Con la diffusione della fotografia, si sviluppano di pari passo, dalla seconda metà dell’ottocento, alcuni settori produttivi che riguardano in particolare quello dei materiali sensibili e quello degli apparecchi di ripresa.
Quest’ultimo gravita attorno a tre componenti fondamentali, ciascuno dei quali fa un po’ storia a sé: quello delle camere, quello degli obiettivi e quello dei meccanismi di otturazione.
Le camere evolvono principalmente in ragione della tipologia di pellicole, andando incontro ad un progressivo processo di miniaturizzazione che, sappiamo, è spinto già nel primo decennio del ‘900 dall’utilizzo della pellicola cinematografica 35 mm.
Per l’evoluzione degli obiettivi sarà fondamentale il contributo del sodalizio costituito tra Carl Zeiss, Ernst Abbe e Otto Schott, nonché di quello di tutti gli altri produttori che, dopo di loro, animeranno l’industria ottica fotografica nel ‘900.
Il terzo ambito, quello dei meccanismi di otturazione, non gode di altrettanta notorietà ma gioca comunque un ruolo fondamentale già dalla fine del XIX secolo.
Occorre osservare che per la costruzione di apparecchi fotografici si assiste già dalla seconda metà dell’800 al proliferare di produttori, cosa che non avviene sulla stessa scala, per obiettivi e sistemi di otturazione.
Il grosso della produzione di queste due categorie di componenti rimane infatti saldamente in mano a poche aziende che si riveleranno poi anche le più longeve.
Tra gli indiscussi, e rari, protagonisti dell’industria di produzione di sistemi di otturazione vi è certamente la Friedrich Deckel di Monaco a noi nota con il nome del suo più famoso otturatore, ovvero COMPUR.
Che sia una Voigtlander Bessamatic, una Contaflex, una Rolleiflex, una Hasselblad 500, un’ottica grande formato Zeiss o Schneider o qualsiasi altra fotocamera o ottica con otturatore centrale prodotta in Germania nel ‘900, una cosa è certa: il suo otturatore è quasi certamente stato progettato e realizzato dalla Deckel.
Per coloro che avessero voglia di leggere una interessante panoramica sui sistemi di otturazione, inserisco nella sitografia una pagina sulla storia degli otturatori.
L’invenzione degli otturatori Compur è dovuta al socio di Friedrich Deckel, Christian Bruns, in seguito ritiratosi dal sodalizio, che nel 1910 fece domanda di brevetto per un otturatore nel quale i tempi di esposizione erano regolati mediante un meccanismo di rallentamento meccanico ad orologeria.
La Fondazione Zeiss, all’epoca proprietaria di una quota della Deckel, comprese bene il significato di questa invenzione e acquisì il brevetto per metterlo a disposizione di Friedrich Deckel.
L’otturatore fu battezzato COMPUR, nome derivante dalla fusione di “Comp ound” otturatore all’epoca prodotto dalla Deckel, e “Uhr werk”, in tedesco “orologeria”, in riferimento al meccanismo utilizzato come ritardatore.
E da allora fu veramente un’altra storia, a tal punto che anche aziende come Voigtlander rinunciarono a sviluppare in proprio progetti per la costruzione di otturatori, per acquistarli direttamente dalla Friedrich Deckel.
Famoso fu il caso dell’otturatore che equipaggiò la prime Prominent prebelliche, poi abbandonato per adottare per l’appunto un Compur.
La partnership tra Victor Hasselblad, la fondazione Zeiss e la Compur è più che nota: nel 1954 il lancio della Supreme Wide e nel 1957 quello della 500C, consacra agli onori della ribalta due apparecchi che faranno storia, entrambi dotati di straordinarie ottiche Zeiss e di Otturatori Synchro Compur.
Synchro perché con l’avvento dei lampeggiatori elettronici, Compur dota i propri otturatori di sincronizzazione lampo, ribattezzandoli.
Con l’adozione da parte della N.A.S.A. di apparecchi Hasselblad per le missioni spaziali aumenta l’attenzione di Zeiss e Compur attorno alla costruzione di ottiche ed otturatori, già improntata a standard qualitativi di assoluta eccellenza.
Alla fine del 1966 erano già numerose le missioni spaziali alle quale Hasselblad aveva preso parte con le proprie fotocamere, come descritto nell’articolo sul rapporto tra Victor Hasselblad e la N.A.S.A.
Ecco quindi che nel 1966 la rivista Hasselblad pubblica, nel secondo numero dell’anno, un interessante articolo dedicato alla Friedrich Deckel di Monaco.
Ne riporto qui integralmente alcuni passaggi che consentono di comprendere il livello di eccellenza dell’azienda tedesca oltre a rappresentare un esempio del sistema produttivo dell’epoca.
Una visita alle officine COMPUR comincerà sempre dal reparto tecnico e dalle sale di disegno in cui si allineano innumerevoli tavoli disposti come gli scenari di un teatro e davanti ai quali si affaccendano tecnici e disegnatori. Questo è il mondo dei tecnigrafi, dei regoli e delle calcolatrici, delle squadre e dei compassi, delle tabelle di calcolo e delle norme costruttive.
La produzione di un nuovo otturatore COMPUR è preceduta dallo Studio accurato non solo dei vari componenti, ma anche degli utensili ed attrezzi necessari alla loro fabbricazione. Dalla determinazione delle tolleranze alla esecuzione dei piani definitivi di fabbricazione tutto impone una stretta collaborazione con l’ufficio studi ed esperienze. Una folta schiera di ingegneri, di tecnici e di specialisti nei vari rami produttivi è necessaria per la determinazione dei metodi e dei tempi di produzione, per l’elaborazione delle numerose liste di pezzi e per la scelta delle macchine utensili e delle attrezzature.
Ma fino a questo momento tutto è soltanto allo stadio di progettazione: i vari disegni devono ancora essere controllati ed approvati; solo ora può entrare in scena la schiera dei tecnici che procederanno alla costruzione dei più idonei mezzi di produzione e degli utensili, alla elaborazione delle norme d’interpretazione e dei dispositivi di produzione.
È ora il momento del servizio pianificazione della produzione che deve stabilire i tempi ed i modi, sia pure in forma ancora provvisoria, tenendo conto dei tempi necessari alle varie operazioni. La ben nota collaborazione fra i vari servizi degli stabilimenti COMPUR appare ora ancor più evidente: le liste dei vari pezzi sono preparate e serviranno di base per le ordinazioni ai fornitori di materiali, si trasmettono le ordinazioni specificando i termini di consegna e si stabiliscono i programmi di produzione.
È una moderna ed efficiente organizzazione che rende più facile il lavoro alla selezionata manodopera maschile e femminile occupata negli stabilimenti COMPUR. Comincia quindi la fabbricazione degli utensili e delle attrezzature. Ma in questo caso non si intende parlare di morse, tenaglie, martelli, lime o cacciaviti. La fabbricazione degli utensili comprende tutti i mezzi di produzione, apparecchiature, speciali utensili per taglio ed imbutitura, calibri, speciali apparecchi di misura e controllo, quelle macchine transfert di ingegnosa concezione progettate dal reparto tecnico e persino apparecchi ottici di misurazione. Di questo gruppo fanno parte non solo le varie macchine utensili, ma anche un certo numero di comparatori di misura.
Le pesanti presse da taglio sono installate al pianterreno, in locali ben illuminati e su fondazioni ben isolate in modo che le vibrazioni non si trasmettano ai laboratori dei piani superiori. In questo reparto le presse da taglio producono in continuità i vari pezzi ricavandoli dalle lastre di lamiera. Davanti ad alcune di queste presse da taglio si trovano operatrici in guanti di corone bianco: queste sono addette al taglio delle lamelle del diaframma e dei settori di chiusura da sottili fogli di acciaio laminato a freddo. Sorto l’utensile è disposta una tela bianca e l’utensile stesso è di una tale precisione che i pezzi stampati non presentano la minima sbavatura.
Per la produzione di pezzi ricavati mediante asportazione di una parte del materiale si usano torni, trapani, filettatrici, frese macchine da incisione, tutti automatici e regolati con assoluta precisione. Gli ingranaggi sono prodotti con frese elicoidali semi-automatiche: i dischetti Stampati vengono impilati sugli speciali attrezzi dopo di che la macchina provvede automaticamente alla fresatura dei denti in bagno d’olio, attestandosi solo ad operazione ultimata.
La funzione dell’otturatore di un apparecchio fotografico e di aprire e chiudere il passaggio alla luce e di regolare esattamente la durata d’apertura. Gli obbiettivi sono congegni costosi, costituiti da sistemi di lenti comunemente chiamati “cuore dell’apparecchio fotografico”, e l’otturatore COMPUR deve essere considerato come uno di questi, anche perché l’iride del diaframma e le lamelle di chiusura fanno parte integrante del gruppo obbiettivo. Anche l’aspetto di un Otturatore deve presentare un certo Stile corrispondente all’insieme della Struttura dell’apparecchio ed al suo impiego. I fabbricanti di apparecchi e di obiettivi lavorano in stretta collaborazione per raggiungere una sicura armonia di linee, e si attribuisce grande importanza alla finitura delle superfici, non solo all’interno, ma anche all’esterno dell’apparecchio.
Perciò le parti in lega leggera vengono anodizzate e quelle che vengono a contatto con le mani dell’operatore, come per esempio gli anelli di regolazione, vengono cromate. Queste operazioni sono eseguite nel reparto galvanizzatura dove non si vuole essere inferiori agli altri reparti in fatto di esattezza e precisione nel lavoro per cui si esaminano tutte le superfici trattate con lenti d’ingrandimento o addirittura al microscopio. Infine, si procede alla laccatura dell’involucro in lega leggera, operazione che può sembrare molto semplice ma che invece presenta le sue difficoltà a causa della incompatibilità fra la lacca e le leghe leggere. Le lacche vengono controllate chimicamente e la laccatura, non potendo essere effettuata per immersione, viene applicata a spruzzo con uno speciale sistema di essiccazione grazie al quale la lacca viene incorporata nel metallo stesso.
Secondo un piano di lavorazione ben studiato tutti i componenti dell’otturatore convergono nelle sale di montaggio, dotate di aria condizionata ed esenti da ogni formazione di polvere. Numerosi elementi, come il congegno di scatto, quello di autoscatto e quello di sincronizzazione del flash, oltre ad alcuna altre unità minori, arrivano al montaggio finale già pronti e completi. Circa cento persone sono occupate in ogni sala di montaggio ma il lavoro procede relativamente silenzioso: si sente solo qualche rumore prodotto dagli utensili o il brusio degli apparecchi di controllo.
Procedendo lentamente lungo la catena di montaggio da un posto di lavoro ad un altro, si possono seguire tutte le Operazioni che danno vita ad un otturatore. Le mani delle operatrici sono così abili e molte sono diventate così rapide che talvolta riesce difficile seguirne i movimenti e comprenderne le funzioni. Molte operaie sono diventate delle vere e proprie virtuose nel loro campo e si compiacciono di suscitare la meraviglia del visitatore. Solo pochi secondi sono necessari per il montaggio delle lamelle di otturazione, operazione questa capace di mettere alla prova la pazienza di un certosino.
Il funzionamento di un otturatore viene controllato già in fase di montaggio per cui è un continuo girare di ruote e muoversi e scattare di altri elementi mentre tempi e funzioni sono esattamente cronometrati. Sulla base dei risultati delle misurazioni entrano in azione, sul meccanismo ancora aperto, pinzette, sottili aghi e cacciaviti microscopici manovrati dalle abili e sensibili dita delle operaie che aggiustano qualche dettaglio qui e là, mettono nell’esatta posizione una piccola molla od avvitano qualche viterella, dopo di che si ripetono le misurazioni di controllo sulla regolazione e funzionamento dell’otturatore. Se viene ancora rilevata qualchemimperfezione tutto l’otturatore viene rimandato alla catena di montaggio.
Il primo controllo del funzionamento di un otturatore appena montato non è che la premessa al definitivo controllo dei valori di regolazione tramite gli apparecchi elettronici di misurazione. Questo controllo viene effettuato in momenti separati e su Strumenti diversi sui quali ogni valore può essere letto singolarmente. Dopo che l’otturatore è passato attraverso il controllo meccanico ed elettronico si eseguono su entrambi i lati, con macchine automatiche, le filettature destinate a ricevere i diversi elementi dell’obiettivo.
La qualità della produzione viene sorvegliata mediante severi controlli su otturatori scelti a caso e sottoposti all’azione del calore fino a 60 gradi e per diverse ore in speciali riscaldatori, per essere immediatamente dopo introdotti in frigorifero per 6 ore a temperature di 20 gradi sorto zero.
Alla fine di questa prova della temperatura i diversi meccanismi di precisione dell’otturatore, (congegni di scatto, di autoscatto e di sincronizzazione) devono funzionare in modo perfetto. A questo punto si può dire che non c’è altro da controllare. L’acquirente di un apparecchio fotografico di qualità può tuttavia essere certo che anche negli Stabilimenti di fabbricazione degli stessi apparecchi nuovi controlli saranno stati effettuati, anche sugli otturatori, da elementi specializzati.
Dopo qualche mese dalla pubblicazione di questo articolo, avverrà la tragedia del Saturn 204 (AS-204) distrutto dal fuoco il 27 gennaio 1967 durante un’esercitazione nella quale morirono tutti i membri dell’equipaggio, composto dagli astronauti selezionati per iniziare il programma Apollo: il pilota comandante Virgil Grissom, il pilota maggiore Edward White e il pilota Roger Chaffee.
La tragedia spinse la N.A.S.A. ad innalzare il livello delle misure di controllo dei materiali utilizzati per le missioni. In questa occasione venne siglato, nello stesso anno, un formale accordo con Hasselblad per l’impiego delle fotocamere sulle missioni spaziali.
Questo consentì all’azienda svedese e ai suoi partner tedeschi, di sviluppare la ricerca di ulteriori margini di miglioramento che consolideranno l’immagine di affidabilità del marchio.
Massimiliano Terzi
Bibliografia e sitografia: rivista Hasselblad 2/1966; http://www.kl-riess.dk/compur.eng.html
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