbinare ad una congruente filettatura posta quasi sempre nella parte anteriore dell’obiettivo, con passo del filetto da 0,5mm, 0,75mm oppure 1mm e diametri che partendo da modelli minuscoli si spingono fino ai 122mm previsti per alcuni super-tele luminosi giapponesi oppure ai 120mm dei filtri in dotazione a certi catadiottrici sovietici di lunga focale; l’attacco a vite è solido e sicuro ma richiede un certo tempo per sostituire un filtro con un modello diverso, e nel caso di un corredo con ottiche caratterizzate da diametri differenti impone un assortimento ridondante con vari doppioni per coprire tutta la serie di obiettivi posseduti; per ovviare parzialmente a questo problema sono stati commercializzati steppers con doppia filettatura (in grado di adattare un filtro su obiettivi dal diametro differente) oppure fabbricanti come la francese Cokin hanno creato un sistema di filtri rettangolari in resina destinati ad appositi telai di supporto ai quali potevano essere rapidamente applicati anelli metallici filettati i cui diametri sono compatibili con la maggioranza degli obiettivi esistenti, pertanto era sufficiente un solo filtro e una serie di economici anelli adattatori filettati; questa strategia è stata poi seguita da altri fabbricanti, anche per linee di filtri professionali di grandi dimensioni destinati al cinema professionale, accessori ovviamente costosi e per i quali la possibilità di adattare un singolo filtro ad ottiche di vario diametro costituiva un vantaggio, spesso abbinandolo a speciali telai equipaggiati con ampie palpebre paraluce orientabili.
Fra i filtri a vite atipici possiamo sicuramente segnalare il polarizzatore Leica 13356 destinato ai corpi Leica M, ovviamente impossibilitati ad osservare direttamente l’effetto della polarizzazione; questo speciale modello sfrutta a sua volta un anello filettato per applicarlo ad alcuni obiettivi Leica M e la montatura prevede una cornice incernierata che si può ribaltare di 180°, posizionando il polarizzatore in corretta fase avanti al mirino galileiano della Leica e regolando a vista la polarizzazione; successivamente si chiude la cornice, collocando nuovamente il filtro davanti all’obiettivo con identica fasatura (che infatti si ripete ogni 180° di rotazione) e l’utente è pronto a scattare la fotografia.
Invece la società Zeiss Ikon, per utilizzare lo stesso filtro su apparecchi Contax a telemetro, realizzò lo speciale polarizzatore Ikopol che prevedeva 2 unità sovrapposte, come in una Rolleiflex biottica, e meccanicamente sincronizzate fra loro, una davanti all’obiettivo e l’altra sopra, in una posizione visibile anche dal retro della fotocamera, pertanto il fotografo regolava la polarizzazione ruotando i 2 filtri ed osservando a vista il relativo effetto attraverso quello superiore, e automaticamente anche quello accoppiato all’obiettivo presentava lo stesso orientamento.
Un altro polarizzatore con attacco a vite dalle caratteristiche molto speciali era il Cross Pol realizzato da Olympus per il sistema reflex 35mm OM e destinato all’abbinamento con obiettivi macro e flash anulare TTL; in questo caso i settori polarizzanti sono 2, quello circolare interno che si accoppia all’obiettivo e quello anulare esterno che polarizza la luce emessa dal flash anulare: ruotando reciprocamente i 2 settori in modo opportuno è quindi possibile annullare o attenuare i riflessi sul soggetto generati dalla potente illuminazione flash.
Fra i filtri a vite di utilizzo speciale che hanno suscitato ampie discussioni nel recente passato va sicuramente citato il tipo IR-UV Cut, un modello che taglia lo spettro fuori banda sia nell’ultravioletto che nell’infrarosso e che divenne in pratica una “dotazione obbligata” per gli utenti di Leica M8 che eseguivano fotografie a colori e volevano evitare i curiosi effetti collaterali dovuti all’elevata sensibilità IR di quel particolare sensore; purtroppo questa sofisticata tipologia di filtri presenta un’evidente “angle dependance” con una trasmissione spettrale variabile in funzione dell’angolo di incidenza della luce: in parole povere, se la fotografia è acquisita con un angolo superiore a 60° l’immagine ai bordi presenta un cast freddo/verdastro rispetto al centro, rendendo impraticabile l’uso con i grandangolari più spinti.
In questa immagine sono illustrati anche 2 grandi filtri da 105mm di enorme spessore e privi di montatura che si abbinavano ad un catadiottrico sovietico MTO; in questo caso i raggi che li attraversano sono praticamente telecentrici e la qualità d’immagine non ha detrimento da uno spessore così insolitamente elevato.
Una seconda categoria di filtri riguarda i modelli “Series”, cioè esemplari equipaggiati con una montatura liscia e priva di filettatura, semplicemente protettiva; questi filtri sono stati in auge dagli anni ’30 fino agli anni ’70, specialmente nel settore cinematografico o nella gamma degli obiettivi Leitz, e normalmente calzavano all’interno di specifiche ghiere o paraluce con una sede a loro dedicata, montando i quali sull’obiettivo il filtro rimaneva bloccato in posizione, senza bisogno di avvitarlo.
Come si può osservare nello schema, i valori numerici “Series” andavano da IV a X, con diametri corrispondenti da 20,6mm a 114mm, e considerando anche gli steps intermedi esistevano 10 misure diverse; in certi casi la filettatura di servizio per le ghiere di ritenuta corrispondeva a quella di filtri a filetto standard, fornendo quindi all’utente una doppia opzione: filtro convenzionale avvitato o Series fissato con la relativa ghiera.
In questo specifico campo l’azienda Leitz fu quella che profuse la maggior quantità di risorse e arrivò addirittura a prevedere un filtro “Series” polarizzatore, teoricamente impossibile da ruotare per allinearlo quando risultava montato su paraluce o ghiere convenzionali; in effetti il fabbricante mise a punto paraluce speciali (come il tipo 12509 qui illustrato in abbinamento all’Elmarit-R 28mm 1:2,8 prima serie) che prevedevano un nottolino zigrinato esterno in grado di ruotare e trascinare nel suo moto uno speciale filtro polarizzatore Series VII inserito al suo interno; questa tecnologia venne brevettata e il paraluce 12509 protagonista dell’immagine era compatibile anche con il Leitz Elmarit-R 28mm 1:2,8 del 1970, il Leitz Summicron-R 35mm 1:2 primo tipo del 1970 ed il Leitz Elmarit-R 35mm 1:2,8 seconda serie del 1973.
L’elemento che consente la rotazione del filtro “Series” al suo interno è descritto e coperto dal brevetto tedesco n° 1.946.284, firmato da Werner Schlapp a nome di Leitz Wetzlar e consegnato per la registrazione il 12 Settembre 1969, giusto in tempo per equipaggiare il paraluce destinato ai nuovi grandangolari 28mm e 35mm per Leicaflex SL il cui lancio era previsto appunto alla Photokina 1970.
L’elemento chiave del sistema, in realtà molto semplice, è un nottolino zigrinato (9) che ruota su un perno inclinato di 45° (9a) e la cui parte inferiore è sagomata per fungere da sede ad una sorta di o-ring toroidale (12) che va in appoggio sulla cornice esterna del filtro “Series”; proprio l’attrito prodotto da questo particolare consente di trascinare la montatura del filtro, finalizzandone il moto per ottimizzare la polarizzazione.
Un’altra categoria di filtri riguarda i modelli con innesto a baionetta; in questo caso l’attacco replica funzionalmente quello solitamente presente nell’interfaccia fra obiettivo e corpo macchina e naturalmente è necessario che anche la montatura anteriore degli obiettivi preveda la corrispondente baionetta compatibile, obbligando di fatto il fotografo ad utilizzare esclusivamente filtri originali di quella tipologia, salvo rari casi.
I filtri a baionetta costituiscono una costosa complicazione e storicamente sono sempre stati appannaggio di sistemi prestigiosi o dichiaratamente professionali, come i modelli B56 o B96 di Carl Zeiss per le ottiche Zeiss Contarex, le baionette B50 e B60 per obiettivi Carl Zeiss Hasselblad o modelli destinati ad ottiche per il corpo Asahi Pentax 6×7/67; la montatura a baionetta rende il cambio dei filtri molto rapido ma la frizione meccanica produce una evidente usura sulle parti in attrito che tende a rovinate la finitura superficiale, un problema più lieve nelle versioni cromate ad alto spessore (Zeiss Contarex, Zeiss Hasselblad serie C con finitura satinata) ma evidente in modelli anodizzati neri, come gli obiettivi Carl Zeiss per Hasselblad tipo C in finitura nera o CF e successivi.
In alcuni modelli di obiettivi Carl Zeiss per Contarex, come il Distagon 25mm 1:2,8 illustrato in questa immagine o le focali normali, all’interno della baionetta B56 è presente anche una tradizionale filettatura da 49×0,75mm che permette al proprietario di sfruttare questi comuni e più economici filtri a filetto; nel caso del 25mm Distagon la scelta fu dettata dal tipico approccio Zeiss senza compromessi, dal momento che con il suo angolo di campo da 80°, applicando il paraluce rettangolare 21-35mm sulla baionetta anteriore di un filtro B56 montato contestualmente, il rilevante spessore della sua struttura avanza il posizionamento del paraluce, producendo una vignettatura; in questo caso la corretta procedura è quella di utilizzare filtri filettati da 49×0,75mm applicati all’interno e fissare direttamente il paraluce alla baionetta B56 dell’obiettivo destinata a tali filtri: in tal modo la posizione del paraluce risulta arretrata e la vignettatura viene scongiurata; Zeiss mise a listino nel corredo Contarex una completa linea di filtri da 49×0,75mm proprio per soddisfare questa esigenza.
Un’intera famiglia di filtri con innesto a baionetta è rappresentata anche dai modelli creati dall’azienda Franke & Heidecke per i suoi modelli Rollefiex biottica o monoreflex di medio formato; questi filtri, con leggerissima montatura in alluminio e fattura eccellente, prevedevano baionette con diametri differenti che erano definiti in Gruppi o Bay; nello specifico, i gruppi andavano da GR I a GR IV nelle versioni biottica e fino a VI nelle monoreflex, cui corrispondeva un diametro di circa 72mm; in questo caso la montatura del filtro in alluminio si interfacciava nell’obiettivo su flange cromate e l’accoppiamento dei materiali non creava particolari problemi di usura.
Un’ulteriore categoria di filtri ormai in disuso è quella dei modelli con montaggio a pressione, nei quali sull’obiettivo non è presente un attacco filettato oppure una baionetta e l’accessorio viene semplicemente calzato nella parte frontale dell’ottica ed è tenuto in sede o dal semplice attrito oppure da un nottolino di serraggio laterale, come nel caso i questi modelli Leitz destinati al classico obiettivo normale Elmar 5cm 1:3,5, un obiettivo che non prevede alcun attacco anteriore; questi filtri risolvono il problema, tuttavia nel caso specifico il loro utilizzo e ben poco pratico perché il controllo dell’apertura del diaframma si trova in posizione frontale, attorno alla lente anteriore, pertanto a filtro montato risulta impossibile modificare il parametro impostato senza smontare il filtro, settare il valore e rimontarlo; questi curiosi filtri vennero poi sostituiti da convenzionali modelli con filettatura 39×0,5mm già nel successivo modello Elmar 5cm 1:2,8 presentato nella seconda metà degli anni ’50.
Abbinare filtri a un obiettivo non crea solamente problemi pratici e meccanici legati alla modalità di fissaggio ma in certi casi si scontra anche con problematiche ottiche e geometriche apparentemente insolubili; ad esempio, nel caso di ottiche fisheye o supergrandangolari con angolo di campo molto spinto e lenti anteriori di grande diametro o molto incurvate, può risultare fisicamente impossibile applicare un filtro, oppure la sua montatura produce una visibile vignettatura ai bordi; inoltre un filtro anteriore abbinato ad un supergrandangolare vedrà le sue superfici, piano-parallele e spaziate fra loro, attraversate ai bordi da raggi luminosi estremamente inclinati, producendo aberrazioni cromatiche che penalizzano visibilmente il rendimento originale dell’obiettivo.
Queste problematiche hanno sollecitato i progettisti e la soluzione individuata è stata collocare i filtri all’interno del percorso ottico, in una posizione favorevole e calcolata già in sede di progetto; dal momento che tali elementi posizionati fra piccole lenti centrali erano di diametro contenuto fu anche possibile disegnare apposite torrette girevoli che raggruppavano vari filtri dalle caratteristiche differenti, permettendo all’utente di scegliere il tipo più opportuno alle esigenze del momento.
(continua nell’articolo con la seconda parte)
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