Una giornata al Ferrania Film Museum

Dopo i contatti avuti nel corso della stesura degli articoli su Ferrania, sono andato a visitare il Ferrania Film Museum.

Arrivando in treno da Milano si scende alla stazione di Savona da dove parte la linea ferroviaria per Alessandria che porta, in una quarantina di minuti, alla stazione di Cairo Montenotte,

Ed è proprio arrivando in treno e risalendo la valle, che dal mare porta a Cairo, che si ha occasione di rivivere il tragitto che compivano le merci che all’epoca delle ferriere prima e in quella della lavorazione della cellulosa poi, contribuirono allo sviluppo di questo territorio.

Di certo il treno da la sensazione del lento e graduale accesso ad un mondo nel quale si sviluppò un microcosmo di eccellenze che resero famoso il nome della frazione di Cario nella quale aveva sede il grande stabilimento di Ferrania.

Agli occhi del visitatore, cessate ormai da un decennio le attività della grande fabbrica, questo microcosmo appare oggi ben evidente visitando gli spazi di Palazzo Scarampi ad essa dedicato e, soprattutto, incontrando le persone che lo animano.

Organizzo la visita con due cari amici di sempre, Sandro Giorgetti e Antonello Natale, quest’ultimo protagonista anche dei miei articoli su Ferrania, in particolare quelli sullo stabilimento di Milano, per aver messo a disposizione mia e dei lettori di SENSEI materiale inedito sulla storia della sede milanese.

Antonello è anche l’autore di buona parte delle foto di questo articolo.

Ad attenderci a Cairo, Arrigo Ubertone, da sempre collezionista di materiale italiano ed in particolare di Ferrania.

Ci accoglie al Ferrania Film Museum Alessandro Bechis, presidente dell’associazione che ha in gestione lo spazio museale, che ci accompagnerà tutto il giorno, prima nell’archivio del museo, di norma non aperto al pubblico, poi nello spazio espositivo principale.

Ed è proprio dell’Associazione e del lavoro di squadra che Alessandro ci parla all’inizio di questa interessante giornata: poche persone, competenti, appassionate e sensibili alle vicende Ferrania a tutto tondo, con un forte legame di appartenenza al territorio, alle sue genti e alla storia di fabbrica.

Questa forte appartenenza, la consapevolezza di essere stati per quasi un secolo una realtà industriale unica, trova spiegazione in una delle didascalie in ingresso che così recita: “Chimici e ingegneri, la provetta e la macchina: la fabbrica per decenni vive di questo binomio. Un mondo autosufficiente, continuamente progettato e accresciuto da una schiera di ingegneri, periti, disegnatori, in quotidiano confronto per individuare soluzioni, concepire impianti più efficienti e veloci, automatizzare le lavorazioni, studiare un piccolo ingranaggio o piuttosto un intero reparto, programmare gli interventi di manutenzione (enorme il numero dei pezzi di ricambio), risolvere le criticità. Una caratteristica espressione di orgoglio dei lavoratori di Ferrania: il prodotto finito è realizzato in casa, sui macchinari progettati e costruiti nelle proprie officine. Il dialogo presente fra ricerca e produzione si replica nel campo ingegneristico: le diverse specializzazioni della Divisione tecnica (meccanica, elettrica, impiantistica, edile, etc.) sviluppano i progetti sulla base delle esigenze di lavorazione, della fattibilità economica, della convenienza brevettuale.”

Un museo vivo e fruibile anche ai non addetti ai lavori o appassionati, prosegue poi Alessandro, con un ulteriore impulso e sviluppo all’impronta data dal curatore Gabriele Mina, autore anche delle didascalie citate in questo articolo.

L’intento è stato quello di creare un museo diffuso sul territorio che consentisse da un lato di fornire un minimo di restituzione dei fatti e delle persone, e dall’altro permettesse di andare oltre le memorie, le belle vetrine espositive e i suoi ricchi contenuti storico scientifici.

Alessandro si allaccia poi alla celebrazione del centenario di Ferrania, per fare riferimento al centenario della nascita di Federico Fellini.

Il museo è infatti anche un po’ una sorta di Amarcord e come diceva il Maestro: “Credo che quando uno parla delle cose che conosce, di se stesso, della propria famiglia, del proprio paese, della neve, della pioggia, della prepotenza, della stupidità, dell’ignoranza, delle speranze, della fantasia, quando uno parla delle cose della vita in maniera sincera senza sbandieramenti, quando uno ne parla così con umiltà e soprattutto con un senso proporzionato delle cose credo che faccia sempre un discorso che tutti possono capire e tutti possono far proprio”.

È emblematico, rispetto a quanto sino ad ora detto, che quando chiedo ad Alessandro di presentarsi brevemente ai lettori di SENSEI lui mi risponda inviandomi una foto che raccoglie le cartelle del personale della sua famiglia in Ferrania, partendo da nonno Giovanni nel 1921, addetto alla stessa della prima celluloide prodotta, sino al suo cartellino: tre generazioni nel fotosensibile.

In fondo, mi dice, se mi chiedi chi o cosa sono in questa storia, ti rispondo che sono nipote, figlio di uno dei tanti che hanno fatto parte della grande famiglia Ferrania raccontata ampiamente nei contenuti museali.

Arriviamo dunque negli archivi del museo dove sono raccolti alcuni macchinari, proiettori e oggettistica che non hanno ancora trovato posto negli spazi museali.

Guidati da Alessandro ci soffermiamo su un estrusore ovvero su un apparato che consentiva di produrre le bande di supporto, un tempo di celluloide e poi di materiale plastico, sulle quali veniva stesa l’emulsione sensibile.

Per dare un’idea delle dimensioni, da una bobina prodotta al Reparto A con questo macchinario, si otteneva una banda lunga 3 chilometri dalla quale venivano ricavate poi 38 bande di pellicola 35 mm per una lunghezza totale di 120 km film.

La banda che si ricavava dal processo di estrusione si chiamava ASSE, per gli americani JUMBO.

Fatti due conti veloci stiamo parlando di circa settantatremila rullini 35 mm da 36 pose.

Nel periodo di massimo sviluppo dell’impianto, siamo negli anni ’60, lavoravano nello stabilimento di Ferrania circa 3.900 dipendenti con un’occupazione nell’indotto di altre 2.000 persone circa.

La fabbrica, sempre nella fase di massimo sviluppo, occupa una superficie di 330.000 metri quadri con un volume di 800.000 metri cubi.

Tra gli altri macchinari presenti in archivio, anche un apparecchio per radiografie interamente progettato e realizzato da Ferrania: la divisione radiografica, meno nota agli appassionati di cinema e fotografia, fu infatti una delle altre grandi eccellenze, riconosciute a livello internazionale, della Rochester italiana.

Trovano poi posto alcuni proiettori 35mm, alcuni dei quali ancora con l’illuminazione a carboni, e una interessante duplicatrice per pellicola 35 mm della tedesca ARRI.

In un apposito settore sono poi state raccolte le cartelle del personale che ha lavorato nell’impianto di Ferrania, un angolo nel quale Italo Calvino avrebbe potuto ben ispirare il suo romanzo “Il castello dei destini incrociati”.

Non potevano poi mancare gli apparecchi fotografici del reparto prove e tra questi anche un esemplare della Regina.

Lasciati gli archivi ci apprestiamo alla visita del Museo.

Lo spazio espositivo è al secondo piano di palazzo Scarampi.

In ingresso, accoglie i visitatori un grosso plastico della fabbrica di Ferrania sul quale Alessandro ci mostra i vari reparti, indicando anche quanto è poi stato negli anni abbattuto e quanto esiste ancora nella riconversione industriale dell’impianto tuttora in corso.

Si snodano poi le sale dedicate a prodotti ed attrezzature, per finire nell’ambiente dedicato alla documentazione nel quale trovano posto le principali pubblicazioni e il vasto repertorio di brochure e libretti a carattere tecnico divulgativo che costituiscono una iniziativa editoriale snodatasi per decenni con un taglio pratico a supporto di professionisti e dilettanti.

Tra questo materiale è visionabile la brochure di lancio della pellicola cinematografica P30 dalla quale deriverà anche quella fotografica in formato 35 mm e 120.

Le tematiche sviluppate nei diversi ambienti del museo abbracciano dalle origini dell’attività industriale, con la fabbricazione della polvere da sparo come descritto nell’articolo sulla storia di Ferrania, allo sviluppo delle attività legate ai materiali esplodenti fino alla fabbricazione del materiale sensibile avviata nella prima metà degli anni venti del ‘900.

Vi è poi una sezione dedicata ai prodotti, al mercato e alla comunicazione.

In essa sono raccolte le pellicole prodotte da Ferrania nei vari formati, oltre ad una interessante carrellata degli apparecchi realizzati dalla filiale milanese e da quelli prodotti dalle Officine Galileo di Firenze e commercializzati da Ferrania.

Particolare attenzione merita la sezione dedicata alla cinematografia, che Alessandro ci racconta essere attualmente al centro degli approfondimenti per il grande ruolo svolto da Ferrania nel cinema italiano degli anni ’50 e ’60, non solo per la produzione di pellicole passate alla storia, ricordavamo prima la P30, ma anche per l’instancabile azione svolta dall’azienda nel miglioramento continuo dei propri prodotti, come ricorda Gabriele Mina in una dei testi presenti nello spazio espositivo: “Negli anni ’50 e ’60 si instaura uno strettissimo rapporto fra la Ferrania e il mondo del cinema, in particolare Cinecittà. Il marchio dell’azienda accompagna la stagione del neorealismo e della commedia sul grande schermo: su pellicola C7 sono girati Cronache di un amore, il primo lungometraggio di Michelangelo Antonioni, film di Pietro Germi, Giuseppe De Santis e Steno, vari titoli con Totò. Mentre la Divisione cinema professionale dialoga con i produttori e le grandi case di distribuzione, i ricercatori e i tecnici a Ferrania si confrontano con le esigenze dei laboratori di sviluppo e stampa, in piena espansione così come le sale di proiezione. Interloquiscono con la fabbrica della pellicola, spesso recandosi direttamente nello stabilimento, fonici, operatori di macchina, truccatori e innanzitutto direttori della fotografia fra cui Piero Portalupi e Gabor Pogany, che partecipano al progresso tecnologico delle pancro in bianco e nero e del Ferraniacolor. Nel teatro di posa, affiancato a una sala di proiezione, era possibile effettuare test, collaudare nuove proposte, sperimentare differenti condizioni di illuminazione. In altre circostanze saranno gli uomini della Ferrania a essere presenti sui set cinematografici e a fornire assistenza. La stessa fabbrica diviene un soggetto di ripresa: il Reparto pubblicità cura Lavoro a Ferrania (1962, 28’), di Giulio Monteleoni, con la fotografia di Piero Portalupi e un commento sonoro d’eccezione, una composizione originale di Bruno Maderna, maestro della musica contemporanea. Per la visionarietà delle inquadrature e per l’uso della luce, il filmato rappresenta uno dei migliori esempi del documentario industriale”.

Accanto all’attività di ricerca e approfondimento sul cinema italiano vi è la parte, a mio avviso più gustosa, costituita dalla raccolta di riprese amatoriali, girate in gran parte da dipendenti dell’azienda, che accanto a momenti di vita familiare ritrassero ad esempio scene di vita del dopolavoro di Ferrania sino alla realizzazione di cortometraggi con spassosi allestimenti.

Alcuni spezzoni sono visibili sulla pagina Youtube del Ferrania Film Museum.

Seduti nella sala di proiezione presente nel museo, vediamo scorrere i diversi filmati e tra questi anche documenti storici di assoluto interesse come il cortometraggio sonoro realizzato nel 1974 da Arrigo Ubertone sulla rivolta nel carcere di Alessandria.

Solo chi ha mai armeggiato con una cinepresa 16 mm, con un meccanismo per le dissolvenze incrociate, con la titolatrice, la moviola, la giuntatrice, la sincronizzazione sonora e la pistatrice, può capire la dose di passione, conoscenza e lavoro che c’è dietro un cortometraggio di questo tipo.

Finisce così una giornata unica ed emozionante con la breve visita al fondo bibliografico proveniente dal parco tecnologico della Val Bormida e Fondazione 3M, composto dalla raccolta storica della rivista Ferrania, edita dal 1947 al 1967 e da oltre trecento volumi di tecnica fotografica e cinematografica dai primi novecento agli anni ’60.

La raccolta è ospitata al piano terra di Palazzo Scarampi ed è consultabile su appuntamento.

Tanto altro ci sarebbe ancora da raccontare sul ricco materiale e sulle informazioni contenute nel Ferrania Film Museum.

L’invito è di andare a visitarlo per poter vivere di persona le emozioni che, a parole, ho cercato di raccontare.

Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com

FERRANIA FILM MUSEUM, Via Luigi Baccino Ospedale, n°28
Cairo Montenotte, Savona (SV)
https://www.ferraniafilmmuseum.net/

Bibliografia:
Mina, G., Ferrania Film Museum -Testi
Fotografie di Antonello Natale e Massimiliano Terzi

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