Storia della Rollei. Seconda parte: dalla Original alla scomparsa dei fondatori

La Rolleiflex, si diceva nella prima parte, ottenne un successo immediato.

Reinhold Heidecke fu un convinto sostenitore dell’utilizzo della pellicola a rullo non incontrando, nel corso degli anni trascorsi in Voigtlander, nessuno in azienda disposto a dargli credito. Possiamo solo ipotizzare uno scenario nel quale, già a cavallo della Prima guerra mondiale, l’azienda di Braunschweig, ascoltando le proprie maestranze, ricavasse un progetto rivoluzionario “segando” un obiettivo alla Stereflektoskop, applicandole un dorso a rullo, precorrendo così i tempi di almeno un decennio e aggiudicandosi un nuovo primato.

Così non fu e la storia dice anche che nei primi anni della Franke e Heidecke il progetto della biottica maturò lentamente, prima nella produzione della Heidoscop che di fatto era ispirata alla Stereflektoskop Voigtlander, e dal 1926 con la Rolleidoscop che montava, finalmente, un dorso per pellicola a rullo.

Si narra che molti fotografi usassero la Rolleidoscop come una normale macchina fotografica coprendo alternativamente uno degli obiettivi e scattando una foto con l’altro senza far avanzare il film.

Del resto, questa possibilità era già stata prevista su fotocamere stereo del calibro della francese Monobloc che aveva, oltre alla possibilità di scattare su lastra foto singole 6×6, un dispositivo con il quale era possibile ottenere un unico fotogramma 6×13 decentrando la piastra porta ottiche in modo che uno dei due obiettivi si trovasse in posizione centrale.

Come sostiene John Phillips nel suo libro “the classic Rollei: a definite guide”, il formato quadrato era più immaginario che reale derivando da uno dei due fotogrammi di una macchina stereo. Il fotografo poteva poi decidere se stampare l’intero negativo o tagliarlo, orizzontalmente o verticalmente, nelle proporzioni rettangolari del formato 6×4,5. Questa conclusione alla quale arrivò Heidecke quando tagliò uno degli obiettivi alla Rolleidoscop, stabilì un’altra caratteristica fondamentale della Rolleiflex: quella della lunghezza focale dell’obiettivo.

Se la nuova fotocamera doveva consentire un taglio in fase di stampa con le proporzioni del formato rettangolare 6×4,5, l’ottica avrebbe dovuto avere una lunghezza focale un po’ più corta della diagonale di 8 cm del formato 6×6.

Fu così che le biottiche vennero corredate con un obiettivo di ripresa, ed uno di mira, della focale di 7,5 cm. anch’essi forniti, come per la Rolleidoscop dalla Carl Zeiss di Jena. I rapporti con Voigtlander non dovevano essere idilliaci se, con uno dei più famosi produttori di ottiche a due passi, Franke e Hiedecke decisero di andare da Zeiss per approvvigionarsi. Non è tuttavia da escludere che Voigtlander si fosse rifiutata di fornire le ottiche per una macchina come la Heidoscop che era in diretta concorrenza con il modello di loro produzione.

Stabilita la questione della focale, Heidecke prese per l’appunto una Rolleidoscop ed affidò a Gustav Bethmann, in seguito capo della sezione sperimentale dell’azienda, di prendere un seghetto e rimuoverne un’estremità, lasciando intatta solo la sezione centrale con la visione reflex e uno degli obiettivi di ripresa. La fotocamera così ottenuta venne messa in verticale mantenendo l’obiettivo di visualizzazione più in alto, ruotando poi di novanta gradi la posizione dello specchio, dello schermo di messa a fuoco e del cappuccio, che diversamente sarebbero stati rivolti lateralmente.

Il 1928 vede la nascita di un certo numero di prototipi. La manopola di messa a fuoco ad esempio, inizialmente posizionata in modo coassiale ad un grande elicoidale posizionato dietro l’otturatore, simile a quelle che si trovano sugli obiettivi delle reflex moderne, fu sostituita, per ragioni di affidabilità costruttiva, da tre ingranaggi demoltiplicatori più piccoli che permettevano il collegamento con una piccola manopola posta lateralmente.

Lo scorrimento della pellicola previsto inizialmente in modo orizzontale come nella Rolleidoscop, fu successivamente modificato in verticale, contribuendo così a conferire alla nuova fotocamera maggiore compattezza. La soluzione scartata da Heidecke fu in seguito adottata da Voitglander nella Superb, biottica lanciata negli anni ’30 per contrastare il fenomeno Rolleiflex.

A seguito dei prototipi sperimentati nel 1928, nel gennaio del 1929 fu definitivamente avviata la produzione del primo modello successivamente denominato “Original” il cui immediato successo generò un livello di domanda che andava ben al di là della capacità della forza lavoro e dei macchinari dell’azienda.

Durante la prima metà del 1929 furono quindi intraprese azioni urgenti per espandere la capacità e nell’agosto di quell’anno prese definitivamente il via la produzione su vasta scala.

Nel 1931 sulla spinta della miniaturizzazione delle fotocamere avviata dall’adozione del formato 35 millimetri, la Franke e Heidecke lanciò un nuovo modello che adottava la pellicola 127 e consentiva di scattare dodici fotogrammi in formato 4×4. In produzione dal marzo 1931 con la sigla interna di K.1A, questa fotocamera è la capostipite di una serie di apparecchi prodotti per pellicola 127 più in generale identificati con l’appellativo di “baby” Rolleiflex.

La Rolleiflex 4×4 del 1931 non era solo una piccola ed interessante macchina fotografica, ma anche un piccolo prototipo della nuova Rolleilex 6×6 che da lì a poco sarebbe entrata in produzione.

Progettata per produrre 12 fotogrammi su pellicola in rullo 120, la nuova Rolleiflex 6×6 scontava il fatto che in quel momento, i film in rullo erano numerati sulla striscia di carta posta dietro la pellicola per otto fotogrammi rettangolari 6×9.

Descrivendo le caratteristiche della New Standard, così verrà denominata la nuova biottica uscita per l’appunto nel 1932, Phillips spiega le motivazioni del passaggio dal formato 117 al 120.

Con la Rolleiflex Original non ci fu modo di evitare il film in rullo in formato 117, che nel 1929 era l’unico con numeri sulla striscia di carta distanziati 6,5 cm. Ma il formato 117 aveva l’inconveniente di poter produrre solo sei fotogrammi ed era per questo motivo ormai obsoleto.

La New Standard non fu la prima fotocamera prodotta da Franke e Heidecke ad utilizzare film in rullo in formato 120. Il primato spetta infatti alla Rolleidoscop 6×13 che per ogni esposizione utilizzava due fotogrammi 6×6 il cui avanzamento era possibile solo tramite l’allineamento del numero di fotogramma, posizionato sulla carta della pellicola, prima con l’una e poi con l’altra delle due finestrelle rosse presenti sul dorso.

Il formato 120, noto in Europa come B2-6 o B2-8, a seconda che il rullo producesse sei o otto fotogrammi 6×9 cm, era quindi la scelta logica per la nuova Rolleiflex che adottava un nuovo sistema di avanzamento del film.

Una volta allineato il primo fotogramma al numero 1 visibile tramite la finestrella rossa, il sistema di avanzamento della pellicola garantiva la spaziatura corretta, di 4,2 cm per il formato 4×4 su pellicola 127 e di 6,2 cm per il formato 6×6 su pellicola 120, ad ogni rotazione della manovella.

In questa tabella riassuntiva tratta dal sito earlyphotography.co.uk sono riportate le caratteristiche delle pellicole in rullo con il numero di fotogrammi previsto nelle versioni originali.

L’alloggiamento della pellicola fu ingrandito in ragione del maggior spessore del rullo 120 rispetto a quello 117 dando quindi la possibilità di poter usare ancora quest’ultimo formato di pellicola, consapevoli del fatto che avrebbero potuto esserci ancora alcuni fotografi che preferivano un film che produceva solo sei fotogrammi.

Franke e Heidecke si assicurarono quindi che i primi esemplari del modello 6×6 avessero una seconda finestrella rossa sul dorso della fotocamera per il posizionamento del primo fotogramma 117.

Nel 1933 sulla fotocamere fu inserita anche la classica finestrella quadrata, posizionata sulla parte superiore dell’ottica di mira, che consentiva una rapida visualizzazione dall’alto del tempo e del diaframma impostato.

Il successivo “salto” avvenne nel 1937 con il lancio della Automat che, attraverso un sofisticato meccanismo in grado di leggere la distanza tra i due rulli nei quali veniva fatta passare la pellicola, consentiva al contapose di riconoscere l’inizio del film senza ricorrere alla collimazione del numero 1 stampato sulla carta della pellicola attraverso la finestrella rossa sul dorso, finestrella che con il modello Automat fu definitivamente eliminata.

In questa foto del 1937 è ritratta una delegazione di rivenditori francesi in visita ai principali produttori tedeschi. I partecipanti ricevettero ricordi fotografici tra i quali alcune foto della loro visita alla Franke e Heidecke.

Nel 1933 viene lanciata una terza serie di fotocamere destinate a durare nel tempo, quella delle Rolleicord. Versione semplificata della New Standard, la Rolleicord I o Art Deco, montava uno Zeiss Triotar 4.5, portato poi a 3.8 nella versione con finitura in pelle nera, in luogo del Tessar 4.5 portato a poi a 3.5 del modello New Standard.

E’ tuttavia difficile spiegare in sintesi caratteristiche e varianti dei modelli prodotti in questi anni: molti furono i miglioramenti di dettaglio via via introdotti anche all’interno dello stesso modello.

Alla soglia della seconda guerra mondiale la Franke e Heidecke aveva raggiunto la produzione di quattrocentomila fotocamere, come ricordato in questa pubblicità.

Per tutti gli anni trenta si sussegue l’offensiva delle aziende concorrenti che inseriscono nei loro listini fotocamere del calibro della già citata Superb prodotta da Voigtlander, poi affiancata dalla più economica Brillant, alla Ikoflex e Contaflex prodotte dalla Zeiss Ikon, con l’ultima che adottava pellicola 35 mm e consentiva l’intercambiabilità delle ottiche.

Tra le fotocamere tradizionali convertibili in biottica voglio citare la Nagel Pupille che aveva come accessorio un scatola reflex munita di obiettivo che veniva posizionata sopra la macchina trasformandola in una TLR.

Alla fine della seconda guerra mondiale Braunschweig si trova nella zona di influenza Inglese. di conseguenza l’impianto produttivo di Franke e Heidecke viene preso in consegna dai militari britannici con il mandato di verificare i danni subiti e le potenziali produttive. La stessa sorte capita alle linee produttive Voigtlander.

Franke, per la sua grande indole commerciale, si dimostra subito collaborativo con i militari Inglesi mentre Heidecke è decisamente più riluttante.

Il responsabile del presidio inglese Mr. Harris garantisce che nessuno dei dipendenti sarebbe stato deportato e nessuna delle strutture produttive smantellata.

I soldati consegnano una grande scatola a Heidecke che in risposta scrive una lettera di ringraziamento a Mr. Harris aggiungendo in dono una Rolleiflex. All’interno della scatola vi sono numerose riviste e una replica Rolleiflex della società americana di vendita per corrispondenza SEARS. Attraverso la lettura delle riviste fotografiche inglesi e americane Heidecke ha così modo di informarsi sulle recenti evoluzioni delle fotocamere comprendendo anche quanto la Rolleiflex fosse popolare ed imitata nel mondo.

I limitati danni subiti dalle strutture produttive consentono una rapida ripresa delle attività. Una sorte ben diversa da quella subita dalla fondazione Zeiss e dalle aziende che orbitavano nel territorio di Dresda e Jena caduto sotto l’influenza Sovietica.

Nella seconda metà degli anni ’40 prosegue la produzione dei modelli prebellici con l’uscita nel 1947 della Rolleicord II tipo 5 e nel 1949 della Automat X che prevedeva la sincronizzazione flash ed affiancava al classico Tessar 3.5 lo Schneider Xenar 3.5.

Il 18 marzo 1950, Paul Franke scompare prematuramente, dopo una breve malattia, all’età di 61 anni. Gli succede il figlio Frankes Horst, nato il 22 dicembre 1913 che prende le redini dell’azienda.

Gli anni ‘50 furono anni di grande dinamismo per l’azienda che sfornò numerose nuove versioni della biottica. Furono tuttavia anche anni molto problematici dal punto di vista finanziario che portarono la Franke e Heidecke in cattive acque.

Percorriamo in sintesi una carrellata dei modelli usciti negli anni ‘50.

Fin dal dopo guerra la Franke e Heidecke si trova nella necessità di mettere in produzione un apparecchio con l’ottica di maggiore luminosità rispetto al Tessar 3.5. La concorrenza infatti già nel periodo pre bellico ha in produzione fotocamere con obiettivi più luminosi quali ad esempio la IKOFLEX III che monta un Tessar 2.8.

Nel 1949 esce la 2.8A, costruita in circa 10.000 esemplari, corredata dal Tessar di maggior luminosità. A causa delle prestazioni non pienamente soddisfacenti, esce nel 1952 la 2.8B che monta un Biometar 80 mm 2.8 che tuttavia viene prodotta in 1.250 esemplari. Nel 1953 esce la 2.8C che monta, a scelta, lo Schneider Xenotar o lo Zeiss Planar. Dopo la produzione di circa 3.000 esemplari, questo modello viene sostituito dall 2.8D che monta gli stessi obiettivi e permette, per la prima volta in questa fotocamera, l’accoppiamento tra tempi e diaframmi. La 2.8D viene costruita tra il 1955 e il 1956 in circa 10.000 pezzi.

Nel 1956 viene introdotta la serie E che ha come principale novità la presenza dell’esposimetro incorporato ma non accoppiato.

I valori di esposizione, EV, devono quindi essere riportati manualmente dall’esposimetro alla macchina tramite l’indicatore riportato sull’esposimetro e sulla rotellina di selezione dei tempi accoppiata a quella dei diaframmi.

Di fianco alla scritta Rolleiflex è posizionato inoltre il selettore per luci basse e alte. Nella successiva versione E2 il mirino sarà intercambiabile: questa versione sarà la base sulla quale verranno poi sviluppate la Rolleiflex Tele e Wide.

Negli anni ’50 si consolida il successo internazionale anche attraverso la crescente adozione della Rolleiflex da parte di fotografi professionisti che contribuiscono a creare la visione iconica di questa fotocamera, spesso esibita da personaggi famosi del cinema, della vita politica e mondana. Di certo nel repertorio delle immagini di celebrità che esibiscono una macchina fotografica, la maggior parte di questi ha con sé una Rolleiflex.

Tra gli importatori americani Willoughby tratta accanto ad Hasselblad anche Rolleiflex, come testimoniato da questa 2.8E venduta negli Stati Uniti.

La pioggia dei restanti modelli e versioni che esce negli anni successivi fino all’inizio degli anni ‘60, è difficilmente sintetizzabile.

La versione Wide del 1961, prodotta in poco meno di quattromila esemplari, con il suo Distagon 55 mm è, a mio giudizio, tra le più affascinanti macchine grandangolari accanto alla Hasselblad SWC.

La Tele con il Sonnar 135mm prodotta dal 1959 e ben più longeva della Wide.

Nel 1958 e 1960 escono rispettivamente le nuove Rolleiflex 3.5F e 2.8F che rappresentano il punto di arrivo di una perfezione ottica e meccanica che ha contribuito a consolidare il mito. Con mirino e schermo di messa a fuoco intercambiabili, l’esposimetro accoppiato e la nutrita serie di accessori sono le Rolleiflex più quotate ancora oggi nel mercato del collezionismo (Tele e Wide a parte).

E poi ancora la 3.5T con il ritorno del mitico Tessar, la nuove Rolleicord, la Baby 4×4 grigia , le Rolleimagic non basterebbero cento articoli per descrivere compiutamente una produzione così fertile e di grande qualità.

Eppure, tanta inventiva, tanto proliferare di offerta, produssero un effetto negativo sull’azienda che, alla fine degli anni ’50 era profondamente provata dal punto di vista finanziario.

Il 26 febbraio 1960 Reinhold Heidecke muore a Braunschweig all’età di 79 anni.

Nel corso degli ultimi dieci anni di vita Heidecke viene insignito di numerose onorificenze:
– il 2 gennaio 1951 riceve la laurea honoris causa dalla Università Tecnica di Braunschweig per il “lavoro straordinario per la progettazione della macchina fotografica tedesca”;
– Il 13 febbraio, 1951, riceve dal Photographic Society di Vienna la medaglia d’oro Voigtländer per l’eccezionale contributo alla produzione di macchine fotografiche.
– Il 25 marzo 1956 viene nominato senatore onorario;

Gli anni ’60 saranno caratterizzati da una profonda rivoluzione della quale parleremo nella terza parte della storia di Rollei.

Massimiliano Terzi

segue nella terza parte

Bibliografia e sitografia:
John Phillips, The classic Rollei, a definitive guide, Ammonite Press 2010
http://www.earlyphotography.co.uk/site/sfs.html
http://www.collection-appareils.fr/visites1937/html/rollei.php

 

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