Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; come già affermato in altre sedi, il modello di fotocamera reflex biottica con obiettivi sovrapposti, uno per la visione con relativo specchio a 45° e l’altro per la presa, incontrò molti consensi per un’ampia fase del ‘900, generando un’onda lunga che si arenò solamente negli anni ’80; si trattava quindi di un progetto con indiscutibili pregi, sebbene la caratteristica architettura ponesse per contro anche alcuni limiti, fra i quali la complessità meccanica per predisporre ottiche intercambiabili e l’occasione perduta di sfruttare ottimi grandangolari non retrofocus, teoricamente sfruttabili per l’assenza di specchio reflex nell’ottica da visione ma non applicabili in pratica perché la montatura avanzata imposta dallo specchio all’obiettivo da visione avrebbe comportato inevitabili vignettature in quello da ripresa, eccessivamente arretrato; in ogni caso la reflex biottica è stata la fotocamera perfetta per molti professionisti ed amatori esigenti, specialmente per coloro i quali non sentivano l’urgenza di sfruttare obiettivi di focale diversa ad ogni piè sospinto.
La reflex biottica, portata alla ribalta dalla Franke & Heidecke di Brauschweig, nacque come apparecchio di medio formato 6x6cm, tuttavia ben presto la sua formula venne evoluta in direzione di formati minori, alla ricerca di maggiore compattezza (come nel caso delle Rolleiflex “baby” 4x4cm su pellicola 127) oppure di un mirino che consentisse di valutare meglio inquadratura e composizione rispetto a quelli tipo Albada, come avvenne per la celebre Contaflex biottica 24x36mm, in pratica una Contax rangefinder senza mirino e telemetro ma con la classica sovrastruttura dell’obiettivo secondario per visione reflex.
In altri casi, purtroppo rari, il concetto di reflex biottica venne perfezionato, prevedendo la possibilità di utilizzare caricatori e magazzini porta-pellicola intercambiabili, un dettaglio impagabile per il professionista che doveva realizzare molti scatti in sequenza ad eventi con un piano temporale non gestibile oppure con la necessità di fotografare utilizzando emulsioni di tipo differente; uno dei rari esempi di questa evoluzione è costituito dalla Koni-Omegaflex M 6x7cm, un apparecchio molto interessante e difficile da incontrare prodotto dalla Konishiroku Kogaku e che prevedeva non soltanto 4 set di ottiche Konica Haxanon intercambiabili (58mm, 90mm, 135mm e 180mm) ma anche un sistema di dorsi e mirini intercambiabili nel quali lo specchio a 45° per la visione era incorporato nel mirino stesso, mentre la fotocamera prevedeva un vetro smerigliato verticale posto dietro l’ottica da visione e null’altro; proprio questo dettaglio non poneva limiti all’arretramento dei due gruppi ottici e consentiva l’applicazione del grandangolare da 58mm a schema simmetrico, aggirando uno dei citati limiti di questo sistema.
D’altro canto, per molto tempo nessuno pensò di spingersi verso l’estremo opposto, concependo biottiche di formato superiore (sebbene esistano prototipi molto datati di Rolleiflex TLR con tali caratteristiche e basati sul film non più prodotti da decenni), in grado di uscire dagli standard del medio formato ed approdare eventualmente alle lastre piane; probabilmente i progettisti erano scoraggiati in partenza da ingombri e pesi facilmente prevedibili per apparecchi del genere, tuttavia la fantasia ed il mercato sono come un fluido, tende ad espandersi e a colonizzare ogni nicchia sul suo percorso, pertanto anche un progetto temerario come quello di una reflex biottica per il formato 4×5” (10x12cm) venne infine concretizzato dalla Cambo B.V., fabbricante olandese di Kampen famoso per i suoi apparecchi di grande formato.
Non contenta della sua gamma di apparecchi di ottima qualità ma tecnicamente convenzionali, negli anni ’70 la Cambo creò il modello TWR54 Reflex Camera, dove la sigla è un acronimo facilmente riconducibile a Twin Reflex 5×4 pollici, ovvero reflex biottica per il formato 4×5”.
In realtà non si trattava di una primizia assoluta perché in precedenza Peter Gowland, celebre fotografo di nudi patinati, aveva concepito artigianalmente delle fotocamere analoghe denominate Gowlandflex, apparecchi mastodontici e dall’aspetto grezzo che richiamavano in certi dettagli alcuni modelli di reflex Graflex per grande formato di inizio secolo; le Gowlandflex erano impressionanti anche perché non si accontentavano di elevare la formula della reflex biottica fino all’empireo delle lastre piane da 4×5” ma furono approntate anche versioni superiori da 5×7” (13x18cm) e addirittura 8×10” (20x25cm) come quella della foto, il cui peso nonostante la semplicità concettuale arrivava a circa 9kg, rendendo tale modello una fotocamera utilizzabile a mano libera solo in teoria e preferibilmente da fotografi molto muscolosi e ben allenati.
La Cambo TWR54 invece, sebbene oggettivamente corpulenta rispetto ad un’agile Rolleiflex TLR 6x6cm, prevedeva ingombri tutto sommato umani e permetteva ancora ragionevolmente l’impiego a mano libera, grazie al peso di 3kg (senza coppia di ottiche), all’impugnatura fisiologica sinistra (di sapore Linhof / Mamiya Universal) e alla doppia cinghia regolabile da applicare ad entrambe le mani; per facilitare il trasporto era anche prevista un’utile maniglia nella parte superiore.
L’apparecchio in sé era molto semplice, prevedendo nella parte posteriore un modulo dotato di vetro smerigliato e attacco per i dorsi porta-pellicola, due ampi soffietti intermedi e una piastra anteriore che accoglie i due lensboards; il mirino con specchio a 45° consente la visione dall’alto, permettendo al fotografo che porta la TWR54 al collo di focheggiare ruotando il relativo nottolino sul lato destro e quindi di esporre attivando lo scatto flessibile fissato all’impugnatura sinistra e all’otturatore dell’obiettivo da ripresa, in pratica replicando la procedura solitamente utilizzata con la convenzionale Rolleiflex.
La Cambo TWR54 consentiva la sostituzione delle coppie di ottiche (queste ultime separate l’una dall’altra); considerando i limiti della sua complessione meccanica era possibile utilizzare obiettivi con lunghezza focale compresa fra 150mm e 270mm e, in effetti, le coppie di ottiche fornite direttamente dal costruttore prevedevano l’economico e valido Schneider Xenar 150mm 1:4,5, il performante Schneider Symmar-S 210mm 1:5,6 e l’ottimo Schneider Tele-Arton 270mm 1:5,5; questi obiettivi consentivano di realizzare le convenzionali foto commerciali e anche ritratti, sfruttando l’opzione da 270mm, il tutto eventualmente focheggiando e scattando a mano libera.
Per ciascuna delle tre coppie di obiettivi previste, nelle quali l’esemplare da visione era ovviamente privo di otturatore, esistevano due opzioni: ottica da ripresa con otturatore Copal oppure Copal Press; in quest’ultimo caso il dispositivo non richiede di riarmarlo dopo lo scatto ed è sempre pronto, promuovendo addirittura la possibilità di scatti in sequenza ragionevolmente ravvicinata quando si utilizzano dorsi per pellicola in rullo 120-220 di formato inferiore e con avanzamento rapido del film; per i tre modelli di obiettivi da visione erano addirittura previsti i relativi filtri soft-focus opzionali, evidentemente dedicati alla ripresa di figura umana e ritratto.
L’ampia escursione dei soffietti consentiva riprese adeguatamente ravvicinate, pertanto la TWR54 era dotata di una camma calibrata in fabbrica sulla specifica coppia di obiettivi che garantiva la correzione del parallasse sull’ottica da ripresa, ottenuta basculandola meccanicamente sull’asse orizzontale.
L’azienda precisava che era possibile applicare sulla TWR54 qualsiasi coppia di obiettivi con focale compresa fra 150mm e 270mm, tuttavia era necessario contattare la casa madre affinchè predisponesse le ottiche scelte al montaggio sul corpo macchina e realizzasse la relativa camma di compensazione del parallasse idonea al modello adottato.
La documentazione ufficiale, in verità esigua e scarna, sottolinea specificamente questo dettaglio ed evidenzia anche il vantaggio di poter reagire rapidamente ad eventuali movimenti del soggetto anche al momento dello scatto, nonostante l’ampio formato 4×5”, proprio grazie alla facoltà di utilizzare l’apparecchio a mano libera e controllare sia la messa a fuoco che l’inquadratura anche quando lo chassis con la lastra 4×5” è già montato sul piano focale e pronto allo scatto.
Un altro punto di forza di questa insolita biottica è la possibilità di accedere ad un’ampia gamma di dorsi e chassis porta-pellicola, sia per lastre piane che per pellicole in rullo oppure istantanee Polaroid, una caratteristica squisitamente professionale ed irrinunciabile per chi utilizzava apparecchi di grande formato.
Altri documenti Cambo sottolineano nuovamente il peso relativamente contenuto e la doppia impugnatura su ambo i lati che consente effettivamente l’uso a mano libera di un apparecchio 4×5” e permette ai fotografi impegnati nella foto di cronaca, moda e architettura di acquisire immagini che non sarebbe possibile ottenere con apparecchi convenzionali.
La sequenza degli accessori disponibili permette di comprendere fino in fondo la versatilità d’uso consentita dal sistema di dorsi e chassis intercambiabili: era infatti possibile utilizzare sullo stesso apparecchio chassis doppi per lastre 4×5” e 9x12cm oppure dorsi per pellicola 120 e 220 che garantivano 8 esposizioni 6x9cm, 10 fotografie 6x7cm e 12 oppure 20 pose 6x6cm; ancora, era possibile utilizzare il classico chassis Polaroid 545 per lastre 4×5” a sviluppo immediato (ivi compresa la versione con negativo stampabile); non bastasse, si poteva applicare anche il Graflex Roll Film Holder per 50 esposizioni (!) in formato 6x7cm su pellicola perforata 70mm, dorsi Polaroid per film tipo 107 e 108 e addirittura uno speciale dorso con scamottaggio che accoglieva spezzoni singoli da 9x21cm sufficienti a 3 esposizioni, destinato alle forze di Polizia per la realizzazione di foto segnaletiche.
La Cambo TWR54 è quindi un apparecchio insolito e difficile da trovare sul mercato che ha esteso i vantaggi della visione reflex ai grandi formati, permettendo aggiustamenti a mano libera di messa a fuoco e inquadratura/composizione fino al momento dello scatto, una prerogativa negata ai normali apparecchi da studio quando lo chassis con la lastra piana viene posizionato sul piano focale impedendo ulteriori controlli; l’impossibilità di attivare manualmente decentramenti o basculaggi e l’assenza di ottiche grandangolari limitava drasticamente il suo campo di utilizzo professionale, tuttavia per certi impieghi nel campo del fashion e della cronaca prevedeva caratteristiche effettivamente impagabili e questo insolito apparecchio Cambo merita di essere ricordato per la fantasia che lo caratterizza e anche il coraggio con il quale venne effettivamente avviato alla produzione.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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