Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; per svariati decenni la borsa pronto, in Inglese eveready case, è stato il naturale complemento per l’apparecchio fotografico, specie in tempi in cui la fotocamera con relativo obiettivo in dotazione (eventualmente fisso) era ritenuta un’accoppiata sufficiente a soddisfare tutte le esigenze del fotoamatore o, semplicemente, del padre di famiglia; la borsa pronto è quindi la classica custodia munita di alloggiamento per l’apparecchio, copertura ribaltabile e cinghie per il trasporto che consentiva di tenere comodamente la fotocamera al collo ben protetta e pronta all’uso, oppure di conservarla al riparo da polvere e contatti impropri; la borsa pronto normalmente era realizzata in pelle o con altro materiale sintetico di aspetto similare e il suo impiego era talmente scontato che certe fotocamere impiegarono anni prima di essere equipaggiate con i relativi occhielli metallici per sospenderle ad una cinghia in modo indipendente.
Questa illustrazione mostra una classica borsa pronto con all’interno la prima fotocamera utilizzata dai miei genitori, una Bencini Comet II; con obiettivo rientrato e borsa chiusa la combinazione era molto compatta e lo sportello protettivo rendeva anche superflua l’adozione di un tappo protettivo per la lente anteriore; sullo sfondo una fotografia del sottoscritto a due anni di età assieme alla madre e, naturalmente, con la fotocamera più borsa pronto tenute in mano già allora…
Chiaramente gli apparecchi di alta gamma prevedevano un trattamento di riguardo anche in questo settore (vedi ad esempio la borsa pronto in nappa bovina della Nikon F3, mentre i modelli coevi di gamma inferiore dovevano accontentarsi di esemplari sintetici) e spesso le custodie di certe fotocamere risultano davvero raffinate, come nel caso di questo modello anni ’60 per la Zeiss Ikon Stuttgart Contarex I “Cyclope”, nella quale ad una lussuosa finitura in pelle con rivestimento rosso, filetti cromati e robustissimo sistema di chiusura si aggiungeva lo spazio sagomato per la fotocamera munita di magazzini intercambiabili e addirittura la finezza di uno strip trasparente sulla cinghia, coperto da un lembo di pelle con relativo automatico, sotto il quale era possibile inserire un pezzo di carta con nome e dati del proprietario, mentre il piccolo astuccio fissato alla cinghia conteneva il paraluce rettangolare con attacco a baionetta o, eventualmente, pellicole di scorta.
Nel corso degli anni anche questo accessorio si è evoluto, introducendo eventualmente la possibilità di contenere piccoli accessori, come un telemetro esterno nel caso di Leica a vite o la piastrina per luce incidente dedicata all’elemento al selenio delle Rolleiflex TLR; altre aziende sbrigliarono la fantasia e cercarono di moltiplicare le funzioni della semplice borsa pronto, presentando idee ingegnose che rimasero allo stadio di progetto oppure arrivarono regolarmente alla produzione; vediamo quindi un paio di esempi.
Questa particolare borsa pronto venne disegnata da Juergen Sprung per conto di Franke & Heidecke (Rollei) e la richiesta prioritaria di brevetto tedesco venne depositata il 2 Aprile 1977; si tratta evidentemente un modello dedicato alla linea Rollei SL35 e derivati e il nuovo frontale prevede una parte anteriore, fissata con chiusura lampo, realizzata in materiale elastico con un intercapedine riempito di palline in materiale sintetico.
Come si può evincere dal dettaglio, l’elemento elastico che fodera la parte interna dello sportello consente di disporre le palline a piacimento, accogliendo quindi obiettivi di diversa lunghezza mantenendo sempre una protezione ottimale dagli urti; inoltre, smontando tale elemento, è possibile posizionarlo sotto la borsa pronto per creare una base di appoggio stabile su elementi dal profilo irregolare e non in piano, consentendo di stabilizzare l’apparecchio nelle pose lunghe grazie all’opportuna collocazione delle palline all’interno dell’imbottitura.
Questo modello rimase sulla carta ma esiste un’altra borsa pronto ideata sempre a Brauschweig dalla firma Voigtlaender che prevede una soluzione utile ed ingegnosa per l’utente e che invece arrivò regolarmente sul mercato; tale modello venne ideato nel 1951 per apparecchi a telemetro 35mm della casa e prevede la possibilità di sfruttare la concavità dello sportello anteriore come parabola per un flash a lampadine, con relativo cavo di connessione per la fotocamera previsto nella struttura; si tratta quindi di una soluzione interessante che, all’epoca, risparmiava all’utilizzatore la necessità di portare al seguito una ingombrante torcia flash ausiliaria.
La Voigtlaender Flash Case, qui abbinata ad un modello Prominent, sfruttava magistralmente lo spazio destinato ad accogliere l’obiettivo, modificato applicando una finitura metallica riflettente e uno zoccolo per le lampade flash (ovviamente da inserire solo a dispositivo aperto) che non interferiva con l’ottica stessa; in alto si può anche notare il cavo di sincronizzazione che arriva dalla borsa pronto e si inserisce nella presa di sincronizzazione prevista dell’otturatore centrale, una tipologia che moltiplicava la versatilità dell’accessorio perché, come sottolineato anche in questa brochure, consente di sincronizzare ogni tipo di lampeggiatore e di utilizzarlo su qualsiasi tempo di otturazione, evidentemente anche quelli più rapidi, consentendo quindi il fill-in di flash anche in pieno Sole; il documento evidenzia anche la copertura del modello da parte di brevetti, la rapidità di messa in opera del lampeggiatore e, appunto, la possibilità di rinunciare ad una torcia flash specifica.
La stessa tipologia di borsa pronto fu predisposta anche per la contemporanea VItessa, altro apparecchio a telemetro 35mm di Voigtlaender; in questo caso le ante rientranti non prevedono alcuno sbalzo dal corpo macchina e quindi la parabola necessaria per il lampeggiatore costituisce un ingombro in più, tuttavia il vantaggio del flash abbinato resta evidente; naturalmente, assecondando la morfologia del modello, il cavetto viene fissato alla relativa presa di sincronizzazione curiosamente posizionata su una delle ante mobili che estraggono l’obiettivo rientrante.
Questa rèclame sottolinea i vantaggi pratici del Voigtlaender Flash Case rispetto ai metodi tradizionali dell’epoca con torcia flash accoppiata, mostrando che – a fronte della complessa procedura convenzionale – nel nostro caso è sufficiente ribaltare l’elemento della borsa pronto ed inserire la lampada flash nel relativo zoccolo, e sottolinea nuovamente la possibilità di lasciare a casa la torcia separata.
Questo ulteriore documento pubblicitario ribadisce gli stessi concetti e mostra come sia possibile, grazie all’otturatore centrale Deckel delle fotocamere di destinazione, ottenere il classico effetto “notturno” col lampeggiatore anche in piena luce, sfruttando appunto la sincronizzazione con i tempi più rapidi.
Vediamo ora le caratteristiche del progetto originale utilizzando le schermate del relativo brevetto.
Questa realizzazione fu sviluppata da Rudolf Sewig, tecnico Voigtlaender, e la richiesta prioritaria di brevetto tedesco venne formalizzata il 23 Giugno 1951; i primi schemi del documento definiscono già la parabola del lampeggiatore a lampadine utilizzata come chiusura di una borsa pronto ma includono anche volumi aggiuntivi per componenti elettriche e batterie eventualmente necessarie al suo funzionamento.
Anche in questa ipotesi alternativa i componenti aggiuntivi dietro la parabola definiscono un contenitore il cui ingombro è quasi simile a quello della fotocamera stessa, quindi abbiamo un innegabile vantaggio nella rapidità operativa ma relativamente alla leggerezza/compattezza del complesso rispetto ad un sistema tradizionale.
In questo embodiment del brevetto, per compattare il sistema, tali componenti aggiuntivi risultano posizionati sotto l’apparecchio fotografico, nello stesso elemento della borsa pronto, e la maggiore altezza del complesso viene sfruttata nel relativo coperchio per predisporre un’efficiente parabola di grandi dimensioni, ben superiori a quelle della fotocamera stessa.
In questa opzione, invece, il fardello di elementi dedicati al flash viene collocato in un contenitore di dimensioni analoghe a quello che contiene la fotocamera e risulta posizionato sotto a quest’ultimo, mentre lo sportello con parabola flash si trova in alto; in posizione di riposo il modulo inferiore si chiude su quello superiore come le due metà di un libro e la parabola scende a coprire frontalmente entrambi, generando un combo di notevole spessore ma con altezza ridotta.
In questo esempio la configurazione è analoga a quella precedente ma la parte che contiene i componenti aggiuntivi sotto l’apparecchio è fissa, generando quindi un elemento di grande ampiezza che viene coperto da una parabola flash altrettanto corpulenta; tutti questi sistemi prevedono invariabilmente ingombranti aggiunte per l’utilizzo del flash che penalizzano le dimensioni.
L’ultima opzione del brevetto corrisponde finalmente come concetto alla tipologia di produzione, con i componenti aggiuntivi inseriti nella borsa pronto con un ingombro minimo e l’intero complesso contenuto entro dimensioni simili a quelle di una borsa pronto convenzionale, con l’obiettivo cha va a riempire di misura la concavità della parabola quando l’accessorio è chiuso; questa ipotesi fornisce finalmente anche un concreto vantaggio di ingombri e peso rispetto alla soluzione convenzionale con torcia separata.
Infine, l’intestazione del brevetto ribadisce la volontà di abbinare il lampeggiatore alla borsa pronto, con evidenti vantaggi nella rapidità operativa e negli ingombri.
Nei primi decenni di sviluppo entusiastico dei sistemi fotografici di piccolo formato vanno quindi annotati anche guizzi d’acume legati alla fruibilità implementata delle borse pronto, e il modello appena descritto ne costituisce un eloquente esempio.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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