Meglio la praktica della grammaktica

Negli articoli sulle reflex di Dresda ho toccato molto velocemente il marchio Praktiflex e Praktica prodotte dalla Kamera Werkstätten o KW.

La storia di KW è molto particolare e ne riepilogo di seguito i principali passi, sviluppati in modo più completo negli articoli sopra citati.

L’azienda fu fondata nel 1919 a Dresda da Paul Guthe e Benno Thorsch nel contesto della grande fucina di uomini, idee e aziende legate al mondo della produzione di apparecchi fotografici e ottici che fu la città sassone nei primi quarant’anni del ‘900.

KW si distinse da subito per la produzione originale e di grande qualità quale ad esempio quella della fotocamera Patent Etui 6×9 nata da un progetto di Guthe.

il sito produttivo di KW a Niedersedlitz oggi

Già nel 1931 prende il via una gamma di fotocamere reflex che utilizzavano pellicola a rullo con fotogrammi 3×4.

Da queste segue nel 1935 la reflex 6×6 per pellicola 120 Pilot 6 che è tra le prime fotocamere, unitamente alla Reflex Korelle e alla Primarflex di Curt Bentzin, ispiratrici dei successivi modelli di monoreflex 6×6, primo tra tutti la 1600F di Victor Hasselblad presentata nel 1948 a New York.

Nel primo articolo, mi sono soffermato sul passaggio delle proprietà dell’azienda tra Benno Thorsh e Charles Noble, avvenuto nella seconda metà degli anni ’30.

Il primo alla ricerca di un porto sicuro dalle persecuzioni messe in atto da parte del regime nazista nei confronti degli Ebrei, il secondo alla ricerca di una nuova iniziativa imprenditoriale legata alla produzione di fotocamere.

Thorsh acquisì quindi l’azienda americana di Noble e si trasferì oltre oceano mentre Noble, con un tempismo che si rivelerà fatale, prese le redini della KW e proseguì nello sviluppo di una reflex 35 mm sulla scia del successo ottenuto nel 1936 dall’Industrie und Handelsgesellschaft, meglio nota come IHAGEE, con il lancio della Kine Exacta.

Molto più semplice nella fattura, squadrata nella forma e anch’essa con mirino a pozzetto, nel 1939 viene presentata la Praktiflex che adottava un innesto delle ottiche con passo a vite da 40mm.

Sempre prima della seconda guerra, Noble trasferisce ingrandendola la sede della KW da Dresda a Niedersedlitz, centro a una decina di chilometri a sud rispetto alla precedente sede.

La posizione della nuova fabbrica salvò la KW dalla distruzione dei bombardamenti che colpirono la città sassone nella primavera del 1945 lasciando ben poco di aziende come Zeiss Ikon o IHAGEE, giusto per citarne alcune.

Dal 1946, confiscata l’azienda ad opera della nuova amministrazione sovietica e arrestati con la falsa accusa di spionaggio Charles Noble e il figlio John, deriverà una complessa e dolorosa vicenda che ho descritto nella seconda parte della storia delle reflex di Dresda.

Charles e John Noble

La KW, inserita nel processo di statalizzazione in atto nella parte di Germania sotto il controllo sovietico, presenta nel 1949 alla fiera di Lipsia una riedizione della Praktiflex, marchiata Praktica che mantiene le caratteristiche di spartana essenzialità del modello prebellico adottando un nuovo innesto per le ottiche con passo a vite 42×1, comune anche alla Contax S, anch’essa presentata in quella circostanza.

Saranno proprio queste caratteristiche che alla soglia degli anni ’60, a fronte della previsione di abbandono della produzione della linea Praktina, faranno sopravvivere la produzione del modello più semplice e meno costoso: la Praktica.

Essenziali, robuste e squadrate, saranno queste le caratteristiche del family feeling delle fotocamere della nutritissima serie Praktica, fino al 1979 anno di presentazione della B200.

Dei carri armati insomma, dalla linea più moderna delle Exakta, di migliore fattura rispetto alle Zenit e dotate di un corredo di ottiche di buona qualità, ma soprattutto in grado di montare, grazie all’innesto a vite 42×1, qualsiasi altra ottica del vastissimo parco costituito all’epoca dagli obiettivi a vite di quel passo.

Sulla questione dell’innesto a vite 42×1 occorre fare una breve digressione.

Questo innesto è legato alla presentazione della Contax S e della Praktica entrambe corredate da ottiche Carl Zeiss Jena, avventa, dicevo sopra, nel 1949. Il passo da 42mm era con molta probabilità il miglior compromesso tra il diametro della filettatura, che aveva nello standard Leica 39×1 il principale punto di riferimento, e la necessità di aumentare il diametro di innesto per rendere più agevole il posizionamento del gruppo ottico posteriore delle lenti per le fotocamere reflex.

Negli anni successivi questa scelta si rivelerà adeguata anche per far posto alla trasmissione del comando del diaframma che, ad esempio sulle ottiche delle FX2 non era più a preselezione, consentendo di lavorare a tutta apertura o al diaframma impostato semplicemente premendo il pulsante di scatto.

Per poter effettuare questa operazione era necessario, come ad esempio sulle ottiche Exakta automatiche, caricare la molla di chiusura del diaframma attraverso il cursore posto sul barilotto dell’obiettivo o ruotando la testa dell’ottica, come sul Tessar mostrato qui sotto in foto.

E’ abbastanza singolare il fatto che nella Germania Ovest i produttori di fotocamere arrivarono molto in ritardo a sfruttare il passo a vite 42×1 allorquando ad esempio sulla Icarex fu creata la due versione TM per far fronte allo scarso successo commerciale riscosso da questo modello nella versione BM.

I Giapponesi, molto più pragmatici, adottarono ben prima il passo a vite ad esempio per le Asahi Pentax Spotmatic.

Ma torniamo a Praktica.

I modelli della serie FX in particolare la FX2 sono tutt’ora utilizzabili con buoni risultati benchè non abbiamo un buon mirino, conservando come sulle precedenti versioni, il pozzetto non intercambiabile.

Occorre far bene attenzione allo stato delle tendine che di sovente sono bucate per via della degenerazione dello strato gommato della tela.

Questa caratteristica è purtroppo comune anche alle Praktina.

Per questi modelli era stato prodotto un curioso pentaprisma da inserire a pozzetto aperto, in grado di trasformare la fotocamera con visione reflex, a discapito tuttavia dell’area inquadrata, ridotta drasticamente da questo accessorio.

Nel 1959 insieme ad altri produttori di fotocamere operanti nella DDR, la KW viene fusa nel VEB Kamera und Kinowerke Dresden.

Da quella data il logo “KW” non viene più utilizzato.

Dal 1964 il VEB Kamera und Kinowerke Dresden prende il nome di VEB Pentacon Dresden.

Con la costituzione del VEB Pentacon ed il progressivo ingresso delle aziende operanti nella DDR nel campo della produzione di apparecchi fotografici, si consolida la produzione di nuovi modelli a marchio Praktica.

Alla fine degli anni ’60 confluisce nel VEB Pentacon anche IHAGEE rimasta dopo la guerra ancora, almeno sulla carta, di proprietà Johan Steenbergen.

Dopo una lunga vicenda giudiziaria promossa da Steenbergen per rivendicare la proprietà dell’azienda, la famiglia riuscirà, molti anni dopo la fine del conflitto, a mantenere solo l’uso dei marchi IHAGEE ed Exakta, quest’ultimo poi concesso in licenza per una linea di fotocamere prodotta in Giappone.

Delle vicende di Jhon Steimbergher che nel 1942 si allontanò da Dresda evitando così di fare, qualche anno dopo la fine dei Noble, ho sempre parlato nella seconda parte della storia delle Reflex di Dresda.

Per quanto concerne il resto della produzione a marchio Praktika, occorre osservare che la saga dei modelli successivi alla serie FX, mostrata prima, è molto nutrita.

Dopo le serie IV e V viene introdotta nel 1964 il modello Nova dal quale si svilupperanno poi nel decennio successivo i modelli della serie L.

Tra questi ricordo la MTL3 presentata nel 1978 che è ancora un valida fotocamera per chi voglia approcciare con un budget limitato ad una reflex 35mm robusta ed affidabile.

Un altro modello interessante uscito nel 1974 è la Praktica VLC.

Questo modello ha mirini e schermi di messa a fuoco intercambiabili e adotta una nuova soluzione, interessante per l’epoca, di trasmissione elettrica dei valore del diaframma impostato tra obiettivo e fotocamera. I contatti sul bocchettone di innesto delle ottiche sono ben visibili nella foto sopra.

Gli obiettivi con queste caratteristiche sono marchiati Pentacon Electric.

La VLC, seguita dai modelli 2 e 3, riprende alcune caratteristiche della Exakta RTL1000, modello prodotto dopo il passaggio definitivo di IHAGEE sotto il controllo del VEB Pentacon.

La RTL1000, non può essere considerata una Exakta al pari dei precedenti modelli e dal mio punto di vista la serie termina con la bellissima VX1000.

Un ultimo cenno va fatto alla serie B prodotta da dicembre 1979 a dicembre 1990 in ben diciassette modelli.

Con la serie B viene abbandonato il passo a vite 42×1 e creata una baionetta dedicata che riporta la sigla “PB”.

La sigla stessa della serie di modelli deriva dalla B di Bayonet mount.

Quando nel 1978 uscì il primo modello della serie, la B200, questo aveva caratteristiche assolutamente d’avanguardia per l’epoca ed un design decisamente nuovo rispetto alle precedenti fotocamere.

A differenza della MTL3 o della VLC2 prima citate, i materiali usati per la B200 e anche per i successivi modelli, sono decisamente meno “nobili”con un largo ricorso alla plastica.

Le ottiche con baionetta B marchiati Prakticar, sono state realizzate da Carl Zeiss Jena, Pentacon e Sigma ed hanno una qualità accettabile anche nelle versioni più economiche.

Dalla B200 deriva nel 1984 la Praktica BC1 che con le sue numerose varianti, è stato uno dei modelli maggior successo.

Anche in questo caso ci si trova di fronte ad una fotocamera molto “plasticosa”.

L’esposizione è manuale e a priorità di diaframmi.

Tra le caratteristiche che apprezzo della BC1 vi è il mirino che per quanto abbia una copertura del 95% è sorprendentemente luminoso ed ha il vetrino di messa a fuoco con il sistema a doppia immagine spezzata molto pratico soprattutto per chi, come me, ha problemi di vista.

E qui finisce la rapida e non esaustiva carrellata dei modelli prodotti a marchio Praktica.

Come sempre l’augurio è di aver stimolato la vostra curiosità, unitamente all’auspicio che vi possiate divertire utilizzando una di queste fotocamere che, con un modesto investimento, possono ancora dare molte soddisfazioni.

Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com

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3 Comments

  1. Giuseppe Reply

    Salve, credo che in pochi sappiano che la Praktica BC1 aveva un otturatore che in automatico funzionava fino a 40 secondi, mentre tutte le giapponesi della stessa fascia di prezzo e più costose lavoravano fino a 1 sec. Le lamelle dell’otturatore chiudevano il mirino nelle pose con tempi lunghi e in posa B, impedendo quindi alla luce di entrare dal mirino e interferire sull’esposizione. Io ho fatto foto notturne in automatismo fino a 40 secondi di esposizione. Inoltre, un’altra specialità: il telemetro a doppia spezzatura inclinata, caratteristica unica sconosciuta anche alle super reflex professionali, che consentiva di mettere a fuoco in assenza di riferimenti verticali od orizzontali nell’inquadratura del soggetto. Infine, l’esposimetro esclusivamente spot, con memoria esposimetrica, per misurazioni precise, da fotografo esperto e creativo. Che dire della qualità ottica degli obiettivi… Indiscutibile! Giuseppe

  2. Massimiliano Terzi Post author Reply

    Grazie Giuseppe per questi dettagli sulla Praktica BC1. Anche io ho apprezzato molto le caratteristiche di questa fotocamera in particolare quelle del mirino e del sistema di messa a fuoco a doppia immagine spezzata a 45°. Si avvicina a questa tipologia di schermo quello della Rolleiflex SL35E del 1978 che tuttavia nulla ha a che vedere con quello della BC1 soprattutto in termini di luminosità.
    Grazie ancora per il contributo.
    Max

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