Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; l’Elcan 90mm 1:1,0, prodotto da Leitz Canada per soddisfare una commessa della U.S. Navy, è un obiettivo superluminoso leggendario del quale si favoleggia da tempo fra appassionati senza tuttavia disporre di sufficienti informazioni o documentazione specifica, un inconveniente comprensibile trattandosi di un’ottica nata per uso militare e prodotta in pochissimi esemplari; vediamo quindi di inquadrare questo pezzo molto particolare, concepito dal geniale Walter Mandler alle alte latitudini canadesi.
L’argomento in questione impone una premessa: discutendo fra appassionati ci si è talvolta domandati per quale ragione, nelle ultime fasi della WWII, gli stabilimenti Leitz di Wetzlar siano stati sostanzialmente risparmiati dai massicci bombardamenti alleati in territorio tedesco, sebbene l’azienda fosse famosa così come era ben noto il suo coinvolgimento nella produzione di dispositivi ottici ad uso militare; un’ipotesi ardita ma non peregrina vorrebbe che le venerabili mura di Wetzlar siano state risparmiate volontariamente, già prevedendo la vittoria nel conflitto e la successiva possibilità di sfruttare tali eccellenti competenze nel settore per realizzare sistemi ottici avanzati di analoga tipologia, stavolta destinati alle forze armate Alleate: in quest’ottica era quindi necessario preservare lo stabilimento e il relativo potenziale dalla distruzione di un bombardamento a tappeto.
Questo proponimento ipotetico, se vogliamo, in qualche modo si è effettivamente concretizzato perché la fondazione del dipartimento canadese, a inizio anni ’50, aprì la via ad una futura e copiosa collaborazione fra Leitz Canada e le forze armate Statunitensi che ha consegnato alla storia una nutrita schiera di obiettivi ELCAN (questa la denominazione di tali prodotti per impiego militare), commissionati dagli U.S.A. e realizzati da Leitz a Midland; l’obiettivo da 90mm 1:1,0 protagonista di questo pezzo appartiene proprio a tale serie.
Il modello in questione veniva fornito in attacco Leica M e la sua luminosità 1:1,0, eccezionale per un obiettivo da 90mm, aveva imposto severi compromessi operativi, come l’assenza di accoppiamento telemetrico per la messa a fuoco: infatti, il diametro della pupilla anteriore è così ampio che la tolleranza di messa a fuoco del telemetro Leica M è superiore allo spessore di profondità di campo a tutta apertura 1:1,0, senza contare che il diametro della lente posteriore è così ampio da rendere impossibile applicare la relativa camma meccanica; a questa importante limitazione si aggiunge anche l’impossibilità di inquadrare correttamente sfruttando il mirino incorporato nel corpo Leica perché il diametro del barilotto interferisce con l’inquadratura.
L’ELCAN 90mm 1:1,0 di Leitz Canada venne asseritamente prodotto in appena 10 pezzi, tutti destinati alla U.S. Navy e ovviamente rubricati nel relativo inventario, e in questo articolo potremo osservare le fotografie di 3 differenti esemplari; l’obiettivo in foto è interessante perché conserva ancora l’adesivo identificativo dell’unità al quale era in dotazione, in questo caso il Navy Photo Center di Washington D.C; la foto documenta anche il grande e specifico tappo anteriore a pressione.
L’ELCAN 90mm 1:1,0 era un obiettivo corretto per l’intero spettro visibile (non rientrava quindi nella gamma di ottiche a correzione spettrale estesa destinate a riprese all’infrarosso o simili), tuttavia le sue caratteristiche ottiche abbinate al corpo Leica M hanno impedito fisicamente di disegnare una ghiera di messa a fuoco convenzionale, e l’ottica prevedeva una procedura operativa molto particolare che vedremo in dettaglio grazie a varie immagini di un altro esemplare, andato all’incanto non molto tempo fa.
L’obiettivo esibisce naturalmente dimensioni esuberanti rispetto allo standard della ottiche Leica M più comuni; il grosso barilotto anteriore, dimensionato per accogliere le grandi lenti anteriori dello schema ottico, prevede un settore godronato fisso che agevola il brandeggio del pesante obiettivo e una ghiera del diaframma (come al solito manuale) con doppia scala e aperture comprese fra 1;1,0 e 1:22: la possibilità di chiudere tanto lascia intendere che per l’obiettivo non fosse previsto solo un impiego nella sorveglianza notturna ma anche per riprese più convenzionali in piena luce e a diaframma chiuso; per ovviare all’impossibilità di accoppiare un telemetro, limite imposto da ragioni sia meccaniche che ottiche, Leitz Canada ha creato un obiettivo a fuoco fisso, pertanto l’Elcan 90mm 1:1,0 poteva essere utilizzato solo ad alcune distanze di messa a fuoco predefinite, a loro volta settate svitando la porzione centrale del barilotto e sostituendo appositi anelli calibrati che modificano il tiraggio del nocciolo ottico rispetto al piano focale; gli stepper per il controllo della messa a fuoco vengono applicati subito dietro la strozzatura del cannotto anteriore, riportano chiaramente l’indicazione della distanza di fuoco alla quale corrispondono ed erano disponibili 5 modelli, in grado di configurare l’ELCAN per scattare a infinito, 100m, 50m, 20m e 10m (quest’ultimo anello normalmente non viene citato però ho visto personalmente un esemplare di obiettivo che ne era equipaggiato); la parte posteriore degli stepper viene quindi avvitata su una porzione terminale del barilotto che incorpora una baionetta Leica M col relativo “red dot” di allineamento.
Il dettaglio ravvicinato mostra chiaramente la posizione degli anelli intercambiabili per gestire la messa a fuoco; i vari modelli sono identici nella parte posteriore con fascia godronata e si differenziano per lo spessore aggiunto nella parte anteriore di battuta.
Nella parte posteriore del tubo di raccordo che incorpora la baionetta è riportata la dicitura MADE IN CANADA e nella parte inferiore sono presenti 2 piccoli fermi di sicurezza a brugola sul raccordo con la baionetta di servizio; l’anello distanziale intercambiabile riporta invece un codice di 4 cifre che identifica la versione; in questo senso le informazioni sono lacunose e poco chiare, tuttavia i relativi codici di riferimento dovrebbero essere 4147 per infinito, 4149 per 100m, 4151 per 50m, 4153 per 20m e 4155 per 10m (alcune fonti citano il codice 4149 in comune su tutti i modelli per coniugate finite, tuttavia l’evidenza sconfessa tale affermazione).
Nella parte anteriore è riportata la denominazione E L C A N f / 1 90 M M mentre è assente il marchio del fabbricante, un’aggiunta inutile trattandosi di un obiettivo noto solo a pochi e riservato ad un impiego molto speciale in ambito militare; accanto all’obiettivo sono illustrati alcuni anelli per la gestione della messa fuoco e, siccome gli attacchi filettati anteriore e posteriore sono identici, si possono avvitare uno sull’altro, eventualmente anche tutti assieme sull’obiettivo per non avere componenti separati durante il trasporto; l’eccezionale luminosità di questo modello si intuisce immediatamente dal diametro della lente anteriore, davvero inusitato per un obiettivo accoppiato a corpi Leica M.
La vista posteriore evidenzia un altro compromesso necessario per sfruttare una simile luminosità sulla focale 90mm: infatti, la posizione della pupilla di uscita e dei light pencils che generano la proiezione della coniugata posteriore sono tali da imporre la fresatura sul metallo in corrispondenza degli angoli del fotogramma per consentire il passaggio di un flusso telecentrico di diametro superiore a quello concesso dalla baionetta originale; l’immagine mostra chiaramente come il diametro della lente posteriore ecceda abbondantemente quello della montatura ed evidenzia l’assenza di accoppiamenti telemetrici che avrebbero comportato ingombri meccanici non compatibili.
La baionetta e il relativo settore metallico di raccordo sono ricavati a controllo numerico da una barra di ottone e l’aspetto brand new si giustifica col fatto che questo esemplare, all’origine, prevedeva solamente il barilotto anteriore con applicato l’anello da 20m, tutto il resto è stato ricreato successivamente da uno specialista seguendo pedissequamente il modello originale; questo dettaglio ha anche mitigato il prezzo finale della vendita all’incanto, pari a 45.000€: una cifra elevata in senso assoluto ma neppure eccessiva per un pezzo di questo livello.
Nella parte anteriore, dominata dall’impressionante lente frontale, oltre alla denominazione già citata troviamo anche il codice riferito alla “formula” del progetto ottico (progetto ELCAN 164) e in numero seriale, in questo caso 0002; si tratta quindi del secondo esemplare assemblato sui 10 complessivamente previsti.
Questo terzo esemplare proviene da un’illustrazione presente in un vecchio numero di una rivista della Marina Statunitense ed è a sua volta fonte di ulteriori informazioni; quest’obiettivo prevede un attacco per treppiedi che era visibile anche sull’altro esemplare nella foto di esordio dell’articolo ma è assente nell’ELCAN matricola 0002 appena descritto: trattandosi di un esemplare incompleto per il quale sono state ricostruite ex-novo alcune parti meccaniche, è possibile che anche tale dettaglio non fosse presente e la sua aggiunta sia stata trascurata da chi ha completato il pezzo; l’obiettivo prevede ancora sul fianco un adesivo che certifica la proprietà a ruolo della Marina degli Stati Uniti e un secondo sticker nella parte superiore con quello che probabilmente è un numero di inventario; questa immagine è interessante anche perché mostra l’obiettivo applicato al relativo corpo Leica (in questo caso una M4) ed equipaggiato con l’anello distanziale 4155 relativo alla distanza di fuoco a 10m, solitamente omesso nelle descrizioni del modello come se non esistesse.
La fotografia lascia intendere chiaramente come la sagoma del barilotto oscuri il mirino e la finestra del telemetro, rendendo di fatto impossibile inquadrare e mettere a fuoco in modo convenzionale.
Si tratta quindi di un obiettivo speciale con il quale era sicuramente molto difficile ottenere risultati soddisfacenti, col soggetto correttamente a fuoco: infatti un 90mm ad apertura 1:1,0 prevede una profondità di campo estremamente limitata anche a infinito, mentre gli anelli in dotazione consentivano di settare solo alcune distanze fisse e che a tutta apertura consentivano ben poca tolleranza, situazione resa ancor più complessa ipotizzando un utilizzo notturno in condizioni luminose critiche in cui è difficile valutare gli spazi; ritengo quindi che risultati ragionevolmente buoni e ripetibili fossero possibili solo con lo stepper da infinito e lavorando a grandissima distanza.
Naturalmente oggi, grazie alla disponibilità di fotocamere digitali mirrorless con sensore 24x36mm e tiraggio corto, sarebbe possibile adattare questo ELCAN e metterlo a fuoco in live view a forte ingrandimento, eventualmente svitando parzialmente lo stepper e sfruttando la minima tolleranza di tiraggio permessa per aggiustamenti di fino; occorre tuttavia contestualizzare l’obiettivo nella sua epoca, inizio anni ’70, quando l’unico strumento disponibile era un corpo Leica M tradizionale ed occorreva operare senza possibilità di verificare il fuoco, l’inquadratura o l’esposizione TTL!
Il progettista del gruppo ottico ELCAN C 164 fu il celebre Walter Mandler, qui ritratto con i suoi collaboratori nell’epoca d’oro dell’esperienza Leitz a Midland (notate il prototipo con schema catadiottrico a specchi in primo piano, una tipologia di obiettivi che Mandler sviluppò per tutta la sua carriera, a partire dall’Anteguerra, anche se questi reiterati sforzi non sfoceranno mai in prodotti concreti); Mandler ha firmato un numero impressionante di ottiche Leitz Canada nate per impiego militare, la più conosciuta delle quali è l’ELCAN 180mm 1:3,4, meglio nota come Apo-Telyt-R.
Per concretizzare un’apertura così estrema in un medio tele, senza tuttavia sfruttare le superfici asferiche introdotte dal collega Helmut Marx nel Noctilux-M 50mm 1:1,2, Mandler dovette affidarsi ad uno schema Doppio Gauss evoluto, nel quale i menischi esterni sono sdoppiati in 2 elementi singoli e quelli posteriori tendono ad assumere la sagoma di un gruppo concentratore, una configurazione ad 8 lenti in 6 gruppi con 2 doppietti collati accanto al diaframma.
Confrontando gli schemi dell’ELCAN 90mm 1:1,0 e del Leica Noctilux-M 50mm 1:1,0, anch’esso calcolato da Mandler, troviamo indubbiamente delle analogie, sebbene al focale più contenuta del Noctilux abbia permesso al progettista di semplificare il modulo anteriore, spaziando ad aria il doppietto anteposto al diaframma e prevedendo un singolo menisco anteriore.
La considerazione che questo schema ottico fosse l’unico ragionevolmente utilizzabile a quel tempo per un medio-tele luminosissimo è suffragata da fatto che anche due analoghi modelli di serie anni ’70 come il Canon FD 85mm 1:1,2 L e il Carl Zeiss Planar 85mm 1:1,2 utilizzavano a loro volta una configurazione strutturalmente molto simile, sebbene siano entrambi anche flottanti e il giapponese addirittura asferico; naturalmente l’obiettivo ELCAN paga il mezzo f/stop di guadagno con ingombri decisamente superiori a quelli dei medio-tele citati.
L’ELCAN 90mm 1:1,0 creato da Leitz Midland per la U.S. Navy fu quindi un obiettivo molto speciale la cui luminosità estrema impose di sacrificare e subordinare tutti i parametri operativi, facendone un pezzo sicuramente molto difficile da schierare sul campo anche per specialisti; le recriminazioni di alcuni Leicisti che sognavano parametri del genere trasferiti in normali obiettivi di produzione sono ovviamente rimaste senza risposta proprio perché la ridotta profondità di campo e i limiti meccanici impedirebbero fisicamente di sfruttare un mostro del genere su un corpo Leica M in modo convenzionale: non per nulla, nonostante potesse disporre della potenza di calcolo e delle tecnologie attuali, il progettista Peter Karbe ha dovuto limitare il Noctilux-M 75mm all’apertura 1:1,25 e il Summilux-M 90mm alla luminosità 1:1,5, una scelta fatta a ragion veduta per mantenere il diametro della pupilla anteriore, e quindi la profondità di campo, entro i limiti di tolleranza sulla precisione di fuoco del telemetro e, simultaneamente, contenere il diametro e la lunghezza del barilotto in valori tali da mantenere operativo il mirino e il telemetro, cosa impossibile in un ipotetico 90mm 1:1,0 come l’ELCAN.
Per chiudere col sorriso, dopo aver magnificato l’operato dello straordinario Mandler, vorrei condividere queste barrette di cioccolato alle mandorle di produzione norvegese: l’azienda ha infatti sfruttato il nome di uno dei fondatori, appunto Walter, abbinato all’uso delle mandorle tostate per creare il brand Walters Mandler, in questo caso associato ad un dolciume per bambini ma eventualmente calzante anche per l’ELCAN protagonista di questo racconto…
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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