Carl Zeiss Planar 80mm 1:2,8 per Rolleiflex TLR

 

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; inizialmente le celebri medio-formato Rolleiflex biottica prodotte da Franke & Heidecke a Braunschweig utilizzarono obiettivi Zeiss Triotar e Tessar e soprattutto questi ultimi, grazie alle loro caratteristiche e al formato del negativo, fornivano risultati soddisfacenti, tuttavia la loro apertura era limitata ad 1:3,5 e nel Dopoguerra l’Ing. Reinhold Heidecke manifestò l’urgenza di aggiornare i suoi gioielli con un’ottica di apertura 1:2,8.

L’azienda ottenne quindi dalla neonata Oberkochen Opton un Zeiss Opton Tessar 80mm 1:2,8 che andò ad equipaggiare la nuova Rolleiflex 2,8 A (tipo K7A) a partire dal Dicembre 1949, tuttavia i risultati di quest’obiettivo non furono completamente soddisfacenti e questa prima esperienza con l’ottica 1:2,8 si esaurì nell’Estate 1951; nel frattempo la nuova Carl Zeiss Jena nella Germania Orientale aveva messo a punto lo schema BIometar, un Gauss asimmetrico a 5 lenti in 4 gruppi, e per la successiva Rolleiflex 2.8 B (tipo K7B) introdotta nel Febbraio 1952 ottenne un lotto di Carl Zeiss Jena Biometar 80mm 1:2,8 di qualità superiore, tuttavia le condizioni politiche per una fornitura e una join venture tecnologica con la DDR iniziavano a complicarsi, pertanto anche la parentesi del Biometar 80mm 1:2,8 si esaurì nel Marzo 1952 dopo appena 1.250 pezzi.

Nel frattempo, a inizio 1952, Guenther Klemt e Karl-Heinrich Macher avevano completato per Schneider Kreuznach il calcolo di un obiettivo tipo Gauss simile al Biometar e denominato Xenotar, e l’azienda mise rapidamente a disposizione questo eccellente obiettivo a Franke & Heidecke sotto forma di un 80mm 1:2,8 che esordì sulla Rolleiflex 2,8 C (tipo K7C); nel Frattempo anche alla Zeiss di Oberkochen stavano lavorando ad un obiettivo a schema Gauss asimmetrico di quel tipo, calcolato nel 1953 e fornito all’azienda di Braunschweig a partire dal 1954; questo nuovo Planar 80mm 1:2,8 equipaggiò a sua volta la Rolleiflex K7C e veniva fornito in alternativa allo Schneider Xenotar, una scelta strategica che metteva al riparo da eventuali problemi di approvvigionamento qualora uno dei 2 fabbricanti interrompesse temporaneamente le consegne.

 

 

 

Nonostante lo Schneider Xenotar 80mm 1:2,8 sia un eccellente obiettivo, il nome Carl Zeiss e le caratteristiche del Planar 80mm 1:2,8 lo hanno reso nel tempo la versione largamente preferita dai clienti e ancora oggi sono molti gli intenditori che utilizzano una Rolleiflex TLR 2,8 equipaggiata con tale obiettivo.

 

 

Questa illustrazione originale d’epoca mostra la sezione del Carl Zeiss Oberkochen Planar 80mm 1:2,8 fornito a Rollei; come si può osservare, lo schema di tipo Gaussiano (cioè composto da moduli simmetrici contrapposti con al centro il diaframma) prevede una struttura meno simmetrica e più semplice rispetto ai Planar e Biotar prodotti in precedenza da Carl Zeiss Jena, utilizzando solamente 5 lenti con l’elemento anteriore costituito da una coppia di lenti collate.

Il Planar 80mm 1:2,8 a 5 lenti per TLR è molto conosciuto anche perché quando Zeiss interruppe la sua fornitura diretta per gestire impegni su altri fronti concesse a Rollei la licenza per realizzarlo in proprio, e questo modello redivivo rimase quindi in produzione ancora per molto tempo in versione Planar HFT Made By Rollei, al punto che quando nel 2002 l’azienda ormai agonizzante tentò l’ultimo espediente commerciale col rebranding di una telemetro 24x36mm di origine Cosina-Voiglaender (Rollei 35 RF), il medio-tele il dotazione altri non era che lo stesso Planar 80mm 1:2,8 HFT della Rolleiflex TLR rimontato in un barilotto per il 24×36, un po’ quello che aveva fatto Leitz 70 anni prima con i teleobiettivi Elmar ed Hektor 135mm 1:4,5 per Leica.

In questo contesto desidero tuttavia limitarmi a descrivere la versione originale prodotta da Carl Zeiss, ad iniziare dal suo inquadramento cronologico.

 

 

L’antequem assoluto, il modello UR dell’obiettivo è sicuramente questo prototipo (Versuch 1 20 99 V3), estremamente interessante per vari aspetti che richiedono una premessa; dopo la divisione delle Germanie esistevano di fatto 2 aziende Zeiss, l’originale a Jena e quella nuova ad Oberkochen; dopo una fase iniziale di cameratesca collaborazione, con auspici di una imminente riunificazione delle strutture, apparve sempre più chiaro che i 2 poli sarebbero invece stati antagonisti, e partì qundi la corsa ai diritti di sfruttamento dei brand name originali, sia quello generico Carl Zeiss che le specifiche denominazioni delle ottiche prodotte a Jena nell’Anteguerra, come Biogon, Sonnar, Planar, Biotar, Tessar, etc.; quando questo prototipo venne assemblato, a inizio del 1953 e subito dopo la finalizzazione del calcolo ottico, la questione legale era ancora irrisolta e l’obiettivo è ancora marcato precauzionalmente Zeiss Opton; inoltre appare evidente che ad Oberkochen avevano deciso di chiamare Biotar e non Planar la nuova generazione di obiettivi con schema Doppio Gauss, e infatti i prototipo è marcato proprio Biotar (l’ottica è attualmente montata su un corpo Rolleiflex molto più recente, trascurate questo dettaglio).

Subito dopo, nello stesso anno 1953, la delibera diede ragione alla Zeiss di Oberkochen, che fu quindi ufficialmente autorizzata ad adottare il marchio Carl Zeiss e anche a sfruttare le vecchie denominazioni dei vari obiettivi; curiosamente, di queste ultime solamente Biotar fu negata a Oberkochen e concessa a Jena (almeno temporaneamente, ricordiamo i Biotar 75mm delle ultime serie ormai marcati Jena B) e per queste ragioni il prototipo Zeiss Opton Biotar 80mm 1:2,8 del 1953 divenne Carl Zeiss Planar 80mm 1;2,8 nella produzione di serie del 1954.

 

 

Se il prototipo Zeiss Opton ci insegna che il primo 80mm 1:2,8 Zeiss per Rolleiflex TLR fu assemblato nel 1953, questa scheda informativa per i distributori statunitensi informa invece che la distribuzione di tale obiettivo da parte di Zeiss terminò esattamente vent’anni dopo, nel 1973; infatti questo documento effettivo al 15 Giugno 1973 sottolinea come per la Rolleiflex 2,8 F la versione Zeiss non verrà più fornita e le fotocamere consegnate in seguito saranno equipaggiate solamente con lo Schneider Xenotar 80mm 1:2,8 (e la stessa procedura fu seguita con le versioni 3,5F fornite con Planar e Xenotar da 75mm 1:3,5); tutto venne quindi scandito in venti anni magici che sono bastati a creare una leggenda.

Come si può osservare in questa scheda, Planar e Xenotar 80mm 1:2,8 utilizzano uno schema tipo Doppio Gauss asimmetrico a 5 lenti in 4 gruppi di concezione analoga, tuttavia lo Zeiss differisce dalla configurazione classica perché la coppia di lenti collate è frontale, in prima posizione, e non interna come nell’obiettivo Schneider che con la sua struttura ha dato il nome convenzionale a questa architettura (tipo Xenotar, appunto).

Vediamo ora le caratteristiche tecniche e ottiche del Planar 80mm 1:2,8 grazie agli schemi del brevetto originale.

 

 

Quest’obiettivo fu calcolato da Guenther Lange, al tempo capo del dipartimento matematico di calcolo ottico della Zeiss Oberkochen; Lange in quel periodo stava lavorando alacremente sugli schemi Doppio Gauss a 5 lenti, con uno dei due doppietti collati mancante, e negli stessi mesi disegnò altre varianti a 5 lenti in 4 gruppi con unico doppietto posteriore che sarebbero divenute i Planar 75mm 1:3,5 per Rolleiflex, 100mm 1:2,8 per Linhof 6x9cm e 135mm 1:3,5 per Linhof 9x12cm; questi estratti derivano dal documento statunitense, più fruibile, tuttavia la richiesta di brevetto prioritario tedesco venne depositata da Langhe un anno prima, il 17 Marzo 1953, in tempo per il prototipo ancora marcato Zeiss Opton e Biotar.

Come si può osservare, il brevetto prevede 2 ipotesi molto simili, e le informazioni disponibili in precedenza hanno sempre indicato nel primo il modello utilizzato per la produzione di serie, mentre nuove evidenze confermano ora che l’embodiment utilizzato fu il secondo, caratterizzato da un minore spessore nel doppietto collato frontale e dall’utilizzo nella confezione di quest’ultimo di vetri con indice di rifrazione più alto rispetto all’altro esemplare, sfruttando anche una lente in vetro lanthanum Crown alle Terre Rare che nel primo esempio non è contemplata.

 

 

Il testo del brevetto conferma la paternità di Guenther Lange a nome di Carl Zeiss (la sede indicata, Heidenheim, è quella dello Stiftung, la Fondazione) e la data di richiesta prioritaria tedesca, il 17 Marzo 1953; il documento spiega anche le ragioni per cui Lange abbandonò lo schema classico tipo Xenotar (che sia Carl Zeiss Jena sia Schneider Kreuznach avevano già utilizzato per obiettivi appena presentati, quindi il progettista Zeiss conosceva bene la loro architettura): infatti, per correggere l’aberrazione cromatica che solitamente affliggeva quelle strutture, risultava efficace la soluzione di applicare un doppietto frontale realizzato con vetri caratterizzati da indice di rifrazione praticamente identico e dispersione cromatica (numero di Abbe) invece molto differente, ottimizzando il risultato grazie ad altri parametri geometrici specificamente descritti nel testo a seguire; occorre aggiungere che il brevetto americano contiene un refuso, dal momento che si parla di “potere rifrattivo opposto” mentre, visti i parametri indicati nelle tabelle, si deve leggere “potere dispersivo opposto”.

Questo tipo di doppietto viene denominato “ipercromatico” ed è utilizzato sovente per tali scopi; il Planar 80mm 1;2,8 per Rolleiflex TLR venne quindi calcolato per minimizzare l’aberrazione cromatica anche in presenza di appena 5 lenti.

 

 

Scendendo in dettaglio, il doppietto anteriore era realizzato con vetri Schott Dense Flint SF15 e lanthanum Crown LaK13; notate come entrambe le tipologie prevedano un indice di rifrazione del materiale pari a 1,69, tuttavia il tipo Dense Flint solitamente abbina alta rifrazione ad alta dispersione cromatica, caratteristica infatti confermata da un basso numero di Abbe (Vd= 30,1), mentre il vetro lanthanum Crown agli ossidi delle Terre Rare si avvantaggiava grazie a tali componenti più moderni e garantiva una dispersione radicalmente inferiore a parità di indice di rifrazione, come evidenziato dal numero di Abbe Vd= 53,5.

Per realizzare schemi Doppio Gauss con buona correzione sono necessari vari elementi in vetro ad alta rifrazione, tuttavia le versioni alle Terre Rare a quei tempi erano ancora poco diffuse e costose, pertanto Lange scelse di adottare più economici materiali ad alta rifrazione di tipo convenzionale, come le lenti L3 ed L4 realizzate con vetri Dense Flint SF15 ed SF14 che prevedono elevata rifrazione ma anche maggiore dispersione cromatica, contando tuttavia per la correzione complessiva di questa aberrazione sia sul citato doppietto anteriore che sull’azione dell’ultima lente, realizzata con un vetro Dense Crown SK16 con media rifrazione ma dispersione contenuta (numero di Abbe Vd= 60,3; ricordo che la dispersione cromatica del vetro si riduce all’aumentare di questo valore numerico).

 

 

Anche con i distinguo descritti in precedenza e relativi al doppietto in posizione frontale, la struttura complessiva del Planar 80mm 1:2,8 per TLR rientra inequivocabilmente nell’alveo del tipo Xenotar, pertanto si potrebbe supporre che Lange sia stato ispirato ed influenzato dal progetto Schneider Xenotar di Klemt e Macher da poco divulgato, tuttavia l’ipotesi è contraddetta dalla presenza di un precursore praticamente sconosciuto.

 

 

E’ infatti vero che Klemt e Macher consegnarono il brevetto del tipo Xenotar il 29 Marzo 1952 mentre Guenther Lange presentò quello del Planar 1:2,8 a 5 lenti il 17 Marzo 1953, circa un anno dopo, tuttavia già il 24 Maggio 1941 la Carl Zeiss Jena aveva completato il prototipo Versuch 1941 n° 7 per un 35mm 1:2,8 probabilmente cinematografico che utilizzava proprio questa struttura Doppio Gauss semplificata trasformando il doppietto posteriore in una lente singola; ai tempi del Planar 1:2,8 Lange collaborava già da svariati anni con Zeiss e sicuramente aveva visionato questa scheda, pertanto gli era nota questa ipotesi alternativa ben prima dello Xenotar del 1952.

Per quanto riguarda il rendimento ottico, le versioni Rolleiflex 2,8 con Planar 80mm 1:2,8 e Rolleiflex 3,5 con Planar 75mm 1:3,5 differivano non solo per apertura e angolo di campo (la prima superiore nella 2,8 e il secondo maggiore nella 3,5) ma anche per sfumature di comportamento; in particolare, al Planar 75mm 1:3,5 (specie la seconda versione a 6 lenti introdotta abbastanza presto nella serie) veniva riconosciuto il primato di risolvenza e contrasto assoluti, mentre l’80mm 1:2,8 emergeva per ariosità e tridimensionalità di resa, e permetteva di fotografare i soggetti umani a tutta apertura con una riproduzione molto plastica e meno crudele di quella del Planar 75mm 1:3,5.

Un elemento curioso di quest’obiettivo è che ho recuperato la bellezza di 3 misurazioni MTF differenti, una delle quali condivisa ad personam, e pur essendo state realizzate tutte con banchi MTF Zeiss e con metodologie analoghe, seppure in decenni diversi, presentano grafici molto differenti sia nei valori assoluti che nel comportamento tipico; le ragioni possono essere differenze nei vari esemplari, nei protocolli del metodo di misurazione (importante nel secondo test che vedremo) e anche negli aggiornamenti degli stessi strumenti (ad Oberkochen mi è stato detto che i vecchi banchi anni ’60 soffrivano per “scattering light” interne rispetto agli attuali, elemento che poteva in qualche modo influenzare le letture), pertanto condivido questi grafici con l’intento della documentazione storica ma senza voler inferire giudizi o considerazioni tranchant e definitive.

 

 

Queste misurazioni MTF sono le più datate e vennero realizzate ad Oberkochen negli anni ’70, quando esistevano elaboratori in grado di calcolare le curve ma non hardware grafici per stamparle, pertanto venivano riportate a mano su carta millimetrata; queste curve vennero definite con tiraggio di infinito e messa a fuoco per 20 cicli/mm di frequenza spaziale, misurando dal centro (a sinistra) fino ai bordi (a destra) con le aperture 1:2,8 ed 1:8 e definendo le curve in doppia lettura sagittale e tangenziale (cioè con mire disposte in modo parallelo o perpendicolare alla semidiagonale di campo) per le frequenze spaziali di 10, 20 e 40 cicli/mm (dall’alto al basso); questa serie di prove evidenzia una netta ottimizzazione al centro del fotogramma e nello spot di 10mm attorno ad esso, dove anche a tutta apertura i valori sono eccezionalmente elevati per un obiettivo di medio formato, mentre sul resto del campo i valori appaiono più modesti anche con diaframma chiuso al valore ottimale 1:8; indicativamente gli stessi test realizzati all’epoca sul Planar 75mm 1:3,5 della versione Rolleiflex 3,5 mostravano un comportamento migliore e più uniforme nelle zone del fotogramma fuori asse; in ogni caso una resa ottimizzata ed eccellente in asse ed può essere gradevole nella ripresa di soggetti umani a tutta apertura per accentuare la presenza del personaggio principale plasticamente sospeso su uno sfondo sfuocato.

 

 

Queste ulteriori misurazioni MTF mi furono inviate personalmente e sono a loro volta molto interessanti perché vennero realizzate nel decennio scorso dal Dr. Hubert Nasse del laboratorio tecnico presso lo stabilimento Zeiss di Oberkochen; il Dr. Nasse, personaggio molto colto e purtroppo scomparso prematuramente, creò questi schemi testando un esemplare di Planar 80mm 1:2,8 (separato dal corpo macchina) sugli stessi banchi MTF utilizzati per realizzare le brochure delle ottiche Zeiss in vendita e i valori differiscono dai precedenti anche perché nella calibratura non si è cercato il solamente il piano di migliore messa a fuoco in asse ma questa operazione è stata replicata per ogni ogni punto delle due curve sagittale e tangenziale, misurando quindi il massimo teoricamente possibile senza dipendere dai limiti di un’area di mira completamente piana con fuoco singolo che è penalizzata dalla curvatura di campo.

Queste curve sono state misurate con messa a fuoco e frequenze spaziali analoghe alle precedenti, effettuando le letture alle aperture 1:2,8, 1:5,6 e 1:11; con questa procedura e in questo esemplare il picco stratosferico sull’asse a tutta apertura non è presente, tuttavia il rendimento risulta più uniforme su tutto il campo e ad 1:5,6, nonostante l’obiettivo utilizzi solamente 5 lenti, la misurazione è praticamente sovrapponibile a quella del Planar 80mm 1:2,8 a 7 lenti per Hasselblad e anche le differenze fra le 2 curve sagittale e tangenziale appaiono più contenute rispetto al test anni ’70, cosa logica con l’ottimizzazione individuale dei piani di fuoco; la misurazione ad 1:11 è significativa perché mostra come chiusure decise come questa comportino una serie di svantaggi e vantaggi in delicato equilibrio: da un lato l’ulteriore diaframmazione di 2 stop ha migliorato i valori a 40 cicli/mm nell’area fra 20 a 30mm fuori asse, dall’altro assistiamo ad un generale e leggero livellamento rispetto ad 1:5,6 dovuto agli effetti della diffrazione, mentre l’asse peggiora sensibilmente perché lo spostamento di fuoco al chiudersi progressivo del diaframma (presente in quasi tutti gli obiettivi e denominato focus shift) fa parte delle misurazioni aggiuntive del Dr. Nasse e mentre passando da 1:2,8 ad 1:5,6 lo spostamento è limitato a 38 micron sul piano focale, chiudendo ad 1:11 tale focus shft aumenta fino a 127 micron ed è sufficiente a compromettere i valori del centro, mentre il resto del campo non segue pedissequamente lo stesso comportamento perché la diaframmazione modifica anche posizione e giacitura dei piani astigmatici, avvicinando eventualmente e casualmente un’area al piano di fuoco che ad un diaframma precedente magari risultava più lontano e quindi meno a fuoco.

 

 

Infine, per complicare ulteriormente la situazione, esistono anche misurazioni MTF realizzate sul Planar 80mm 1:2,8 in versione HFT Made by Rollei (montato sui modelli più tardi come la Rolleiflex 2,8 FX) e prodotte seguendo gli standard precedenti senza tuttavia ottimizzare il fuoco sul campo; in questo caso i valori ad 1:2,8 non differiscono sensibilmente rispetto alle letture Zeiss di Hubert Nasse, mentre ad 1:5,6 il comportamento appare radicalmente differente, con l’asse che anziché eccellere stenta a decollare e una vistosa differenza fra le letture sagittale e tangenziale, come in presenza di evidente astigmatismo, risultati che si spiegherebbero soltanto con un esemplare con vistosi difetti di decentramento in fase di montaggio, anche se è strano che test ufficiali siano stati condotti con un esemplare in assetto non perfetto.

Queste serie di misurazioni apparentemente contraddittorie sono quindi un rompicapo e come linea guida propenderei per considerare più valide le seconde, quelle eseguite presso la Zeiss con strumentazioni moderne e con gli stessi hardware e procedure utilizzati per gli schemi MTF ufficiali delle ottiche Zeiss di produzione, tenendo però conto che una ripresa su mira piana senza correggere i piani di fuoco nelle varie aree fuori asse e con i diversi orientamenti di lettura avrebbe portato a risultati inferiori.

 

 

Infine, tornando allo schema ottico, è interessante confrontare la sezione del Planar 80mm 1;2,8 per Rolleiflex TLR con quelle dei corrispondenti Planar per Hasselblad 6x6cm, sia nella prima configurazione a 6 lenti che nella seconda e definitiva a 7 lenti; il vantaggio del modello per Rollei è l’assenza di uno specchio reflex sul suo percorso, quindi lo spazio retrofocale è completamente libero e calcolando il gruppo di lenti il progettista poteva arretrarlo fino ad una configurazione ottimale, mentre nel caso di Hasselblad questo spazio è molto maggiore ed obbligato dal movimento dello specchio, pertanto gli schemi risultano più complessi a causa delle complicazioni aggiuntive imposte da queste quote.

E’ anche curioso prendere atto che alla Zeiss si sono completamente sbizzarriti con gli schemi Planar, allestendo una miriade di configurazioni differenti: a 5 lenti tipo Xenotar nella Rolleiflex TLR, a 6 lenti con doppietto anteriore e quindi a 7 lenti con 2 elementi singoli e un doppietto davanti al diaframma per Hasselblad, a 6 lenti in 4 gruppi simmetrici per Contarex, a 7 lenti in 6 gruppi per Contax-Yashica, a 7 lenti con 4 elementi spaziati davanti al diaframma per Rolleiflex SL35, a 5 lenti tipo Xenotar rovesciato per i Planar Linhof e il 100mm 1:3,5 Hasselblad… Bisogna proprio ammettere che i progettisti hanno sperimentato ogni tipologia di struttura Doppio Gauss immaginabile!

Il Carl Zeiss Planar 80mm 1:2,8 per Rolleiflex 2,8 TLR è stato un obiettivo fondamentale per il sistema e una delle ottiche di medio formato più apprezzate allora come oggi perché consentiva di impressionare splendidi negativi 6x6cm sfruttando apertura massima 1:2,8 con pesi e dimensioni del corpo macchina molto contenuti e l’assenza di specchio mobile che consentiva tempi di scatto relativamente lenti in sicurezza, un innegabile vantaggio rispetto alla rivale Hasselblad; a questi pregi va aggiunto anche un rendimento caratteristico che accentua il senso plastico a tutta apertura, permettendo ritratti ambientati emozionanti.

Si tratta quindi di un grande classico e una Rolleiflex 2,8 equipaggiata con tale ottica è ancora uno strumento di eccezionale efficacia per chi riesca a concretizzare le sue immagini sfruttando principalmente un obiettivo di focale normale.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

 

 

 

 

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