Chugai Vari-Focal Enlarging Lenses 50-80mm 1:4,5-5,6 e 105-150mm 1:4,5-5,6
Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; il trend degli ultimi tempi conferma un ritorno di fiamma per la fotografia analogica e le relative tecniche di sviluppo e stampa, sia ad opera di fotografi esperti e stagionati, vinti dalla nostalgia per il primo amore, sia di millennials che vivono l’analogico come un fattore culturale, una fase storica perduta per ragioni anagrafiche e che sono assolutamente intenzionati a recuperare e vivere in prima persona; in ogni caso il fermento e l’attenzione per l’argomento sono palpabili, corsi e tutorials si sprecano e anche la disponibilità dei materiali sensibili ritorna concreta.
Naturalmente le tecniche di camera oscura e le relative attrezzature, come gli ingranditori e le specifiche ottiche, sono il pane quotidiano per il fotografo analogico; vorrei quindi cogliere l’occasione per parlare di due obiettivi da ingrandimento veramente particolari: si tratta infatti di ottiche a focale variabile la cui escursione permette di stampare negativi di differenti formati senza sostituire l’obiettivo dell’ingranditore, com’è prassi consueta; queste ottiche sono di progettazione america, vennero commercializzate con il brand name Chugai e sono i Chugai Vari-Focal Computar dl 50-80mm 1:4,5-5,6 e Vari-Focal Computar dl 105-150mm 1:4,5-5,6.
Com’è noto a chi ha praticato la camera oscura, gli obiettivi destinati a proiettare il negativo ingrandito sulla carta da stampa sono chiamati a soddisfare specifiche particolari, perché da un lato la capacità analitica dev’essere così elevata da risolvere nitidamente qualsiasi dettaglio presente sul negativo e anche la trama stessa della sua grana, dall’altro devono focalizzare un originale assolutamente piano come il negativo e proiettarlo ingrandito su una superficie di identiche caratteristiche, quindi è necessario che siano calcolati per garantire la massima planeità di campo anastigmatica su entrambe le coniugate d’immagine nell’intervallo dei rapporti di ingrandimento previsti o, quantomeno, a quello per il quale sono preferenzialmente ottimizzati; naturalmente anche la distorsione dev’essere trascurabile, per non deformare la geometria dell’immagine originale, così come la vignettatura, sebbene in questo caso, proiettando un negativo, la vignettatura dell’ottica da ingrandimento tenda a compensare quella introdotta nel film dall’ottica da ripresa; infine, per garantire la massima nitidezza sulla copia finale, è necessario che l’andamento dell’aberrazione sferica riduca al minimo il focus shift, cioè lo spostamento del piano di fuoco che spesso si registra passando dal diaframma tutto aperto a quello di lavoro.
Si tratta quindi di ottiche particolari per le quali le specifiche qualitative sono particolarmente severe; in genere, per facilitare il calcolo ottico, i fabbricanti limitano l’angolo di campo a quello di un obiettivo “normale” (quindi 50mm per stampare il 24x36mm, 80mm per stampare il 6x6cm, etc.) e adottano un’apertura massima prudenziale che solitamente non si spinge oltre 1:2,8 e che spesso è stata ulteriormente limitata ad 1:4, 1:4,5 oppure 1:5,6; nel caso delle ottiche protagoniste di questo racconto, invece, è stata addirittura concessa la possibilità di cambiare la lunghezza focale, dettaglio che modifica contestualmente anche il diametro della coniugata immagine e, quindi, anche il formato di negativo utilizzabile; nello specifico, il Chugai Vari-Focal Computar dl 50-80mm 1:4,5-5,6 copre tutti i formati di negativo da 24x36mm (a 50mm di focale) al 6x7cm (a 80mm di focale; in realtà a 50mm può stampare anche formati inferiori come 18x24mm, 126, 16mm, etc., sfruttando però solo una porzione centrale della copertura), mentre il più corpulento Vari-Focal Computar dl 105-150mm 1:4,5-5,6 copre tutti i formati di negativo dal 6x9cm (a 105mm) al 10x12cm / 4×5” (a 150mm); pertanto, con due sole ottiche, è possibile stampare tutti i formati esistenti, dai più piccoli fino alla lastra 4×5”, il che garantiva al fotografo un consistente risparmio sull’acquisto dei vari obiettivi dedicati ai singoli formati e anche una maggiore praticità e velocità operativa.
Questi obiettivi vantano una storia particolare perché sono il frutto di un’articolata sinergia: infatti vennero calcolati da due matematici statunitensi, Jan Ter Louw (progettista di origini olandesi insediato sulla East Coast) e Lynn Jones; Jan e Lynn, assieme ad altri nomi famosi come Ellis Betensky, John Lawson e Jakob Moskovich, negli anni ’70 costituivano un pool di valenti progettisti ottici statunitensi free-lance e hanno disegnato obiettivi, anche famosi, per numerosi brand (uno su tutti: Vivitar) ed istituzioni governative; è una sfacettatura storica interessante e conto di ritornarci in altra sede.
Jan Ter Louw è anche responsabile del disegno di molti obiettivi Kowa appartenenti alla serie destinata alla reflex Kowa 66 e alla gamma di ottiche Kowa di grande formato, pertanto – quando decise di disegnare una linea di obiettivi per ingrandimento dalle caratteristiche innovative – trovò una sponda proprio nella giapponese Kowa, che accettò di farsi carico della produzione effettiva, mentre i relativi vetri ottici venivano forniti dalla vetreria nipponica Ohara; per la commercializzazione del prodotto finito Jan acquistò un brand name inutilizzato, appunto Chugai, che venne utilizzato per marchiare gli obiettivi Computar, nei quali la misteriosa sigla dl è l’acronimo di Diffraction Limited, ad indicare un tale livello di correzione delle aberrazioni ottiche che la risolvenza è vincolata solamente alla regola generale della diffrazione.
Gli obiettivi Chugai da ingrandimento venivano commercializzati in una campana di resina plastica come quella illustrata; svariati anni fa, per ragioni interessanti ma troppo articolate per descriverle in questa sede, ebbi modo di collaborare personalmente con Jan Ter Louw il quale, per ringraziarmi del mio supporto, fra le altre cose mi fece omaggio di questo esemplare di Vari-Focal Computar dl 50-80mm 1:4,5-5.6 che faceva parte della sua collezione personale, pertanto l’obiettivo illustrato è appartenuto per una ventina d’anni direttamente al suo progettista; Jan mi inviò anche una completa documentazione tecnica su questi obiettivi, con informazioni delle quali solo il loro progettista poteva essere a conoscenza e che condividerò nel corso dell’articolo.
I due Vari-Focal Computar dl affiancati rivelano le grandi differenze di scala fra i due barilotti, che tuttavia condividono un identico schema ottico; entrambi gli obiettivi sono equipaggiati col classico attacco filettato LTM da 39x1mm, quindi è possibile applicarli a qualsiasi ingranditore, dimensioni permettendo.
Siccome l’apertura massima è variabile (1:4,5 alla focale minima e 1:5,6 a quella massima), gli obiettivi sono dotati di una doppia scala di riferimento; nel caso del 105-150mm, la focale 150mm e la sua relativa scala sono smaltate in giallo, per un’identificazione più rapida, mentre nel 50-80mm sono tutte di colore bianco.
La fattura degli obiettivi è molto solida e la finitura elevata, con un riconoscibile “family feeling” in certi dettagli che li riconduce ad altri obiettivi Kowa professionali; le ghiere sono prive di qualsiasi gioco meccanico e i barilotti di entrambi i modelli sono strutturati allo stesso modo: troviamo infatti l’attacco filettato 39x1mm per l’ingranditore, una presa di forza gommata per agevolare le operazioni di montaggio, una ghiera del diaframma parimenti gommata e con le doppie scale di riferimento, una linea di fede per l’impostazione dei valori e un’ampia ghiera per la variazione di lunghezza focale con i relativi valori e i dati identificativi dell’obiettivo; la grafica delle numerazioni richiama da vicino quella utilizzata sugli obiettivi da ingrandimento EL-Nikkor di prima generazione prodotti da Nippon Kogaku, molto leggibile nella penombra della camera oscura sebbene i numeri non siano retro-illuminati (dettaglio forse troppo complesso da realizzare in presenza di una seconda ghiera con le lunghezze focali).
L’iride del diaframma prevede 12 lamelle mentre l’antiriflessi del 105-150mm corrisponde a quello solitamente adottato negli obiettivi per riprese ad infrarosso e che tende ad ostacolare il passaggio della banda ultravioletta; infatti Jan Ter Louw, conoscendo la grande sensibilità spettrale agli UV degli alogenuri d’argento presenti nelle carte, preferì realizzare obiettivi da ingrandimento che tagliassero in modo marcato quel settore spettrale, evidentemente temendo che il piano di fuoco della banda UV non coincidesse con quello della luce visibile, penalizzando la nitidezza dell’immagine.
Per perseguire questo scopo non venne adottato solamente un antiriflessi specifico ma anche particolari vetri ottici agli ossidi delle Terre Rare la cui trasparenza spettrale si interrompe a frequenze abbastanza elevate, tagliando a sua volta la sezione degli ultravioletti; curiosamente, i tecnici della Nippon Kogaku hanno seguito un indirizzo tecnico diametralmente opposto, dal momento che i primi EL-Nikkor garantivano un’ottima trasmissione spettrale fino a 380nm e anche meno, perseguita con specifici antiriflessi ambra e la scelta di vetri trasparenti alle frequenze UV più lunghe, evidentemente considerando invece importante il contributo alla formazione dell’immagine sulla stampa garantito dalla banda UV alla quale il materiale è sensibile: ai posteri l’ardua sentenza!
Nella mia esperienza personale relativa a questo specifico topic, maturata stampando con un IFF Eurogon 4×5” abbinato alla cassetta di illuminazione fluorescente a luce fredda (la cui emissione è ricchissima di UV) ed utilizzando vecchi obiettivi da ingrandimento che trasmettono la prima sezione dello spettro ultravioletto, ho avuto la sensazione che le alte luci bruciate (molto annerite sul negativo) venissero parzialmente “sfondate” sulla stampa finale, recuperando dettagli (ad esempio in un cielo nuvoloso sovraesposto) senza realizzare una specifica bruciatura della zona aumentando localmente il tempo di stampa, e ho sempre attribuito alla ricca componente spettrale UV di questo specifico setup la ragione di tali risultati; naturalmente è solo una opinione individuale.
In entrambi i modelli la rotazione della ghiera di variazione delle lunghezze focali comporta un vistoso allungamento del barilotto mentre non è previsto alcun elemento ottico a sbalzo dietro l’attacco filettato, il che rende compatibile i Vari-Focal Computar dl con quegli ingranditori equipaggiati con un filtro rosso incorporato che si posiziona subito dietro l’obiettivo.
E’ importantissimo puntualizzare che non si tratta di obiettivi zoom bensì di varifocali, nei quali è assente un gruppo mobile di compensazione che garantisca la parafocalità, cioè il mantenimento dell’identica regolazione di fuoco alle diverse focali: in questo caso una variazione di focale modifica la distanza delle coniugate immagine dai punti principali dello schema ottico, imponendo quindi di rifocheggiare l’immagine, una scelta forse discutibile in un obiettivo da ripresa ma perfettamente accettabile in un’ottica da ingrandimento, nella quale un’eventuale variazione di focale anticipa una lunga sessione di stampa con negativi dello stesso formato e messa a fuoco costante.
Va anche annotato che esisteva un altro obiettivo zoom da ingrandimento, lo Schneider Betavaron, tuttavia in questo caso il formato di negativo compatibile rimaneva fisso (24x36mm), così come la distanza dalla carta sensibile, e la variazione di focale consentiva di modificare il formato di stampa di apparecchi per services professionali nei quali il posizionamento dell’ottica rispetto al piano di proiezione era fisso.
Il progettista di questi obiettivi mi ha inviato una introvabile brochure del Vari-Focal Computar dl, aggiungendo anche tipo e caratteristiche dei vetri ottici impiegati, quindi possiamo valutare i loro retroscena tecnici e funzionali con dovizia di dettagli.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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