Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; dagli anni ’30 ai primi decenni del dopoguerra in alcuni stati americani come Michigan, Illinois e New York si svilupparono varie aziende che concepirono e misero in produzione apparecchi fotografici destinati ad un vasto pubblico ma spesso caratterizzati da soluzioni tecniche, funzionali ed estetiche interessanti; questi modelli restavano solitamente confinati al mercato interno, pertanto sono spesso sconosciuti agli appassionati e collezionisti nostrani, e in questa sede desidero parlare di alcune fotocamere 35mm concepite a prodotte durante gli anni di guerra dalla Candid Camera Corporation of America, un’azienda che aveva sede a Chicago, Illinois.
Quest’azienda venne fondata nel 1938 dai fratelli Carl e Joseph Price con Benjamine Edelman e, in realtà, passò come una meteora nell’ambiente della fotografia perché già nel 1950 aveva interrotto la produzione di apparecchi; in ogni caso, in questo breve intervallo, riuscì comunque a proporre alcune fotocamere ben concepite e di sicuro interesse; i modelli in questione sono corpi 35mm a telemetro con otturatore a tendina e ottica intercambiabile della famiglia Perfex e la loro denominazione è caratterizzata da una caratteristica numerazione sequenziale: Twenty Two, Thirty Three, Fourty Four e Fifty Five.
In realtà il modello Twenty Two è poco diffuso e non costituisce, come la sigla potrebbe indurre a credere, una versione entry level, perché venne prodotto dal 1942 al 1949 replicando le caratteristiche del tipo Fifty Five e differenziandosi solamente per dettagli di finitura esterna quali il top nero; escludendo quindi questa variante poco significativa, i modelli Candid Camera Corp. Perfex più diffusi sono i vari Thirty Three, Fourty Four and Fifty Five; in questa serie, la Thirty Three del 1940 a sua volta costituisce una versione semplificata della Fourty Four lanciata nel 1939, dalla quale si differenzia per due soli dettagli, evidenziati in questa pagina pubblicitaria pubblicata sulla rivista Popular Photography del Febbraio 1940: il carter superiore rifinito in nero e l’assenza del dispositivo meccanico che modificava la funzionalità dell’otturatore, consentendo di impostare una serie di tempi lenti, pertanto la Thirty Three si può considerare una Fourty Four con gamma di tempi limitata (da 1/25” a 1/1.250”), così come avveniva in casa Leica, ad esempio, con modelli come IIIF e IIF; pertanto, dal punto di vista tecnico e funzionale, le due varianti più caratterizzate e significative sono la Fourty Four del 1939 e la Fifty Five, prodotta dal 1940 al 1947; vediamo quindi in dettaglio le loro caratteristiche.
La Perfex Fourty Four (qui descritta con dovizia di particolari in un’inserzione pubblicitaria di Popular Photography, Aprile 1939) è un apparecchio 35mm a telemetro per fotogrammi 24x36mm ispirato in alcune soluzioni alla Zeiss Ikon Contax III che, all’epoca, rappresentava un termine di riferimento per tutti i costruttori; l’apparecchio, con profilo arrotondato e rivestito in pelle, prevedeva un corpo macchina e un dorso completamente estraibile ricavati da pressofusione di alluminio; nella parte frontale del carter superiore sono ricavate 4 aperture, le più esterne delle quali servono il telemetro accoppiato alla messa a fuoco; ispirandosi al modello Contax, anche la Perfex Fourty Four si avvale di una base telemetrica estremamente ampia, pari a 3,5”, cioè circa 89mm, un valore che consentiva di focheggiare con estrema precisione; la terza apertura corrisponde al mirino con relativa cornice per l’obiettivo in dotazione da 2” (50mm) mentre la quarta, più stretta e allungata, serve un esposimetro ad estinzione incorporato, che consente quindi di valutare l’esposizione senza richiedere alcuna alimentazione o componenti elettriche.
Sul top della macchina sono presenti una slitta standard per applicare gli accessori e due nottolini godronati di ispirazione Contax per riavvolgere e trascinare il film, con avanzamento automatico del relativo contafotogrammi; accanto a quest’ultimo la fotocamera prevede la ghiera per l’impostazione dei tempi di posa con pulsante di scatto coassiale; anche in questo caso il tempo più rapido, pari a ben 1/1.250”, è una evidente citazione della fotocamera prodotta a Dresden.
Nella parte destra del frontale troviamo due levette sovrapposte; quella superiore consente di sbloccare la griffa di trascinamento del film per riavvolgerlo al termine del rullino (ruotandola sulla posizione R, Rewind) mentre quella inferiore è molto importante perché agisce meccanicamente sull’otturatore come un moltiplicatore, rallentando la sua azione e permettendo di impostare una gamma di tempi più lenti, fino ad 1”; con la leva in posizione orizzontale (direzionata verso F, Fast) la ghiera superiore seleziona tempi rapidi, ruotando invece la leva in verticale (su S, Slow) la stessa ghiera imposta tempi di posa più lunghi, una soluzione un po’ cervellotica che richiede attenzione.
Gli obiettivi normali da 2” (50mm) in dotazione con la Perfex Fourty Four erano dei Graf Perfex Anastigmat 1:2,8 e degli Scientar 1:3,5, a scelta; le ottiche erano intercambiabili (anche se la disponibilità di obiettivi opzionali si limitava a teleobiettivi da 4” – 100mm 1:4,5 e 6” – 150mm 1:4,5, con relativi mirini esterni), prevedevano un diaframma ad iride e consentivano di focheggiare con accoppiamento al telemetro fino a 3’ – 90cm; il fondello era completamente estraibile, in stile Contax, e per svincolarlo si agiva su due comandi posti sotto il medesimo.
La Perfex Fourty Four, pur con un prezzo non proibitivo, garantiva all’utente caratteristiche interessanti come:
– ottica intercambiabile con schema Tessar a 4 lenti di buona nitidezza e apertura massima sufficiente per le esigenze normali;
– messa a fuoco telemetrica assistita da un telemetro incorporato a larga base ed estremamente preciso;
– otturatore a tendina con ampia gamma di tempi, compresi fra 1” e 1/1.250” più posa B;
– esposimetro ad estinzione incorporato che non richiede alimentazione;
– completo controllo manuale per le aperture di diaframma ed i tempi di posa.
Si trattava quindi di un apparecchio con prerogative da modello di alta gamma, come appunto la Zeiss Ikon Dresden Contax III, realizzato in pressofusione di lega leggera con copertura in pelle, il tutto ad un prezzo abbordabile.
L’anno successivo, 1940, l’azienda mise sul mercato una versione rivista e corretta, denominata Periflex Fifty Five; quest’apparecchio rimarrà in produzione fino al 1947 e nei modelli postbellici bisogna segnalare la scomparsa dell’esposimetro incorporato ad estinzione, invece presente nella produzione dei primi anni.
Le principali differenze rispetto alla Forty Four consistono in una nuova dotazione di obiettivi standard (sempre da 2” di focale ma ora prodotti da Wollensak e articolati su due versioni Perfex Velostigmat con apertura 1:2,8 oppure 1:3,5), e in modifiche al frontale dove la leva che agiva sull’otturatore della Forty Four per impostare tempi di posa lunghi venne sostituita da un secondo nottolino che permetteva la selezione diretta dei valori di 1”, 1/2”, 1/5”, 1/10” e posa B, distribuendo in pratica la gamma disponibile su due selettori distinti secondo una soluzione vista anche sulle Leica a vite e relativi derivati; inoltre l’altra leva che consentiva di sbloccare il film per il riavvolgimento fu rimpiazzata da un più elegante pulsante.
Le migliorie sulla selezione dei tempi e l’accesso a ottiche Wollensak Velostigmat di indubbio pregio resero la Fifty Five ancora più appetibile, ponendola a livello funzionale sul piano dei target di riferimento mondiali, configurata però come un prodotto meno costoso e di produzione autarchica, fornendo ai clienti una fotocamera con ottimo rapporto qualità prezzo e made in U.S.A.
La Fifty Five si può considerare il culmine della parabola evolutiva Periflex e rappresentava sicuramente una fotocamera indovinata che, al prezzo di modelli popolari, poteva dare soddisfazione anche ad un fotoamatore esperto in virtù delle sue caratteristiche tecniche come l’ampia gamma di tempi, l’obiettivo intercambiabile di comprovata qualità, l’esposimetro incorporato, il telemetro a base larga e l’accesso a tempi rapidi come 1/1.250”; naturalmente l’impostazione più cheap rispetto ad una Contax III, nata senza compromessi, è percettibile in qualche scivolone sul materiale di certi dettagli minori proni alla corrosione o deteriorabili con l’uso.
Ad esempio, in questo esemplare uno dei comandi di svincolo per il dorso si è arrugginito perché evidentemente realizzato con una lega ferrosa e non in ottone, tuttavia la finitura generale e l’estensiva copertura in pelle restituiscono una sensazione di qualità adeguata; questa inquadratura consente di apprezzare anche i due oculari affiancati (a sinistra per il telemetro e a destra per il mirino) e la feritoia per l’esposimetro ad estinzione, per gestire il quale è opportunamente previsto un complesso regolo girevole posteriore che permette di ricavare i valori di tempo e diaframma da selezionare per la fotografia.
Questa simpatica serie di fotocamere 35mm a telemetro con caratteristiche di rilievo vide la sua estinzione agli albori degli anni ’50 e pochi appassionati al di fuori degli Stati Uniti conoscono e apprezzano la linea della Perfex di Candid Camera Corporation, tuttavia questi interessanti apparecchi costituiscono un eloquente assaggio di cosa abbiano saputo proporre nel corso dei decenni e nel segmento dei prodotti consumer le aziende americane del settore: nomi come Burkle & James, Ansco, Ditto, Eastman, Kalimar, Land, Bosley, Argus, Honeywell, Graflex, Brockway, Ciro Cameras, Realist, Minifilm Cameras, Kinax e molti altri diedero vita ad un’articolata scelta di tipologie e modelli, sovente sconosciuti fuori dai confini nazionali, molti dei quali tuttavia meritevoli di attenzione postuma come, appunto, le Perfex “two digits” di questo articolo.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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