Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; il protagonista odierno è uno storico obiettivo del corredo Canon FD destinato alle reflex 35mm con messa a fuoco manuale della casa; il sistema FD fu lanciato nel 1971 prendendo il posto del precedente FL ed ha traghettato l’azienda con ottimi riscontri di critica e vendite fino alla nuova era EOS con i relativi obiettivi autofocus Canon EF tuttora in uso; la gamma FD si guadagnò rapidamente una lusinghiera reputazione per la sua ottima resa ottica, frutto di un intero lustro passato a sviluppare tecnologie sotto traccia per lanciare a sorpresa un nuovo sistema di alto livello in grado di far concorrenza alla Nikon F di Nippon Kogaku e ai relativi obiettivi Nikkor che monopolizzavano a quel tempo il comparto professionale.
Nell’ambito della gamma FD uno dei modelli disponibili fin da subito fu il grandangolare leggero di grande apertura 35mm 1:2, un modello strategicamente molto importante per un corredo professionale destinato anche a fotoreporter che attraverserà l’intera parabola del corredo, circa un quarto di secolo, passando attraverso trasformazioni estetiche e nuovi calcoli dello schema ottico; proprio l’FD 35mm 1:2 è l’obiettivo del quale andremo a parlare, un’ottica famosa nell’ambiente vintage soprattutto nelle prime versioni.
Il Canon FD 35mm 1:2, qui nella seconda versione del Marzo 1973, era un obiettivo inconfondibile per l’anomala caratteristica della lente frontale concava, un dettaglio già visto nell’Ultron 50mm 1:1,8 per Zeiss Ikon/Voigtlaender Icarex e che in seguito il brand Leica utilizzerà sovente nei suoi grandangolari per corpi a telemetro; questo primo schema ottico si caratterizza anche per l’ingiallimento delle lenti e una blanda radioattività legata all’utilizzo di un vetro contenente ossido di torio, un dettaglio che caratterizza ancor più questa serie iniziale.
Come anticipato, l’FD 35mm 1:2 fu presente fin dalla presentazione del sistema FD; infatti questo documento giapponese dell’epoca, divulgato subito dopo il lancio del corredo, assieme all’esploso della professionale F1 Old mostra anche gli schemi ottici dei primissimi obiettivi FD disponibili per i clienti, e in questo sparuto gruppo compare anche l’inconfondibile schema del 35mm 1:2 “concavo”, evidenziato in grafica; in questa fase il progettista Akira Tajima fu di grande importanza strategica per l’azienda, dal momento che tutti i grandangolari qui illustrati, 17mm 1:4, 24mm 1:2,8 e 35mm 1:2, vennero calcolati proprio da lui.
Complessivamente esistono 4 versioni esteticamente differenziate del Canon FD 35mm 1;2 che, a loro volta, sfruttarono 3 differenti schemi ottici disegnati da 2 differenti tecnici; vediamo come sono articolate.
La prima versione esordì nel Marzo 1971, sfruttava un barilotto con baionetta anteriore cromata e il primo schema ottico a lente concava.
La seconda versione arrivò nel Marzo 1973; questo modello abbandonava la baionetta frontale cromata, acquisiva il trattamento antiriflesso multistrato S.S.C. con al relativa denominazione nel frontale e manteneva il primo schema a lente concava.
La terza versione fu disponibile dall’Aprile 1976 e manteneva un barilotto analogo al precedente, sempre con collare di serraggio “breeck-lock” ma adottava il secondo schema ottico, derivato dal precedente ma equipaggiato con una lente anteriore più convenzionale, a profilo convesso; la presenza della montatura FD “old” con collare di serraggio unita alla lente anteriore con tale sagoma lo rende immediatamente riconoscibile.
Infine, la quarta versione fu lanciata nel Dicembre 1979 e adottava la nuova montatura FD “New” con barilotto compatto, interamente rifinito in nero e nuova montatura priva di collare di serraggio; questo quarto modello si caratterizza anche per l’adozione del terzo schema ottico, derivato dal secondo scombinando in un doppietto la lente singola posta davanti al diaframma; ovviamente anche questo tipo prevede una lente anteriore convessa.
Un elemento qualificante di tutte le versioni, fin dalla prima del 1971, è la presenza di un sistema flottante che durante la messa a fuoco avvicina il modulo di lenti posteriore a quello anteriore (quest’ultimo comprende le prime 4 lenti nello schema ottico “concavo” e le prime 3 lenti nel secondo e le prime 2 nel terzo), migliorando la correzione di certe aberrazioni a distanza ravvicinata; si tratta di una caratteristica molto utile ed avanzata per l’epoca, sebbene la Nippon Kogaku l’avesse già prevista per lo schema del suo Nikkor-N Auto 24mm 1:2,8 disegnato da Yoshiyuki Shimizu nel 1967; gli schemi utilizzati nei 35mm 1:2 FD prevedono 9 lenti in 8 gruppi o 10 lenti in 8 gruppi, quindi sono piuttosto complessi.
Il primo modello (Marzo 1971 – Marzo 1973) è abbastanza raro e anche iconico per vari dettagli; il barilotto è piuttosto allungato per accogliere il sofisticato schema ottico flottante e l’obiettivo si caratterizza per la baionetta anteriore cromata, la lente concava e l’assenza di antiriflesso multistrato S.S.C. (anche se probabilmente qualche superficie del suo schema utilizza già trattamenti a strati multipli); naturalmente la struttura prevede una configurazione FD della primissima ora, con grafica delle distanze in bianco e arancio, posizione per l’automatismo sulla ghiera dei diaframmi definita da un cerchietto verde e, naturalmente, la presenza del collare di serraggio “breeck-lock” nella montatura; l’FD 35mm 1:2 è anche uno dei pochi obiettivi compatibili col sistema CAT, ovvero un primordiale automatismo di esposizione per il flash, funzionante grazie ad un anello da applicare anteriormente come un filtro che conteneva un potenziometro azionato dal pin sporgente nella parte alta della montatura e solidale alla ghiera rotante per la messa a fuoco; come accennato, quest’obiettivo col relativo schema “concavo” utilizza un vetro formulato con torio che comporta una blanda radioattività e il caratteristico ingiallimento delle lenti.
Questa prima versione utilizza un diaframma con iride ad 8 lamelle, mette a fuoco con flottaggi fino a 0,3m (con ingrandimento massimo 0,194x), utilizza filtri da 55×0,75mm e le sue misure sono 60mm di diametro, 64mm di lunghezza e ben 420g di peso; il prezzo di lancio di tutte le versioni rimarrà sempre nell’ordine dei 32.000 Yen.
Dal Marzo 1973 all’Aprile 1976 fu invece disponibile la seconda versione che replicava esteticamente la precedente e ne condivideva il primo schema ottico “concavo”, con le seguenti modifiche: baionetta anteriore rifinita in nero, adozione dell’antiriflesso multistrato S.S.C. con relativa dicitura rossa sul frontale e applicazione di un pulsante di sblocco per la posizione di automatismo sulla ghiera del diaframma; per il resto l’obiettivo era analogo al precedente, compreso il pin per il sistema CAT.
Le caratteristiche tecniche e funzionali sono le stesse del precedente ma curiosamente il peso risulta leggermente ridotto; non conosco le ragioni di questa anomalia e potrei ipotizzare per il primo tipo l’utilizzo di ottone nella baionetta anteriore cromata, passato poi ad alluminio in questo modello con tale elemento rifinito in nero.
Esistono alcune brochure dedicate alle ottiche FD e divulgate nel 1974 che descrivono questa seconda variante; questa schermata mostra una sezione che conferma la presenza dello schema ottico “concavo” e i dati ribadiscono la riduzione di peso, evidentemente dovuta all’utilizzo di metalli più leggeri nella montatura, dal momento che lo schema ottico è invariato; nella foto dell’obiettivo si nota anche chiaramente il pulsante di sblocco aggiunto alla ghiera dei diaframmi.
Un’altra brochure del 1974 illustra l’FD 35mm 1:2 S.S.C. “concavo” seconda serie assieme ai modelli della stessa categoria disponibili all’epoca, cioè sostanzialmente il 28mm 1:3,5 S.C. e il 35mm 1:3,5 S.C.; nella grafica è illustrato anche il 28mm 1:2,8 S.C. ma la brochure informava che tale modello sarebbe stato disponibile solo in un prossimo futuro; la denominazione S.C. sta per “Spectra Coating” e definisce un antiriflessi “base”, meno sofisticato e destinato ad obiettivi più economici o con schema ottico semplice, mentre S.S.C. definisce il rivestimento “Super Spectra Coating” con avanzato multilayer che era destinato agli FD più complessi o professionali.
Entrambe le brochure sottolineano l’importanza del flottaggio presente nel 35mm 1:2 e in grado di migliorare il rendimento a distanze brevi.
Lo schema ottico del primo tipo a lente concava fu utilizzato dal Marzo 1971 all’Aprile 1976 sulle prime 2 versioni dell’FD 35mm 1:2 e, come anticipato, venne calcolato da Akira Tajima, un tecnico che fu responsabile del primo lotto di grandangolari FD nei quali introdusse immediatamente il sistema flottante.
Questa pagina iniziale del brevetto statunitense mostra l’inconfondibile sezione del 35mm 1:2 a lente concava e ci informa che la richiesta per il brevetto prioritario giapponese venne depositata l’11 Marzo 1971, praticamente in concomitanza col lancio commerciale del corrispondente modello.
Questa schermata del documento è interessante perché allo schema ottico affianca i diagrammi che definiscono la correzione di aberrazione sferica, curvatura di campo, astigmatismo e distorsione in tale obiettivo utilizzato ad infinito, a distanza ravvicinata senza flottaggio e a distanza ravvicinata col flottaggio previsto per la produzione, schemi che illustrano come astigmatismo e curvatura di campo vengano efficacemente controllate dal sistema flottante, garantendo una qualità omogenea a tutte le distanze che incrementa la versatilità d’uso del modello.
I claims introduttivi del brevetto mostrano come proprio il sistema flottante collegato alla ghiera di messa a fuoco fosse il caposaldo fondamentale di questo progetto di Tajima-San.
Questo schema condivide i parametri grezzi di progetto dell’obiettivo (raggi di curvatura, spessori sull’asse delle lenti, spazi interposti, rifrazione e dispersione dei vetri necessari); lo schema definisce un obiettivo da 64° di campo sulla diagonale e apertura 1:2 (parametri corrispondenti all’obiettivo in questione) e lo spazio retrofocale è pari a circa 1,1 volte la lunghezza focale, quanto basta per garantire il movimento dello specchio in corpi dal tiraggio così corto come le reflex Canon dell’epoca; notate come lo spazio d10 che separa le lenti L4 ed L5 sia variabile durante la messa a fuoco, e definisce il famoso flottaggio; i parametri ottici n9 e v9 dell’ultima lente sono importanti per definire il tipo di vetro e giustificare la radioattività residua.
Ecco dunque svelate le caratteristiche tecniche nello schema ottico del famoso FD 35mm 1:2 “concavo”; il modulo flottante è costituito dagli elementi L5-L6-L7-L8-L9 che si avvicinano leggermente alle lenti anteriori mentre tutto il gruppo ottico avanza con la messa a fuoco e il sistema utilizza 5 tipi di vetro ottico, 2 dei quali agli ossidi delle Terre Rare con alta rifrazione e bassa dispersione; troviamo quindi un vetro Lanthanum Flint LaF negli elementi L1 ed L4, un vetro Borosilicate Crown BK nell’elemento L2, un vetro Barium Dense Flint BaSF nell’elemento L3, vetri Lanthanum Dense Flint LaSF negli elementi L5, L8 ed L9 e vetri Dense Flint SF negli elementi L6 ed L7; questi materiali erano forniti dalla vetreria nipponica Ohara.
Sono quindi presenti 5 lenti in vetri agli ossidi delle Terre Rare (2 Lanthanum Flint e 3 Lanthanum Dense Flint) e un elemento chiave di questo modello è il vetro utilizzato nell’ultima lente, appartenente allo standard Schott LaSF43; la versione utilizzata in questo caso è l’Ohara LaSF03 e questo tipo di vetro nella prima versione disponibile a inizio anni ’70 era formulato utilizzando ossido di torio, elemento che causava la famosa radioattività; questo vetro “primo tipo”, fornito da differenti produttori, venne utilizzato in vari obiettivi di grande apertura di quel tempo, fra i quali possiamo citare anche l’FD 55mm 1:1,2 AL asferico o l’Olympus OM Zuiko 55mm 1:1,2; questo tipo di vetro venne poi modificato alcuni anni dopo da tutte le vetrerie con una nuova formula che eliminava finalmente il torio mantenendo le identiche caratteristiche ottiche, e questo spiega perché esistono obiettivi nei quali le prime serie sono radioattive con lenti ingiallite e quelle più recenti no, sebbene il fabbricante non abbia mai modificato lo schema: semplicemente, durante la produzione, si rese disponibile il vetro di classe “Schott LaSF43” modificato e privo di torio.
Questa immagine mostra in dettaglio la lente realizzata col vetro in questione.
Dopo i primi 2 modelli con schema ottico del primo tipo e lente anteriore concava esordì la terza versione dell’obiettivo, prodotta dall’Aprile 1976 al Dicembre 1979.
Questo terzo modello esteticamente è quasi identico al secondo, riproponendo lo stesso barilotto con baionetta anteriore nera, antiriflesso S.S.C., baionetta con collare di serraggio “breeck-lock” e persino l’ormai anacronistico pin di interfaccia al sistema flash Canon Automatic Tuning; la terza versione meccanicamente si riconosce dalla seconda perché sulla ghiera del diaframma il cerchietto verde per la posizione di automatismo è stato sostituito dalla lettera “A” che troveremo per tutta la produzione successiva, mentre il relativo pulsante di sblocco non è più cromato ma nero.
L’obiettivo mantiene le caratteristiche della seconda versione con ingombri praticamente identici e un leggero incremento di peso.
Dal punto di vista ottico, invece, il passaggio è radicale perché questa versione dell’Aprile 1976 adottò un nuovo schema ottico, sempre con 9 lenti in 8 gruppi e palesemente derivato dal precedente, caratterizzato tuttavia dalla lente frontale non più concava ma convessa, un dettaglio che consente di riconoscere immediatamente questa terza versione.
Purtroppo non è stato possibile individuare uno specifico brevetto per questo schema ottico, sebbene le grandi analogie con il successivo, terzo tipo disegnato da Kazuo Fujibayashi consentano di azzardare l’attribuzione anche di questo modello allo stesso progettista; in ogni caso anche gli schemi “convessi” presentano molte similitudini con il tipo “concavo” di Tajima, a riprova che si è trattato di una continua evoluzione nello stesso alveo concettuale.
La quarta ed ultima versione del Canon FD 35mm 1:2 fu lanciata dal Dicembre 1979 e rimase a catalogo finche le ottiche FD furono tecnicamente disponibili, nel momento del passaggio al sistema EF.
La quarta versione è assolutamente inconfondibile perché sfrutta un barilotto con la nuova estetica FD “new”, più compatto, rifinito interamente in nero e privo del celebre collare di serraggio, eliminato in favore di un sistema più convenzionale ma anche più rapido nel cambio di ottica; in questa nuova generazione di obiettivi FD la presenza di un rivestimento antiriflesso multistrato è ormai scontata, pertanto scompare la leggendaria denominazione S.S.C. dal frontale e il pulsante di sblocco per la posizione di automatismo sulla ghiera del diaframma cambia posizione e diviene meno evidente.
Questo modello mantiene il diaframma ad 8 lamelle e la messa a fuoco minima dei 2 predecessori ma le aperture disponibili arrivano fino ad 1:22 e il diametro filtri si riduce a 52×0,75mm, seguendo la generale miniaturizzazione del modello che vede infatti la lunghezza ridotta a 46mm e il peso ad appena 245g grazie all’adozione di materiali più leggeri ma anche meno durevoli; è interessante osservare che pur mantenendo la stessa distanza minima di 0,3m, analoga a quella dei 3 predecessori, il suo ingrandimento corrispondente è leggermente inferiore (0,171x contro 0,194x), probabilmente per la diversa collocazione dei punti principali del suo gruppo ottico.
A parte la radicale trasformazione estetica/meccanica, il Canon FD 35mm 1:2 quarta serie tagliò i ponti con il passato anche dal punto di vista ottico, adottando il terzo e ultimo schema fra quelli sfruttati da tale modello.
Descrivendo questa nuova versione le brochure Canon dell’epoca sottolineano la drastica riduzione di peso e dimensioni (sebbene ottenuta utilizzando anche materiali meno nobili e resistenti) e citano anche la presenza del nuovo schema ottico a 10 lenti in 8 gruppi, asseritamente in grado di fornire prestazioni migliorate rispetto ai predecessori.
Un confronto visivo fra gli elementi frontali di una seconda versione (concavo S.S.C.) e della quarta versione (FD “New”) mostra la continuità nella grafica dei dati tecnici, mentre la presenza di una lente rispettivamente concava e convessa è subito evidente.
Osservando le lenti posteriori degli stessi esemplari notiamo invece la diversa foggia della ghiera di serraggio che tiene in sede l’ultima lente, con differenze di finitura e prese di forza modificate per evitare di lesionare accidentalmente la lente durante le operazioni di manutenzione.
Lo schema ottico di terzo tipo montato sulla quarta serie di Canon FD 35mm 1:2 fu calcolato da Kazuo Fujibayashi e la richiesta di brevetto prioritario giapponese venne depositata il 17 Aprile 1978 (per facilità di comprensione stiamo osservando la corrispondente versione statunitense richiesta circa un anno dopo); come si può immediatamente notare la struttura di questa terza versione è molto simile a quella della seconda, dalla quale differisce in sostanza per lo doppiamento della quinta lente da elemento singolo a doppietto collato (passando quindi da 9 a 10 lenti complessive), un dettaglio che consente di assegnare ipoteticamente a tale progettista anche il disegno del secondo schema, per il quale non esiste un brevetto dedicato.
Il progetto globale di Kazuo Fujibayashi prevede 3 esemplari molto simili fra loro, uno dei quali venne utilizzato per realizzare il Canon FD “New” 35mm 1:2 di serie.
Naturalmente anche questo terzo schema ottico prevede il sistema flottante a distanze ravvicinate, un plusvalore importante di questa generazione e assente negli obiettivi della concorrenza di pari apertura, a partire da Nikon, Asahi Pentax, Olympus OM o Leica R; questi schemi presenti nel brevetto e riferiti all’esemplare di produzione definiscono la correzione di aberrazione sferica ed astigmatismo a distanze estremamente ravvicinate (0,3m, corrispondente all’ingrandimento 0,171x) quando nello schema è assente oppure presente il sistema flottante, e la maggiore correzione dell’ultima aberrazione col flottaggio attivo appare evidente.
Infatti la presenza di tale compensazione a distanze ravvicinate per contenere l’astigmatismo costituisce anche in questo caso uno dei capisaldi del brevetto; il documento specifica come il flottaggio interessi lo spazio fra la seconda e la terza lente dello schema ottico, distanza che si riduce passando da infinito alle distanze più brevi, e questo dettaglio differenzia i 3 schemi utilizzati nella serie, dal momento che, come anticipato, nel primo tipo “concavo” il flottaggio avveniva fra la quarta e la quinta lente mentre nel secondo tipo fra la terza e la quarta.
I parametri grezzi di progetto relativi all’esemplare di produzione ci forniscono nuovamente i raggi di curvatura, gli spessori sull’asse delle lenti, gli spazi interposti e i valori rifrattivi e dispersivi dei vetri utilizzati; la trasformazione dell’elemento singolo L5 presente nel secondo schema ottico del 1976 in un doppietto collato ha portato questa terza ed ultima tipologia ad utilizzare ben 10 lenti in 8 gruppi, con 2 doppietti cementati; si tratta di un’architettura decisamente complessa (i diretti concorrenti utilizzavano da 6 a 8 lenti per ottiche analoghe) e considerando anche il sistema flottante stupisce come il fabbricante sia riuscito a contenere la lunghezza della struttura per dar vita alla montatura compatta che tutti conosciamo; in questo terzo schema lo spazio retrofocale è di appena 1,0274 volte la lunghezza focale del sistema, quindi il fabbricante ha ridotto questo valore al minimo praticabile con l’uso dello specchio reflex per ottimizzare al massimo le prestazioni.
Lo schema ottico del Canon FD “New” 35mm 1:2 sfrutta sei tipologie di vetri ottici, due delle quali agli ossidi delle Terre Rare con favorevole rapporto alta rifrazione/bassa dispersione, e nelle dieci lenti dello schema ben sette sono realizzate con materiali il cui elevato indice di rifrazione supera 1,72, a testimonianza del fatto che il progettista non ha certo lesinato in fase di calcolo; la struttura prevede quindi una lente in vetro Dense Crown SK (L1), una in Lanthanum Crown LaK (L2), una in Very Light Flint LLF (L3), quattro in Lanthanum Dense Flint LaSF (L4, L5, L9, L10), una in vetro Flint F (L6) e due in vetro Dense Flint SF (L7, L8).
Anche in questo caso i vetri sono forniti da Ohara e nel novero delle cinque lenti realizzate con vetri alle Terre Rare ad alta rifrazione/bassa dispersione è interessante osservare l’elemento L5 perché è realizzato con un Lanthanum Dense Flint di classe Schott LaSF43 che corrisponde come parametri a quello adottato a suo tempo nella lente posteriore dello schema ottico “concavo” e che grazie all’ossido di torio presente nella miscela causava la famosa radioattività alla quale abbiamo accennato; nel caso del terzo schema ottico utilizzato dal 35mm 1:2 FD “New” non abbiamo invece alcuna radioattività perché nel frattempo quel vetro ottico è passato alla nuova versione priva di torio (e ora catalogata come Ohara S-LaH53) che mantiene gli stessi parametri del tipo precedente Ohara LaSF03 utilizzato nella prima versione dell’obiettivo ma fa a meno dell’ossido di torio.
In realtà quasi tutti i vetri Ohara utilizzati in questo terzo schema ottico presentato nell’aprile 1978 prevedono un codice di catalogo aggiornato e ho provveduto ad inserire nello schema sia la denominazione precedente (colore azzurro) che la successiva e corrente al momento del progetto (colore rosso); l’unica eccezione è costituita dal vetro Dense Crown SK utilizzato nella prima lente, dal momento che un materiale con tali caratteristiche rifrattive e dispersive esiste solamente nella lista dei vetri precedenti (Ohara SK7) ma non compare in quella più recente.
Dal punto di vista ottico, tutti i Canon FD di qualsiasi generazione sono rinomati per un rendimento elevato quanto a risoluzione e contrasto, a prescindere dal modello e dalla generazione; nel caso del 35mm 1:2 la prima versione a lente concava è diventata famosa non soltanto per questa insolita caratteristica geometrica, per la leggera radioattività dovuta all’utilizzo del vetro Ohara LaSF03 e per la magnifica complessione meccanica ma anche per la sua resa tridimensionale con bo-keh molto gradevole e caratteristico, al punto che molti filmaker lo utilizzano con gli opportuni adattamenti e la relativa incetta sul mercato a fatto lievitare il suo prezzo a livelli francamente eccessivi; in realtà il 35mm 1:2 con primo schema ottico “concavo” fornisce a tutta apertura una resa piuttosto morbida, dove allo stacco e alla resa dello sfuocato non si contrappone un piano di fuoco di apprezzabile nitidezza (anche se questo può produrre risultati esteticamente apprezzabili, specie nel video), mentre i modelli successivi a lente convessa, e in particolare l’ultimo, hanno cercato di migliorare la sfruttabilità generica dell’apertura 1:2.
Naturalmente le riviste del settore, a suo tempo, hanno sottoposto a test questa interessante focale del corredo FD, purtroppo non sembra esistere una prova sulla prima versione a lente concava ma solamente relativa alla seconda e terza tipologia di schema ottico, con lente esterna convessa.
Fra le testate italiane, la rivista “Fotografare” mise alla prova il modello S.S.C. “breeck-lock” con secondo schema ottico (lente convessa e 9 elementi, 1976-79) mentre “Il Fotografo” – Mondadori effettuò un test sull’ultima versione FD “New” con terzo schema ottico (lente convessa a 10 elementi); in entrambi i casi, considerando i normali valori di fondo-scala misurati nelle prove di altre ottiche, gli esemplari provati esibirono un’ottima risolvenza alle aperture centrali, però mentre la terza versione “breeck-lock” S.S.C. ai diaframmi più aperti denunciava ancora valori abbastanza modesti, nella prova eseguita sulla quarta versione FD “New” (sia pure con scale di riferimento differenti) l’obiettivo si comportò molto meglio anche alle massime aperture, con un rendimento complessivo eccellente e mediamente superiore a quello dei concorrenti dalle analoghe caratteristiche geometriche, mantenendo tuttavia la curiosa sovracorrezione dei bordi estremi ai primi diaframmi che troviamo anche nell’esemplare precedente, un fingerprint che non deve stupire considerando le grandi affinità fra i due schemi ottici, e ci sta anche che l’esemplare provato da “Fotografare” non fosse perfettamente assemblato, accentuando quindi differenze che magari con un obiettivo perfetto sarebbero state più contenute; contestualmente è curioso notare come il testo che accompagna la prova dell’FD “New” citi direttamente il passaggio dalla versione “concava” a questa con 10 lenti, come se l’autore avesse dimenticato lo step intermedio del 1976 con lente convessa ma schema a 9 lenti.
Un 35mm con apertura 1:2 è sicuramente un pilastro portante in ogni sistema reflex 35mm professionale e infatti Canon lo mise a listino fin dall’esordio del suo straordinario corredo FD, un sistema che fece compiere al fabbricante un autentico balzo nelle gerarchie commerciali e che pose le basi per la sua posizione attuale; mentre lo storico rivale Nippon Kogaku mantenne invariata per decenni la struttura ottica del suo modello, il Canon FD 35mm 1:2 è passato attraverso varie rivisitazioni dello schema, con l’intento di migliorare le prestazioni a tutta apertura e la compattezza, modifiche concretizzate investendo molte risorse in un modello evidentemente riconosciuto come fondamentale; l’unico rammarico è che una versione 35mm 1:1,4 ancora più luminosa (e proposta dal rivale Nippon Kogaku fin dagli esordi del corredo FD), sebbene effettivamente calcolata, non venne mai commercializzata in montatura per i relativi apparecchi reflex ma fu prevista solamente per uso cinematografico nella famosa e premiata linea di ottiche Canon K35 (peraltro con lente asferica e apertura fotometrica effettiva T=1,4, quindi probabilmente f/1,2 geometrica), rinunciando quindi a completare la serie di ottiche da sogno superluminose che già comprendeva 24mm 1:1,4 asferico, 55mm 1:1,2 asferico e 85mm 1:1,2 asferico: quasi un inchino per omaggiare allo storico rivale commerciale con il quale finalmente si batteva ad armi pari.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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