La nascita dei normali superluminosi Canon asferici e flottanti attraverso la descrizione di un prototipo intermedio del 1968.
Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; chi mi conosce in modo un po’ meno superficiale sa che mi interesso di paleontologia fin dalla tenera età e che ho dedicato gran parte della mia vita, anche professionalmente, proprio ai fossili; in questo settore ricorre spesso il tema dell’anello di congiunzione, ovvero una olotipo fornito di particolari mutazioni o modificazioni morfologiche che documentano e giustificano il passaggio da una forma di vita preesistente ad uno step molto più evoluto; siccome natura non facit saltus, devono necessariamente esistere stadi intermedi che hanno permesso tale drastica trasformazione/evoluzione, spesso generati da piccole mutazioni genetiche spontanee e in altri casi da semplice selezione per adattamento ambientale; fu così, ad esempio, con i rettili piumati ad ossa cave che collegano i rettili ornitischi mesozoici agli uccelli e questo concetto si può applicare anche ad un argomento del modernariato fotografico che fa sussultare il cuore degli appassionati, ovvero l’avvento dei normali superluminosi Canon asferici e flottanti, una categoria di obiettivi dalle caratteristiche superiori che videro la luce nel 1971 e che erano talmente all’avanguardia per quei tempi da suscitare curiosità, dal momento che questa “mutazione genetica” migliorativa arrivò d’improvviso nel corredo Canon, senza preavviso e anche senza alcun brevetto direttamente collegato al primo modello presentato, il leggendario Canon FD 55mm 1:1,2 AL “chrome nose”.
Incuriosito da questa mancanza di documentazione, ho intensificato le ricerche e recuperato un brevetto giapponese del 1968 finora trascurato (anche per le oggettive difficoltà di ricerca e consultazione in tale idioma) e che costituisce, appunto, un vero e proprio anello di congiunzione: la documentazione del passaggio dallo schema dei normali luminosi 1:1,2 convenzionali degli anni ’60 a quello molto più sofisticato (asferico e flottante) del 55mm 1:1,2 AL, tramite ipotesi intermedie.
La società Canon è stata fra le prime a nobilitare i propri corredi di obiettivi con modelli estremamente luminosi, creando una sorta di tradizione di famiglia; già negli anni ’50 il sistema a telemetro poteva vantare il 50mm 1:1,2 progettato da Ito-San e nel 1961 la casa impressionò gli addetti del settore bissando col celebre 50mm 1:0,95, un’apertura che abbatteva una vera barriera psicologica e che valse al mastodontico normale il soprannome di “Dream lens”; questa pagina riprodotta da un catalogo Canon del 1968 mostra il corredo a telemetro (ormai agli sgoccioli della sua vita utile) con i due citati superluminosi, ai quali si affianca anche un terzo obiettivo 1:1,2 destinato agli apparecchi reflex; considerando anche le due versioni 50mm 1:1,4 e i due modelli 50mm 1:1,8, la scelta di normali luminosi proposta da Canon a quei tempi non aveva eguali.
Naturalmente, agli esordi, luminosità così elevate richiedevano compromessi con la qualità imposti dai limiti tecnologici e vanno intese soprattutto come exploit da catalogo, trendsetter che spingono le vendite di prodotti meno estremi e più generosi quanto a prestazioni, tuttavia Canon ha continuato ad evolvere i suoi normali superluminosi con costanza e tenacia, seguendo alcuni fili conduttori che ora andremo ad evidenziare.
Abbandoniamo quindi il sistema a telemetro, i cui luminosi fornirono comunque un fertile sostrato iniziale, e concentriamoci sui corredi reflex; fra sostanziali evoluzioni e varianti minori, dal 1962 al 1980 l’azienda ha proposto 11 versioni di normale ad apertura 1:1,2, considerando solo gli storici corredi manual focus.
Il primo superluminoso fu il 58mm 1:1,2 Canonmatic R per l’omologa serie di fotocamera di alto rango, presentato nel 1962; lo stesso gruppo ottico fu passato al Canon FL 58mm 1:1,2 con differente montatura, declinato nella versione I (1964) e II (1966); tale luminosità era prioritaria in casa Canon anche per la nascita del modello Pellix, il cui specchio semitrasparente fisso inviava parte della luce al mirino anche durante la posa, richiedendo quindi un’esposizione più abbondante; nel 1968 un nuovo schema ottico permise di ridurre la focale, dando vita al Canon FL 55mm 1:1,2; gli anni ’70 videro la rivoluzione FD e nel 1971 venne presentato l’FD 55mm 1:1,2 (con schema ereditato dall’FL del 1968) e il notevole FD 55mm 1:1,2 AL, versione muscolare con 8 lenti, superficie asferica e sistema flottante; nel 1973 questi due modelli, mantenuti entrambi a listino, ricevettero il nuovo antiriflessi multiplo Super-Spectra e, con qualche ritocco estetico, acquisirono la denominazione FD 55mm 1:1,2 S.S.C e FD 55mm 1:1,2 AL S.S.C.; nel 1975, con l’arrivo del’FD 24mm 1:1,4 S.S.C. Aspherical, l’estetica del 55 speciale fu omologata, aggiungendo la denominazione Aspherical per esteso in colore giallo senape (Canon FD 55mm 1:1,2 Aspherical); infine, nel 1980, la focale passò a 50mm e vennero presentati il Canon FD New 50mm 1:1,2 e il Canon FD New 50mm 1:1,2 L, quest’ultimo derivato dal 55mm precedente e anch’esso dotato di schema ad 8 lenti, con superficie asferica ed elemento flottante.
Cerchiamo quindi di capire i principi informatori che hanno guidato questa complessa e articolata evoluzione.
Un abbraccio a tutti – Marco chiude.
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Credo che anche lo splendido Canon FD 24/2,8 che ho acquistato da voi lo scorso anno con grande soddisfazione abbia una lente floating. Ne sono contentissimo!