Se mai fosse possibile un paragone si potrebbe definire Zenzaburo Yoshino, fondatore della Zenza Bronica, il Victor Hasselblad giapponese.
Entrambi infatti svilupparono, attorno all’idea di una monoreflex 6×6, una fotocamera rivoluzionaria; entrambi maturarono il progetto partendo dalla passione per la fotografia ed una discreta capacità progettuale e realizzativa; entrambi seppero dare continuità ai loro progetti sino a sviluppare una duratura linea di fotocamere arrivata sino al nuovo millennio.
Uno degli aspetti che li differenzia, origini a parte, è il periodo nel quale lanciano il loro primo prodotto. Per Hasselblad la presentazione della 1600F avviene nel 1948, per Zenzaburo Yoshino la presentazione della Zenza Bronica Z avviene dieci anni dopo.
La particolarità è che la macchina di Zenzaburo, pur ricordando nella forma una Hasselblad, ha caratteristiche assolutamente diverse sia considerando i primi modelli della fotocamera svedese con otturatore a tendina metallica sia il successivo, la 500C, ad otturatore centrale, presentata l’anno prima della Zenza Bronica Z.
Della Z in verità si sa molto poco sia per il limitato numero di fotocamere prodotte sia per la cronica assenza di documentazione che caratterizza i primi anni di produzione. Unico testo di riferimento per questa generazione di fotocamere è il libro di Tony Hilton, Bronica: The Early History e Definitive’s Collector’s Guide dal quale sono tratte molte delle informazioni contenute in questo articolo.
Ma procediamo con ordine.
Nel secondo dopoguerra la difficile situazione economica ed industriale del Giappone rallenta molto la ripresa che in Europa invece si manifesterà, nel giro di pochi anni, con il rifiorire delle attività economiche. Tra queste, anche quella relativa all’industria ottica e fotografica.
Occorre considerare che sino alla fine della guerra di Corea, gli Stati Uniti utilizzano il Giappone come avamposto strategico per il presidio della penisola coreana, con intenzioni, rispetto alla Corea del nord, non certo diverse da quelle che armarono gli ultimi e drammatici attacchi al paese del sol levante e che posero fine al secondo conflitto. La situazione si risolverà solo nella prima metà degli anni ’50 e da li partirà una fase di grande ripresa che lascerà spazio a nuove iniziative imprenditoriali.
Zenzaburo Yoshino nato in Giappone nel 1911, aveva inizialmente intrapreso l’attività di famiglia: era infatti terzogenito di un prospero commerciante di riso che arrivò ad avere all’attivo, grazie all’aiuto del figlio, oltre 120 dipendenti.
Il ruolo di Zenzaburo nell’azienda di famiglia fu dunque determinante per lo sviluppo degli affari. Entrato poco più che ventenne, seppe adottare soluzioni innovative acquistando, ad esempio, dei vecchi autobus Ford per effettuare le consegne di riso, quando i concorrenti utilizzavano piccoli carretti trainati da biciclette.
Per questa e per altre iniziative imprenditoriali che seppe adottare anche in seguito, Zenzaburo fu un grande innovatore.
All’inizio degli anni ’40 ed a seguito dell’entrata in guerra del Giappone, si arrivò progressivamente al razionamento prima e al controllo sulla distribuzione del riso da parte delle forze di occupazione statunitensi poi.
Zenzaburo Yoshino dovette quindi pensare di avviare una nuova attività.
Non sono chiari i motivi per i quali si sia interessato alla costruzione di fotocamere, benché fosse nota la sua passione per la fotografia che egli poté sviluppare, anche prima della guerra, grazie alle sue discrete possibilità economiche che gli consentirono di raccogliere, in una piccola collezione, una trentina di modelli come Leica, Contax, Rolleiflex e Rolleicord che aveva smontato e rimontato più e più volte.
Proprio questa passione lo porterà più tardi a sviluppare l’ambiziosa idea di progettare una nuova fotocamera che avrebbe dovuto avere caratteristiche innovative e soprattutto una praticità d’uso diversa rispetto alle fotocamere dell’epoca.
Nel 1946, Yoshino apre a Tokyo, più precisamente nel quartiere Chiyoda, un negozio di macchine fotografiche usate. Nonostante le difficoltà del dopoguerra, molti giapponesi ancora benestanti vendevano le loro fotocamere per acquistare i nuovi modelli. Le attività del negozio procedevano bene tanto da indurre Yoshino nel 1947 ad organizzare dietro i locali commerciali, un laboratorio con l’intento di progettare e produrre la nuova fotocamera.
Il progetto non decolla e per mantenere in attività il laboratorio , inizia a produrre accessori di moda in metallo come portasigarette, trousse, spille e accendini. Il principio è che le macchine utensili utilizzate potessero essere facilmente riconvertite per la produzione delle componenti della nuova fotocamera.
Il supporto economico fornito dalla produzione di accessori e accendini marchiati “Bronica”, per questi ultimi la produzione proseguirà sino ad almeno tutti gli anni ’70, gli consente di fare il salto ed approdare al primo progetto di fotocamera dal quale scaturirà di li a poco il primo modello denominato Z.
Già nel 1955 è pronto il primo prototipo che ha caratteristiche molto innovative per l’epoca. Con questo prototipo Zenzaburo si aggiudica due riconoscimenti il primo nello stesso anno ed il secondo nel 1957 dall’Ufficio Brevetti.
Nel frattempo le attività vengono trasferite nel quartiere di Itabashi situato nel nord di Tokyo, un quartiere noto per la presenza di numerose piccole realtà produttive.
La fotocamera in questo momento non ha ancora un nome e viene affettuosamente chiamata Zenzaburo no nica che in giapponese suona come macchina fotografica di Zenzaburo. Successivamente il nome verrà abbreviato in Zenza Bronica.
La piccola fabbrica, considerata il vero luogo di nascita della Bronica, serviva anche come casa per la famiglia Yoshino. Al primo piano erano posizionate le macchine utensili, al piano terra le aree di ricevimento delle materie prime e di consegna dei prodotti finiti. La divisione della casa non era alla fine molto diversa da quella del negozio con annesso laboratorio dove aveva iniziato la sua attività.
Nel marzo del 1958 la fotocamera entra in produzione e viene presentata in Giappone, nel novembre dello stesso anno a Philadelphia e alla fine di dicembre in Europa. La stampa specializzata è subito molto entusiasta e, naturalmente, paragona la Z alla nuova Hasselblad 500C presentata l’anno prima.
Nel 1961 il modello Z viene ridenominato D o De Luxe ed affiancato nello stesso anno dal modello S o Supreme aggiornato e perfezionato in alcune caratteristiche per aumentarne precisione ed affidabilità. I due modelli hanno magazzini e mirini non compatibili tra loro. Hanno invece in comune, come detto sopra, il particolare meccanismo di movimento dello specchio, le ottiche Nikkor e l’otturatore con una robusta tendina in tela gommata che sarà un’altra caratteristica comune a tutta la linea di modelli S e della successiva serie EC.
Nella mente di Yoshino doveva aver certo balenato l’idea di sviluppare una fotocamera che almeno in parte si ispirasse ad Hasselblad. Magazzini, mirini, ottiche intercambiabili ed una forma che ricorda la reflex 6×6 svedese non possono essere frutto di un caso.
Per quanto il progetto sembri in apparenza molto simile, il modello messo a punto da Yoshino ha tuttavia alcune nuove ed interessanti soluzioni che caratterizzeranno gli apparecchi Bronica sino all’inizio degli anni ’70.
Queste soluzioni sono frutto di una sofisticata progettazione che, con tutta probabilità, sconta l’adozione di schemi ottici già pronti che richiedevano una distanza dalla lente posteriore al piano focale molto ridotta, tanto comunque da impedire il posizionamento di uno specchio reflex con il meccanismo di sollevamento tradizionale.
L’ottica standard sulla quale viene progettato già il modello Z, è prodotta dalla Nippon Kogaku e marchiata, ovviamente, Nikkor. Si tratta di un 75 mm 2.8 con uno schema a cinque lenti dalle caratteristiche eccellenti ed in grado di competere con il Planar 2.8 montato sulla Hasselblad 500C.
Il particolare schema ottico non retrofocus, si rivelerà poi foriero di interessanti novità a partire, dalle ottiche grandangolari che fino all’inizio degli anni ’90 deterranno il record di luminosità tra gli analoghi obiettivi prodotti per il medio formato.
La prima Bronica adotta quindi un meccanismo di ribaltamento dello specchio che funziona in modo contrario a quello che avviene nelle normali reflex e che diventerà la caratteristica distintiva di questa generazione di fotocamere: lo specchio scivola verso il basso in modo da consentire l’alloggiamento dell’obiettivo in posizione arretrata.
Semplice a dirsi ma complesso da realizzare: in una comune reflex il sollevamento dello specchio chiude il mirino impedendo quindi che la luce parassita raggiunga l’interno della fotocamera durante l’esposizione.
Nel caso di abbassamento dello specchio invece una tendina ausiliaria deve chiudere il mirino proprio sotto il vetro smerigliato, dove solitamente va in battuta lo specchio di una reflex tradizionale.
Ma non è finita qui.
Lo specchio, una volta riposizionato verso il basso, deve essere coperto pena i possibili riflessi che che la luce, proveniente dall’obiettivo, potrebbe generare prima di raggiungere la pellicola.
Ecco quindi che un terzo dispositivo copre lo specchio una volta abbassato.
Tutte le operazioni vengono poi ripetute a ritroso dalla macchina perché lo specchio è a ritorno istantaneo.
Altra peculiare caratteristica di questa serie di fotocamere.
Tutto questo guazzabuglio meccanico gode sin da subito di una progettazione molto accurata ma di una realizzazione che sia in termini di materiali sia in termini di tecnica maturerà negli anni sino a raggiungere con il modello S2a del 1969 un adeguato livello di affidabilità.
Sui materiali occorre dire che, a differenza delle Hasselblad, nei primi modelli Bronica si fece largo uso di una lega di bronzo e alluminio per la realizzazione dei meccanismi. Ciò probabilmente per la scarsità di materia prima di quegli anni da un lato e per la maggiore facilità di lavorazione di questa lega rispetto all’acciaio dall’altro.
Nella descrizione delle caratteristiche della S Bronica scrive: malgrado la sua precisione cronometrica, è rude e robusta, concepita per l’uso più impegnativo anche nelle peggiori condizioni. Esistono oltre 77 brevetti Bronica, a testimonianza delle molteplici innovazioni attuate nella sua progettazione. Non ultima di queste, è la costruzione frazionata che utilizza non meno di 13 sottogruppi di montaggio, ognuno indipendentemente accessibile, concepiti con la esattezza di una equazione algebrica.
Per la Bronica S viene sviluppato un vasto parco di accessori in linea con le disponibilità dei concorrenti dell’epoca. Tra questi compaiono due prismi uno dei quali può essere montato senza rimuovere il pozzetto come nella Praktica FX, un soffietto macro con possibilità di decentramento e basculaggio oltre a filtri e paraluce.
La brochure del modello S recita ancora: la Zenza Bronica S è uno strumento magnifico, da qualunque aspetto lo si consideri. Essa è di linea fresca ed originale, mentre è brillantemente concepita sul piano tecnico-costruttivo. Portando l’automatismo al formato 6×6 cm., la Bronica S, ha compiuto una vera rivoluzione, accoppiando con successo le necessità del maggior formato con la maneggevolezza, velocità e versatilità tradizionalmente ed insuperabilmente associate al piccolo formato 35 mm. Così facendo, la Bronica S. ha aperto agli entusiasti del formato 6×6 cm. un mondo di possibilità nuove.
Un’altra caratteristica innovativa della S è quella dei magazzini intercambiabili. Il magazzino è concepito in modo da non doversi preoccupare se il film è stato avvolto o l’otturatore armato. Agendo sulla leva di carica, l’apparecchio distingue immediatamente le differenti operazioni da compiere ed esegue solamente quelle mancanti. La Bronica non darà mai doppie esposizioni, né farà avanzare un fotogramma non ancora impressionato.
Si dice che Zenzaburo, fissato per la praticità d’uso, avesse tratto ispirazione dall’aver osservato un’automobile slittare nel fango a causa dell’effetto determinato dal differenziale che imprime una maggiore rotazione alla ruota con minor aderenza.
Questa peculiare caratteristica dei magazzini non sarà mai presente neppure sulle Hasselblad, che funzioneranno sempre con i due pallini di riscontro su corpo macchina e dorso, né su quelli della Rolleiflex SL66 dove un meccanismo impedisce l’aggancio del magazzino se non è in fase rispetto alla macchina.
Un ulteriore punto distintivo delle fotocamera Bronica è la presenza di tre sistemi di aggancio delle ottiche: il primo, a baionetta, consente di montare le ottiche Nikkor con la trasmissione automatica del diaframma; il secondo, attraverso una baionetta coassiale al tubo di messa a fuoco, consente di montare i teleobiettivi Nikkor dotati di proprio elicoidale e di diaframmi a preselezione; il terzo, con filettatura 57×1 posta sul tubo di messa a fuoco, consente di montare, tramite anelli adattatori le ottiche più disparate.
Ma torniamo alla questione delle ottiche Nikkor che saranno il vero punto distintivo di queste fotocamere, senza voler nulla togliere ai tanto amati Zeiss delle Hasselblad.
Il connubio Nippon Kogaku – Zenza Bronica è singolare se si pensa all’apparente disinteresse da parte del primo soggetto verso il segmento di fotocamere medio formato.
Apparente poiché alcune fonti sostengono che nei progetti della Nippon Kogaku fosse prevista una fotocamera reflex 6×6. Tuttavia la fine degli anni ’50 vede l’azienda fortemente impegnata nel lancio della Nikon F e del suo sistema di ottiche ed accessori, tanto da non poter o voler probabilmente dedicare attenzione ad un prodotto alternativo.
Si conosce molto poco circa i motivi che spinsero Nippon Kogaku ad avviare la collaborazione con Bronica che all’epoca era per dimensioni e potenzialità assolutamente insignificante rispetto al più affermato produttore di fotocamere Nikon.
Al momento del lancio della Bronica Z, avvenuto nel 1958, la fotocamera già era dotata di ottiche Nikkor con la trasmissione automatica del diaframma, caratteristica questa che caratterizzerà poi gli obiettivi della Nikon F presentata nel 1959. La collaborazione con Nippon Kogaku nasce quindi prima del 1958 e probabilmente trae origine dai riconoscimenti che ottiene già il prototipo del 1955 e dai numerosi brevetti depositati da Yoshino prima del lancio della nuova fotocamera.
Che la portata rivoluzionaria della nuova fotocamera possa aver attirato l’attenzione di Nippon Kogaku o che un soggetto terzo, dentro o fuori il Giappone, possa aver svolto il ruolo di sensale tra le due aziende, è una questione che probabilmente non verrà mai chiarita.
Tuttavia tra le tesi più accreditate vi quella, citata anche nel libro di Hilton, che attribuisce a Joe Ehrenreich gran parte del merito.
Ehrenreich, al quale va anche gran parte del merito della diffusione del marchio Nikon negli USA, succedette nel 1953 alla Nikon Camera Company di San Francisco, come importatore dei prodotti Nippon Kogaku. La Ehrenreich Photo Optical Industries aveva sede a New York ed un catalogo che negli anni successivi si sarebbe arricchito di nomi importanti tra i quali Mamiya e dal 1958 Bronica.
Probabilmente alla ricerca di un prodotto che contrastasse negli Stati Uniti le vendite di Hasselblad, allora distribuita da Willoughby, Ehrenreich, attratto dalla portata innovativa del prototipo di Zenzaburo, potrebbe aver spinto Nippon Kogaku verso l’accordo per la produzione delle ottiche per Bronica.
Ehrenreich era anche l’importatore USA di Mamiya, ma all’epoca quest’ultima stava lavorando al progetto della biottica, lanciata poi nel 1957, e non aveva probabilmente interesse nell’investire in un prodotto concorrente.
In qualsiasi caso le ottiche Nikkor prodotte per Bronica contribuirono non poco all’affermazione della macchina di Zenzaburo restando in catalogo fino alla seconda metà degli anni ‘60 con alcune evoluzioni degne di nota come il nuovo 50 mm 2.8 che, come sopra accennato, sarà l’ottica grandangolare più luminosa prodotta per il medio formato sino all’inizio degli anni ’90.
Negli anni ’60 usciranno poi due evoluzioni della Bronica S.
La S2 nel 1965 che introduce l’elicoidale di messa a fuoco removibile dal copro macchina e i magazzini commutabili per pellicola 120/220. Della S2 verrà prodotta anche una versione semplificata, senza magazzino intercambiabile, denominata C.
La S2a nel 1969, esternamente identica al precedente modello ma, come accennato prima, con i componenti interni in acciaio anziché in lega bronzo-alluminio.
Dal 1966 in poi Nikon dimostra sempre meno interesse a produrre ottiche per Bronica sino a interrompere la fornitura dei 75 mm già all’inizio degli anni ’70. Bronica avvia in prima battuta un accordo con la Carl Zeiss Jena per la produzione di un 80 mm sullo schema ottico del Biometar, accordo che non avrà seguito. Il Zenzanon 80 mm 2.8 è una assoluta rarità e testimonia questo primo tentativo di sopperire al contributo via via decrescente di Nikon.
Nel frattempo la gamma di obiettivi si amplia anche grazie all’ingresso di focali marchiate Zenzanon, prodotte dalla stessa Bronica, e al contributo di Komura.
A differenza di Hasselblad, la cui complessa e costosa costruzione di obiettivi ad otturatore centrale scoraggia i produttori di obiettivi universali, per Bronica convivono negli anni ’60 e ’70 accanto alla propria offerta di ottiche, quelle prodotte da Komura che realizzerà numerose focali con attacco Bronica S.
Nel 1972 Bronica introduce la EC, una nuova fotocamera sempre con l’otturatore a tendina in tela gommata ma controllato elettronicamente. la nuova fotocamera adotta anche un nuovo meccanismo di sollevamento dello specchio del tutto diverso da quello presente nelle fotocamere della serie S.
Nella EC e nel successivo modello EC-TL nel quale verrà incorporato l’esposimetro, lo specchio è diviso in due parti. la parte superiore, di maggiori dimensioni, si ribalta verso l’alto come in una comune reflex. La parte inferiore scatta verso il basso.
Con l’uscita di scena nel 1977 della EC-TL termina per Bronica la serie di fotocamere con otturatore a tendina. La nuova 6×4,5 ETR lanciata nel 1975 ed i successivi modelli SQ per il formato 6×6 e GS per il formato 6×7, avranno l’otturatore centrale nell’obiettivo in pieno stile Hasselblad.
Il 23 novembre 1988 Zenzaburo Yoshino muore all’età di 77 anni.
Massimiliano Terzi
Riferimenti bibliografici e sitografici:
Tony Hilton, Bronica: The Early History e Definitive’s Collector’s Guide, 1998 Hove Photo books
brochure e manuali d’uso Zenza Bronica S, S2, S2a
http://www.japanexposures.com
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Bellissimo articolo, sono anch’io un appassionato delle creazioni geniali di Zenzaburo, oltre ad aver utilizzato per lavoro, per molti anni, le Zenza moderne.
Se può interessare, su Nikonland, ho scritto anch’io tanti anni fa un articolo al riguardo:
https://www.nikonland.it/index.php?/articoli/storia-nikon/1958-1996-zenzaburo-yoshino-e-nikkor-r55/
Ciao, mi fa molto piacere che tu abbia apprezzato. Ho letto con molto interesse il tuo articolo e soprattutto ho ammirato le foto del tuo corredo. Grazie ancora. Max