Storia della Ferrania

La recente ricomparsa della pellicola Ferrania P30, della quale si parla da tempo, fa tornare alla ribalta il nome della famosa azienda italiana che dagli anni ‘20 ha occupato la scena mondiale tra i più importanti produttori di pellicole.

Benché sul marchio Ferrania sia disponibile molto materiale, non da ultimo quanto contenuto nel sito della Fondazione 3M o nel Museo Ferrania aperto a Cairo Montenotte dal settembre 2018, una ricca e strutturata fonte di notizie sul marchio, è a mio avviso costituita dall’interessante libro di Angelo Salmoiraghi, edito nel 1992, che racchiude minuziosi dettagli sulla storia oltre ad un’ampia carrellata di immagini dell’azienda e del territorio.

Ferrania tuttavia non è solo sinonimo di pellicola cinematografica e fotografica.

Legata alla storia della società vi è anche la costruzione e commercializzazione di fotocamere come in seguito vedremo.

Partiamo dal principio.

Sita nella omonima frazione di Cairo Montenotte, centro in provincia di Savona, denominata per l’appunto Ferrania, la storia dell’azienda ligure fonda le sue radici nelle attività industriali che già nell’800 si svilupparono nell’ambito della lavorazione del metallo che diede per l’appunto origine al nome del luogo.

Il comprensorio di Ferrania viene acquistato nel 1818 dal marchese Marcello Luigi Maria Durazzo che già dal 1820 riorganizza le attività degli stabilimenti di lavorazione del ferro che trattavano il minerale trasportato via mare dall’Isola d’Elba e poi via terra verso l’appennino.

Nei decenni seguenti prima il marchese e poi gli eredi daranno vita a rilevanti interventi sia di tipo urbanistico sia di valorizzazione dei fondi agricoli, determinando poi, per vicissitudini familiari, il progressivo abbandono del territorio.

Le vicende conducono sino alla soglia della Prima guerra mondiale allorquando si sviluppa, ad opera della SIPE, Società Italiana Prodotti Esplodenti di Milano, l’industria di produzione di esplosivi, grazie anche alla posizione sicura e appartata, che consentiva questo tipo di attività in maggiore sicurezza, alla disponibilità di una vasta tenuta non più abitata e alla vicinanza dello stabilimento di Cengio, sempre di proprietà della SIPE.

Sarà peraltro proprio da quest’ultimo impianto che nel 1928 prenderà vita l’ACNA che molti ricorderanno per le travagliate vicende che si svilupparono negli anni ’90 in relazione alle opere di bonifica della Val Bormida.

Ma torniamo a Ferrania.

A seguito delle vicende belliche venne impiegato dai Russi un cannone da campo di produzione francese, che richiedeva una particolare polvere denominata “polvere B”.

La SIPE venne incaricata di produrre questa polvere esplodente, che rendeva necessario un trattamento di nitrazione della cellulosa.

La polvere, prodotta a Ferrania, veniva poi inviata via mare in Russia.

La rivoluzione d’ottobre e le seguenti vicende politiche portarono quest’ultima all’abbandono anzitempo del fronte bellico e di conseguenza la domanda del particolare tipo di polvere diminuì drasticamente.

Le tecniche di lavorazione e i macchinari presenti nell’impianto ligure si rivelarono tuttavia idonei per la produzione di celluloide e nonostante la SIPE potesse ancora disporre di un buon numero di commesse relative ad altre tipologie di polveri esplodenti, avviò, grazie ad una lungimirante visione, la riconversione degli impianti.

Questa fase, iniziò quindi in anticipo rispetto alla fine della guerra e vide la SIPE protagonista nella progettazione e costruzione di un nuovo impianto che verrà qualche anno dopo utilizzato anche per la produzione di pellicole cinematografiche.

Venne quindi fondata nel 1917 la FILM o Fabbrica Italiana Lamine Milano che produrrà inizialmente i rivestimenti in lastre di cellulosa per le ali degli aeroplani, la cui copertura era all’epoca realizzata in tessuto.

Occorrerà attendere sino al 1920 per assistere alla prima produzione di una pellicola cinematografica di celluloide che solo nel 1923 verrà presentata all’Esposizione di Torino.

La produzione di pellicola fu realizzata grazie al contributo della francese Pathé Fréres che fornì il kow how entrando anche nella proprietà della FILM.

La pellicola positiva fu poi commercializzata nel 1924, periodo nel quale il cinema italiano attraversava una sfavorevole congiuntura.

Tra il 1921 e il 1925 verranno assunti alla FILM due personaggi che si riveleranno poi fondamentali per il futuro successo dell’azienda: l’Ing. Luigi Schiatti e il Dott. Franco Marmont che nel 1925 ne assume la direzione con l’incarico di guidare l’azienda verso la liquidazione.

Franco Marmont e Luigi Schiatti

Nel frattempo, nella proprietà dell’impresa era in toto subentrato il Credito Italiano, già proprietario di una parte della SIPE, che ricevette a titolo gratuito dalla Pathè la restante quota di proprietà posseduta da quest’ultima.

Marmont nel probabile tentativo iniziale di smaltire le scorte di pellicola a magazzino, mise sul mercato una quantità di materiale a prezzo ribassato, ad un valore ben al disotto del costo di produzione.

La buona qualità dell’emulsione decretò il successo dell’iniziativa che fu accompagnata da una crescente riduzione dei costi di produzione, grazie all’efficientamento degli impianti realizzato da Schiatti, tanto da portare in pareggio il bilancio della FILM già nel 1926.

Fu così che nel 1927 Marmont divenne presidente dell’azienda e Schiatti direttore dello stabilimento di Ferrania.

Quest’ultimo poté di li a poco comporre una squadra di primi riporti di assoluta eccellenza.

Nel 1932, dopo l’annessione della CAPPELLI di Milano, rinomata azienda produttrice di lastre fotografiche e fotocamere, venne costituita la FERRANIA – Fabbriche riunite prodotti fotografici FILM e CAPPELLI – il cui pacchetto azionario passerà nel 1933 all’IRI, in seguito al controllo esercitato da quest’ultimo sul Credito Italiano.

per gentile concessione del Ferrania Film Museum

Dal 1935 la proprietà della FERRANIA passa poi all’IFI o Istituto finanziario industriale, holding finanziaria del gruppo Agnelli costituita nel 1927.

FERRANIA rimarrà di proprietà dell’IFI fino al 1964 anno nel quale verrà venduta all’americana 3M.

Non vi è da meravigliarsi di questi passaggi di proprietà che avvennero in anni di profondo assestamento finanziario dell’industria italiana, che ebbe origine dal 1921 anno nel quale fallì la Banca di Sconto.

Da questo evento e dalla successiva crisi del sistema bancario italiano deriverà nel 1933 la costituzione dell’IRI al quale fecero riferimento le tre principali banche di interesse nazionale di allora tra le quali appunto il Credito Italiano.

Nel frattempo, in Ferrania si lavorava alacremente a nuovi progetti e tra questi, nel 1938, fu avviato il laboratorio per la ricerca sul colore.

Solo nel 1941 tra mille difficoltà legate alla scarsità di materia prime, vide la luce la prima pellicola invertibile a colori per fotografia.

Questo doloroso periodo che portò alla graduale diminuzione della produzione viene raccontato nel libro di Angelo Salmoiraghi con particolari toccanti, figli purtroppo, delle vicende politiche dell’epoca.

per gentile concessione del Ferrania Film Museum

Con la fine della Seconda Guerra mondiale iniziò per Ferrania una fase di rinascita che vide nel 1946 la presentazione della nuova pellicola Ferracolor 12 ASA nata dalla collaborazione, non ufficiale, tra l’azienda ligure e alcuni tecnici dell’ex Filmfabrik Agfa di Wolfen, sulle cui ceneri nascerà la ORWO che sta per ORiginal WOlfen, fabbrica di pellicole della Germania Est.

A proposito di ORWO, giova anche ricordare che Il 20 aprile 1945, in seguito alla sconfitta della Germania nella Seconda guerra mondiale, la Filmfabrik Agfa di Wolfen fu rilevata dalle forze armate statunitensi e importanti brevetti ed altri documenti riguardanti il processo Agfacolor furono confiscati e consegnati a concorrenti occidentali, in primis a Kodak.

Gli impianti produttivi si trovavano tuttavia in quella che sarebbe diventata la zona della Germania ad influenza sovietica.

Le forze statunitensi, abbandonato il campo, consegnarono il territorio a quest’ultima amministrazione militare, che smantellò gran parte della fabbrica e la trasferì in patria compreso il personale tedesco che vi operava. Da questa operazione venne creata la base per l’industria cinematografica a colori d’oltre cortina.

Qualche anno dopo, nel 1949, FERRANIA realizzo il primo negativo cinematografico a colori, denominato “tipo 51”, che risultava maggiormente conveniente, soprattutto per le piccole tirature, rispetto al procedimento Technicolor.

per gentile concessione del Ferrania Film Museum

Vennero quindi girati i primi cortometraggi di produzione italiana e nel 1952 il primo lungometraggio “Totò a Colori” con la regia di Steno.

I grandi progressi ottenuti nel colore consentirono di progredire anche nelle emulsioni per il bianco nero fino alla produzione della P30 con la quale venne girato il film “La Ciociara” con Sophia Loren e la regia di Vittorio de Sica, che ottenne l’Oscar nel 1960.

Sulla scia del successo ottenuto da questa pellicola cinematografica, FERRANIA sfruttò la notorietà raggiunta per commercializzare una pellicola fotografica con lo stesso nome della pellicola cine, ovvero la P30.

Dicevo in apertura che FERRANIA non fu solo sinonimo di pellicola cinematografica e fotografica, ma la sua attività riguardò anche la produzione di fotocamere.

L’annessione della CAPPELLI di Milano, avvenuta negli anni ’30, consentì alla FERRANIA di sfruttare da subito la fabbrica milanese di apparecchi fotografici che vennero dal principio marchiati FILMA e successivamente FERRANIA.

La produzione delle fotocamere effettuata a Milano meriterebbe un articolo a sé stante, considerata la grande varietà di modelli, alcuni dei quali presentavano originali soluzioni.

Si può senza dubbio affermare che il target scelto e mantenuto da FERRANIA nella produzione di questi apparecchi fu mirato alla diffusione della produzione ad un segmento tipicamente amatoriale con l’obiettivo di veicolare attraverso questi, la vendita delle pellicole.

Un’operazione in puro stile Kodak che sarà seguita anche da altri produttori del settore quali ad esempio AGFA.

La fabbrica Milanese di fotocamere – Società Anonima Apparecchi Fotografici Ferrania – arrivò a contare nel dopoguerra sino a seicento dipendenti sotto la direzione di Ludovico – Vico D’Incerti, eccellente progettista e rinomato numismatico, la cui attività spaziò anche nella creazione di originali prototipi come questo apparecchio 16 mm che consentiva proiezioni continue con un angolo di visione di 360 gradi, del quale parlo in modo più approfondito nella seconda parte dell’articolo su Ferrania a Milano.

foto per cortesia di Antonello Natale

Ludovico D’Incerti nasce a Carpi nel 1902 e si laurea in ingegneria al Politecnico di Torino.

Appassionato di fotografia e disegno, inizia la sua carriera di ingegnere industriale nella progettazione e organizzazione di impianti, che svilupperà in diversi settori da quello automobilistico presso la Lancia a quello elettrotecnico presso Magneti Marelli per terminare con quello fotografico in Ferrania dove all’inizio del 1948 avvia l’ultimo capitolo della sua carriera lavorativa.

D’Incerti diventa responsabile della produzione delle fotocamere Ferrania realizzando il suo primo progetto con l’apparecchio Rondine per il quale predispose personalmente il materiale fotografico a supporto della brochure.

Riporto di seguito il testo introduttivo di questa splendida e molto curata brochure, che descrive compiutamente a mio avviso lo spirito con il quale Ferrania produsse le sue fotocamere: E opinione corrente non solo dei profani, ma anche di molti dilettanti progrediti che per ottenere belle fotografie siano indispensabili apparecchi costosi e obiettivi di grande nome. Affermare il contrario senza darne una convincente dimostrazione sarebbe vana fatica. Ma le fotografie che illustrano il presente fascicolo riteniamo possano confermare anche agli occhi dei più dubbiosi una convinzione che è frutto di lunga e sicura esperienza: anche con un apparecchio di prezzo modestissimo, purché studiato razionalmente, costruito con mezzi tecnici adeguati e dotato di un obiettivo semplice ma esatto nel calcolo, si possono fare ottime fotografie.

Un secondo progetto che coinvolse FERRANIA alla fine degli anni ‘40 fu la commercializzazione delle fotocamere CONDOR prodotte dalla Galileo a Firenze.

Galileo si appoggiò alle rete di FERRANIA per diffondere la prima linea di fotocamere prodotta nel dopoguerra.

Nonostante Galileo disponesse a Milano della fabbrica ex Koristka, dove produrrà a valere dal 1953 la GAMI 16, le fotocamere CONDOR furono invece prodotte a Firenze nel tentativo di riconversione post bellica dell’azienda.

Ma questa è tutta un’altra storia.

La serie CONDOR era composta fondamentalmente da due tipologie di modelli, la CONDORETTA e la JUNIOR modelli semplificati senza telemetro, la CONDOR I e la successiva e bellissima CONDOR II, entrambe dotate di telemetro, che furono invece fotocamere dedicate ad un target più evoluto.

la relazione commerciale tra le due aziende fece si che della serie CONDOR si trovino modelli marchiati sul dorso solo Galileo, altri marchiati FERRANIA ed una terza tipologia marchiata GALILEO-FERRANIA.

Un altro peculiare aspetto di Ferrania fu la rivista omonima, pubblicata dal 1947 al 1967 che ha raccolto immagini di fotografi famosi quali Gianni Berengo Gardin, Mario De Biasi, Ernesto Fantozzi, Mario Giacomelli, Uliano Lucas, Pepi Merisio, Fulvio Roiter, solo per citarne alcuni.

Nel 1964 FERRANIA viene venduta da IFI a 3M Corporation of America per 55 milioni di dollari, il che fornisce una certa idea del grande valore che aveva l’azienda all’epoca.

Per la casa statunitense fu la più grande acquisizione in oltre sessant’anni di storia. Josef Kuhn, ex vicepresidente senior di 3M, affermò successivamente che Ferrania disponeva di una tecnologia eccellente per la produzione di pellicola cinematografica e fotografica con un livello ben più elevato di quello di 3M.

La ragione sociale fu trasformata in 3M-FERRANIA per poi diventare in via definitiva 3M Italia.

Dopo la dismissione dell’impianto produttivo milanese di fotocamere, avvenuta negli anni ‘70, 3M proseguì nella produzione di pellicole sino al definitivo stop dell’impianto di Ferrania avvenuto all’inizio degli anni duemila.

L’enorme patrimonio storico, fotografico e culturale è stato riunito da 3M nella omonima fondazione che si compone due anime: il Centro Studi e l’Archivio Fotografico. I riferimenti del sito della fondazione sono inseriti nella sitografia di questo articolo. Ne suggerisco una visita per apprezzarne la ricchezza di contenuti e per poter visionare moltissimi immagini del sito produttivo di Ferrania.

Dal settembre 2018, come dicevo in apertura, è attivo il Ferrania Film Museum sito in Via Luigi Baccino Ospedale, n°28 a Cairo Montenotte. Maggiori informazioni e orari di visita sono disponibili sul sito del museo.

per gentile concessione del Ferrania Film Museum

Dalle ceneri dell’impianto ligure è poi sorta la nuova realtà produttiva che ci ha restituito il sapore di una grande eccellenza italiana.

Bentornata P30!

Massimiliano Terzi

Bibliografia e sitografia:
Salmoiraghi A.,Ferrania – dalle antiche ferriere all’industria dell’immagine, Marco Sabatelli Editore, 1992
Malavolti M., Le Ferrania, Associazione Castello Immagini, 1995
Malavolti M., Le Fotocamere delle Officine Galileo, Associazione Castello Immagini, 1997
Società Numismatica Italiana – I grandi numismatici – Vico D’Incerti
https://www.platformarchitecture.it/it/the-sensitive-factory-ferrania-1917-2017
https://www.fondazione3m.it/index.php
https://www.ferraniafilmmuseum.net/

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2 Comments

  1. Michele Fundarò Reply

    Stupenda e dettagliata storia. Sto facendo una musealizzazione del mio materiale e trarrò spunto dal vostro scritto. Grazie

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