Canon FD 1200mm 1:5,6 L

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; fin da subito gli appassionati e gli utenti Canon di vecchia data avranno un’obiezione pronta: non esiste un Canon FD 1.200mm 1:5,6 L ma solamente il modello autofocus EF! Invece questo articolo vuole dipanare l’intrigante storia del più potente “Cannone” Canon a rifrazione, partendo dal progetto originale che si perde indietro fino al 1980 e passando per alcuni esemplari effettivamente prodotti in montatura FD a messa a fuoco manuale svariati anni prima del lancio ufficiale della celebre versione EF L USM.

 

 

La storia si apre su fasi di fibrillante attesa e febbrile attività che coinvolsero Canon a inizio anni ’80; infatti, in vista delle ineunde Olimpiadi di Los Angeles 1984, la famosa azienda nipponica aveva fatto le cose in grande e i suoi apparecchi professionali 35mm erano le fotocamere ufficiali di tale edizione dei giochi, uno status che ovviamente garantiva un notevole ritorno d’immagine all’azienda e ne sottolineava la competitività tecnica nei confronti dello storico concorrente interno Nippon Kogaku.

 

 

Naturalmente l’azienda promosse in modo efficace e capillare tale notizia, creando banner da esposizione per i rivenditori e applicando il relativo logo su versioni giubileo di fotocamere come questa F1 New e anche sui tappi degli obiettivi FD commercializzati in quel periodo; a parte la promozione commerciale, Canon si impegnò naturalmente per onorare l’impegno assunto e le relative responsabilità nei confronti dei fotografi, cercando di assecondare la loro esigenza di teleobiettivi sempre più potenti imposta dalla tendenza a collocare le loro postazioni fisse sempre più lontane dall’evento, rendendo difficile inquadrare il soggetto ripreso con un ingrandimento adeguato sul fotogramma.

 

 

Nel momento in cui si svolsero le Olimpiadi di Los Angeles 1984 il corredo ufficiale di obiettivi Canon FD era questo, sicuramente impressionante e molto completo; analizzando la gamma di teleobiettivi, la focale più lunga a catalogo era l’FD 800mm 1:5,6 L, potente e luminoso modello ad alte prestazioni con lenti a bassissima dispersione UD e la possibilità di accoppiarsi agli Extender 1,4x (1.120mm 1:8) o 2x (1.600mm 1:11); in linea teorica questo pacchetto sarebbe già stato sufficiente ma da un lato il rivale Nippon Kogaku poteva vantare anche pezzi come il Nikkor 1.200mm 1:11 IF ED o lo Zoom-Nikkor 360-1.200mm 1:11 ED, seppure caratterizzati da un’apertura massima troppo ridotta per l’utilizzo sui campi sportivi, e dall’altro, in qualità di produttore della fotocamera ufficiale, l’azienda voleva suggellare l’evento con un exploit significativo.

Venne quindi allestito un Canon FD 1.200mm 1:5,6 L con lenti in fluorite e dotato di moltiplicatore 1,4x incorporato nel barilotto ed inseribile a comando per ottenere un 1700mm 1:8 (una soluzione pratica e poi rivista nel recente Canon EF 200-400mm 1:4 L IS USM Extender 1,4x); di questo mostro vennero assemblati 5 esemplari, poi assegnati a fotografi ufficiali accreditati all’evento, e ad Olimpiadi terminate le ottiche ritornarono in Giappone dove servirono come base per lo sviluppo della versione EF-L (otticamente identica); questo Canon FD 1.200mm 1:5,6 L non fu mai pubblicizzato né proposto in vendita al pubblico e la carriera dei 5 prototipi FD-L utilizzati a Los Angeles terminò con l’avvento del 1.200mm EF-L, quando vennero smontati e a loro volta convertiti in montatura EF, eliminando contestualmente il moltiplicatore 1,4x incorporato e “riciclandoli” come ottiche autofocus (una scelta comprensibile, considerando il costo dell’obiettivo e la complessità insita nella produzione del grande elemento il fluorite).

 

 

La nuova versione EF-L fu ufficialmente disponibile al 1993 al 2006 e condivideva con i prototipi FD-L del 1984 non solo il gruppo ottico ma anche gran parte del barilotto, prevedendo differenze percettibili solamente nella parte posteriore, con i caratteristici switch di controllo per la messa a fuoco automatica e l’assenza del moltiplicatore 1,4x incorporato con il relativo sbalzo asimmetrico del barilotto.

 

 

Il Canon EF 1.200mm 1:5,6 L USM è stato un obiettivo eccezionale da ogni punto di vista: veniva prodotto unicamente su ordinazione, richiedendo un’attesa di circa 18 mesi, dei quali un anno intero era necessario solamente per la crescita controllata del grande cristallo artificiale di fluorite (fluoruro di calcio, CaF2) utilizzato per tagliare l’enorme elemento anteriore L2 che, con un diametro di circa 200mm, è probabilmente la più grande lente di questo materiale mai utilizzata in un obiettivo fotografico regolarmente commercializzato.

Questo teleobiettivo pesava ben 16,5kg e al momento del lancio costava quasi 10 milioni di Yen, mentre il listino indicativo in Italia era nell’ordine di circa 150 milioni di Lire; questo prezzo, incidentalmente, era praticamente lo stesso del mastodontico Nikkor Ai-P 1.200-1.700mm 1:5,6-8 commercializzato da Nikon dal 1994 al 1998 in appena 34 esemplari ma del quale un prototipo venne prodotto a inizio del 1990 perché i Canon 1.200mm 1:5,6 FD L con moltiplicatore 1,4x reduci dalle Olimpiadi del 1984 non erano ancora stati trasformati eliminando l’extender incorporato e venivano utilizzati per coprire i tornei di baseball che creavano grande interesse e si svolgevano allo stadio Koshien presso Kobe, una struttura molto famosa in Giappone e dalle dimensioni mastodontiche, con un campo da 118 metri; le grandi distanze imposte ai fotografi erano proibitive e solamente chi operava con quei Canon FD 1.200mm 1:5,6 L che, in un batter d’occhio, potevano essere convertiti a 1.700mm 1:8 senza nemmeno smontare la macchina riuscivano ad ottenere immagini realmente soddisfacenti, al punto che Nikon sviluppò e produsse il primo prototipo di Zoom-Nikkor 1.200-1.700mm appositamente per dispiegarlo al Koshien e replicare a questo exploit del rivale in un contesto così seguito in patria.

 

 

Lo schema ottico utilizzato dai Canon 1.200mm 1:5,6 L versione FD ed EF era lo stesso, caratterizzato da 4 grandi elementi anteriori da 20cm di diametro e oltre e da un gruppo posteriore di 7 lenti suddivise in un elemento singolo e 3 doppietti, l’ultimo dei quali muovendosi consentiva la messa a fuoco con uno spostamento minimo di massa; il diaframma era posteriore, oltre l’ultimo elemento e lo schema viene ufficialmente indicato come composto da 13 elementi in 10 gruppi (anche se le lenti sono effettivamente 11 in 8 gruppi) perché annovera nel totale anche i 2 filtri incorporati: quello frontale, di grandi dimensioni, è un elemento neutro montato in posizione fissa in fabbrica e serve a proteggere la prima lente realizzata in vetro dispersione contenuta a base di fluoruri tipo FK5 corrispondente alla tipologia Ohara S-FSL5, un materiale tenero e vulnerabile, mentre quello posteriore da 48mm, intercambiabile, è inserito nel classico telaio estraibile e si trova alle spalle di gruppo ottico e diaframma; la caratteristica più impressionante di questo schema è l’utilizzo di 2 lenti in fluorite, la più grande delle quali (in posizione L2) ha un diametro nell’intorno dei 200mm e la sua realizzazione è davvero ai limiti del tecnicamente fattibile.

 

 

Il diagramma MTF ufficiale, misurato a 10 e 30 cicli/mm di frequenza spaziale in orientamento sagittale (linea continua) e tangenziale (linea tratteggiata) e alle aperture 1:5,6 (grafica nera) ed 1:8 (grafica ciano) prevede valori tutto sommato notevoli per la notevolissima lunghezza focale, non evidenzia differenze apprezzabili chiudendo 1 f/stop ad 1:8 (suggerendo un utilizzo continuo a tutta apertura 1:5,6, vantaggioso per ottenere tempi di scatto sicuri) e mostra un degrado periferico della lettura tangenziale, con linee di mira perpendicolari alla semidiagonale di formato, probabilmente non da attribuirsi ad aberrazioni varie bensì ad un residuo di aberrazione cromatica laterale, difficile da annullare con 1,2 metri di focale anche usando elementi in fluorite a bassissima dispersione e dispersione parziale anomala.

Lo schema ottico utilizzato nei 1.200mm 1:5,6 FD-L ed EF-L venne calcolato da Keiji Ikemori e la progettazione della struttura originale avvenne nel corso del 1980; Ikemori-San diede vita a vari esempi di obiettivo da 1.000mm 1:8 e uno da 1.200mm 1:5,6 (esattamente 1.160mm 1:5,7) nei quali utilizzava un nuovo schema con 2 moduli principali che consentiva di correggere l’aberrazione cromatica utilizzando vetri speciali a bassissima dispersione e garantire una messa a fuoco interna che evitava lo spostamento di pesanti gruppi di lenti, sfruttando il flottaggio del piccolo doppietto posteriore.

 

 

Questi studi confluirono in 2 richieste di brevetto giapponesi in data 9 Ottobre 1980 e primo Novembre 1980 e in questo caso stiamo osservando l’intestazione del corrispondente brevetto statunitense, richiesto il 5 Ottobre 1981 e più comprensibile; già osservando la sezione di un embodiment preferenziale allegata a questa introduzione possiamo riconoscere lo schema visto in precedenza.

 

 

L’esemplare da 1.200mm 1:5,6 (come detto, in realtà 1.160mm 1:5,7 effettivi) del progetto originale ricalca effettivamente lo schema che poi troveremo nel 1.200mm 1:5,6 FD L del 1984 ed EF L del 1993, tuttavia nel brevetto originale non erano ancora contemplate lenti in fluorite e per la correzione cromatica ci si affidava all’elemento frontale in vetro FK5 descritto in precedenza (con numero di Abbe 70,1, quindi a dispersione molto ridotta ma non ancora di categoria ED-UD) e a 2 grossi elementi del gruppo frontale, in posizione L2 ed L4, realizzati col classico vetro UD a bassissima dispersione normalmente utilizzato anche oggi nelle ottiche Canon e corrispondente alla tipologia Ohara S-FPL51, con numero di Abbe 81,6 conforme allo standard dei consueti vetri ED-UD impiegati dai fabbricanti; in seguito, probabilmente il progettista si rese conto che questi elementi non erano sufficienti a correggere l’aberrazione cromatica al livello previsto con una focale di 1.200mm e convertì lo schema agli elementi in fluorite, pur senza modificarne la struttura; dal momento che i 2 elementi UD del modello originale erano entrambi nel gruppo anteriore, con diametri da 20cm ciascuno, per non fare esplodere i costi Ikemori-San decise di limitare gli elementi in fluorite in posizione anteriore ad uno, piazzando il secondo in L6 nel gruppo posteriore, dove era richiesto un diametro decisamente più convenzionale; immaginiamo quanto sarebbe costato l’obiettivo con entrambe le lenti in fluorite da 20cm…

 

 

Questo diagramma indica lo stato delle aberrazioni previsto in sede di progetto per il primo 1.200mm 1:5,6 con vetri UD Ohara; purtroppo il fondo-scala permissivo non fornisce alle curve la definizione necessaria per effettuare valutazioni precise, notate tuttavia come l’astigmatismo venga monitorato a 2 differenti lunghezze d’onda dello spettro visibile, fatto insolito e sempre legato alla necessità di monitoraggio degli errori di origine cromatica con una focale così lunga.

 

 

Gli schemi affiancati del 1.200mm 1:5,6 dal brevetto originale di Keiji Ikemori con vetri UD e delle versioni FD-L prototipo ed EF-L di produzione mostrano la netta corrispondenza; osservate quale sarebbe stato il diametro anche della seconda lente il fluorite se avesse preso il posto dell’elemento UD originale il posizione L4…

 

 

Dopo tante disquisizioni tecniche e teoriche, ecco finalmente una eccezionale immagine che ritrae la postazione dei fotografi alle Olimpiadi di Los Angeles 1984 ed immortala 2 di essi equipaggiati con corpi Canon F1 New motorizzati e 2 dei 5 prototipi di Canon FD 1.200mm 1:5,6 L, un obiettivo incredibile per l’epoca non soltanto considerando la focale ma soprattutto valutando l’apertura massima 1:5,6, ben 2 f/stop più aperta rispetto ai corrispondenti Nikkor.

Notate come la struttura dell’obiettivo sia già quasi interamente conforme a quella della versione EF-L del 1993, e la principale differenza consiste nell’introduzione di un gruppo ottico moltiplicatore 1,4x direttamente nella struttura del barilotto, con possibilità di inserirlo rapidamente nel percorso ottico semplicemente abbassando una leva esterna, visibile nell’obiettivo più in basso nella foto; lo sbalzo arrotondato fuori asse della struttura serve proprio a contenere le lenti del moltiplicatore 1,4x quando non è in uso e viene spostato dall’asse di ripresa.

Altri dettagli peculiari del Canon 1.200mm 1:5,6 L in versione FD sono la messa a fuoco ottenuta con un pomello rotante sulla sinistra della struttura simile a quello dell’FD 800mm 1:5,6 L (anziché con la ghiera convenzionale e relativa finestra per le distanze presente nell’EF-L, cosa che ha permesso di introdurre una camma a passo variabile non presente nell’FD-L) e lo snodo per ruotare la fotocamera di 90° in caso di riprese verticali, posizionato non in prossimità della baionetta ma più avanti, oltre l’ingombro del moltiplicatore 1,4x; pertanto, ruotando la fotocamera, il modulo posteriore del cannotto con il moltiplicatore si muove a sua volta rimanendo solidale alla medesima, come si può facilmente apprezzare osservando l’obiettivo più in alto nella foto.

Il Canon FD 1.200mm 1:5,6 L è un obiettivo inaspettato e praticamente sconosciuto che anticipa l’esercizio effettivo di questo eccezionale modello di ben 9 anni, e sicuramente i 5 fortunati fotografi che ebbero il privilegio di utilizzarlo a Los Angeles 1984 si saranno sentiti pervasi da superpoteri rispetto agli altri colleghi; questo exploit targato anni ’80 fu principalmente possibile per la superiore tecnologia proprietaria sviluppata da Canon nella produzione di fluorite artificiale di grandi dimensioni, un settore nel quale iniziò le prime sperimentazioni già a metà anni ’60 e sulla cui tecnica specifica probabilmente scriverò un articolo in futuro, e conferma la sua storica posizione di preminenza nel campo dei teleobiettivi che nel tempo ebbe modo di ribadire con altri obiettivi eccezionali come il 300mm 1:1,8 PE per fotofinish (del quale ho già scritto) e il ciclopico catadiottrico da 5.200mm per circa un quintale di peso con ventilazione interna forzata ad azoto.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

 

 

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