In chiusura di questa rassegna di letture sotto l’ombrellone di numeri del 1954 della rivista americana Photography Magazine, testata di Popular Photografiphy, vediamo quali e in che misura, le aziende europee dell’epoca, tedesche in particolare, reclamizzavano i loro prodotti oltre oceano tramite le pagine del più diffuso periodico di fotografia.
Per farlo ampliamo l’arco temporale che nei casi visti nei precedenti articoli era limitato all’anno 1954, prendendo a riferimento anche i numeri della rivista a partire dal 1952.

La ragione è più che altro di carattere pratico: come abbiamo visto nella prima puntata sui marchi Ansco e Polaroid, la percentuale di pubblicità di marchi europei sul totale delle pagine dedicate alle réclame, termine oggi un po’ desueto ma molto in voga all’epoca, è molto bassa.
Ampliando l’arco temporale torniamo indietro nel tempo, non avanti. Anche in questo caso vi è una precisa ragione che riguarda la presenza di intere pagine pubblicitarie di aziende tedesche finite nel dopoguerra nelle regioni a governo sovietico, pagine che nel corso degli anni ’50 diverranno sempre meno numerose per lasciare il posto a quelle delle aziende operanti in Germania Ovest.

Questa tendenza conferma dal mio punto di vista due aspetti tipici del mercato di quegli anni: la modernità, già in epoca prebellica, della produzione di aziende come IHAGEE e KW, rispetto alla loro gamma di reflex 35 mm con otturatore a tendina, e la maggior tempestività nel riorganizzare e rendere disponibile nella fase post bellica la loro produzione per i mercati internazionali.

Badate bene, si tratta di iniziative che le aziende cadute sotto l’influenza sovietica, IHAGEE e KW in particolare, riuscirono a gestire ancora per qualche tempo in autonomia fino a quando anche i loro prodotti caddero nelle mani di importatori americani che ebbero così l’opportunità di approvvigionarsi in Europa di prodotti di buona qualità a basso costo.

Il limitato periodo di autonomia, ricorderete, è dovuto al fatto che le due aziende di Dresda avevano alla fine della seconda guerra mondiale ancora presenti i loro legittimi proprietari, accusati di spionaggio e deportati in Unione Sovietica come nel caso di padre e figlio Noble di KW o attraverso una vicenda giudiziaria di rivendicazione dei diritti sul marchio, da parte di Johan Steenbergen di IHAGEE rientrato in Olanda, suo paese d’origine, negli anni della guerra.
Le fotocamere Exakta saranno quindi le ultime ad entrare nel VEB Pentacon.
A fronte del buon successo commerciale delle reflex 35 mm con otturatore a tendina, i fratelli Wirgin di Wiesbaden lanciarono di lì a poco la linea di reflex 35 mm Edixa che ebbe negli Stati Uniti Max Wirgin come importatore ufficiale.
In tutto questo non troviamo, come è abbastanza logico attendersi, pubblicità di importatori di prodotti sovietici quali KMZ piuttosto che Arsenal.
Come abbiamo visto nell’articolo sulla Zorki 4, lo sviluppo dell’esportazione di prodotti fotografici sovietici avverrà in modo significativo dagli anni ’60, attraverso il sistema commerciale di importazione merci contro merci e riguarderà prevalentemente il mercato europeo.
In Italia, mi piace sempre ricordarlo, si farà strada un produttore brianzolo di macchine da scrivere, la Antares di Calò, che creerà la FOS o Foto Ottica Sovietica.
L’importazione delle fotocamere Zeiss Ikon, effettuata attraverso la filiale americana della Carl Zeiss occidentale con sede a New York sulla quinta strada, prevedeva tra il 1952 ed il 1954, in quasi tutti i casi, dei remake dei modelli classici prebellici, la cui produzione verrà gradualmente dismessa nel periodo che porterà alla fine degli anni ’50, per lasciare il posto, ad esempio, alla produzione delle reflex 35 mm ad otturatore centrale Contaflex.


Poco ricorrente la pubblicità della Franke e Heidecke che troviamo invece in modo più costante nei numeri della rivista successivi al 1954.
L’azienda non aveva negli Stati Uniti una propria emanazione e si avvaleva quindi di importatori locali.
Una curiosità che unisce la casa di Braunschweig al famoso produttore americano di telemetri Kalart è questo accessorio per Rolleiflex che ricorda il principio di funzionamento del Rolleimeter.

Si tratta di un accessorio da posizionare sotto la biottica che, a differenza del Rolleimeter, è alimentato a batteria e consente la messa a fuoco tramite la proiezione di due fasci luminosi puntiformi la cui sovrapposizione sul soggetto indica la corretta messa a fuoco.
Un accessorio quindi da utilizzare per riprese in scarse condizioni di illuminazione e per brevi o medie distanze, tipicamente in abbinamento con il flash, sempre di produzione Kalart.
L’azienda con sede nel Connecticut era nota come produttore di telemetri che venivano montati ad esempio sulle folding Graflex.
La produzione della compagnia, già attiva negli anni ’20, si era poi ampliata dopo la seconda guerra mondiale estendendosi ai flash e alla realizzazione di un modello proprio di Press Camera negli anni tra il 1948 e il 1952.
Nei numeri della rivista del 1954 compare poi la pubblicità della nuova fotocamera a telemetro di Leitz, la Leica M3, in questo caso importata negli Stati Uniti attraverso l’emanazione americana della casa di Wetzlar.
Da notare come le prime pubblicità della Leica M3 sono di prodotto, ovvero descrivono dettagliatamente funzionalità e prerogative del nuovo apparecchio a differenza delle successive pubblicità Leitz che hanno invece un taglio più istituzionale nel quale trova maggiore spazio il marchio e l’immagine della fotocamera.

La M3, giova ricordarlo, introdusse per l’epoca una serie di novità rispetto al tradizionale mondo delle fotocamere a telemetro e soprattutto inaugurò la serie dei modelli M la cui impostazione meccanica, semplicità di utilizzo ed affidabilità non furo mai eguagliate.
Un capitolo a parte va dedicato alle due aziende europee che producevano all’epoca cineprese, rispettivamente ARRI e Bolex.
Il marchio ARRI è riferito ad una azienda fondata a Monaco nel settembre del 1917 da August Arnold e Robert Richter come Arnold & Richter Kine Technik ed acquisisce successivamente l’attuale nome derivante dalle iniziali dei due soci fondatori.
L’azienda si specializza subito nella produzione di apparecchi per pellicola 35 mm a differenza di Bolex che sfrutterà il nuovo formato di Kodak, il 16 mm, lanciato all’inizio degli anni ’20.
Nel 1924, Arnold e Richter presentarono la loro prima cinepresa 35 mm, la Kinarri 35 che poteva montare per l’epoca una bobina di film da 30 metri garantendo quindi una maggiore autonomia di ripresa, ed aveva un avanzamento manuale del film tramite manovella.

Nel 1937 fece seguito la prima cinepresa 35 mm reflex, la Arriflex 35 sui cui sviluppi si basano i successivi modelli Arriflex utilizzati a Hollywood per le riprese cinematografiche già dal 1947.
Se da un lato le Arriflex 35 mm, pesanti ed ingombranti, divennero le cineprese preferite nell’ambito della produzione cinematografica, vi è da osservare che il mondo degli apparecchi 35 mm portatili ovvero quelli di dimensioni tali da consentirne un utilizzo anche a mano libera, quali ad esempio la ICA Kinamo del 1921, poi prodotta a marchio Zeiss Ikon dal 1926 come Kinamo, si scontravano sempre più con l’autonomia di ripresa che di fatto ne limitava l’utilizzo o lo complicava a fronte della necessità di continui cambi di pellicola.
Una Bolex 16 mm ad esempio così come le Kodak 16 mm degli anni ‘20, riuscivano a garantire un’autonomia, con una bobina da 30 metri di oltre tre minuti di ripresa, un’enormità a confronto di apparecchi portatili 35 mm che potevano ospitare spezzoni di pellicola dai 5 ai 10 metri.
Nel 1952 ARRI, dopo aver lanciato nel 1928 la Kinarri 16, presenta la sua cinepresa 16 mm reflex, la ST, che monta una speciale caricatore da 120 metri in grado quindi di effettuare riprese con durata quattro volte superiore a quelle della Bolex H16.

Nel tempo anche Bolex introdurrà caricatori intercambiabili da 120 metri con il modello H16 RX5, ma è una storia decisamente più recente.
Le pubblicità Bolex che incontriamo sulle riviste dell’epoca sono invece esclusivamente dedicate agli apparecchi 8 mm.
La casa svizzera Paillard, che sviluppò negli anni ’20 il progetto Bolex 16 mm di Jaques Bogopolsky al secolo Bolsey e ne acquisì dallo stesso i diritti alla fine degli anni ’30, realizzò già nel 1938 sullo standard doppio 8 mm il modello H8 del quale fu poi prodotta anche la versione reflex.
Dalla prima H8 derivano, nel dopoguerra, una fortunata serie di cineprese molto compatte che ebbero un buon successo tra il pubblico amatoriale, nonostante il costo non proprio accessibile.
La linea di cineprese Bolex 8 mm a mirino galileiano dell’epoca prevedeva tre modelli distinguibili sulla base del numero di ottiche del quale erano dotati.
La C8 con un solo obiettivo, la B8 con due e la D8 con tre, in tutti i casi di produzione Kern.
B8 e D8 avevano le ottiche montate su una piastra a revolver che consentiva attraverso la rotazione, la selezione dell’ottica di ripresa.
La francese SOM Berthiot produceva le ottiche zoom Pan Cinor che potevano essere montate su tutti e tre i modelli Bolex. e sviluppò negli anni successivi le stesse ottiche con mirino aggiuntivo reflex, anche per i modelli 16 mm, attraverso il posizionamento di un prisma semiriflettente nell’obiettivo.

Interessante notare come Paillard presidiasse il marcato americano con un prodotto in diretta concorrenza con le cineprese amatoriali Kodak la cui produzione in questo ambito, pur con tutto il rispetto per la casa di Rochester, non raggiunse mai gli standard degli apparecchi Bolex.
Presenti tra le pagine pubblicitarie anche quelle di Voigtlander, Hasselblad e Alpa sulle quali non mi soffermo anche in ragione degli articoli già usciti.
Termina qui dunque la carrellata tra le pubblicità americane di inizio anni ’50, benché molto altro ci sarebbe da raccontare su marchi statunitensi minori che animarono soprattutto il mondo della fotografia amatoriale di quegli anni con i propri apparecchi ed accessori.
Un’ ultima breve parentesi invece sui prodotti giapponesi che in quegli anni vedono le pubblicità degli apparecchi Canon copia delle Leica a vite, Nikon copia delle Contax e, in tono minore, Konica con i propri apparecchi a telemetro 35 mm ad ottica fissa.

Un presenza sparuta in confronto a quanto poi succederà, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 con le nuove produzioni nipponiche che prenderanno sempre più piede tra le pagine pubblicitarie delle riviste specializzate.
Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com
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