Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; l’argomento di questo articolo riguarda l’adattamento su Leica M (o altri apparecchi che ne condividano baionetta e tiraggio) del supergrandangolare Carl Zeiss Biogon 21mm f/4,5, un obiettivo lanciato nel 1954 in montatura Contax rangefinder e successivamente, a fine anni ’50, anche in attacco per la nuova reflex Zeiss Ikon Contarex; in realtà la produzione di tale obiettivo è cessata nel 1962, tuttavia le sue straordinarie qualità ottiche lo hanno reso subito famoso e vari utenti Leica lo hanno preferito ai correnti Super-Angulon 21mm f/4 o f/3,4 proprio per l’eccezionale brillantezza e correzione fino ai bordi estremi del formato.
L’obiettivo esiste dunque in due versioni, e quella considerata in questo contributo è la più recente, concepita prendendo il gruppo ottico originale e adattandolo ad una montatura molto rientrante che mantenesse inalterato il ridottissimo spazio retrofocale; quest’obiettivo andava montato sulla Contarex I “Cyclope” e naturalmente il cannotto rientrante obbligava ad utilizzare il 21mm Biogon con lo specchio reflex sollevato ed inquadrando tramite un mirino esterno del tutto analogo a quello previsto in precedenza per la Contax.
Come molti sapranno gli obiettivi Carl Zeiss per Contarex non prevedono una ghiera del diaframma propria, e il relativo settaggio viene impostato tramite una ghiera girevole zigrinata posta sul frontale del corpo macchina, anticipando di decenni la prassi corrente sulle moderne digitali; tuttavia il Biogon 21mm 1:4,5 e la prima versione di Sonnar 250mm 1:4 fanno eccezione e sono equipaggiati con una ghiera per l’azionamento manuale diretto: proprio questa caratteristica, alla quale va aggiunta la possibilità di mettere a fuoco a stima su scala metrica grazie alla grande profondità di campo, ha facilitato il trapianto del celebre supergrandangolare Zeiss sui corpi M; personalmente ho iniziato ad utilizzarlo su Leica a inizio anni ’90 e, in seguito, ho perfezionato la dotazione applicando l’adattatore con doppia staffa e la livella a bolla con mirino a 45° di produzione Cosina-Voigtlaender, rendendo più confortevole la verifica del corretto allineamento, sempre critico con focali corte e in assenza di visione reflex.
Lo Zeiss Biogon 21mm 1:4,5 per Contarex è un capolavoro di meccanica, costruito interamente in ottone cromato e con tolleranze di fabbricazione e funzionamento micrometriche (addirittura i moduli di lenti sono placcati oro sui bordi perché questo duttile materiale si deforma e permette di far scivolare gli elementi ottici all’interno dei relativi castoni con precisione d’accoppiamento estrema); la vista di profilo mostra il vistoso cannotto posteriore rientrante che consentiva di posizionare correttamente il gruppo ottico nonostante l’ampio tiraggio del corpo Contarex.
La Zeiss, temendo che quest’appendice lucidata a specchio potesse generare qualche riflesso parassita all’interno dell’apparecchio, ha previsto una palpebra paraluce in plastica di sagola rettangolare all’estremità della struttura; tale palpebra occupa in pratica tutto lo spazio utile in fondo al mirabox e, per consentire la rotazione dell’obiettivo durante il montaggio e lo smontaggio, anche questo elemento è girevole, grazie ad una piccola vite che entra in una guida scanalata ricavata nel metallo e tiene in posizione la palpebra pur consentendone la libera rotazione; per inserire l’obiettivo andava preventivamente messa in fase grazie ad un riferimento rosso che la allineava al pozzetto del mirabox con specchio alzato.
Naturalmente il corpo originale Contarex non consentiva a priori una lettura TTL dell’esposizione, mentre i moderni corpi macchina Leica come la M6 e successive garantiscono questa utile opzione grazie ad un settore sulla tendina dell’otturatore che riflette la luce incidente proveniente dall’obiettivo e permette ad un fotodiodo collocato sopra la baionetta di leggerla ed effettuare la relativa misurazione; proprio la palpebra paraluce posteriore del Biogon 21mm 1:4,5 Contarex funge da schermo alla luce riflessa ed impedisce la lettura, tuttavia è sufficiente allentare la piccola vite di fermo per rimuovere temporaneamente tale elemento: rimosso l’impedimento, il cannotto rientrante ha un diametro così ridotto che consente la regolare esposizione TTL anche in presenza di un forte arretramento della struttura, rendendo ancora più rapido e piacevole l’utilizzo del Biogon 21mm su Leica.
Perché un Leicista dovrebbe rinunciare ai classici 21mm forniti da Schneider o al più recente 21mm 1:2,8 Elmarit-M del 1980 disegnato da Mandler? Considerazioni economiche a parte (ai tempi in cui era commercializzato, un 21mm 1:2,8 Elmarit-M 11134 con mirino costava circa 2,5 volte in più di un 21mm 1:4,5 Zeiss Biogon, come nuovo anch’esso con mirino), la qualità ottica garantita da questo schema ottico ad 8 lenti derivato da un obiettivo da aerofotogrammetria era realmente entusiasmante; fatta la tara ad una riproduzione un po’ fredda, crudele, e al contrasto elevato che tappava le ombre, il Biogon 21mm garantiva una nitidezza calligrafica fino ai bordi, con distorsione irrilevante, e forniva immagini di brillantezza impressionante, sia nel colore che nel bianconero; come si può osservare dalle quote dello schema, lo spazio retrofocale dal vertice dell’ultima lente al piano del film è di poco superiore a 10mm, e questa progettazione semisimmetrica ha consentito a Ludwig Bertele di ottenere un obiettivo senza compromessi e con prestazioni di un’altra categoria, dettaglio del quale peraltro era ben conscio (sappiamo che, in corrispondenza privata, Bertele affermò che il Biogon 21mm stava alla fotografia come la scoperta della penicillina alla medicina).
Infatti, nonostante la progettazione dell’obiettivo Zeiss abbia preceduto di 25 anni quella del 21mm 1:2,8 Elmarit-M tipo 11134, il suo rendimento ai bordi nell’uso pratico è percettibilmente superiore, e anche le misurazioni strumentali avvallano tale impressione; in questo schema troviamo le curve MTF a 10, 20 e 40 cicli/mm (con orientamento di lettura sagittale e tangenziale) del 21mm 1:4,5 Biogon affiancate ad analoghe misurazioni realizzate sul Leitz Elmarit-M 21mm 1:2,8: nel primo caso le letture sono state realizzate direttamente nel laboratorio della Photoobjektive plant ad Oberkochen, mentre le curve dell’obiettivo Leitz sono state misurate sfruttando un banco MTF Zeiss analogo a quello utilizzato con l’altro obiettivo, quindi sono confrontabili; in entrambi i casi le curve sono calcolate a tutta apertura e, pur concedendo allo Zeiss il vantaggio di un valore iniziale più ridotto, la maggiore tenuta ai bordi risulta evidente, agevolata in questo caso dalla minore curvatura di campo del Biogon ma comunque apprezzabile anche nel mondo reale, su soggetti tridimensionali.
L’interesse in certi ambienti per l’applicazione del leggendario Zeiss Biogon 21mm 1:4,5 ai corpi Leica arrivò a tali estremi che un tecnico giapponese, Hiroshi Ota-San, agli sgoccioli dello scorso millennio ha pensato addirittura di brevettarne un particolare modello di sua concezione, idoneo ad applicare su Leica M gli obiettivi grandangolari Biogon per Contax a telemetro (compreso il 21mm, otticamente identico a quello Contarex del quale stiamo discutendo), a riprova di un’attenzione molto alta sull’argomento.
Naturalmente, dopo i primi modelli pionieristici, gli anelli adattatori da Contarex a Leica si sono regolarmente diffusi; la loro realizzazione è particolarmente complessa (e quindi costosa) perché, come detto, le ottiche Contarex non prevedono una ghiera del diaframma propria, e l’iride viene comandato dal corpo macchina tramite una camma che sporge dall’apparecchio ed entra nell’asola di un disco montato su cuscinetto posto all’interno della baionetta dell’obiettivo, a sua volta collegato al diaframma dell’ottica; l’adattatore deve quindi prevedere non solo tale interfaccia interna ma anche una ghiera ausiliaria che consenta di preselezionare il diaframma, dettaglio reso ancora più complesso dal fatto che i relativi riferimenti delle aperture non hanno un punto di fede comune ma, per ragioni meccaniche, questo cambia posizione sull’anello a seconda dell’apertura massima dell’obiettivo in uso, pertanto su certi modelli (come quello illustrato) sono presenti punti di riferimento multipli e corrispondenti a tutti i valori di massima apertura previsti dagli obiettivi Zeiss Contarex, pertanto 1,4, 2, 2,8, 4 e 5,6; occorre quindi una certa ginnastica mentale perché, ogni volta che chiudiamo il diaframma prima di scattare, dobbiamo ricordarci di posizionare il relativo valore prescelto davanti al numero corrispondente all’apertura massima dell’obiettivo che si sta impiegando.
Fortunatamente, nel caso del Biogon 21mm 1:4,5, queste complicazioni sono superflue perché l’obiettivo è provvisto della sua rassicurante ghiera incorporata, pertanto l’adattatore necessario può essere anche un semplice distanziale con le relative baionette alle 2 estremità, come l’esemplare prodotto artigianalmente illustrato in questa foto e che acquistai nel 1993; l’uso pratico mi ha suggerito che le precauzioni prese da Zeiss temendo riflessi parassiti erano eccessive: infatti questo adattatore ha la parte interna in metallo nudo, senza finiture opache, e nonostante il cannotto cromato del Biogon e l’assenza della relativa palpebra paraluce non ho mai verificato flare, cali di contrasto o riflessi interni utilizzando l’obiettivo su corpi M, nemmeno in quelli dotati di elemento riflettente sulla tendina come la M6.
Il Biogon 21mm 1:4,5 è stato dunque una interessante alternativa di alta qualità per Leicisti non dogmatici; naturalmente l’utilizzo con moderni corpi digitali sembra destinato a fallire in partenza, considerando che lo spazio retrofocale da 10,36mm e il diametro ridotto dell’ultima lente producono un angolo d’incidenza ai bordi del formato 24×36 pari a circa 45°, il doppio di quello consentito da un 20mm a disegno retrofocus per apparecchi reflex; tuttavia, anche in questo caso, ho trovato una nicchia nella quale il vecchio leone ormai dimenticato può farsi ancora valere: infatti, applicandolo ad un corpo Leica M8, elementi favorevoli come il fattore di crop 1,33x (l’inquadratura corrisponde a quella di un 28mm), le specifiche microlenti offset ai bordi del sensore e il filtro di spessore infinitesimale permettono di ottenere una riproduzione corretta su tutto il campo.
Dal momento che il sensore della M8 è notoriamente molto sensibile alla banda infrarossa immediatamente oltre il limite dello spettro visibile, ho sfruttato spesso il Biogon 21mm 1:4,5 su questo corpo (abbinandolo ad un filtro Rollei Infrarot che effettua un taglio di banda abbastanza drastico sotto i 700nm di lunghezza d’onda) per ottenere immagini infrarosso: la superiore correzione cromatica di quest’obiettivo, derivato dal Wild Aviogon per riprese aeree concepito all’origine per lavorare con filtri di contrasto arancio o rossi, garantisce una buona correzione anche operando in questa banda fuori dallo spettro convenzionale, e mi sono limitato a correggere il fuoco posizionando il settore stimato della ghiera davanti al riferimento di iperfocale prossima di 1:4,5, negli indici della profondità di campo.
Questo insolito adattamento di un supergrandangolare Zeiss progettato a fine anni ’40 – inizio anni ’50 su una Leica M digitale ben più recente, e con la mediazione di un filtro Franke & Heidecke particolarmente centrato sulla sensibilità spettrale del sensore, mi ha permesso di realizzare a mano libera immagini come quelle che seguono, a riprova di come la sua geniale concezione ottica non cessi mai di stupire, anche… “in trasferta” su corpi Leica assolutamente estranei come generazione e concezione.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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