Per quanto la generazione di fotocamere lanciate alla fine degli anni ’80 esprima tutt’ora e nonostante gli anni trascorsi, un concetto di modernità, occorre arrendersi al fatto che entrambe le macchine delle quali parlerò in questo articolo hanno ormai all’attivo più di trent’anni di vita e di storia.
Per meglio comprendere la portata innovativa di questi modelli basta pensare al 1988, anno di presentazione della Nikon F4 e tornare con la memoria trentadue anni indietro, nel 1956 valutando l’attualità che a fine anni ’80 potevano avere le Bessamatic o le Contaflex piuttosto che la Topcon R prodotte per l’appunto nella seconda metà degli anni ’50.
Dagli anni ’50 agli anni ’80 la tecnologia applicata alle fotocamere 35mm aveva fatto passi da gigante e cambiato, in meglio o in peggio a seconda delle opinioni, il mondo dell’analogico, ponendo le basi per l’avvento del digitale.
Parto quindi dal presupposto di scrivere per raccontare la mia esperienza di uso e mi rendo conto di esprimere una valutazione soggettiva che cercherò di supportare con il minimo sindacale dei riferimenti tecnici, rispetto ad un mondo che almeno per questa tipologia di fotocamere dove l’elettronica la fa da padrone, non mi appartiene.
Devo dire che nell’interminabile disputa tra nikonisti e canonisti mi trovo da sempre nel mezzo, avendo, nel corso dei molti anni di passione fotografica, desiderato e poi posseduto, una Nikon F3 acquistata nuova nel 1986, ed acquistato nel 1999 sul filone della passione per la caccia fotografica una Canon EOS 3, sempre nuova e con un discreto corredo di ottiche.
Queste due fotocamere costituiscono, unitamente a pochissime altre rare occasioni, momenti nei quali abbia acquistato un apparecchio nuovo.
Se passiamo dall’uso al collezionismo, è nota invece la mia grande passione per Nikon F e per i modelli da essa derivati.
Il sistema EOS che già mi aveva fatto accedere all’autofocus, non avevo infatti posseduto sino alla soglia degli anni 2000 nessun corredo Nikon AF, mi traghettò poi al digitale con una delle prime EOS 300D e fu solo grossomodo nel 2009 che riapprodai a Nikon grazie alla D700.
E con questa anche ad un nuovo parco ottiche Nikon AF.
Questa poligamia fotografica mi ha consentito negli anni successivi di possedere ed utilizzare corpi analogici sia Canon AF sia Nikon AF.
Il mercato dell’usato consente ormai da tempo di acquistare le ammiraglie 35 mm di fine anni ‘80 a prezzi ragionevoli, potendo contare su mezzi di norma ancora affidabili, purché utilizzati con un minimo di cura dai precedenti proprietari e ben controllati in fase di acquisto.

Alla fine degli anni ’80 sia Nikon sia Canon presentarono le loro fotocamere professionali AF.
Più precisamente nel 1988 Nikon presentò la F4 ed un anno dopo, nel 1989, Canon la EOS 1 seguita nel 1994 dalla EOS 1- n che trovate nelle immagini.

Tralascio la citazione delle successive versioni della Canon EOS 1 che nel decennio successivo segnano ad esempio l’evoluzione del sistema di messa a fuoco.
Oggi, con al massimo 250 euro e con una valutazione sensibilmente superiore per la Nikon F4 rispetto alla EOS 1, vi è la possibilità di portare a casa uno dei due mezzi con un rapporto prezzo/prestazioni decisamente interessante.
Nell’articolo sulla prima Nikon AF, la F501, ho descritto i passi effettuati dalla casa della intramontabile baionetta verso il mercato della messa a fuoco automatica che si era definitivamente aperto nella seconda metà degli anni ’80.
Una scelta, forse un po’ conservativa, vedeva Nikon mantenere a differenza di Minolta e Canon il sistema di innesto per le ottiche già in uso, con i limiti e i vantaggi che questa cosa comportò.
Nella brochure delle Nikon F4, che recuperai nel 1989 al SICOF e che conservo gelosamente, il tema della retro compatibilità delle ottiche è uno degli aspetti rappresentato come maggiore evidenza.

Di contro Canon che fece una scelta di cambiamento radicale già qualche anno prima con l’introduzione della nuova baionetta EF, lanciò a più riprese iniziative commerciali indirizzate ai professionisti per la permuta a condizioni vantaggiose delle vecchie ottiche FD verso le nuove EF.
La vera ricchezza del mercato dei produttori di quegli anni fu dunque la capacità di proporre soluzioni diverse che per anni rappresentarono la filosofia distintiva di case costruttrici come Nikon e Canon a vantaggio di una scelta più aderente alle diverse necessità degli utilizzatori.
Questa discussione ha come convitato di pietra Minolta, della quale non parlerò, ma che meriterebbe un approfondimento a parte.
Nikon e Canon si contesero il mercato a suon di rilevanti innovazioni per l’epoca ed è innegabile che la Nikon F4, prima ad apparire sul mercato, fu portatrice di uno standard qualitativo imbattuto per anni.

Come dicevo in apertura, la presentazione nel 1988 della F4 creò grande discontinuità rispetto a quanto Nikon aveva mostrato con i primi modelli AF e più in generale a quanto aveva negli anni sviluppato nella serie F.

La macchina era straordinariamente innovativa nel design, che fu curato da Giugiaro, nell’ergonomia, nel sistema di lettura esposimetrica MATRIX che su questo modello funziona anche con i vecchi obiettivi manual focus e nel sistema di avanzamento motorizzato con due modi di alimentazione che distinguevano la versione del corpo: la F4 base con MB-20 che arrivava a 4 fotogrammi al secondo e la F4s con MB-21 che arrivava a 5,7 fotogrammi al secondo.

Il sistema MATRIX, abbinato alla messa a fuoco automatica, introduce un elemento destinato a diventare il cavallo di battaglia nell’evoluzione dei sistemi di esposizione che da qui si sviluppano, ovvero la possibilità di integrare, nell’algoritmo di calcolo della coppia tempo/diaframma utilizzato dalla fotocamera con una lettura multi zona, anche le informazioni della terza dimensione ovvero della distanza del soggetto.
Nel 1991 fu presentata la F4e con MB-23 che aumentava l’autonomia di funzionamento così da poter sfruttare appieno il dorso da 250 fotogrammi MF24.

Attraverso il Multi Control Back MF23 la macchina si arricchiva di numerose altre funzioni quali ad esempio la possibilità di imprimere sul fotogramma data ora, valori dello scatto, numerazione o la possibilità di eseguire riprese a distanza con la funzione di intervallometro.
Il corpo, costituito da una struttura portante in alluminio pressofuso, ha un rivestimento nel quale le tolleranze dei materiali sono ridotte al minimo per limitare l’ingresso di polvere e umidità. Leve e ghiere sono dotate di speciali guarnizioni così da garantire un utilizzo senza problemi in qualsiasi condizione ambientale.
La F4 dal punto di vista delle numerosità di selettori e ghiere non fa certo economie, il che tuttavia consente anche a macchina spenta e con una semplice occhiata, di capire quali sono le funzioni impostate.

In questa fotocamera vi sono tre ghiere sulla parte destra della calotta, una quarta accanto al mirino standard DP 20 ed una quinta a sinistra coassiale al dispositivo di riavvolgimento manuale della pellicola. Tutte riportano in maniera intuitiva sigle e simboli delle funzioni alle quale si riferiscono.


A differenza della EOS 1, sulla F4 troviamo leve e pulsanti anche sulla parte frontale, distribuiti accanto al bocchettone delle ottiche.
Tra questi spicca la leva che siamo abituati a vedere con differenti fogge anche sui precedenti modelli della serie F e che comanda il sollevamento dello specchio.
Nonostante l’otturatore della F4 sia dotato di uno speciale bilanciere che riduce al minimo le vibrazioni durante lo scatto, il sollevamento dello specchio è altrettanto utile per ridurre ulteriormente le vibrazioni limitatamente ad alcune situazioni di ripresa.
È inoltre indispensabile per montare tutti i vecchi grandangolari Nikkor con schema non retrofocus.
Quest’ultima caratteristica consente alla F4 di montare tutte le ottiche del nutrito parco manual focus Nikon sin dai primi esemplari.
Un breve cenno alla questione della modularità che Nikon continuerà a mantenere sulla F4 sempre nella scia della tradizione.

Oggi con poca spesa è possibile ad esempio acquistare il mirino luope a sei ingrandimenti DW 21 con correzione diottrica da -5 a +3, che consente una visione straordinariamente nitida e ideale se si desidera focheggiare manualmente o avere maggior controllo sulla messa a fuoco automatica della fotocamera.
Canon invece abbandona già con la T90 la modularità ed anche questa è una scelta interessante che costituisce un’altra discontinuità nella tradizione legata ai precedenti modelli professionali.
Qui sotto è possibile vedere un estratto della brochure della Canon F1 new, ultima fotocamera professionale Canon modulare.

Accennavo sopra al fatto che un altro elemento di discontinuità introdotto da Canon rispetto ai precedenti modelli fu l’abbandono della baionetta FD verso quella EF.
Le nuove fotocamere EOS, anche prima dell’arrivo della EOS 1, funzionano solo in abbinamento con le ottiche dedicate e soprattutto non vi è era compatibilità tra ottiche EF ed FD.
Queste ultime non possono quindi essere utilizzate sui nuovo corpi salvo ricorrere ad un anello adattatore che ha una lente incorporata che consente di correggere il diverso tiraggio dei due sistemi.
Ciò con una decisa perdita di qualità e luminosità delle ottiche utilizzate.
Sempre in tema di anelli adattatori, si è in questi ultimi anni diffusa la possibilità di utilizzare speciali anelli con chip per montare su corpi EOS ottiche di altre marche, dei quali parlo in seguito.

Il design della EOS 1 è sinuoso con forme già viste nella sorella manual focus di poco maggiore per età: la T90.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte un corpo estremamente ergonomico.
Nella EOS 1 trova posto un ampio display posizionato, impugnando la macchina, sulla parte destra della calotta e sette pulsanti per gestire tutte le funzioni, unitamente a due ghiere rapide, una di fianco al pulsante di scatto, una sul dorso dove trova posto anche il selettore di accensione della fotocamera e il pulsante di riavvolgimento della pellicola prima del termine dei fotogrammi disponibili.


Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un robusto corpo la cui struttura è anche qui realizzata in alluminio pressofuso. Al pari di Nikon, l’ammiraglia Canon adotta un sofisticato sistema esposimetrico che nelle caratteristiche della macchina viene definito “SPC composito” che consente una misurazione a sei zone.


Posso garantirvi che sulle differenze tra i due metodi di lettura ed elaborazione dell’esposizione di Nikon e Canon potremmo stare delle ore a parlare del nulla giacché ci troviamo di fronte a due sistemi in grado di garantire comunque risultati sorprendenti.
Sulla tropicalizzazione del corpo nutro qualche maggiore perplessità rispetto a Nikon giacché, come dirò in seguito, per risolvere la questione del blocco della fotocamera per un problema classico anche sulla T90, la protezione anteriore si toglie con grande facilità svitando qualche vite.
Un’altra delle questioni che suggerisce di orientare l’acquisto verso il successivo modello EOS 1n, è la batteria tampone che ha ben il diritto di scaricarsi dopo trent’anni.
Sulla EOS 1 l’operazione richiede un intervento complicato e costoso, fatto che in Canon risolsero nella seconda versione.
Ciò che invece traspare in modo evidente sono le due concezioni filosofiche della user experience entrambe semplici ed intuitive: l’impostazione di Canon farà maggiore scuola e finirà per diventare, per alcune caratteristiche, lo standard anche per i successivi modelli Nikon.

Vi è peraltro da dire che un pulsante è più semplicemente ed efficacemente tropicalizzabile di una ghiera facendo sì che anche i modelli più economici possano beneficiare di una maggiore resistenza ad umidità e polvere rispetto all’impostazione classica con selettori, piuttosto che un ampio display a cristalli liquidi sulla calotta, che Canon introdusse già nel 1986 con la T90, è probabilmente meglio di molte informazioni sparse tra ghiere e mirino.
Nel presupposto tuttavia che la macchina sia accesa.

Nella EOS 1 alcuni comandi, di uso meno frequente, sono racchiusi in uno sportellino laterale e riguardano l’impostazione delle funzioni personalizzabili, il controllo della batteria, il selettore dello scatto singolo, continuo, autoscatto e da ultimo il comando di reset della macchina.

Rispetto al mirino, la EOS 1 anche senza l’intercambiabilità dei prismi conserva quella dei vetrini di messa a fuoco.
Vengo al tasto più delicato, quello del sistema autofocus.
Entrambe le fotocamere hanno un solo sensore di messa a fuoco il che anche oggi non guasta giacché come mi è capitato di commentare scrivendo della F501, gli scatti in analogico hanno, almeno per me, un approccio più riflessivo per il quale una selva di punti AF non ha più grande importanza.
Nelle foto mostro una Canon EOS 1 nella versione “n” uscita nel 1994 che è la fotocamera che di norma utilizzo, ben più della F4, e che ha cinque punti di messa a fuoco dei quali di solito attivo solo quello centrale.
Vi è da dire che anche in questo caso potremmo stare qui a disquisire sulle caratteristiche del sensore AF delle fotocamere che introdussero entrambe sistemi autofucus innovativi in grado ad esempio di reagire a bassi livelli di luce.
Potendo disporre oggi di differenti generazioni di ottiche AF la differenza vera la fa il tipo di obiettivo utilizzato e questo se vale in linea generale per entrambe le macchine, vale in particolare per la Nikon F4.
La Nikon F4 può avere una velocità di messa a fuoco scandalosa se usata in abbinamento ad esempio ad un 50mm 1.8 AF prima versione, piuttosto che una velocità più che accettabile se abbinata alla stessa ottica di tipo AFD o ad una delle ottiche AFS.
Purtroppo su questa fotocamera le più recenti ottiche G, prive dell’anello dei diaframmi e con il motore AF incorporato, non funzionano ed è questo un fatto particolare rispetto alla ferrea filosofia di Nikon sulla retrocompatibilità.
Del resto si usa dire che solo gli stupidi non cambiano idea.
Per Canon questo aspetto, meno evidente per via della minore differenza tra le generazioni di ottiche EF, suggerisce di orientare la scelta su obiettivi dotati del sistema Ultrasonic.
Devo sinceramente dire che il mio passaggio a Canon che prima citavo, avvenne proprio in ragione delle maggiori performance che le ottiche EF Ultrasonic avevano nel mio percepito rispetto a quelle Nikon.
Siamo alla fine degli anni ’90 e già Nikon aveva fatto notevoli passi in avanti nella velocità di messa a fuoco, tuttavia dovendo acquistare da zero un corredo AF scelsi Canon.
Avevo in quegli anni iniziato a coltivare la passione per la caccia fotografica grazie ad un fotografo che faceva da guida a me e ad un piccolo gruppo di amici.
Quel fotografo è Vitantonio Dell’Orto che ormai dal 2007 vive in Svezia. https://it.exuviaphoto.net
Nelle numerose uscite con Vito in Engadina piuttosto che in qualche oasi naturalistica, ebbi occasione di imparare molto sulla tecnica, apprezzando focali come il Canon 300 4L stabilizzato che ho poi usato molto anche con il digitale.
Ma il manico è sempre il manico e Vito ci dava grandissime lezioni con la sua F100 corredata di un Sigma 300mm 4 Apo Macro a conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che il corredo non fa il fotografo, regola che valeva nell’analogico e vale nel digitale.
Se tuttavia penso a quelle esperienze durante le quali si utilizzavano quasi esclusivamente pellicole invertibili con sensibilità che raramente superavano i 100 ASA ho ancora ben presente come la tecnica, la preparazione e la capacità di inventare soluzioni che garantissero risultati, giocassero un ruolo ancor più fondamentale di oggi.

Qui due miei scatti dell’epoca effettuati in situazioni di ripresa difficoltose per illuminazione movimento e limitata distanza dal soggetto.

Posto che la velocità di messa a fuoco è un fatto rilevante soprattutto nelle situazioni di ripresa sopra descritte, leggo e sento di sovente discussioni su questo attributo del sistema AF delle varie fotocamere che hanno raggiunto oggi standard impensabili all’epoca pur con i 45 punti della EOS 3. piuttosto che della EOS 1v.
Mi chiedo che senso abbia questa diatriba se non di favorire la macchina commerciale che sforna di continuo nuovi modelli e deve di contro rafforzare le argomentazioni per poterli vendere.
E sin qui nulla di strano.
Se tuttavia distogliamo lo sguardo dal mezzo e lo indirizziamo sul soggetto, scopo che dovrebbe avere una buona fotografia, tutto diventa più relativo sino a scoprire, come osservano i più maliziosi, che al concetto di velocità raramente si abbina quello di buona performance.
Una caratteristica rilevante della EOS 1 e più in generale della baionetta EF, è quella di poter montare tramite anelli adattatori muniti di microchip vecchie ottiche MF Leica R piuttosto che Olympus mantenendo il riferimento di corretta messa a fuoco fornito dal sistema AF della fotocamera. Cito queste due perché le ho personalmente testate.

Devo tuttavia dire che rispetto alla piena compatibilità delle vecchie ottiche Nikkor sulla F4, sistema esposimetrico compreso, gli anelli adattatori per Canon EF, che non sono di produzione Canon, devono prima essere ben testati ed in genere utilizzati con attenzione.

Da ultimo un accenno alla questione dell’affidabilità nel tempo di queste fotocamere.
Si tende spesso ad appiccicare un giudizio di inaffidabilità legato al fatto di aver personalmente provato delusione nell’uso di questo o quell’apparecchio o averne letto di altri utilizzatori che hanno avuto analoghe esperienze.
Purtroppo una valutazione certa sarebbe possibile solo guardando i dati ufficiali dei centri assistenza di Canon e Nikon che al pari di altri produttori si guardano bene dal fornirli.
Anche affermare che l’elettronica è meno affidabile della meccanica lascia il tempo che trova. Spesso si giudica affidabile la meccanica perché è meno probabile che il guasto anche di una sola componente condizioni l’intero funzionamento della fotocamera, senza considerare che se la macchina scatta non è detto che lo faccia nel modo corretto.
Quindi occorre arrendersi al fatto che tanto la Nikon F4 quanto la Canon EOS 1 o EOS 1n possano guastarsi ed è solo il trovarne un modello ancora in efficienza e con un minimo di garanzia di funzionamento del venditore può far sì che l’utilizzo di questi mezzi possa ancora dare soddisfazione.
Della EOS 1 ho già citato le due tematiche critiche rappresentate dalla questione della batteria tampone il cui esaurimento comporta un reset delle impostazioni, ivi compreso il contrappose, nel caso si tolga la batteria principale al litio.
Un’altra questione, anche questa citata prima, riguarda il messaggio di errore “BC error” che come dicevo è un problema comune anche alla T90.
In entrambe le versione della EOS 1 citate può verificarsi, principalmente a seguito di inutilizzo, il blocco dell’elettrocalamita di comando dello specchio che rende di fatto inutilizzabile la fotocamera.

Il problema è facilmente risolvibile guardando uno dei tutorial presenti in rete, purché si abbia un minimo di manualità e di competenza.
Diversamente meglio come sempre affidarsi ad un riparatore.
Che scegliate una Canon EOS 1 o una Nikon F4 o qualsiasi altro modello delle due case giapponesi l’invito è sempre quello: scattate, scattate, scattate!
Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com
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