Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; in questa sede parleremo di un obiettivo leggendario, il luminosissimo Canon 50mm 1:0,95 realizzato per le omonime fotocamere a telemetro e commercializzato nell’estate del 1961; questo modello fu il primo a mandare in frantumi la barriera psicologica dell’apertura 1:1,0 e rappresentò non soltanto un exploit tecnologico nel settore dei normali per apparecchi 35mm che rimase senza repliche per oltre 45 anni ma anche un autentico fiore all’occhiello per il costruttore, la cui reputazione crebbe in maniera apprezzabile grazie a questo autentico “occhio della notte”.
NUOVE STRADE E LOGICHE NECESSITA’
Lo sviluppo della pellicola cinematografica 35mm e i drastici miglioramenti relativi a spessore, finezza di grana e potere risolutivo che la caratterizzarono permisero la proliferazione di piccoli e agili apparecchi fotografici per il formato 24x36mm e diedero vita ad un ambito completamente nuovo, quello della fotografia istantanea e della ripresa candid, dove i soggetti erano ignari di essere immortalati e venivano colti dal fotografo in pose e contesti assolutamente veritieri e naturali, sfruttando unicamente la luce disponibile; per contenere al massimo la grana, le pellicole 35mm dell’epoca prevedevano una sensibilità molto ridotta, pertanto fu subito universalmente avvertita l’esigenza di obiettivi molto più luminosi rispetto allo standard consueto degli apparecchi a lastre.
Il primo trendsetter di questo nuovo filone, già negli anni ’20, era stato il fotografo Erich Salomon, qui ritratto accanto ad una delle sue fotografie più famose; Salomon aveva messo a frutto una voce fuori dal coro delle classiche attrezzature a lastre, ovvero la fotocamera Ermanox prodotta dalla Ernemann di Dresden ed i relativi obiettivi Ernostar con apertura 1:2 o addirittura 1:1,8, valori realmente inusitati per l’epoca e che, in abbinamento a tempi di posa sostanzialmente lunghi gestiti grazie ad un leggerissimo monopiede, gli permisero di realizzare molte, celebri istantanee di famosi personaggi, tutti colti con naturalezza in momenti di vita, senza pose artificiose; sia Salomon che gli Ernostar furono un caso isolato ma rivelarono prepotentemente le grandi possibilità della fotografia in available light, fornendo nuovi stereotipi visivi che aprirono gli occhi dei fotografi su un universo inesplorato.
Negli anni ’30 questi nuovi fermenti trovarono una formidabile sponda nella piccola Leica e soprattutto nella nuova fotocamera Contax, che poteva vantare obiettivi Carl Zeiss Jena Sonnar da 5cm con apertura 1:2 e 1:1,5 di alta qualità e in grado di affrontare situazioni di illuminazione precaria in precedenza inimmaginabili.
IL GIAPPONE NON STA A GUARDARE
Il Sonnar 5cm 1:1,5 di Ludwig Bertele, grazie al suo progetto innovativo, garantiva buona risoluzione e soprattutto elevata brillantezza di contrasto anche in assenza di antiriflessi, e si può considerare a ragione uno degli obiettivi simbolo degli anni ’30; il Patto d’Acciaio che era in essere durante in regime del Dritten Reich prevedeva anche una stretta condivisione di informazioni tecniche fra le aziende tedesche e le controparti nipponiche, nel cui ambito i piani di progetto dei pregiati Sonnar finirono direttamente nelle mani dei tecnici della Nippon Kogaku, a quel tempo l’azienda più coinvolta con la produzione per esigenze militari, e nel pacchetto era persino compresa una fornitura di vetri ottici originali Schott che permettevano di assecondare esattamente le specifiche originali previste; in questo contesto abbiamo il primo approccio di Canon, dal momento che proprio Nippon Kogaku le forniva i relativi obiettivi, derivati dai progetti Zeiss.
ANNI ’50, NUOVI ORIZZONTI E GRANDI APERTURE.
Archiviati i drammatici anni di guerra e i primi, terribili momenti dopo la disfatta e l’olocausto nucleare, in Giappone lo sviluppo di nuove attrezzature fotografiche riprende alacremente, sebbene ancora sotto occupazione statunitense; la volontà di emendarsi dalla pedissequa replicazione dei modelli Zeiss ma, soprattutto, le scorte degli specifici vetri Zeiss-Schott che si stavano esaurendo imposero ai tecnici della Nippon Kogaku di riprogettare il Nikkor 5cm 1:1,5 e, in rapidissima successione, di ricalcolarlo per un’apertura massima di 1:1,4; il Nikkor S.C. 5cm 1:1,4 del 1950 fu dunque il primo di una lunga serie di obiettivi normali molto luminosi che vedranno la luce in questo decennio, un inseguimento continuo alle grandi luminosità che troverà degno compimento con il Canon 50mm 1:0,95, finito di progettare nell’autunno 1960.
Dopo il Nikkor S.C. 5cm 1:1,4, la stessa Canon si cimentò in prima persona su un progetto derivato dal Sonnar di Bertele, e nel Novembre 1952 presentò il suo primo obiettivo superluminoso, il Serenar 50mm 1:1,5, con schema ancora strettamente conforme a quello del Sonnar originale; subito dopo, nel 1953, due matematici spinsero il tipo Sonnar ai limiti di sviluppo teoricamente possibili e realizzarono il disegno di un luminosissimo 50mm 1:1,1 che l’azienda Teitoku Kogaku industrializzò, producendo il famoso 50mm Zunow; l’anno successivo, 1954, la Fuji Photo Film si cimentò a sua volta su una variante del Sonnar, realizzando il Fujinon 50mm 1:1,2, mentre nel 1955 si comprese finalmente che il tipo Doppio Gauss risultava più promettente in questo senso e in nuovi progetti di obiettivi superluminosi nipponici si affidarono a questa configurazione.
In quell’anno furono quindi calcolati l’Hexanon 60mm 1:1,2 della Konishiroku Kogaku e, soprattutto, il Canon 50mm 1:1,2 di Hiroshi Ito, primo obiettivo dell’azienda realmente superluminoso e molto importante perché definisce già completamente gli stilemi tecnici del futuro 50mm 1:0,95; in realtà il limite di sviluppo in direzione di una maggiore luminosità era rappresentato dal diametro utile della montatura a vite LTM, che vincolava le dimensioni della lente posteriore.
L’anno successivo,1956, vide l’antico fornitore Nippon Kogaku, ora a tutti gli effetti rivale di Canon sul mercato con la sua linea di fotocamere Nikon S, proporre il luminosissimo e complesso Nikkor N.C. 5cm 1:1,1, surclassando in luminosità il Canon 50mm 1:1,2 che, per ritardi nell’organizzazione della produzione, sarebbe arrivato sui banchi di vendita solo nel Settembre di questo stesso anno; inoltre anche la Teitoku Kogaku aveva ricalcolato il suo Zunow 5cm 1:1,1 del 1953, presentando una nuova versione di identiche caratteristiche geometriche ma con aberrazioni più controllate e migliore resa ottica.
In quel 1956 la Canon si trovò dunque a proporre sul mercato il suo nuovo 50mm 1:1,2 nello stesso momento in cui sia Nikon che Zunow lanciavano un 50mm 1:1,1; in un momento storico in cui gli obiettivi di grande luminosità suscitavano grande clamore nell’ambiente e la cui presenza a corredo definiva nell’immaginario l’eccellenza del costruttore, Canon percepì queste realizzazioni della concorrenza come un ideale guanto di sfida per questo primato e chiese ad Hiroshi Ito di fare ancora di più, spingendosi verso l’inconcepibile.
In realtà Ito-San aveva già realizzato un ottimo progetto quando disegnò il Canon 50mm 1:1,2 (famoso tuttora per la sua resa ottica) e ulteriori incrementi dell’apertura relativa mantenendo costante il ridotto diametro della montatura posteriore LTM avrebbero comportato l’adozione di uno schema più complesso e ingombrante, troppo costoso e anche impraticabile perché il grande barilotto avrebbe oscurato la finestra del telemetro, impendendo fisicamente la messa a fuoco!
Alla fine la soluzione fu molto semplice, un autentico uovo di Colombo: Ito-San sviluppò un obiettivo ancora più luminoso partendo dalla base del 50mm 1:1,2, e il necessario incremento nel diametro della lente posteriore impose di occupare fisicamente tutta l’area inscritta nella montatura; per mantenere la necessaria camma telemetrica quest’ultima divenne un sottile settore in ottone a scorrimento rettilineo (come in certi teleobiettivi Leitz) e per fargli posto venne sezionato un settore della lente posteriore, ad ore 12, che si trova fuori dal campo proiettato sul fotogramma.
Grazie a questo espediente fu completato il progetto di un incredibile Canon 50mm 1:0,95, la cui richiesta di brevetto fu consegnata il primo Novembre 1960 e la cui produzione in serie fu avviata nell’Agosto 1961, dando un degno compimento all’entusiasmante escalation appena descritta.
CANON PRENDE LA RINCORSA PER IL GRANDE BALZO
Il Canon 50mm 1:1,2, disegnato nei primi mesi del 1955 e commercializzato nel Settembre 1956, fu quindi il primo superluminoso della casa, realizzato in più varianti che condividevano lo stesso schema ottico; si tratta di un obiettivo gradevole perché le sue dimensioni, sebbene importanti, non sono ancora tali da penalizzare la maneggevolezza e l’obiettivo non risulta sgraziato quando è applicato al corpo macchina.
Lo stesso brevetto del modello 50mm 1:1,2 prevede anche una versione meno luminosa, un 50mm 1:1,4 che ne condivide l’architettura dello schema ottico e che, curiosamente, verrà commercializzato solamente 14 mesi dopo il modello 1:1,2, nel Novembre 1957.
Osservando alcune pagine di un manuale d’istruzioni Canon del 1957, possiamo ammirare il 50mm 1:1,2 commercializzato nel Settembre 1956 abbinato al precedente Serenar – Canon 50mm 1:1,5 lanciato nel Novembre 1952; lo schema del modello 1:1,5 replica ancora il classico disegno dello Zeiss Sonnar mentre il luminoso 50mm 1:1,2 si avvale di un nuovo Doppio Gauss a 7 elementi in 5 gruppi nel quale le dimensioni del modulo posteriore vincolate dalle quote meccaniche imposte hanno indirizzato lo sviluppo nella parte anteriore, caratterizzata da due grandi menischi spaziati ad aria; la casa rivendica un elevata risoluzione (confermata anche dagli utenti attuali) e l’adozione di nuovi vetri agli ossidi delle Terre Rare, materiali in fase di frenetico sviluppo quando questi obiettivi vennero calcolati.
L’azienda era naturalmente cosciente che il nuovo 50mm 1;1,2 di disegno moderno costituiva la sua punta di diamante, l’arma con la quale rivendicare finalmente un posto fra i grandi produttori di strumenti ottici e fotografici d’eccellenza, e l’impazienza di averlo effettivamente disponibile sul mercato nei 13 lunghi mesi intercorsi fra la richiesta di brevetto e l’arrivo sui banchi di vendita viene palesata da questo advertising statunitense dell’epoca, pubblicato su una prestigiosa rivista nel mese di Aprile, ben 5 mesi prima della commercializzazione effettiva, nel quale l’obiettivo viene precocemente svelato e addirittura promesso come disponibile già il mese successivo!
Il brevetto del Canon 50mm 1:1,2 (qui temporaneamente affiancato a quello del successivo 50mm 1:0,95 per i necessari raffronti) fu depositato in Giappone il 16 Agosto 1955 e, come si può vedere dai due schemi ottici affiancati, la sua architettura è già molto simile a quella del modello 1:0,95, nel quale la maggiore differenza consiste proprio nell’ultima lente, il cui diametro è teoricamente incompatibile con la montatura di destinazione; Canon asseriva il vero rivendicando l’utilizzo dei nuovi vetri agli ossidi delle Terre Rare: infatti il progetto prevede ben 4 lenti realizzate con tali materiali, tre in lanthanum Crown LaK13 (L1, L6, L7) e una in lanthanum Flint La F3 (L2), alle quali si aggiunge anche il terzo elemento in vetro Dense Crowk SK18 che, sebbene privo di ossidi delle Terre Rare, presenta comunque un ottimo rapporto fra risoluzione già mediamente elevata e bassa dispersione.
Si tratta quindi di un progetto molto moderno per i suoi tempi e l’apertura molto ampia ma non ancora esagerata permette di controllare l’aberrazione sferica ad un livello sufficiente per garantire ottime prestazioni; proprio questo schema così valido fungerà da base di calcolo per il 50mm 1:0,95 protagonista di questo articolo.
THE DREAM LENS, L’OBIETTIVO PIU’ LUMINOSO DELL’OCCHIO UMANO
Nella progettazione del definitivo 50mm 1:0,95 il dipartimento di calcolo ottico dovette lavorare a stretto contatto con gli specialisti della parte meccanica perché apparve subito evidente che per spingersi oltre il precedente limite di 1:1,2 mantenendo un diametro del barilotto sufficientemente ridotto per non intralciare il telemetro era necessario inventare qualcosa di alternativo; una volta definita la possibilità di sezionare la lente posteriore lasciando spazio alla camma telemetrica, sfruttando quindi un elemento ottico di diametro superiore alle aspettative, il nuovo calcolo di Ito-San spiegò le vele e nell’estate 1960 prese forma qualcosa di inaudito: un 50mm con apertura 1:0,95, un valore quasi incredibile per l’epoca e tuttora impressionante.
Ai responsabili della comunicazione di Canon non parve vero di avere a disposizione una simile primizia per i loro advertising e sottolinearono adeguatamente la disponibilità di un obiettivo così straordinariamente luminoso, come nel caso di questa pubblicità giapponese alla quale ho abbinato la foto del mio esemplare personale; le argomentazioni per stupire il pubblico erano molteplici e non si mancò di sottolineare fantasiosamente come quest’obiettivo fosse 4 volte più luminoso dello stesso occhio umano e potesse discernere particolari nell’ombra invisibili ad occhio nudo; anche le dimensioni imponenti e l’enorme lente ciclopica frontale aggiunsero il loro contributo e ben presto quest’obiettivo venne semplicemente appellato come Dream Lens, l’obiettivo da sogno.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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