Carl Zeiss Jena Prakticar 300mm 1:4

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; la lunga focale da 300mm con apertura 1:4 ha sempre rappresentato un elemento di continuità nella produzione Carl Zeiss Jena e alle versioni derivate dal progetto originale prebellico (risalente al 1940) ho già dedicato un altro articolo che copriva l’evoluzione concretizzata da VEB Carl Zeiss Jena fino al 1974; in questo ulteriore contributo riprenderemo tale percorso, analizzando gli ulteriori sviluppi che porteranno al moderno Carl Zeiss Jena Prakticar 300mm 1:4.

 

 

Per riassumere brevemente, il primo 300mm (in realtà 30cm) con apertura 1:4, eccezionale per l’epoca, vide la luce come Carl Zeiss Jena Sonnar con scatola di messa a fuoco reflex Flektoskop destinata alle fotocamere 35mm Contax II e III prodotte dalla Zeiss Ikon Dresden, e il suo schema ottico venne disegnato da Ludwig Jackob Bertele che lo completò il 6 Aprile 1940; questo fu quindi uno degli ultimi progetti di Bertele per Carl Zeiss Jena prima del passaggio alla Steinheil di Monaco di Baviera come ultimo atto del logorante braccio di ferro politico che lo contrapponeva al management e a certe fazioni del Dritten Reich, e fra le caratteristiche particolari abbiamo una copertura di formato che si spinge fino al 6x6cm (quindi il suo angolo di campo non è limitato ai circa 8° tipici di un 300mm che copra di misura il 24x36mm ma arriva a circa 15°, pertanto il suo schema da 300mm per 6x6cm corrisponde a quello che avremmo in  un tele da circa 160mm sul 24x36mm; naturalmente, usandolo su quest’ultimo formato, la copertura esuberante non viene utilizzata e quindi la copertura angolare è limitata a 8°, come nei 300mm appositamente dedicati); la copertura per il 6x6cm venne poi mantenuta anche nelle successive rivisitazioni messe in campo fino al 1974, in vista dell’impiego anche sulle medio-formato Praktisix e Pentacon Six.

 

 

La Carl Zeiss Jena del Dopoguerra, ora operante nella DDR e sotto la forma giuridica Volkseigener Betrieb (VEB), ereditò questa chicca e la mise inizialmente in produzione senza modifiche ottiche; in seguito il Dr. Eberhard Dietzsch fu responsabile di 3 successivi step, l’ultimo dei quali abbandonava la struttura Sonnar originale; il Dr. Dietzsch (qui immortalato con una evoluzione del Sonnar 300mm 1:4 da lui ricalcolata) operò ad altissimi livelli in questo settore dal 1954 al 1999 e va considerato uno dei nomi più illustri dell’ottica fotografica.

 

 

Questo schema consente di apprezzare il lungo processo che, in varie fasi ma praticamente senza sosta, ha visto la VEB Carl Zeiss Jena modificare ripetutamente lo schema del 300mm 1:4, al punto che dal 1940 al 1981 possiamo identificare addirittura 9 diverse ipotesi.

L’architettura originale deliberato da Bertele il 6 Aprile 1940 prevedeva uno schema Sonnar e, come detto, la maggiore copertura di formato dava origine ad un angolo di campo più ampio, con una struttura ottica da tele meno spinto; la seconda versione, rivista da Dietzsch, fu completata il 17 Gennaio 1962 ed introduceva una lastra piano-parallela posteriore, avanzava il diaframma ed utilizzava un nuovo vetro nel doppietto posteriore; la terza versione, sempre curata dal Dr. Dietzsch, fu consegnata il 19 Agosto 1963 e l’unica modifica consisteva nell’introduzione di una leggerissima spaziatura fra la seconda e la terza lente, appena 0,06mm; infine, la quarta versione creata da Dietzsch risale all’11 Luglio 1974, utilizza il multicoating (con relativa sigla MC) e sfrutta uno schema da vero teleobiettivo simile ad un Tele-Xenar, con l’elemento anteriore realizzato con vetro a dispersione ridotta ottenuto dall’Unione Sovietica.

Tutti questi 4 modelli sono in grado di coprire un fotogramma da 56x56mm (6x6cm) e sono stati descritti nell’articolo precedente, tuttavia il percorso non si interruppe ma venne dirottato verso nuove esigenze, abbandonando la copertura 6x6cm (ormai la vendita di tali fotocamere made in DDR era limitata) e progettando un 300mm 1:4 dedicato al 24x36mm che fosse più compatto e leggero, al punto da poterlo sfruttare a mano libera, mentre le versioni precedenti con massa da 1,6kg (tipo del 1974) o addirittura 2,1kg (modelli precedenti) rendevano critica tale opzione.

Vennero quindi realizzati 2 prototipi dei quali purtroppo non si conoscono gli schemi ottici: il primo completato il 14 Luglio 1977 (quinta opzione in ordine cronologico) e il secondo deliberato il 30 Ottobre 1978 (sesta opzione); nel frattempo l’ampia diffusione di sistemi fotografici con apparecchi compatti e dalle moderne funzionalità elettroniche indusse il management a creare una nuova linea di reflex 35mm Praktica, lanciata nel 1979 sfruttando know-how giapponese e una nuova baionetta, denominata Praktica B come il sistema stesso, mentre le ottiche vennero chiamate Prakticar; i 2 prototipi del 1977 e 1978 servirono quindi come base per progettare il Prakticar 300mm 1:4 e la prima versione del suo schema ottico (in realtà la settima in ordine di tempo dal Sonnar del 1940) comparve il 21 Luglio 1979 e si distingueva per una struttura a 7 lenti con 3 doppietti collati.

Questo primo schema specificamente dedicato al Prakticar 300mm 1:4 non venne tuttavia utilizzato per la produzione di serie, e già il 15 Novembre 1979 comparve una seconda versione (l’ottava in senso cronologico assoluto) il cui schema, sempre a 7 lenti, risulta incredibilmente simile a quello che contemporaneamente Walter Mandler stava sviluppando a Midland e che esordirà alla Photokina 1980 come Leitz Telyt-R 300mm 1:4,8; questo secondo schema del Prakticar verrà finalmente prodotto in serie dal 1980 al 1983.

Infine, non ancora paghi della compattezza raggiunta (il Prakticar 300mm 1:4 pesava circa 1kg ed era facilmente brandeggiabile) e cercando di superare alcune criticità di montaggio che descriveremo inseguito, il 13 Agosto 1981 venne completato il calcolo per una terza versione (la nona dal 1940) che utilizzava solamente 6 lenti con 1 doppietto collato e venne prodotta dal 1985 al 1990, rappresentando quindi uno degli ultimi modelli creati da VEB Carl Zeiss Jena prima delle note vicende che portarono alla riunificazione della Germania, formalizzata il 3 Ottobre 1990.

Questi 3 schemi definitivi dedicati al Prakticar 300mm 1:4 (settima, ottava e nona versione in termini assoluti) vennero identificati dal codice interno 550531: 001. 25 (primo tipo), 550531: 002. 25 (secondo tipo) e 550531: 003. 25 (terzo tipo).

Occorre annotare che per tale corredo vennero progettati anche un Prakticar 200mm 1:2,8 (il cui schema è discusso nello stesso brevetto del 300mm 1:4 tipo 550531: 002. 25) e un Prakticar 500mm 1:5,6, offrendo quindi un’adeguata batteria di lunghe focali.

 

 

Il Prakticar 300mm 1:4 (qui in buona compagnia assieme ad altre ottiche e corpi macchina tutti marcati Carl Zeiss Jena) all’epoca era un obiettivo dal design moderno e con dimensioni conformi a quelle della concorrenza, facilmente utilizzabile anche a mano libera; si era quindi completato il processo di transizione dai corpulenti e pesanti Sonnar 300mm precedenti verso un’ottica più snella, leggera e dedicata esclusivamente al 24x36mm.

 

 

Il Prakticar 300mm 1:4 prevede un barilotto in finitura satinata nera e con settore gommato sulla ghiera di messa a fuoco; tutto lo sbalzo anteriore è stato utilizzato per applicare un efficace paraluce telescopico e l’obiettivo integra anche un collare girevole con l’attacco per il treppiedi; la baionetta Praktica B trasmette informazioni tramite contatti dorati, una soluzione all’epoca insolita per obiettivi manual focus ma diffusa nelle ottiche DDR, mentre la ghiera del diaframma posteriore consente di impostare valori compresi fra 1:4 ed 1:32; la sigla MC sul paraluce in alcune serie è smaltata in bianco e in altre in rosso, come in questo caso.

Al netto del fatto che i principali brand nipponici fossero pronti al grande balzo verso l’autofocus, questo Prakticar 300mm 1:4 era in linea con la produzione del tempo e si può apprezzare lo sforzo compiuto rispetto a serie precedenti.

Vediamo ora in dettaglio gli schemi ottici delle 3 versioni destinate al Prakticar 300mm 1:4 con le relative caratteristiche.

 

 

Del primo tipo 550531: 001. 25 non esistono purtroppo brevetti o schede tecniche, quindi questa sezione costituisce l’unica informazione disponibile; lo schema venne completato il 21 Agosto 1979 ed eventualmente è stato usato su esemplari da esposizione ma non risultano obiettivi prodotti in serie con questa configurazione.

 

 

Il secondo tipo 550531: 002. 25 fu il primo ad essere sfruttato nella serie, venne completato il 15 Novembre 1979 e il relativo brevetto DDR venne richiesto il data 3 Marzo 1980; in questa immagine osserviamo lo schema presente nel brevetto assieme a quello dell’obiettivo di produzione, del quale dal 1980 al 1983 vennero assemblati 1.100 pezzi.

 

 

Il relativo brevetto della Repubblica Democratica Tedesca venne firmato da Harald Maenz, Volker Tautz e Christine Thiele; sono tutti esperti progettisti con vari calcoli alle spalle e, in particolare, Maenz e Tautz disegnarono per VEB Carl Zeiss Jena numerosi obiettivi nelle ultime fasi della sua parabola.

 

 

Lo schema adottato, come detto, richiama da vicino quello coevo presente nel Leitz Telyt-R 350mm 1:4,8 e per l’epoca costituiva una configurazione moderna, sebbene ancora priva di messa a fuoco interna per facilitare tale operazione.

 

 

I parametri grezzi di progetto confermano un obiettivo da circa 8° di campo con apertura 1:4 e consentono di apprezzare le caratteristiche dei vetri ottici impiegati; questi ultimi, in alcuni casi, evidentemente corrispondono a tipologie specifiche della vetreria di Jena che non sono conformi ad alcuna sigla standard; nell’obiettivo, ovviamente progettato anche con un occhio all’economia di produzione, non vengono utilizzati materiali vetrosi particolarmente speciali e costosi, con una singola eccezione.

Troviamo quindi in L1 il Barium Crown BAK2, in L2 il Flint F10, in L3 il Fluorite Crown FK5 (noto vetro a dispersione contenuta ma non ancora ED che in realtà non ha nulla a che fare con la fluorite), in L4 il Light Flint LF4, in L5 un Flint di Jena indeterminato, il L6 un Crown/Flint di Jena indeterminato e in L7 lo Jena Very Dense Crown SSK11, un materiale al 20% di ossido di torio (quindi radioattivo) che dagli anni ’60 in poi ha rappresentato il vetro di punta impiegato nelle ottiche VEB Carl Zeiss Jena e che condivide caratteristiche da Lanthanum Dense Crown (categoria di recente introduzione), con alta rifrazione (Ne= 1,756) e bassa dispersione (numero di Abbe Ve= 52,89); questo materiale costoso è stato scelto probabilmente considerando anche le piccole dimensioni della relativa lente.

 

 

Questi schemi presenti nel brevetto anticipano le aberrazioni trasversali, lo sferocromatismo (aberrazione sferica in funzione dello spostamento di fuoco alle varie frequenze della luce), la curvatura di campo/astigmatismo e la distorsione geometrica di questo “embodiment”; in particolare, lo spostamento di fuoco sull’asse per le varie frequenze è nell’ordine di circa 500 micron (la distanza dall’asse indicata in 0,002.f corrisponde a circa 0,6mm, cioè 600 micron, e l’intervallo denunciato dall’obiettivo è leggermente inferiore), quindi uno spostamento di circa 1/600 della lunghezza focale, un valore non altissimo ma certamente lontano da quello di ottiche apocromatiche che possono vantare slittamenti contenuti a 1/3.000 oppure 1/4.500 della rispettiva focale; infatti il riferimento per la messa a fuoco a infrarosso si posiziona sull’indice remoto della profondità di campo a diaframma 1:22, quindi lo spostamento è quello classico di un buon acromatico, mediamente ben corretto ma senza un’ottimizzazione cromatica spinta da ottica apo.

 

 

Il terzo tipo 550531: 003. 25 subentrò al precedente nella serie, venne completato il 13 Agosto 1981 e il relativo brevetto DDR venne richiesto il data 1 Giugno 1982; anche in questo caso osserviamo lo schema presente nel brevetto assieme a quello dell’obiettivo di produzione, del quale dal 1985 al 1990 vennero assemblati 4.000 pezzi, portando la produzione complessiva del Prakticar 300mm 1:4 a circa 5.100 esemplari; notate come lo schema sia stato semplificato, passando a 6 lenti e limitando gli elementi cementati ad un singolo doppietto.

Come specificato nel testo del brevetto, questa terza versione venne realizzata anche perché il tipo precedente 550531: 002. 25 prevedeva uno schema nel quale le 2 lenti spaziate anteriori richiedevano una centratura critica di altissima precisione, pena un degrado delle prestazioni, con tolleranze che evidentemente era difficile garantire.

 

 

Il relativo brevetto DDR venne firmato da Volker Tautz e Guenther Benedix, quest’ultimo responsabile anche nel ricalcolo del Prakticar 50mm 1:1,4 con l’eliminazione del vetro radioattivo SSK11; Maenz, Tautz e Benedix furono gli ultimi alfieri di una VEB Carl Zeiss Jena ormai lanciata ineluttabilmente verso un destino di radicali cambiamenti.

 

 

Lo schema descritto nel brevetto, conforme agli esemplari di serie prodotti dal 1985, risulta ancora più compatto e leggero del precedente.

 

 

I parametri grezzi di progetto con le caratteristiche dei vetri ottici indicano l’eliminazione dell’obsoleto vetro SSK11 al torio a favore di un Lanthanum Crown di caratteristiche quasi simili ma non radioattivo, mentre l’elemento di spicco è un vetro Dense Phospate Crown con eccezionale rapporto fra rifrazione già elevata e dispersione ridottissima, addirittura inferiore a quella del Fluorite Crown FK5 utilizzato nello stesso schema e il cui indice di rifrazione risulta drasticamente inferiore.

In L1 troviamo allora un Dense Crown SK14, in L2 un Fluorite Crown FK5 a bassa rifrazione e bassa dispersione, il L3 un Flint F10, il L4 un Borosilicate Crown BK7, in L5 un Lanthanum Crown di Jena simile allo standard LAK16 e in L6 un Dense Phospate Crown di Jena non corrispondente ad alcuna sigla di altre vetrerie che abbina una rifrazione mediamente alta (Ne= 1,6685) ad una dispersione eccezionalmente contenuta se relazionata al parametro precedente (numero di Abbe Ne= 72,33, a partire da 80 è considerato vetro ED ma di solito questi materiali hanno indice di rifrazione inferiore a 1,5).

Questo terzo ed ultimo progetto evidenzia dunque i progressi messi in campo sui vetri ottici anche nella DDR e adotta un paio di materiali molto interessanti.

 

 

Anche in questo caso sono presenti i diagrammi visti in precedenza, e si può dire che il progresso rispetto alla terza versione sia più legato alla conquista di una maggiore semplicità e compattezza che a superiori prestazioni ottiche.

 

 

Infatti, osservando i corrispondenti diagrammi dei 2 brevetti con lo spostamento di fuoco alle stesse lunghezze d’onda della luce e a parità di riferimento per la scala, notiamo come le differenze sull’asse fra la seconda e la terza versione del Prakticar 300mm 1:4 siano praticamente trascurabili, ad indicare come la correzione cromatica non sia stata implementata dall’ultimo ricalcolo.

Alcune fonti hanno supposto che anche questi schemi fossero in grado di coprire il 6x6cm, tuttavia analizzando i diagrammi delle aberrazioni trasversali, nello schema riferito ai bordi il semiangolo di campo corrispondente è di poco superiore a 4°, indicando perciò una copertura complessiva di circa 8° che corrisponde a quella di un 300mm sul 24×36, elemento che esclude di fatto la compatibilità col formato superiore.

Come visto, quest’ultima versione rimase in produzione fino al 1990, tuttavia esiste anche un altro Prakticar 300mm 1:4 made in Japan e messo in commercio grazie al semplice rebranding di un obiettivo acquisito dal relativo fabbricante nipponico, seguendo questo nuovo corso nel tentativo disperato ed effimero di garantire al sistema Praktica una competitività sul mercato globale che i prodotti di oltre Cortina non avevano mai dovuto affrontare in precedenza.

 

 

Il Prakticar 300mm 1:4 fu quindi uno degli ultimi parti della VEB Carl Zeiss Jena, affacciato sul crepuscolo di un’epoca dopo 100 anni di fasti, glorie, cadute, trasformazioni e compromessi; tecnicamente non poteva lottare ad armi pari con le più avanzate realizzazioni come i 300mm Nikkor IF ED o Canon FD L, tuttavia lo snervante e ininterrotto labor limae sullo schema ottico sottolinea la volontà di adeguarsi per quanto possibile agli standard commerciali correnti e anche il design e la fattura della montatura evidenziano un lodevole percorso in tal senso, un trasformismo quasi forzato in vista dell’inevitabile confronto diretto sui mercati; per tutte queste ragioni è un pezzo che merita attenzione e la consapevolezza del suo ruolo.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

 

 

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