Victor Hasselblad e la N.A.S.A.

Nel luglio di quest’anno, ricorreranno i cinquantanni dallo sbarco del primo uomo sulla luna.

Le immagini arrivate sino a noi di quel 21 luglio e dei molti altri giorni nei quali le missioni spaziali si spingevano verso il raggiungimento di quello storico traguardo, furono prevalentemente riprese con fotocamere Hasselblad corredate da obiettivi Zeiss.

L’adozione da parte della NASA di fotocamere Hasselblad non fece tuttavia seguito ad una precisa scelta.

Già dalle prime missioni Gemini, che rincorrevano il primato russo del 1961 che lancio nello spazio il primo uomo, l’attenzione era probabilmente puntata più sul risultato piuttosto che sulla qualità dei mezzi per documentarlo.

Tuttavia, come vedremo in seguito, una fotocamera del marchio svedese, più precisamente, una 500C, si trovò nel posto giusto al momento giusto.

Il posto era un negozio di fotografia di Huston. Il momento lo scopriremo a breve.

Quando Victor Hasselblad presentò nel 1948 negli Stati Uniti la sua prima fotocamera 1600F, lo scelta del mercato americano doveva essere quasi obbligata.

In Europa la fase di ripresa post bellica procedeva spedita ma ancora molte erano le problematiche che avrebbero potuto limitare il risultato commerciale dell’astro nascente svedese.

La scelta degli Stati Uniti era per Hasselblad condizionata anche dalle buone relazioni con Kodak con la quale aveva riallacciato in quegli anni le relazioni commerciali, interrotte all’inizio del secondo conflitto mondiale ma profondamente radicate nella conoscenza e collaborazione iniziata a fine ‘800 tra le famiglia Hasselblad e la casa di Rochester.

Le premesse, pur dopo un avvio non certo semplice, non tardarono a produrre i loro frutti e, dopo la serie degli apparecchi con otturatore a tendina, la casa svedese lanciava nel 1957 la 500C e di li a poco la Supreme Wide con lo spettacolare 38mm Biogon.

A partire dalla 1000F, la collaborazione con la rinata Carl Zeiss aveva portato in Europa la produzione degli obiettivi, chiudendo definitivamente la pur breve partita con Kodak per la produzione degli Ektar che equipaggiarono inizialmente le 1600F.

Il lancio della 500C consolidò questa scelta, giacché l’otturatore, spostato dalla macchina in ciascun obiettivo, era fornito dalla tedesca Compur, sempre orbitante nella galassia della Fondazione Zeiss.

Il legame con gli USA si manteneva tuttavia stabile anche grazie alla continua ed instancabile azione di Victor Hasselblad, egli stesso promotore dei propri apparecchi presso la stampa, le personalità, i fotografi professionisti e chiunque altro potesse favorire la diffusione del marchio.

Tra questi mi piace citare Ansel Adams che ebbe con Victor Hasselblad un proficuo e lungo scambio di esperienze ed opinioni. Così il fotografo californiano ricorda Hasselblad nella sua autobiografia.

Ho incontrato Victor Hasselblad a New York nel 1950. Di ritorno a San Francisco, ho trovato ad attendermi una sua macchina fotografica, il modello 16OOF, con la preghiera di provarla e di mandargli in Svezia le mie osservazioni.

Dovevo tenermi l’apparecchio con i suoi omaggi. Come per ogni prototipo, c’erano molte osservazioni da fare, ma la concezione della macchina era stupenda. La velocità massima dell‘otturatore, 1/1600 di secondo, era realizzata più sul tavolo da disegno. Nella realtà, arrivava tutt’al più alla metà. Le velocità più lente erano accuratissime.

Il modello successivo, la Hasselblad 1000F, era molto più soddisfacente sotto tutti i punti di vista. Le velocità dell’otturatore erano più precise. Tuttavia l’otturatore meccanico sul piano focale aveva seri problemi di progettazione ed è stato sostituito dal modello 500C, il che corrisponde a una velocità massima dell’otturatore tra le lenti dell‘obiettivo di 1/500 di secondo. La macchina era dotata di una serie magnifica di obiettivi Zeiss di numerosi accessori e ha avuto grande successo. Non dimenticherò mai le istruzioni ricevute dallo stesso Victor con la prima macchina: “Quando obiettivo attaccato tiene bene, immettere obiettivo su macchina, spingere di lato, smettere di girare al suono del Clic, e la camera è pronta a riprendere.” Il suo inglese è poi migliorato con gli anni. Fotografo dilettante specializzato in uccelli, incoraggiava caldamente i giovani fotografi e sponsorizzava l’eccellenza in molti campi. Quando un astronauta si scusò per aver perso una Hasselblad durante una delle prime uscite nello spazio, Victor rispose: “Non Ci pensi nemmeno. Quale altro produttore di macchine fotografiche ha un suo piccolo pianeta nello spazio?”

Quell’astronauta è Michael Collins.

L’aneddoto raccontato da Ansel Adams risale al 1966 e contribuirà a creare nell’immaginario collettivo l’associazione del nome Hasselblad alle missioni spaziali.

Nelle prime mission Gemini, con una deriva se vogliamo un po’ turistica, era consentito all’equipaggio di portare a bordo, tra gli effetti personali, anche una fotocamera.

Nel 1962 John Glenn portò con sé una Ansco Autoset 35 e nella successiva missione una Robot Recorder 35. i risultati furono però deludenti. Sarà Walter M. Schirra che il 3 ottobre 1962 partirà per la missione Mercury Sigma 7 con una 500C acquistata ad Houston in un negozio di fotografia.

A seguito dei buoni risultati ottenuti con la prime immagini scattate con la 500C viene avviata una collaborazione ufficiale tra NASA e Hasselblad.

La fotocamera giusta al posto giusto.

Il 27 gennaio 1967 durante un’esercitazione prende fuoco la navicella Apollo Saturn 204 posizionata sulla rampa di lancio sopra il razzo Saturn IB. L’incidente, nel quale morirono i tre membri dell’equipaggio, spinse la N.A.S.A. a rivedere le norme di sicurezza a bordo e tra queste anche le dotazioni personali degli astronauti.

Nello stesso anno quindi la collaborazione con Hasselblad sfocia in un accordo formale che impegna la casa svedese al rispetto di rigidi protocolli sui materiali utilizzati e sulle attrezzature prodotte per le missioni spaziali.

Il vero impulso arriva di li a poco con le successive missioni Apollo, sino all’allunaggio nel 1969.

Al ritorno dalla missione spaziale degli astronauti dell’APOLLO XI, la Hasselblad dirama il seguente comunicato che possiamo immaginare scritto di pugno da Victor.

Per la prima volta nella storia, l’uomo ha raggiunto il nostro più prossimo nello spazio ed ha lasciato l’impronta dei propri piedi sulla superficie della Luna. È quindi giusto che noi rendiamo un plaudente omaggio a questi audaci uomini del nostro secolo.

Presso lo stabilimento Hasselblad abbiamo duramente lavorato, durante molti anni, al perfezionamento ed allo sviluppo dei nostri apparecchi fotografici, per essere in grado di documentare questo grande avvenimento. Dall’ottobre 1962, gli apparecchi Hasselblad hanno preso parte a tutti i voli spaziali americani, coi progetti Mercury, Gemini ed Apollo, che hanno servito da collaudo ed esperimento in Vista del primo sbarco sulla Luna del luglio 1969.

Noi ci rallegriamo vivamente che gli astronauti abbiano potuto ritornare felicemente a Terra dalla loro spedizione Lunare, che è entrata nella storia mondiale ma che ha scritto anche la storia per la fabbrica Hasselblad. Noi siamo fieri di aver potuto vedere il primo impiego degli apparecchi Hasselblad sulla superficie lunare. Quegli apparecchi che Armstrong ed Aldrin hanno lasciato sulla Luna potranno forse un giorno essere riportati sulla Terra e diventeranno allora preziosi oggetti per collezionisti.

Le fotografie riportate da questo viaggio e che noi abbiamo potuto ammirare su giornali e riviste di tutto il mondo, saranno di grande importanza e di grande aiuto per coloro che intendono approfondire lo studio delle diverse regioni lunari.

La Hasselblad ottenne i diritti sulle immagini scattate durante la missione APOLLO XI, diritti che consentirono alla casa svedese di poter disporre delle stupende riprese per amplificare la celebrazione della partecipazione all’evento delle proprie fotocamere.

Determinate per le nuove esigenze spaziali fu disporre di una macchina motorizzata e di un dorso che garantisse grande autonomia, ottenuta con l’utilizzo della pellicola 70 mm. Tra la fine del 1968 e il maggio del 1969 vennero imbarcati nelle missioni Apollo corredi molto articolati composti, ad esempio per la missione Apollo X, da due corpi 500 EL70, sette dorsi e, per la prima volta, anche da un Tele Tessar 500mm.

Per l’apollo XI fu predisposta invece una fotocamera dotata di vetro di Roseau e di un Biogon 60 mm 5,6. Nasce così l’Hasselblad Data Camera o HDC.

Sempre dalla documentazione Hasselblad, un altro stralcio delle descrizione dell’evento che fa comprendere il grande impatto mediatico dell’evento che sembra di rivivere con l’emozione di allora leggendo queste parole.

In quanti eravamo, la sera, la notte o la mattina del 20-21 luglio, in tutto il mondo, a restare affascinati ed incantati davanti ai nostri televisori? Era forse più di mezzo miliardo di persone, un quinto di tutta l’umanità, che osservava Neil Armstrong mentre poneva con precauzione il suo piede sinistro sulla Luna per poi ritirarlo immediatamente mentre pronunciava le ormai famose, fatidiche parole:

«Un piccolo passo per un uomo, un passo da giganti per l’umanità. Un avvenimento di importanza mondiale nella nostra epoca, forse il più rimarchevole per le attuali generazioni».

Si prova quasi una sensazione di irrealtà se si pensa che probabilmente sono stati necessari miliardi di anni di schiavitù alla Terra prima che dall’elemento monocellulare dei primordi potesse svilupparsi l’uomo come è oggi. Ed oggi, mentre noi viviamo, l’uomo rompe le sue catene ed arriva a posare i1 suo piede su un altro corpo celeste, la Luna. È qualcosa di straordinario, anche se si tratta del corpo celeste più vicino a noi, quello che ci accompagna sempre nella nostra corsa attraverso lo spazio. Ci riesce ancora difficile comprendere ed afferrare l’ampiezza di un simile avvenimento!

Ed ecco come viene descritto sempre da Hasselblad la discesa del primo uomo sulla luna.

Nel medesimo instante in cui Neil Armstrong fu pronto a scendere la scaletta che doveva portarlo sulla Luna, iniziò la trasmissione televisiva più spettacolare che mai fosse stata organizzata. Gli uomini poterono osservare e seguire da terra, con buona visibilità, il primo piede umano che si posava sulla Luna ed i primi, incerti passi.

Neil Armstrong comunicò che il suolo era solido, coperto soltanto da pochi centimetri di polvere. Il modulo lunare era affondato dai 2 ai 3 centimetri nel suolo lunare, molto meno, quindi, del previsto. Venti minuti dopo venne il turno di Edwin Aldrin. Dopo il primo passo sulla Luna egli fece un paio di rapidi salti sulla scaletta della navicella. Il suo peso era soltanto un settimo di quello che pesava sulla Terra, poiché la forza di attrazione della Luna corrisponde soltanto ad un settimo di quella terrestre. Quindi cominciò un periodo di intenso lavoro per entrambi; essi sistemarono ed installarono strumenti di diversi generi, piantarono una bandiera americana, parlarono col Presidente Nixon alla Casa Bianca, raccolsero campioni di rocce lunari e fecero fotografie.

Con la loro Hasselblad 500EL.

Negli anni della collaborazione con la N.A.S.A., Victor Hasselblad creò in azienda uno speciale reparto dedicato alle missioni spaziali, condividendo con Compur e Zeiss la ricerca di nuove soluzioni che riguardarono ad esempio il tipo di lubrificante degli otturatori, che dovevano poter funzionare senza problemi anche nel vuoto, piuttosto che il tipo di antiriflesso per gli obiettivi che darà poi origine all’inizio degli anni ’70 alla nuova serie delle ottiche marchiate T* in finitura nera.

Per quanto l’attenzione del pubblico rispetto alle successive missioni spaziali andò via via calando, l’immagine dell’Hasselblad sulla Luna è rimasta per anni nella linea di comunicazione dell’azienda e nell’immaginario collettivo.

Massimiliano Terzi.

Bibliografia e sitografia: Hasselblad, libro dedicato a Victor Hasselblad, Evald Karlsten; Rivita Hasselblad, speciale Apollo IX, X e XI, brochure e documentazione tecnica Hasselblad.

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