Cormac Unibath Unikit. Il precursore anni ’60 del Lab-Box

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; il nuovo sistema Lab-Box per lo sviluppo del film argentico a luce ambiente con un singolo monobagno, distribuito da Ars Imago e descritto e dimostrato magistralmente in tutto il paese dal nostro simpaticissimo amico Gerardo Bonomo (qui immortalato all’opera), sta incontrando molti consensi fra i protagonisti dell’attuale ritorno di fiamma della fotografia analogica.

 

In effetti questo accessorio esclude molte delle complicazioni connesse col trattamento della pellicola che solitamente scoraggiano i neofiti, quali l’aggancio del film e il caricamento nella spirale al buio completo e la necessità di provvedere ad una serie di passaggi (prebagno, sviluppo, arresto, fissaggio, lavaggio, imbibente) con precisa gestione di parametri come temperatura, tempi, diluizioni o agitazione, spesso addirittura termostatando la tank durante il trattamento in un bagno di acqua a temperatura controllata qualora quella ambiente sia troppo scarsa o elevata; se esistevano già tank con il caricamento a luce diurna prodotte a suo tempo da Leitz o Agfa, l’aggiunta di un singolo monobagno come Ars Imago Monobath o AG+ DxONE per tutte le fasi del trattamento che non richieda un controllo rigoroso di temperature e tempi rende l’intero processo molto più semplice e alla portata di chiunque.

La tecnologia miracolosa di un monobagno da utilizzare in un sistema di sviluppo a luce diurna sembra una conquista dei tempi moderni e invece, come vedremo, un sistema concettualmente identico fu messo a punto e commercializzato negli Stati Uniti circa 60 anni fa.

Protagonista di questo lavoro pionieristico fu la Cormac Chemical Corporation di New York che, nell’Ottobre 1957, brevettò le formulazioni per una serie di chimici monobagno destinati a pellicole bianconero e in grado di effettuare l’intero trattamento in pochi minuti, svolgendo quindi simultaneamente la funzione di sviluppo e fissaggio.

 

Questi chimici per il trattamento in una singola fase furono chiamati Cormac Unibath e vennero commercializzati a fine anni ’50; questa pubblicità dell’epoca sottolinea lo stupore che doveva manifestare il fotoamatore davanti alla possibilità di sviluppare un film o una carta da stampa in un singolo bagno anziché predisporre la serie normalmente prevista: un miracolo in camera oscura, appunto.

Le caratteristiche dell’Unibath erano molto incoraggianti perché i materiali non richiedevano la consueta, lunga fase di lavaggio finale e il trattamento non imponeva un rigido controllo di tempi e temperature, rendendo l’operazione oggettivamente semplice.

Naturalmente una simile miglioria nel settore strizzava l’occhio ad un’intera categoria di utenti per i quali la necessità di sviluppare i film immediatamente dopo lo scatto risultava di vitale importanza, come ad esempio i giornalisti sportivi o di cronaca; pertanto l’azienda completò l’opera concependo un’apposita tank caricabile a luce diurna che poteva sfruttare direttamente sul campo il Cormac Unibath, mettendo quindi il fotografo nella condizione di avere un negativo correttamente sviluppato e fissato pochi minuti dopo la ripresa stessa.

 

 

Nel 1960, 3 anni dopo la creazione delle formule per l’Unibath, l’azienda chiuse il cerchio e commercializzò il Cormac Unikit, ovvero una trousse da utilizzare sul campo composta dal trattamento monobagno Unibath (in due versioni, Unibath 1 e 2, per adattarsi meglio ai diversi tipi di pellicola), dal bagno idrorepellente Unidri, per asciugare rapidamente il film trattato, e dalla speciale sviluppatrice Unitank, strutturata come il serbatoio di una lucerna a petrolio e in grado di avvolgere il film al suo interno in luce diurna; una piccola clessidra per valutare il tempo di trattamento, mollette per appendere il film e schede tecniche/istruzioni completavano il kit.

Grazie al Cormac Unikit il fotografo poteva estrarre il film dalla fotocamera, svilupparlo sul campo e dopo appena 6 minuti i fotogrammi erano sviluppati e fissati, un autentico sogno per molti.

 

Il sistema era concepito con molta intelligenza perché la sviluppatrice Unitank prevedeva un’apertura alla quale si avvitava la bottiglia in plastica del reagente Unibath; rovesciando sottosopra la tank, la bottiglia travasava il contenuto al suo interno, dando il via al processo senza disperdere una goccia di prodotto e, terminato il tempo di trattamento, bastava rovesciare nuovamente il complesso per trasferire il reagente esausto di nuovo nella sua bottiglia, pronta per essere tappata ed avviata allo smaltimento; il processo era quindi pulito ed anche ecologico.

Naturalmente gran parte del merito di tale magia andava ascritto al reagente Unibath, che sviluppava completamente il film producendo una curva Gamma e una scala tonale soddisfacente per poi interrompere automaticamente il processo, evitando sovrasviluppi, il tutto senza richiedere un tempo di trattamento o una temperatura particolarmente precisi.

 

L’azienda iniziò a reclamizzare l’Unikit alla fine del 1960 e questa pagina della Gazzetta ufficiale datata 10 Ottobre 1961 testimonia come la Cormac Chemical Corporation il 7 Ottobre 1960 avesse depositato la richiesta di registrazione del brand name UNIKIT per destinarlo, appunto, a kit per il trattamento di materiale fotografico.

 

La Comrac vantava una solida tradizione nel campo della chimica ed aveva sempre manifestato grande interesse al trattamento delle pellicole fotografiche sul campo; infatti, nel 1961, James Tohill brevettò per conto di Cormac questa changing bag per caricare/scaricare la pellicola in una tank o in uno chassis, strutturandola come un’elegante borsa rigida in cuoio dotata di un’ampia chiusura lampo superiore e di due manicotti a soffietto con elastici a tenuta di luce che consentivano di introdurre le mani alle due estremità della borsa per effettuare le operazioni al suo interno.

Per quanto riguarda le formulazioni del magico Unibath, il chimico responsabile della loro messa a punto fu il Dr. Harry keelan il quale, il 29 Ottobre 1957, depositò la relativa richiesta di brevetto a nome della Cormac Chemical Corporation; curiosamente il brevetto fu richiesto nel Regno Unito e, 6 anni dopo, anche in Canada, mai tuttavia negli Stati Uniti, paese in cui l’azienda aveva sede.

Il monobagno di Keelan utilizza come reagente l’idrochinone e il fenidone (1-fenil-3-pirazolidone), un tampone alcalino per attivare i reagenti costituito da sodio idrossido e allume di potassio (utile anche come indurente dell’emulsione) e un fissativo costituito da sodio tiosolfato; il brevetto prevede 6 differenti formulazioni, una delle quali destinata ad emulsioni ad altissimo contrasto per riproduzione ed altre invece, caratterizzate da una fortissima energia che consente di esporre il film ad un valore ISO decisamente più elevato di quello nominale; in particolare, uno dei bagni è dedicato a quella che all’epoca era una pellicola ad altissima sensibilità per riprese notturne, la Royal-X Pan da 640 ISO, e la sensibilità ottimale con tale reagente risultò essere addirittura 6400 ISO, un valore incredibile per l’epoca, seppure con una soglia di velo un po’ elevata; ecco le composizioni dei 6 embodiments del progetto con le relative note.

 

Fra le formulazioni proposte, quella più ortodossa sembra la prima, con la quale una Kodak Panatomic-X da 25 ISO veniva esposta con risultati ottimali al valore di 50 ISO; questo reagente monobagno, per produrre 1 litro di soluzione stock, non diluita, prevede di sciogliere in 700ml di acqua a 120° Fahrenheit (circa 49° Celsius) 50g di sodio solfito (un preservante che ritarda l’ossidazione dei reagenti e che si introduce prima dei medesimi proprio a questo scopo, facendo attenzione a scioglierlo bene perché non è ben solubile, a quanto ricordo), 15g di idrochinone e 10g di fenidone come rivelatori, 18g di allume di potassio come alcalinizzante ed indurente dell’emulsione, 18g di sodio idrossido come tampone alcalino e 60g di sodio iposolfito come fissativo, aggiungendo poi acqua fino a 1 litro.

 

La Panatomic-X esposta a 50 ISO e sviluppata in questo reagente per 3’ a 68° Fehrenheit (20° Celsius) ha prodotto un negativo con un Gamma di 0,81 e una soglia di velo di 0,21; quest’ultima non è ridottissima in nessuno dei modelli proposti, e probabilmente si potrebbe ovviare aggiungendo piccole dosi di antivelo come potassio joduro, potassio bromuro o benzotriazolo, mettendo però in conto un effetto antagonista generalizzato sull’annerimento dell’intero film, richiedendo forse un leggero incremento nel tempo di trattamento, da valutare sperimentalmente.

In ogni caso queste formule sono interessanti perché si basano su ingredienti molto convenzionali per il settore e chiunque potrebbe provare a realizzare un monobagno in casa partendo da queste indicazioni.

Il Cormac Unikit fu quindi una proposta molto interessante e l’attuale Lab-Box che ne replica i principi funzionali configura una sorta di ponte spazio-temporale con il vetusto antenato, pronto a sua volta a meravigliare e a dare gioia ai fotografi moderni, nonostante i grandi stravolgimenti tecnici nel frattempo sopravvenuti.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

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