Mentre scrivevo della Rollei 35 mi sono interrogato a lungo sul titolo che avrei potuto dare a questa storia.
Dopo aver valutato varie ipotesi, mi è tornata alla mente la biografia scritta da Andrea Camilleri su Luigi Pirandello, biografia che, come raccontava lo stesso Camilleri, aveva preso forma negli anni partendo dalla narrazione orale che egli faceva già ai tempi del liceo, della vita dello scrittore e premio Nobel agrigentino.
Il libro di Camilleri, il cui titolo “Biografia del figlio cambiato” trae spunto della grande diversità di Luigi Pirandello in termini di interessi e prerogative rispetto alla famiglia di origine, fa leva sulla tradizione popolare che attribuiva ai i figli profondamente diversi dai genitori la caratteristica di essere stati scambiati nella culla subito dopo la nascita.

Per gran parte delle fotocamere della casa di Braunschweig, dalle biottiche alle monoreflex 6×6 elettroniche possiamo parlare di forte imprinting dell’azienda sia in fase di ideazione sia in quella di progettazione e realizzazione, tanto da poter riconoscere tra i vari modelli un family feeling.
La 35 arriva invece già confezionata, o quasi, per essere prodotta e commercializzata.
Questo modello è dunque completamente avulso dal resto della produzione fino a poterlo ritenere la meno Rollei di tutte le fotocamere prodotte dalla casa di Brauschweig.

In altre parole un figlio cambiato.
Per comprendere meglio queste affermazioni occorre fare un passo indietro di qualche anno e spostare l’attenzione da Braunschweig a Wiesbaden dove negli anni ‘20 quattro fratelli Wolf, Joseph, Heinrich e Max Wirgin originari di Radom in Polonia, avviano una piccola fabbrica per la produzione di fotocamere.
Saltando a piè pari la pur interessante storia dei successivi anni, arriviamo al 1938 quando al pari di altre famiglie di orige ebraica che ne ebbero l’opportunità, anche per i fratelli Wirgin, esposti nella Germania dell’epoca a crescenti minacce e persecuzioni, si presentò la possibilità di espatriare verso luoghi più sicuri.
Giunti negli Stati Uniti e superato il periodo bellico uno dei quattro fratelli, Heinrich il cui nome è nel frattempo mutato in Henry, rientra in Germania e riparte dalla produzione della fotocamera Edinex 35mm con la quale fu interrotta, a marchio Wirgin, la produzione alla fine degli anni 30 in conseguenza dell’espatrio.

Gli sviluppi sulla Edinex portano alla realizzazione del nuovo modello denominato Edina, il cui nome fu presto cambiato in Edixa per via della possibile controversia con la Kodak di Stoccarda che avrebbe potuto ritenere il nome della fotocamera eccessivamente simile a Retina, fortunata serie di fotocamere prodotte nella ex fabbrica di August Nagel.

Da notare che la Edinex aveva la caratteristica dell’obiettivo rientrante in sostituzione del classico soffietto, caratteristica che troveremo poi anche sulla Rollei 35.
Nel 1948 vi è il punto di svolta con l’arrivo in Wirgin del Heinz Waaske, giovane tecnico che aveva maturato la precedente esperienza in Telefunken.
Di Waaske ho già parlato negli articoli sulla storia di Rollei.

Waaske lavorò al progetto voluto da Henry Wirgin di reflex 35 mm che potesse fare concorrenza a Exakta e Praktica delle quali ho scritto negli articoli sulle Reflex di Dresda.
A questo progetto prese parte anche Otto Helfricht, che aveva partecipato negli anni ’30 con Carl Nüchterlein, allo sviluppo in JHAGEE della Kine Exakta.
Questo spiega perché la Edixa è di fatto una copia, bella o brutta a seconda dei punti di vista, delle reflex 35mm prodotte, anche nel periodo postbellico, nella Germania Est.

Su questa linea, si baserà la politica commerciale della Wirgin che finirà per capriolare nella seconda metà degli anni ’60 subendo la stessa sorte delle fotocamere alle quali si ispirava.
Tra la produzione Wirgin degli anni ’50 vi furono fotocamere interessanti quali ad esempio la Stereo.

Ma è solo nel 1958 che comincia a prendere forma il presupposto che porterà qualche anno dopo Heinz Waaske alla Franke e Heidecke e con lui il progetto di una super compatta per pellicola 35 mm.
In quell’anno Waaske si concentrò sull’idea di una fotocamera reflex 35mm automatica che doveva rappresentare lo stacco rispetto ai primi modelli Edixa.
Questo apparecchio denominato Edixa Electronica fece con un certo clamore alla sua comparsa alla Photokina 1960.

Rivista nel design rispetto ai precedenti modelli Edixa, dotata di otturatore centrale nella tradizione inaugurata da Zeiss Ikon con la Contaflex anni prima, la fotocamera era dotata di un nuovo e rivoluzionario sistema automatizzato di gestione dell’esposizione.
Nella Edixa Electronica il meccanismo agiva oltre che sui diaframmi anche sui tempi, qualora il diaframma arrivato a fondo scala avesse reso necessario, ai fini della corretta esposizione, scalare o incrementare il tempo di posa.
La fotocamera anziché suscitare i consensi sperati gettò, soprattutto tra i distributori delle fotocamere Wirgin, un pesante allarmismo, in primis in Max, fratello di Henri, che negli Stati Uniti rappresentava sia Edixa Reflex che altri marchi.
Il timore che il nuovo apparecchio cannibalizzasse le vendite delle reflex prodotte a Wiesbaden ne ritardò l’effettivo lancio su mercato.
Quando fu finalmente commercializzata nel 1962, la concorrenza era ormai divenuta tale che il modello fu un assoluto fiasco.
Fu così che Waaske, riprese l’idea alla quale aveva lavorato anni prima mentre realizzava la fotocamera miniaturizzata Edixa 16, lanciata nel 1959, i cui caricatori di pellicola 16 mm verranno, guarda caso, utilizzati anche sulla Rollei 16, uscita nel 1963, ben prima quindi che Waaske approdasse a Braunschweig.
Per quanto la Edixa 16, estremamente compatta, fu un vero capolavoro dal punto di vista meccanico, Waaske si era ben presto reso conto che nell’ambito della fotografia amatoriale la ricerca di fotocamere sempre più piccole iniziava a far nascere negli utilizzatori la necessità di non rinunciare al formato classico 35 mm in grado di fornire risultati qualitativamente maggiori rispetto a quelli della pellicola 16 mm.
Waaske iniziò quindi a lavorare ad una fotocamera in miniatura per il formato 35 mm che avrebbe dovuto chiamarsi Edixa 35.

Nacque in questo modo la compatta con la quale qualche anno dopo il progettista sbarcherà a Braunschweig.
Memore dell’esperienza con l’Edixa Elctronica, Henry Wirgin non volle nemmeno prendere in considerazione il progetto della nuova compatta.
La scelta di Henry Wirgin, per quanto possa sembrare intempestiva se letta con il senno di poi, matura in un contesto reso difficile dall’andamento del mercato di quegli anni e dall’indole di Wirgin descritta come non avvezza al rischio di nuovi investimenti anche in ragione del fatto che, come altri produttori che iniziarono la carriera negli anni ’20, si affacciava ormai per lui il punto di fine dell’attività lavorativa.
Egli però non solo consentì ma addirittura incoraggiò Waaske ad utilizzare il laboratorio e le attrezzature di Wirgin per sviluppare il prototipo aiutandolo anche a proporre la nuova fotocamera ad altri produttori tedeschi con i quali aveva negli anni sviluppato buone relazioni.
Fu così che Waaske approdò senza successo in Leitz.

Dopo i tentativi volti a proporre ad altri produttori il suo progetto, Heinz Waaske si dimise da Wirgin e si trasferì a Braunschweig dove il 2 gennaio 1965 venne assunto alla Franke & Heidecke dove rimarrà fino al 1978.
L’arrivo di Waaske a Braunschweig seguì di poco quello di Henrich Peesel del quale ho fatto cenno più volte nei miei articoli su Rollei, considerato a torto o a ragione il rifondatore dell’azienda ma anche colui che la indirizzo verso la debacle della fine degli anni ‘70.

Che sia stato lo stesso Peesel a volere Waaske nel suo staff è molto probabile, più per le qualità del tecnico che per il progetto della fotocamera 35mm.
Occorre infatti osservare che Waaske presentò in Rollei l’idea della nuova fotocamera solo nella primavera del 1965, qualche mese dopo il suo arrivo.
Il ritardo nella presentazione del progetto a Peesel dipese con buona probabilità dalle relazioni ancora in corso con la concorrenza per la produzione della fotocamera.
Si racconta infatti che Waaske, nell’ambito dei contatti sviluppati per la vendita del progetto, avesse precedentemente avviato una possibile collaborazione con la Kodak di Stoccarda.
L’accordo con la Franke e Heidecke prevedeva tuttavia che i progetti eventualmente detenuti dal tecnico fossero proposti prima alla casa di Braunschweig suo datore di lavoro.
Sferzata dalla nuova politica gestionale e commerciale, prosciugata in denaro e idee dal progetto SL66, in tribolazione per il progetto di reflex 35mm che vedrà la luce solo qualche anno dopo e con il mercato delle biottiche in parabola discendente, il progetto di Waaske garantiva quanto meno un prodotto nuovo, pronto, che occupava un segmento di mercato che aveva ancora grandi potenzialità per la pressoché inesistente concorrenza presente all’epoca anche tra le case giapponesi molto focalizzate alla definitiva conquista del vasto mercato delle reflex 35mm.
Le modifiche rispetto al prototipo di Waaske furono molto poche e si limitarono alla ricerca di nuovi fornitori per l’ottica e l’esposimetro che nella versione originale erano stati rispettivamente forniti da Steinheil, con un Cassar 40 mm 3.5 e da Metrawatt.
Furono quindi messi in pista in primis Compur per la realizzazione dell’otturatore, Carl Zeiss per il disegno del Tessar e Gossen per l’esposimetro che venne realizzato, per volere di Peesel, con una cellula al CdS anziché al selenio come nella versione originale.
Ciò rese necessario individuare l’alloggiamento della batteria che fu, com’è noto, posizionata sotto l’esposimetro con accesso a dorso aperto dalla parte interna della fotocamera.
Una ulteriore modifica imposta da Rollei fu quella del riposizionamento degli indici di tempi e diaframmi dalla parte frontale dei due selettori al bordo, in modo fossero ben visibili impugnando la macchina e guardandola dall’alto.
Questa è l’unica traccia di family feeling rispetto alle biottiche che consentivano fin dalla Old Standard la visualizzazione dall’alto dei valori impostati.
Per premiare l’impegno dei fornitori che lavorarono con Waaske alla realizzazione in pochi mesi del modello pronto per la produzione in serie, i primi ottocento esemplari riportano l’incisione sul dorso “Made in Germany by Rollei – Compur – Gossen – Zeiss” sostituito nei successivi esemplari dalla scritta “Made in Germany by Rollei”.
Occorre osservare che le versioni con l’incisione Compur Gossen Zeiss che mi è capitato di vedere hanno la matricola che arriva anche 3.000.11xx il che se non sono falsi, lascerebbe supporre la produzione di qualche esemplare in più rispetto agli 800.

Questa versione, particolarmente ricercata dai collezionisti del marchio, arriva a toccare quotazioni che possono superare i 1.500 euro.
Avviene così che la fotocamera entra in produzione con il codice interno K19.

Questa corsa alla messa in produzione del nuovo modello, che vedrà la luce pochi mesi dopo, alla fine del 1966, è accompagnata dal 1965 dal deposito di tutti i brevetti ad opera della Franke e Heidecke con la dicitura “als enfinder bennent Heinz Waaske” ovvero letteralmente “nominato come inventore Heinz Waaske”.

Della Rollei 35 con Tessar sono stati prodotti in Germania nei primi quattro anni oltre trecentomila esemplari con numero di matricola a partire da 3 milioni e fino alla matricola 3.499.999.
A partire grossomodo dalla matricola 3.200.xxx iniziano a comparire esemplari made in Singapore con ottica ancora marchiata Zeiss con numero di matricola come sugli esemplari made in Germany.
Il successo della Rollei 35 fu dunque notevole ed immediato, sostenuto anche da una adeguata politica di prezzo e da elevati volumi di produzione che, grazie alla successiva delocalizzazione a Singapore toccarono complessivamente i tre milioni di esemplari.
Per avere un’idea dei volumi produttivi che avevano all’attivo all’epoca altre aziende non giapponesi, Leitz aveva prodotto dal 1926 ad inizio del 1967 1,6 milioni di fotocamere. Kodak aveva prodotto dal 1963 ad inizio del 1967, 20 milioni di apparecchi Instamatic.
Anche in questo senso possiamo parlare di figlio cambiato: questo modello ebbe una fortuna commerciale completamente differente da tutto il resto della produzione Rollei, biottiche escluse, costellata di modelli innovativi, affascinanti, sofisticati, nessuno dei quali costituì un successo al pari della piccola 35mm che rimane, in senso assoluto, un modello tra i più prodotti del mercato.

Robusta, semplice e intuitiva nell’uso, pensata in una prospettiva di facile manutenzione, la Rollei 35 ha in questi ultimi anni realizzato sul mercato dell’usato valori in crescita costante.
Non soffre di morte bianca come le Minox, ha la prerogativa di montare un corredo ottico di tutto riguardo anche nelle versioni più economiche e semplificate, è precisa ed affidabile racchiudendo il grande fascino del marchio che porta.
Dal punto di vista meccanico la fotocamera è razionale e, per quanto si possa immaginare, relativamente semplice.
L’otturatore centrale, di produzione Compur anche per i modelli realizzati fino al 1973 a Singapore, venne in seguito prodotto da Copal.
Il meccanismo è distribuito tra obiettivo e corpo macchina con le lamelle di chiusura inserite nell’ottica e comandate da una camma con molla di ritorno che agisce, attraverso un leveraggio, sul ritardatore dei tempi solo quando l’ottica è estratta ed è quindi in posizione di lavoro.

Nell’immagine sopra riportata è possibile vedere la camma di comando del diaframma (linea rossa), quella di comando dell’otturatore (linea azzurra), il comando di sblocco dell’obiettivo (linea gialla) e la parte terminale del meccanismo di scatto sopra il quale è possibile scorgere il meccanismo ritardatore (linea verde).
I tempi e i diaframmi vengono comandati da due selettori circolari posti ai lati dell’obiettivo che trasmettono attraverso un sistema di leveraggi scorrevoli i valori rispettivamente al ritardatore, all’ottica e simultaneamente all’esposimetro per i modelli dotati del sistema di misurazione accoppiata.
Con questa fotocamera è impossibile scattare accidentalmente quando l’obiettivo è in posizione di riposo ma di contro l’ottica può essere richiusa solo ad otturatore carico, unico difetto a mio avviso di questo sistema, soprattutto se si ripone l’apparecchio per un prolungato inutilizzo.
Questo sistema, irrobustito nelle flange del tubo porta ottica che determinano il blocco in posizione di otturatore scarico dai modelli TE ed SE, può essere forzato più facilmente nei precedenti modelli, insistendo, peraltro in modo energetico ed innaturale nella rotazione dell’ottica, da parte degli incauti utilizzatori che cercassero di far rientrare il tubo a macchina scarica.
Questa operazione scellerata causa danni irreparabili e rende di fatto inutilizzabile la fotocamera.

Un altro aspetto delicato è la posizione del vano batterie, accessibile, dicevo, a dorso aperto nella parte superiore dell’alloggiamento del rullino. La batteria è subito sotto l’esposimetro che è il primo a farne le spese in caso di fuoriuscita di ossido.

Nell’immagine è possibile vedere i danni da ossido su uno dei cablaggi del’esposimetro.
La prima versione della Rollei 35 prodotta in Germania uscì con l’ottica Carl Zeiss Tessar 40 mm 3,5 e rimane, a mio avviso, la più affascinante.
Dal 1969 prese il via la produzione del modello semplificato B35.

La B35, alla quale seguì la C35 senza esposimetro, è dotata di ottica Zeiss Triotar, di un esposimetro al selenio non accoppiato ed è priva delle due rotelline frontali di comando di tempi e diaframmi la cui impostazione avviene tramite due ghiere coassiali all’obiettivo.
Nel 1974 viene presentato il modello con ottica Sonnar 40 mm 2,8 e le diverse versioni assunsero la lettera T per quella con il Tessar e S per quella con il Sonnar. La S ha matricola con numerazione da 6 milioni.

La Rollei 35S fu prodotta solo a Singapore se si escludono i pochissimi esemplari delle versioni a tiratura limitata prodotti in Germania.

Come abbiamo visto per la Rolleiflex SL35, la produzione di Singapore è sostanzialmente simile a quella tedesca: cambia anche per la 35 l’incisione sul dorso “made in” e la scritta sull’ottica che per gli esemplari prodotti a Singapore riporta la scritta “Made by Rollei” smentendo dunque la leggenda metropolitana che per fare una made in Germany sia sufficiente avere il dorso recante questa scritta.

La fabbrica orientale ricevette lenti e otturatori dalla Germania fino a marzo del 1973. Successivamente la Rollei Optical LTD Singapore entrò in funzione a regime fornendo direttamente le quantità di obiettivi richiesti.
Per gli otturatori, come accennavo prima, la produzione fu affidata a Copal.

Altra differenza sostanziale, soprattutto degli ultimi modelli prodotti a Singapore, è un certo impoverimento dei materiali soprattutto rilevabile nello spessore delle calotte, forse a causa della ricerca di una marginalità sui costi che non salvò comunque la filiale asiatica dal fallimento.

Vi è da dire che non è infrequente trovare le calotte ammaccate soprattutto sugli spigoli, giacché una caduta anche da breve altezza in ragione della forma e del peso della macchina, 360 grammi, finisce quasi sempre per procurare danni all’estetica irreparabili.
Per il peso e a dispetto delle ridotte dimensioni, questa fotocamera non può essere considerata da “taschino”
La Rollei 35 ha avuto a corredo quattro tipologie di ottiche come riassunto nella tabella sottostante.

Tra il 1978 ed il 1980 fanno la comparsa i nuovi modelli 35 LED, 35SE e 35TE che introducono la lettura esposimetrica nel mirino tramite LED nella piena tradizione dell’epoca e sono rispettivamente l’aggiornamento dei modelli B35, 35S e 35T.
Un breve cenno merita la Rollei XF35 che da sempre suscita parei contrari sul fatto che possa essere o meno considerata una fotocamera erede della 35.
Inizio con il dire che la XF35, presentata nel 1975 e prodotta fino al 1980 in un milione di esemplari, rappresenta di per sé un buon successo commerciale e fu sviluppata sotto la supervisione di Waaske. Il progetto prevedeva di inserire il telemetro e di incrementare la luminosità del Sonnar che fu portato a 2.3 di apertura massima. Fu fatto inoltre uso di elettronica nella tradizione dell’epoca, fatto questo che rappresenta il tallone d’Achille del modello.

Il fatto che non sia ricordata al pari della sorella meccanica trova a mio avviso spiegazione nella grande omologazione di questo modello alle altre fotocamere compatte di qualità di quegli anni, lanciate dalla concorrenza proprio sulla scia del buon successo della Rollei 35.
La XF ha oggi quotazioni bassissime nel presupposto di trovarne una ancora ben funzionante.
Con la fine della produzione di questo modello siamo dunque giunti all’inizio degli anni ’80.
Interrotta di li a poco la produzione a Singapore e terminate le procedure di smembramento dell’azienda a seguito del fallimento di inizio di quel decennio, sappiamo che a Braunschweig sopravvive l’unità produttiva che passerà negli anni successivi attraverso mutamenti di proprietà e di ragione sociale arrivando attiva sino ai giorni nostri.

La Rollei 35 è in questi frangenti il modello che verrà prodotto in versioni con nuove finiture che tuttavia non si discosteranno mai dalla base costruttiva di origine della fotocamera.
Ne sono un esempio la Rollei 35 Classic e la Rollei 35 Metric prodotte a Braunschweig dal 1991 dalla Rollei Phototechnic in finitura titanio, platino e oro.

La Rollei 35 viene tutt’ora prodotta a Braunschweig in tiratura limitata e sempre con finiture di pregio dalla DHW Phototechnik.

Waaske oltre che alla Rollei 35, lavorerà in Rollei alla progettazione della A26, della A110 e del sistema Rolleimatic che consentiva l’avanzamento del film ed il caricamento dell’otturatore dell’omonima fotocamera attraverso il basculaggio della piastra frontale copri ottica.

Dopo l’uscita da Rollei avvenuta nel 1978 lavorerà come consulente per Minox alla produzione di un prototipo per il formato 6×4,5 che non sarà mai commercializzato. Si ritirerà dall’attività a metà degli anni ’80 e morirà nel 1995 poco più che settantenne.
Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com
Bibliografia e sitografia: Afalter U., Rollei 35 Kameras & objective, Lindemanns Verlag, 1994 – http://riess.fotohistoricum.dk/gewir.html
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