Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; io sono nato nel 1964 e le prime fotografie con reflex le scattai nel 1978, quindi gran parte del mio percorso esistenziale è stato accompagnato da fotocamere e obiettivi: in pratica, si può dire che siamo una cosa sola; nel tempo, durante la progressiva escalation da interesse a passione a collezione/studio, ho acquisito numerosi obiettivi, molti dei quali anche solo per mero interesse tecnico o storico, magari perché introducevano una novità epocale o perché erano stati calcolati da un progettista significativo che stimo, e devo ammettere di avere in casa ottiche che non ho ancora utilizzato nemmeno una volta.
Ovviamente la passione di lungo corso non si è limitata ad uno sterile esercizio teorico e, nel contempo, ho realizzato centinaia di migliaia di fotografie, molte delle quali in chiave professionale, destinate a committenti o create per illustrare volumi di architettura e arte, fino all’intero complesso iconografico dei 5 volumi dedicati a sistemi fotografici tedeschi, realizzati col carissimo amico Pierpaolo Ghisetti; in questa lunga prassi si sono alternati corredi, formati, marchi e tecnologie differenti e anche io, come tutti, ho individuato degli obiettivi preferenziali che alla fine, nonostante l’ampia scelta disponibile, ho utilizzato per la maggioranza delle foto di una vita; uno di questi è un medio-tele macro di progettazione abbastanza recente, il Canon EF 100mm 1:2,8 Macro USM.
Il brand Canon aveva concretizzato una gamma completa di ottiche macro già ai tempi della generazione FD, quando i clienti potevano scegliere fra pezzi ben diversificati come FD MP 20mm 1:3,5 bellows, FD MP 35mm 1:2,8 bellows, FD 50mm 1:3,5 Macro, FD 100mm 1:4 Macro ed FD 200mm 1:4 Macro; fu quindi naturale, dopo la transizione al sistema EOS e alle ottiche autofocus Canon EF, rendere disponibile una serie di obiettivi destinati alla macrofotografia; in questi stralci di una brochure Canon del 2003 troviamo dunque alcune ottiche Macro della serie EF: il 50mm 1:2,5 Compact-Macro, luminoso e di piccole dimensioni, lo specialissimo 65mm 1:2,8 MPE, in grado di coprire gli elevati rapporti di riproduzione compresi fra 1:1 e 5:1 con diaframma automatico e adeguata distanza di ripresa, il 100mm 1:2,8 USM, con motore a ultrasuoni e capacità di scendere fino ad 1:1, e il 180mm 1:3,5 L USM, lunga focale parimenti dotata di motore ad ultrasuoni e capacità di arrivare ad 1x, ideale per fotografare da una certa distanza; il 100mm 1:2,8 Macro USM è il protagonista di queste note.
Quest’obiettivo, presentato nel Marzo del 2000, sostituiva la precedente versione EF con analoghe caratteristiche geometriche, introducendo due migliorie volte ad aumentare drasticamente la velocità della messa a fuoco automatica: il motore ad ultrasuoni USM e un sofisticato sistema flottante interno.
L’obiettivo, tuttora distribuito, misura 119mm di lunghezza per 79mm di diametro e pesa 614g (593g senza tappi); il cannotto anteriore è piuttosto complesso perché prevede l’interfaccia per tre differenti accessori: una filettatura da 58×0,75mm destinata ai filtri, una scanalatura che consente l’innesto rapido di flash speciali, come l’anulare macro MR-14EX, e le flange per la baionetta del paraluce Canon ET-67; la scritta USM e la grafica Ultrasonic di colore dorato indicano la presenza di un motore di messa a fuoco ad ultrasuoni, e l’obiettivo dispone di un’ampia ghiera di messa a fuoco gommata e sempre in presa che consente di intervenire e correggere il fuoco anche durante il funzionamento in automatico, con relativa frizione di fondo corsa che svincola la ghiera esterna dai meccanismi interni, superando un certo gradiente di sforzo.
Il barilotto, non tropicalizzato, è realizzato in resina ma risulta adeguatamente robusto anche perché la messa a fuoco interna non modifica minimamente le dimensioni esterne e non ci sono quindi parti mobili oltre alla ghiera appena descritta; sulla parte sinistra è presente una struttura con due selettori, il primo destinato a disinserire la messa a fuoco automatica (switch AF – AF) e l’altro a limitare l’escursione di fuoco a distanza ravvicinata da 0,31m (rapporto 1:1) a 0,48m (rapporto 1:2), rendendo ancora più veloce la reazione dell’autofocus.
Nella parte superiore, riferita all’obiettivo montato, troviamo l’indicazione della lunghezza focale e la classica finestra in resina trasparente che mostra la ghiera di messa a fuoco e le indicazioni relative a metri, piedi e rapporto di riproduzione; alla base del barilotto sono anche presenti scanalature destinate ad accogliere il collare di fissaggio al treppiedi, opzionale, e il classico riferimento rosso per l’allineamento con il corpo macchina.
L’attacco dell’obiettivo è ovviamente la baionetta Canon EF con la relativa serie di contatti dorati.
Naturalmente queste nuove serie di obiettivi autofocus ha ben poco da spartire con i predecessori di 30, 40 o 50 anni prima, all’epoca realizzati come dei piccoli gioielli di meccanica di precisione; le ottiche attuali, se vogliamo,hanno più alleli in comune con un elettrodomestico o un computer, e infatti questa immagine prelevata da una inserzione di vendita illustra il mainboard interno del Canon EF 100mm 1:2,8 Macro USM, obiettivo appartenente ad una generazione che sfrutta ormai l’elettronica in modo massiccio; del resto Canon a suo tempo fece scelte coraggiose e le ottiche EF furono le prime ad eliminare qualsiasi interfaccia meccanica col corpo e delegare ogni funzione a contatti elettrici, compresa la chiusura del diaframma; questa condizione produce naturalmente una certa inquietudine perché da un lato l’obiettivo è esposto a “sudden death” nel caso del cedimento di un componente elettronico e dall’altro c’è sempre il rischio che il ricambio di tale elemento non sia più disponibile, trasformando all’istante il pezzo in un fermacarte; non è attualmente il caso di questo 100mm, ancora ufficialmente distribuito, tuttavia il problema si verificherà in futuro, mentre un obiettivo anni ’50 può vivere ed essere revisionato e riparato in eterno… Questo è il prezzo del progresso.
Lo schema ottico dell’obiettivo appare complesso e richiama subito l’architettura di uno zoom; in effetti, come vedremo, il principio informatore del suo funzionamento è simile a quello solitamente sfruttato in modelli a focale variabile.
L’attuale genealogia completa del Canon EF 100mm 1:2,8 Macro si articola su 3 differenti modelli: il Canon EF 100mm 1:2,8 Macro, lanciato nell’Aprile 1990 e dotato di un motore interno convenzionale, sfruttava uno schema analogo a quello di altri medio-tele macro della concorrenza e il suo barilotto si allungava vistosamente a distanze ravvicinate; il Canon EF 100mm 1:2,8 Macro USM, commercializzato nel Marzo 2000, adottava il nuovo schema a 12 lenti in 8 gruppi con flottaggi multipli e un motore USM che rendevano la messa a fuoco molto rapida e garantivano prestazioni ottiche superiori, specie alle massime aperture, il tutto senza che le dimensioni variassero passando alle distanze minime; infine, il Canon EF 100mm 1:2,8 Macro L IS USM, commercializzato nel Settembre 2009, si basava sullo schema del Macro USM precedente, aggiungendo una lente in vetro UD, un barilotto serie L di alta qualità e lo stabilizzatore d’immagine IS, utile per riprese macro a mano libera sul campo.
Dal punto di vista prestazionale, osservando gli MTF ufficiali, sembra che lo step più evidente sia relativo al passaggio dal primo schema del 1990 a quello con flottaggi multipli del 2000, mentre il guadagno dell’ultimo modello L IS è marginale e il più importante vantaggio di tale modello è la presenza dello stabilizzatore; in realtà anche la prima versione garantiva ottimi risultati a diaframmi medi e il progresso introdotto dalle serie successive, all’atto pratico, è percettibile solamente ai primi diaframmi di lavoro.
Il Canon EF 100mm 1:2,8 Macro USM del 2000 fu calcolato da Akira Harada, uno specialista di questo settore che, in carriera, ha progettato anche il Canon EF 180mm 1:3,5 Macro L USM ed ha realizzato un interessante studio di fattibilità, applicando i reticoli diffrattivi (il famoso sistema Canon DO utilizzato in alcuni modelli) allo specialistico Canon EF 65mm 1:2,8 MP-E 1x – 5x; non ultimo, ha firmato anche la prima versione del famoso Canon EF 70-200mm 1:2,8 L IS USM.
La richiesta del brevetto prioritario giapponese per lo schema del 100mm 1:2,8 Macro USM fu depositata il 19 Febbraio 1998, tuttavia presento l’intestazione del corrispondente documento statunitense, richiesto l’anno successivo, per facilità di comprensione; già dal laconico abstract si intuisce la complessità de nuovo sistema, con lo schema suddiviso in 4 gruppi di lenti dei quali 3 si muovono in maniera asincrona durante la messa a fuoco!
Questo brevetto testimonia un lungo e certosino lavoro di Harada-San che, nelle 25 pagine del documento, ha presentato addirittura 9 differenti versioni basate sullo stesso concetto, la prima delle quali corrisponde all’obiettivo di produzione; di queste 9 opzioni, le prime 5 corrispondono ad un macro da 100mm 1:2,8 e le rimanenti 4 ad un macro da 100mm con apertura ridotta ad 1:3,5.
Questo schema ricavato dal brevetto, e con i moduli evidenziati in seguito a colori, permette di capire bene la complessa architettura del Canon EF 100mm 1:2,8 Macro USM: passando da infinito a 0,31m (rapporto di riproduzione 1:1), il primo modulo di lenti (azzurro) resta stazionario, il secondo (senape) arretra in modo costante, il terzo (magenta) avanza in senso opposto con analoga progressione lineare e il quarto (verde) compie invece un percorso parabolico, avanzando e poi arretrando durante l’intera escursione di fuoco, trovandosi alla fine in una posizione leggermente più arretrata rispetto ad infinito; questi movimenti sono concettualmente molto simili a quelli sfruttati per certi obiettivi zoom, e infatti a partire dagli anni ’90 la nuova frontiera nella progettazione di obiettivi macro verteva proprio sull’adozione di schemi analoghi a quelli di una focale variabile; il primo obiettivo ad incorporare una struttura che segue questi concetti, sebbene ancora timidamente, fu il Medical-Nikkor 120mm 1:4 IF.
I flottaggi del 100mm macro Canon producono immediati vantaggi: il gruppo ottico anteriore stazionario non richiede alcuna variazione dimensionale del barilotto durante l’escursione di fuoco, pertanto gli ingombri esterni dell’obiettivo rimangono invariati; inoltre, evitando lo spostamento di elementi meccanici con relativi elicoidi, la velocità della messa a fuoco automatica diviene molto soddisfacente; per far comprendere la portata della miglioria, per passare da infinito a 0,31m (rapporto 1:1) basta una rotazione di circa 150° sulla ghiera esterna, meno di mezzo giro.
Questi diagrammi riportati sul brevetto documentano le aberrazioni caratteristiche dell’esemplare di produzione quando viene utilizzato ad infinito o a distanza minima 1:1; si può notare come il complesso flottaggio multiplo consenta di mantenere molto costanti i livelli delle aberrazioni e anche come le curve per aberrazione sferica e distorsione cambino segno: è pertanto plausibile che ad una coniugata intermedia, intorno ad 1:5 – 1:10 (campo inquadrato: 12x18cm – 24x36cm), i valori siano ancora più modesti rispetto a quelli misurati ai due estremi dell’escursione di fuoco; in Canon EF 100mm 1:2,8 Macro USM si configura comunque come un obiettivo molto corretto, riscontro poi ampiamente confermato nell’uso pratico.
La tabella con i dati grezzi di progetto ci indica le tipologie di vetri ottici utilizzati nell’obiettivo; trattandosi di un progetto recente troviamo una certa profusione di materiali agli ossidi delle Terre Rare, ed è interessante anche considerare la presenza di due vetri del tipo FK5 a dispersione molto contenuta (sebbene non ancora UD tout-court), evidentemente introdotti per controllare l’aberrazione cromatica.
Le 12 lenti dell’obiettivo sono state realizzate sfruttando 7 differenti categorie di vetri ottici; nello specifico, troviamo un Dense Crown SK (L1), 2 Fluorite Crown FK (L2 ed L4), 2 Lanthanum Dense Crown LaSF (L3 ed L12), 2 lanthanum Flint LaF (L5 ed L9), un lanthanum Crown LaK (L8), un Crown Flint KF (L6) e 3 Dense Flint SF (L7, L10 ed L11); abbiamo quindi 2 lenti con vetro a dispersione molto ridotta, 5 agli ossidi delle Terre Rare ad alta rifrazione/bassa dispersione e 3 in vetro SF ad alta/altissima rifrazione ed alta dispersione: si tratta di una dotazione notevole che garantisce ottime prestazioni senza penalizzare troppo il prezzo di listino dell’obiettivo, sostanzialmente abbordabile.
Come anticipato, il Canon EF 100mm 1:2,8 Macro USM è uno degli obiettivi che ho utilizzato più estensivamente, fin da quando lo acquistai nel 2005, sfruttandolo per la quasi totalità delle riproduzioni di attrezzature che ho realizzato in questi anni; la caratteristica più impressionante di questo modello è sicuramente la qualità ottica solida e costante, apparentemente poco sensibile all’azione del diaframma: è già nitido a tutta apertura, ottimo a diaframmi intermedi e ancora incredibilmente soddisfacente anche con forti chiusure, quando in teoria la diffrazione dovrebbe portare a risultati scoraggianti, il tutto con impeccabile soppressione di astigmatismo e aberrazione cromatica; considerando anche il complesso flottaggio che mantiene costanti le prestazioni alle varie distanze, possiamo considerare questo medio-tele macro come un modello estremamente versatile, utilizzabile non solo per riproduzioni tecniche e still-life ma anche per dettagli di architettura, foto di paesaggio e persino ritratti, dove un’incisione elevata sia utile per esaltare i segni del tempo ed aumentare l’espressività nel volto di una persona attempata.
Ad esempio, questo ritratto immortala il famoso collezionista di carri siciliani Giovanni Virgadavola da Vittoria (RG) e lo realizzai nel 2010 utilizzando proprio quest’obiettivo chiuso ad 1:8; come si può intuire anche da questa immagine a risoluzione ridotta, definizione e contrasto sono impeccabili.
Naturalmente un medio-tele macro come questo è indicato soprattutto per lo still-life di oggetti, sfruttando anche la maggiore compressione prospettica garantita dalla lunga focale per ottenere una resa più naturale e piacevole.
Praticamente tutte le immagini che illustrano questi 5 volumi le ho scattate con il Canon EF 100mm 1:2,8 Macro USM; inizialmente non chiudevo oltre 1:11 temendo un calo di risoluzione per diffrazione, ottenendo tuttavia immagini con soggetti dai profili sfuocati e molto difficili da scontornare di precisione, come mia intenzione; ho quindi progressivamente aumentato la chiusura ad 1:16, 1:18, 1:20 e anche 1:22, mantenendo quindi a fuoco l’intero oggetto e ritrovando, incredibilmente, una resa ancora più che soddisfacente quanto a risoluzione e contrasto, come nel caso della Leica M3 black della foto seguente.
In questi ultimi anni ho realizzato molti still-life sfruttando invariabilmente quest’obiettivo e sempre con diaframma sostanzialmente molto chiuso, da 1:16 a 1:22, e la selezione di immagini che seguono testimoniano in modo eloquente la qualità d’immagine professionale che è in grado di produrre.
Si tratta quindi di un cavallo da tiro con ottimo rapporto qualità/prezzo che produce risultati affidabili in ogni situazione; peccato che, per contenere il listino (attualmente si trova con facilità brand new a cifre nell’ordine dei 500€), non sia stata prevista una struttura “serie L”, tuttavia lo scafo privo di parti mobili e collassabili non è fonte di problemi e, nonostante l’aspetto un po’ dimesso da ottica da tutti i giorni, questo macro Canon EF sa regalare grandi soddisfazioni; personalmente sono affezionato a questo modello anche perché è uno dei rarissimi casi in cui i proventi professionali di un obiettivo mi hanno abbondantemente ripagato dell’investimento fatto al momento dell’acquisto! J
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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