Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; l’argomento di oggi è davvero curioso e insolito perché verranno descritte con grande dovizia di dettagli inediti le fotocamere sovietiche FAS, concepite per le missioni spaziali che l’URSS aveva in programma negli anni ’60 e praticamente sconosciute al grande pubblico di appassionati di fotografia e attrezzature correlate.
La corsa alla conquista dello spazio, come quella per gli armamenti nucleari, è stata un po’ il simbolo della competizione fra le due Superpotenze ai tempi della Guerra Fredda, un obiettivo di prestigio che autorizzava proclamare la rispettiva supremazia tecnica (e, per estensione, anche ideologica, come retaggio di un Weltanschaaung vincente) sull’antagonista; entrambi gli schieramenti basarono lo sviluppo del loro programma spaziale postbellico sulle condivisione delle avanzatissime tecnologie missilistiche, dalla balistica ai carburanti speciali, messe a punto in Germania dagli scienziati del Dritten Reich durante gli anni di guerra per scopi bellici.
Sebbene gli U.S.A. avessero acquisito la maggioranza dei dati tecnici e il controllo su molti scienziati e tecnici tedeschi del settore, grazie anche alla capillare Operation Paperclip, lasciando alla controparte solo le briciole, in realtà l’Unione Sovietica si aggiudicò i primi round della tenzone, nella seconda metà degli anni ’50, sorprendendo i rivali ed anticipandoli su tutti i fronti.
Infatti, dal cosmodromo di Baikonur, in rapida successione i sovietici lanciarono in orbita il primo satellite con strumentazione a bordo (lo Sputnik 1, partito il 4 Ottobre 1957) e la prima navicella con un mammifero vivente a bordo (la celebre cagnetta Laika, lanciata il 3 Novembre 1957), completando poi l’en plein il 12 Aprile 1961, quando il cosmonauta Jurij Gagarin decollò per la missione Vostok-1 e, sotto la spinta del vettore Vostok 3KA-3, divenne il primo uomo ad orbitare attorno al nostro pianeta (o più realisticamente, considerando la sistematica disinformazione della Guerra Fredda, il primo a rientrare vivo per raccontarlo…); questi exploit sovietici impressionarono i vertici militari statunitensi, consci che questi vettori prodotti dal “nemico” erano tecnicamente in grado di caricare testate nucleari, in un momento in cui la tecnologia U.S.A. non aveva ancora prodotto missili balistici e la portata utile per un bombardamento nucleare era ancora legata all’autonomia dei relativi aerei B-52; ci si può chiedere in che modo i tecnici sovietici avessero sopravanzato la tecnologia americana nonostante il travaso tecnologico postbellico arrivato dai progetti delle V-2 naziste fosse stato in gran parte ad appannaggio statunitense; una spiegazione potrebbe essere in un piccolo episodio di guerra praticamente sconosciuto: ancora nelle fasi iniziali dello sviluppo delle bombe volanti V-2 i sovietici infiltrarono una squadra dei reparti speciali a Peenemunde, la base tedesca sul Baltico che, al momento, era il centro per lo sviluppo di queste tecnologie, e con un colpo di mano degno di un action movie esfiltrarono e deportarono in Unione Sovietica alcuni tecnici coinvolti in questi progetti, mettendoli quindi al lavoro fin da subito ed acquisendo quindi un vantaggio di anni sulla timeline statunitense.
I sovietici compresero subito che questi vettori tedeschi potevano essere potenziati e convertiti per inviare nello spazio satelliti ed anche esseri umani e infatti, se analizziamo la struttura generale del vettore Vostok, si ha quasi l’impressione di vedere 4 missili V-2 fissati alla base della struttura principale, mantenendone ancora la sagoma originale…
Queste imprese eroiche misero l’Unione Sovietica sugli scudi e ad inizio anni ’60 l’entusiasmo ed il fervore in questo settore era ai massimi livelli; ci avrebbe pensato poi il Presidente J. F. Kennedy, a porre le basi per cancellare il vantaggio tecnico dell’URSS: infatti, in un celebre discorso, lanciò la sfida alla conquista della Luna, da concretizzare entro il decennio… I Sovietici, d’altro canto, fin dall’inizio avevano focalizzato su Marte il loro obiettivo principale, sviluppando attrezzature e tecnologie destinate a questa ambiziosissima destinazione, tuttavia non seppero resistere al richiamo della sfida diretta con gli antagonisti statunitensi e, abbagliati dal ruolo da protagonista che stavano interpretando e che sembrava preconizzare una facile vittoria, abbandonarono il progetto Marte e convertirono il programma spaziale, finalizzandolo allo sbarco umano sul nostro satellite, buttando così alle ortiche molti sviluppi e progetti specifici per Marte e che non si potevano adattare tout-court alle diverse necessità della missione lunare e forse annullando parte del vantaggio iniziale acquisito al tempo di guerra.
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ottimo articolo libero da pregiudizi come sempre dovrebbe essere…