Nikon F3, eternamente attuale

Nota introduttiva: questo scritto è fortemente condizionato dalla grande considerazione che da sempre nutro per questa fotocamera.

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Se mai si potesse fare un distinguo tra macchine fotografiche meccaniche ed elettroniche, attribuendo alle prime la caratteristica della longevità e alle seconde quelle della caducità, la Nikon F3 rappresenterebbe di certo un’eccezione.

Commercializzata nel 1980, la F3 dovette raccogliere la gravosa eredità delle sorelle maggiori che avevano resistito per oltre un ventennio consacrando il marchio Nikon al mondo della fotografia professionale.

Essenzialità, robustezza, affidabilità, versatilità e per certi versi intramontabilità erano doti indiscusse sia della Nikon F sia della F2 che avevano preso piede in un mercato dove l’offerta delle concorrenti aveva negli anni solo in parte intaccato il segmento alle quali si rivolgevano.

Ricordo che la F3 fu accolta con un certo distacco non già per le indiscusse qualità dell’apparecchio, quanto per le caratteristiche che, nel complesso, non la inserivano a pieno titolo nel nuovo mondo delle reflex automatiche e di fatto la escludevano da quello delle reflex meccaniche, in grado di funzionare a prescindere dall’alimentazione elettrica. Esposimetro a parte, ovviamente.

Si verificò quindi un fenomeno che mantenne il suo effetto per qualche tempo, ovvero il rivalutarsi sul mercato dell’usato del precedente modello F2 che, soprattutto per gli esemplari più recenti dotati ad esempio di Phoomic DP-12, arrivò a toccare quotazioni vicine al costo di una F3 nuova.

La Nikon F3 fu poi apprezzata nel tempo con una produzione terminata nel 2000, andata quindi per oltre un decennio in sovrapposizione a quella delle Nikon F4 presentata nel 1988 e della F5 uscita nel 1996.

Del resto, si può senza indugio affermare che questo modello fosse, al pari dei precedenti, essenziale, robusto, affidabile, versatile ed, oggi possiamo ben dire, intramontabile.

L’uscita della nuova Canon F1, avvenuta nel 1981, rappresentò un buon banco di prova per la tenuta di Nikon, viste anche le maggiori funzioni del sistema esposimetrico, la più articolata gamma di motori e accessori che Canon introdusse con la nuova ammiraglia.

Nikon F3 e Canon F1 new con prisma AE a confronto

Valgono anche in questo caso le considerazioni fatte nell’articolo di confronto tra Nikon F4 e Canon EOS1 in riferimento ad un mondo, quello di allora, nel quale i maggiori player di mercato si sfidavano attraverso un’offerta differenziata che ben identificava la proposta commerciale ed il valore di ciascuna azienda..

Nikon F3 e Canon F1 new, per quanto entrambe modulari, sono profondamente differenti in termini di filosofia di prodotto che nel primo caso potremmo definire orientata verso un apparecchio essenziale, in grado di fornire una risposta di qualità in molteplici situazioni di impiego, nel secondo orientata verso un apparecchio complesso che ha una soluzione accessoria per garantire la qualità in ogni situazione.

Basti pensare al sistema esposimetrico che sulla F3 è di impostazione piuttosto semplice e prevede le modalità manuale e a priorità di diaframmi, sulla Canon F1 non solo varia in base al mirino ma anche attraverso la complessa serie di vetrini di messa a fuoco.

Di questa caratteristica ho personalmente preso coscienza solo qualche anno fa.

Nell’articolata serie di ben trentadue schermi di messa a fuoco, quelli la cui sigla inizia con la lettera A permettono la lettura media pesata al centro, quelli con la lettera P la lettura parziale pari al 12% pesata al centro ed infine quelli con la S quella spot pari al 3%.

Canon F1 con tre vetrini di messa a fuoco che consentono una diversa lettura esposimetrica

Anche in termini di luminosità questa serie di vetrini si differenzia da Nikon soprattutto per quelli siglati Laser Matte Screen che raggiungono performance vicine a quelle di Minolta dal cui brevetto deriveranno anche gli Acute Matte Hasselblad.

La Nikon F3 di contro introduce, tra le novità, una lettura esposimetrica con diverso rapporto di ponderazione media al centro che passa a 4:1 rispetto al 3:2 dei precedenti modelli.

indicazioni sulle funzionalità di scatto in manuale della Nikon F3 con l’indicazione del tempo meccanico utilizzabile a batteria scariche, pari a 1/60 di secondo

Ricordo che acquistai una Nikon F3 nel 1986 trovata usata grazie ad un amico ma di fatto mai utilizzata dal precedente proprietario.

Le prime positive impressioni di utilizzo riguardarono proprio la lettura esposimetrica che trovai tra le più accurate e corrispondenti alle molteplicità di situazioni di ripresa, rispetto a quelle di altre fotocamere che consentivano, come visto prima, di scegliere tra letture spot, semi spot o ponderate.

Devo però dire che la primissima impressione di utilizzo di questa macchina fu pesantemente segnata da un’altra caratteristica peculiare che, per quanto di grande rilevanza pratica, occorre conoscere la prima volta che si maneggia una Nikon F3.

La macchina mi arrivò senza istruzioni e soprattutto, vista l’epoca, senza la possibilità di scaricarle da internet.

Per l’innata tendenza di molti, me compreso, di spillare da un rullo 36 pose almeno 37 se non 38 fotogrammi, il risparmio dei primi scatti a vuoto per raggiungere il numero uno sul contapose era ed è una prassi consolidata.

Inserito con un certo orgoglio il primo rullo, fu con grande sorpresa che osservai sul display il numerino 80 che indicava il tempo di scatto.

A nulla serviva ruotare il diaframma, mettere in manuale il selettore dei tempi, niente, sempre 80 leggevo nel display.

In quella circostanza devo dire che mi risentii non poco pensando a come avevo mal impiegato i miei esigui risparmi da studente.

In quegli anni non potevi nemmeno andare su Google e cercare, ad esempio, perché la F3 fa solo un ottantesimo di secondo.

Ero a Milano in zona Navigli e andai di corsa da Foto Ottica Nastasio in Piazza XXIV Maggio, negozio nel quale non ero mai entrato ma che frequentai poi fino alla chiusura per la disponibilità e la cortesia che trovai quel giorno.

Nastasio mi raccontò un aneddoto accaduto a lui qualche anno prima all’Idroscalo proprio in occasione della prima Nikon F3 ricevuta in negozio.

La fotocamera bloccata su 1/80, lui che spazientito la rifila al figlio piccolo che giocandoci la porta sul fotogramma uno, raggiunto il quale la macchina inizia a funzionare regolarmente.

La Nikon F3 in fase di caricamento della pellicola si imposta da sola su 1/80 di secondo per consentire l’effettuazione degli scatti a vuoto, anche in automatico, anche con il tappo sull’obiettivo.

Cito questo aneddoto perché è, dal mio punto di vista, ben rappresentativo dell’attenzione che in Nikon posero a particolari legati all’utilizzo pratico più che a quello potenziale e di come di questa macchina alcuni aspetti siano stati capiti ed apprezzati solo in un secondo momento.

La genesi della F3 partita già a metà anni ’70, vede un progressivo abbandono di alcune caratteristiche di F ed F2. Progressivo perché nei primi prototipi in realtà ci si trova di fronte ad una F2 con integrata la funzione di automatismo a priorità di diaframmi. Ciò a differenza di quanto consentivano i Servo EE DS per Nikon F2 il cui funzionamento era a priorità di tempi.

Il progetto si spoglia poi di molte prerogative dei modelli F meccanici, prima tra tutte quella del posizionamento nel mirino del sistema esposimetrico.

Questa fu una scelta coraggiosa.

Se Nikon avesse optato per tributare ai Photomic, che costituirono la chiave del successo nei due precedenti decenni, una valenza strategica anche per le realizzazioni future, la F3 sarebbe nata vecchia.

descrizione del sistema esposimetrico della Nikon F3 tratto dalla brochure dedicata alla fotocamera; notare il posizionamento della cellula che come vedremo più avanti genera alcune limitazioni nell’uso delle diverse tipologie di mirini per via del rischio di ingresso di luce parassita

Del resto, la Canon F1 new ed il suo articolato sistema di accessori, per quanto con risultati di vendita di assoluto rilievo, fu spazzato via nel giro di qualche anno, unitamente all’innesto FD, dai nuovi modelli autofocus con innesto EF.

La produzione della F1 new si riduce progressivamente ad inizio anni ’90 sino a cessare definitivamente nel 1994.

Una seconda prerogativa della quale si spoglia la F3, rispetto ai precedenti modelli, è il pressoché totale abbandono della meccanica.

Questo è un altro aspetto che fece soffrire non poco i Nikonisti dell’epoca ma che con il senno di poi si rivelò, per le soluzioni adottate, un altro punto di forza.

uniche parti meccaniche sopravvissute nella Nikon F3 sono il meccanismo di ricarica e il ridotto meccanismo di attivazione dell’otturatore per il tempo di emergenza di 1/60 di secondo

Fino a fine degli anni ’70 si è abituati a vedere un largo utilizzo di circuiti modulari connessi da saldature che nel tempo mostrano, quasi sempre, segni di cedimento a svantaggio del corretto funzionamento degli apparecchi.

Questa caratteristica, comune per l’epoca non solo alle macchine fotografiche, ha per queste ultime la difficoltà principale nelle forme e negli spazi nei quali collocare le componenti e nello scarso isolamento dagli agenti esterni garantito da calotte e fondelli.

Se ad esempio esaminiamo una Leica R3 o l’omologo modello Minolta XE-1 o XE-5, di qualche anno più anziane della Nikon F3, troviamo la calotta scomposta in tre parti, senza nessun particolare sistema di protezione da polvere o umidità, con sotto, in bella vista, le componenti elettroniche.

Minolta XE-5, tolte quattro viti e sfilata la calotta in plastica posta a copertura del prisma, cablaggi e circuiti sono subito accessibili

La Nikon F3 introduce un unico circuito con una sola appendice, rappresentata dalla connessione con il selettore dei tempi.

circuito della Nikon F3 disponibile come ricambio in caso di malfunzionamento di una delle parti; il nuovo circuito rimontato ha necessità di messa a punto con strumentazione dedicata; il ricambio in foto è quindi utile ai soli fini ornamentali

Il circuito principale è collegato alla macchina attraverso un ridottissimo numero di saldature e può essere sostituto smontando il corpo costituito da due gusci in lega.

visibili i due gusci in lega che racchiudono otturatore, circuito principale e scatola dello specchio; la Nikon F3 necessità di strumentazione e competenze per essere smontata, pena la perdita della fotocamera; nelle foto è mostrato un esemplare che ho recuperato già parzialmente smontato e non riparabile

L’otturatore resta invece di impostazione classica con tendine in titanio a scorrimento orizzontale, con una longevità che viene elevata a 150.000 scatti.

Il corpo è tropicalizzato e subisce in fase di test severe prove di funzionamento a temperature molto inferiori allo zero, e prove di shock da urto o da accelerazione/decelerazione.

Questo spiega perché, almeno sulla base della mia esperienza, è molto improbabile, ancora oggi, trovare un esemplare di F3 non funzionante.

Una terza prerogativa è il ritorno al design, criterio che caratterizzò con Masahiko Fuketa il lancio della Nikon F ma che passò, almeno apparentemente, in secondo piano già con l’introduzione dei mirini Photomic che furono con buona probabilità disegnati da un cartongessista.

Con tutto il rispetto per questa professione.

Com’è noto il cartongesso ricopre con forme rigorosamente geometriche e, se riflettiamo, i Photomic sono esattamente avvolti da un guscio rigorosamente squadrato.

Altro poi è che siamo nel complesso affascinanti.

La Nikon F3 viene disegnata in Italia dalla Italdesign di Giugiaro ed è ergonomica come raramente accade in fotocamere dell’epoca.

se mai esistesse la bellezza oggettiva, la Nikon F3 potrebbe essere ben definita oggettivamente bella

Tra i dettagli di design di questa fotocamera vi è l’introduzione del fregio rosso a fianco dell’impugnatura che diverrà un’altra caratteristica distintiva.

Il mantenimento della modularità consentì l’adozione di una linea di mirini del tutto simile a quella dei modelli procedenti, con in più la prerogativa di poter utilizzare tutta la serie con l’esposimetro operante, pur con qualche accortezza o limitazione.

i mirini ricalcano la tradizione dei precedenti modelli F

Le limitazioni derivano dal fatto che la F3 monta un sistema di lettura con la cellula dell’esposimetro posizionata nella parte inferiore della scatola reflex con la misurazione della luce proveniente da una parte dello specchio che presenta una trama di piccolissimi fori così da proiettare una parte della luce proveniente dall’ottica, attraverso un secondo specchio incernierato sotto il principale, che la fa arrivare alla cellula.

particolare della cellula dell’esposimetro anch’essa integrata nel circuito principale

Tra i mirini spicca l’introduzione del nuovo DE-3 che riporta la sigla HP contrazione di High Eyepoint.

Questo mirino riprende la filosofia di progettazione della Nikon F che fu una fotocamera realizzata attorno al sistema di visione a differenza delle reflex dell’epoca che avevano solitamente mirini con copertura parziale e poco luminosi.

Il DE-3 consente di tenere la fotocamera a distanza dall’occhio durante l’inquadratura consentendone così l’utilizzo con una piena visione del campo inquadrato e del display anche portando occhiali da vista o da sole.

Questo sistema di visione, riportato da Nikon negli anni seguenti anche su alcune fotocamere di fascia più economica, rappresenta un’altra delle intramontabili caratteristiche della Nikon F3.

Da ultimo, tra le novità introdotte con la Nikon F3, vi è la lettura TTL con i flash dedicati, il cui innesto rimane come sui precedenti modelli, tramite una slitta posizionata in modo coassiale al manettino di riavvolgimento del film.

Il primo modello di flash dedicato alla F3 fu il compatto SB-12 che rappresenta ancora oggi un’ottima soluzione visto anche il costo assolutamente contenuto al quale è possibile acquistarlo.

flash SB-12 montato sulla slitta porta accessori

In alternativa vi è il flash a torcia SB-11 o la serie Metz 45 in abbinamento allo SCA dedicato alla Nikon F3.

Questa panoramica sull’ammiraglia Nikon dei primi anni ’80 non può prescindere dal citare i modelli speciali che caratterizzano la gamma di questo modello.

A parte la già citata F3 HP ed il modello con finiture in titanio F3T, prodotta con colorazione champagne fino al 1985 e poi in colorazione nera, viene presentato nel 1983 il modello F3 P dedicato ad un uso più intenso ed in sfavorevoli condizioni ambientali.

Le principali caratteristiche di questo modello sono la presenza di guarnizioni ed o-ring aggiuntivi o potenziati e l’inserimento sullo speciale mirino DE-5 con finiture in titanio, della slitta flash

Di contro la F3 P non aveva il cursore di sblocco dell’apertura del dorso, l’autoscatto, il cui comando è nella versione normale posto sotto il selettore dei tempi, e la levetta per le esposizioni multiple posta accanto alla finestra contapose che nella P è tonda con disco numerato su sfondo bianco.

Come già per la F2 anche per il nuovo modello di punta Nikon propone una versione che consente di arrivare alla velocità di 13 fotogrammi al secondo denominata F3 H.

Questa versione è stata prodotta in meno di mille esemplari e rimane la reflex con il numero più elevato di fotogrammi al secondo fino all’introduzione della digitale D6.

Motore MD-4 ed accessori dalla brochure della Nikon F3; benché più lento del modello H, l’MD-4, se usato con scatto continuo, può bruciare un rullo 36 pose in una manciata di secondi ed è, dal mio punto di vista, l’accessorio più sconsigliato da utilizzare nel normale uso della fotocamera

Da ultimo vi è la versione autofocus prodotta dal 1983 come primo apparecchio reflex con messa fuoco automatica di Nikon.

La F3AF, della quale ho già fatto cenno in questo articolo, monta lo speciale mirino DX-1 non compatibile con gli altri modelli F3. Disponeva inoltre di ottiche dedicate che includevano il motore di comando della messa a fuoco.

Come sappiamo questa scelta verrà poi abbandonata già con l’uscita della F501 che incorporerà il motore nel corpo macchina con trasmissione meccanica della messa a fuoco all’obiettivo.

Su ciascuno di questi modelli speciali, così come sulla vasta gamma di accessori del modello base, occorrerebbe dedicare un approfondimento per valorizzare la grande versatilità di queste versioni e la capacità che in Nikon ebbero di realizzare prodotti dedicati mantenendo uno standard qualitativo di assoluto rilievo.

La Nikon F3 ha oggi quotazioni accessibili e rappresenta un’ottima soluzione per coloro che vogliano un corpo manual focus robusto ed affidabile e siano disposti a sopportare l’incremento in peso e dimensioni di modelli più compatti quali FE o FE2.

A parte i normali controlli su funzionamento ed estetica accertatevi sempre in fase di acquisto che la fotocamera sia dotata del tappo a vite a copertura dell’innesto del motore MD-4, posizionato sul fondello.

particolare del fondello della Nikon F3 con evidenziato il punto di innesto del motore MD-4 senza tappo di protezione;

Senza questo tappo lo scomparto pellicola non è più a tenuta di luce.

Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com

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