Le fotocamere Topcon della Tokyo Kogaku – prima parte

Tra gli aspetti che mi hanno da sempre incuriosito nelle caratteristiche delle fotocamere, vi è certamente quello della modalità di innesto degli obiettivi e della sua evoluzione nel tempo.

Le scelte fatte dalle aziende, tanto quelle occidentali quanto quelle orientali, si sono da sempre barcamenate tra due questioni di fondo.

La prima legata alla possibilità di adottare innesti già in uso per poter sfruttare la fama ed il relativo parco ottiche dei marchi che li avevano creati.

La seconda, dallo spirito diametralmente opposto, legata alla creazione di un sistema di innesto proprietario così da poter fornire ottiche proprie o prodotte su licenza da aziende terze.

Entrambe le scelte presentano pro e contro e sono state adottate in epoche e mercati differenti senza un preciso ordine, rappresentando in molti casi una delle principali scelte commerciali nella politica delle imprese che hanno operato nel settore.

Le politiche commerciali più evidenti in termini di successo e continuità, si sviluppano nel secondo dopoguerra, benché la storia, che inizia in questo articolo, parli di una azienda giapponese che negli anni ’50 sceglie per le proprie fotocamere reflex l’innesto Exakta la cui origine risale al periodo precedente la seconda guerra allorquando la Ihagee di Dresda presenta nel 1936 la prima reflex 35 mm: la Kine Exakta.

la baionetta Exakta personalizzata da Topcon per l’innesto delle ottiche delle proprie SRL

È inoltre curioso osservare come di li a poco, siamo nel 1939, la Kamera Werkstatten o KW, operante sempre nella galassia delle aziende con sede a Dresda e dintorni, presenta la Praktiflex, reflex 35mm con innesto delle ottiche a vite con passo da 40×1.

Il passo a vite ritornerà nell’immediato dopoguerra con la presentazione dal parte della Zeiss Ikon, rimasta nei territori a controllo sovietico, della Contax reflex e sempre dalla KW della reflex Praktica, entrambe dotate di innesto delle ottiche con passo a vite 42×1.

Lo stesso innesto verrà adottato ad esempio anni dopo per le proprie reflex dalla Wirgin di Wiesbaden o dalla giapponese Asahi.

Di contro Nikon dopo aver adottato la baionetta Contax per i propri apparecchi a telemetro, fece una scelta radicale lanciando alla fine degli anni ’50 la sua prima reflex dotandola di un sistema di innesto delle ottiche proprietario.

Ma la scelta più strana, ed in generale con razionali meno comprensibili, resta quella della Tokyo Kogaku e delle SRL Topcon i cui primi esemplari vedono la luce nel 1957 con ottiche ad innesto Exakta

La fortunata serie di reflex, che ad inizio anni ‘60 adotteranno, in anticipo sui concorrenti, un rivoluzionario sistema di lettura TTL dell’esposizione, mantiene sino alla fine della produzione a metà anni ‘70, una forte contraddittorietà tra la modernità degli apparecchi e la vetustà dell’innesto delle ottiche.

Questo fatto mi ha sempre affascinato così come mi hanno sempre affascinato le fotocamere e le ottiche Topcon.

Vi propongo quindi una sintesi della storia di questa azienda che vede la luce nel 1932 in un periodo di grande travaglio nella storia e nella vita economia giapponese.

Gli accadimenti che caratterizzano l’economia giapponese tra la fine della prima guerra mondiale e l’inizio della seconda seguono il filone delle congiunture internazionali nelle quali il paese era già coinvolto.

Dopo una profonda crisi ad inizio anni 20, l’economia del paese vive una forte e repentina fase di ripresa che culmina negli anni 30 nel pieno sviluppo della presenza sui mercati internazionali.

Di pari passo si sviluppa anche l’industria bellica.

In questo frangente si troviamo già ben posizionate nelle forniture per quest’ultima sia Tokyo Kogaku sia Nippon Kogaku.

Negli articoli apparsi nella pagine di SENSEI riguardanti la storia dei marchi nipponici si è sempre o quasi concentrata l’attenzione sulla rinascita post bellica dell’industria e sulla particolare forma di governance delle aziende nei Keiretsu.

Occorre tuttavia osservare che questi si formeranno nel dopoguerra, principalmente sotto l’influenza americana, come trasformazione della precedente forma di organizzazione industriale, di lunga tradizione, denominata Zaibatsu che vede tra le due guerre un nuovo sviluppo per via dell’espansione produttiva e dello sviluppo dei rapporti commerciali con l’estero che si propagano alla Cina, al mondo occidentale e all’area del pacifico.

I forti tratti imperialistici della potenza giapponese si rafforzeranno in questo periodo alimentando la spinta che porterà il Giappone a conquistare una posizione di rilievo nella spartizione del mercato internazionale.

Questi fattori rafforzano la tendenza alla concentrazione industriale e al consolidamento della reazione tra capitale bancario e capitale industriale che trova negli Zaibatsu la massima forma di espressione.

Questa oligarchia capitalistica, vede l’affermazione di rilevanti agglomerati industriali e finanziari con la caratteristica, che troveremo poi anche nei Keiretsu, di operare contemporaneamente in differenti settori spesso al difuori da una logica di integrazione o di sviluppo di sinergie nella produzione, tratti più tipici del mondo occidentale.

Gli Zaibarsu diventano quindi i protagonisti delle vicende economiche giapponesi del periodo, con nomi come Mitsubishi, Mitsui, Yasuda, Sumotomo che abbracciano settori multipli dell’industria nipponica, accanto ad altri analoghi agglomerati che operano in settori definiti come ad esempio Kawasaki per la cantieristica o Furukawa nella produzione di energia elettrica.

Tutti i grandi Zaibatsu mantengono la caratteristica comune di avere un forte controllo finanziario da parte di una famiglia di riferimento che a differenza ad esempio della consolidata tradizione delle grandi industrie europee del periodo può non partecipare direttamente alle attività manageriali.

Tra gli Zaibatsu storici vi è il Mitsubishi, che nacque nella seconda metà dell’800 a seguito di una profonda trasformazione del Giappone nota come restaurazione Meiji.

La sede dello Zaibatsu Mitsubishi a Tokyo ad inizio ‘900

Come gli altri Zaibatsu, il Mitsubishi era controllato da un’unica famiglia il cui ultimo rappresentante fu Iwasaki Koyata che nacque nel 1879 e morì nel 1945.

Iwasaki Koyata seduto al centro con accanto la famiglia in una foto di inizio anni ‘20


Lo sviluppo di una forte concentrazione di potere spinge il Giappone verso una politica espansionistica che finisce per acuire tensioni internazionali che contribuiranno al determinarsi delle ben note vicende del secondo conflitto mondiale.

In questo contesto l’industria ottica è prevalentemente assorbita nella attività a supporto del settore bellico che ha sempre negli anni ’30 una forte espansione per via di una progressiva spinta all’armamento che già nel luglio del 1937 porta all’avvio del secondo conflitto con la Cina..

In una logica di spartizione tra grandi gruppi, fatto questo apparentemente inspiegabile nella logica occidentale, troviamo in quel periodo Nippon Kogaku come fornitore della marina militare e Tokyo Kogaku come fornitore dell’esercito.

Questa genesi spiega le motivazioni di una parallela affermazione delle due aziende anche nel periodo post bellico e la loro forte presenza a livello internazionale che in Italia si manifestò negli anni ’60 con un sorpasso, pur per un limitato periodo, nelle vendite del marchio Topcon rispetto a Nikon e che vide poi Topcon, per vicende che approfondiremo meglio in seguito, abbandonare nella seconda metà degli anni ’70 il mercato fotografico.

Per approfondire la genesi della Tokyo Kogaku viene in aiuto quanto contenuto nel libro di Antonetto e Russo.

La storia inizia nel 1932 da una piccola fabbrica di binocoli, la Katsuma Seisaku Sho, e dalla sezione ottica del laboratorio di ricerche di Hattori Tokei-ten, la Seikosha.

Formata inizialmente da ottantacinque dipendenti, la Tokyo Kogaku ha come riferimento la famiglia Hattori, proprietaria della fabbrica di orologi Seiko.

Come precedentemente osservato, la folle corsa dell’industria bellica in quegli anni fa sì che la Tokyo Kogaku lavori più che altro per la forze armate ed in particolare per l’esercito potenziando la propria presenza attraverso un’acquisizione strategica che nella logica degli Zaibatsu vista prima rapresenta un chiaro esempio di distribuzione di potere tra le grandi famiglie che dominavano il mondo industriale.

Avviene così che la famiglia Hattori acquisisce la Ohara Optical Glass, che produce vetro ottico e ed è già fornitore della Nippon Kogaku, divenendo poi negli anni a venire fornitore ad esempio della Asahi e della Seiki Kogaku.

Binocoli, sistemi di sorveglianza, orologi, vetro ottico in una apparentemente scombiccherata serie di diversificate produzioni che avevano logica in una collaborativa spartizione delle attività tra gruppi di potere con l’obiettivo di rafforzare la spinta competitiva nei mercati internazionali.

Un mondo strano, poco comprensibile dagli occhi occidentali e con buona probabilità percepito come minaccia se si pensa che negli anni ’30 il venticinque per cento del mercato industriale giapponese era nelle mani di cinque famiglie che avevano sviluppato una attività di finanziamento e controllo di molte imprese oltre confine.

Nel 1937 la Tokyo Kogaku avvia la progettazione di una fotocamera per il mercato civile del tutto simile a quanto realizzerà nello stesso anno la Heira di Osaka alla quale ho dedicato questo articolo.

Come per la Weha Chrome Six si tratta di una fotocamera che utilizza pellicola 120 per formato 6×4,5, non 6×6 come per la Weha, con telemetro accoppiato alla messa a fuoco e a differenza del modello prodotto a Osaka, con l’avanzamento della pellicola automatico dopo aver posizionato la pellicola sul primo fotogramma.

L’ottica è un Simlar 3,5/75 mm con schema Tessar, montato come sulla Weha su un tubo telescopico al posto del classico soffietto.

Topcon Lord

La Lord non approderà mai alla produzione in serie e rimarrà pressoché nello stato di prototipo con meno di cinquanta esemplari prodotti e con la presenza di differenti varianti introdotte sino al 1938 per porre rimedio a difetti di funzionamento manifestati dalla fotocamera.

Con la Lord si consolida il marchio Topcon che troviamo poi utilizzato su altre fotocamere fino alla fine degli anni ’30.

La prima, un apparecchio miniaturizzato commissionato dall’esercito che utilizza pellicole 8mm, non vedrà mai la produzione in serie giacché le forze militari preferiranno approvvigionarsi di prodotti europei di già consolidata fama come Minox e Robot.

Alla fine del 1938 viene presentata la Minion destinata ad essere la capostipite di una serie di apparecchi che entreranno in produzione anche dopo la seconda guerra mondiale adottando la pellicola 35 mm nel formato 24×32 che troviamo anche sulle prime Nikon a telemetro.

La Minion prebellica utilizza pellicole 127 per l’inusuale formato 4×4,5 e costituisce una versione semplificata della Lord: sarà infatti priva di telemetro e verrà dotata di un obiettivo a tre lenti anziché del classico schema Tessar del Simlar.

Sarà inoltre per necessità dotata di avanzamento automatico della pellicola che tuttavia risulterà impreciso causando sovente la sovrapposizione delle immagini.

La necessità derivava dal fatto che sulla carta del film 127 non vi erano i riferimenti per il formato 4,5 e, collimato il fotogramma numero uno dallo spioncino del dorso, la fotocamera effettuava l’avanzamento bloccando la manopola di ricarica in corrispondenza del successivo fotogramma con lo stesso principio di funzionamento delle Rolleiflex Old Standard e successivamente anche dei dorsi Hasselblad primo tipo.

La Minion aveva inoltre un curioso sistema di caricamento del film che si effettua togliendo la calotta superiore ed inserendo la pellicola dall’alto. Esattamente al contrario del sistema di caricamento dal basso delle Leica a Vite.

Nel 1939 la Tokyo Kogaku sempre sotto la spinta dell’industria bellica, produce la Machine Gun Target Camera, una fotocamera motorizzata in grado di effettuare una raffica 16 fotogrammi 4,5×6 cm su pellicola 120 seguita nel 1941, di un successivo modello, la Zero Fighter-checking Camera, con caratteristiche simili al precedente.

Benché non abbia trovato fonti precise al riguardo, il nome Zero, dato alla seconda fotocamera motorizzata, deriva con buona probabilità da quello dei temuti caccia giapponesi prodotti dallo Zaibatsu Mitsubishi del quale faceva parte anche la concorrente Nippon Kogaku.

Con l’intensificarsi delle vicende belliche si interrompe la produzione di fotocamere ad uso civile che riprenderà dopo la seconda guerra mondiale.

Il 6 novembre 1945 il generale MacArthur pur riconoscendo l’importante ruolo svolto dagli Zaibatsu nello sforzo bellico del Giappone, ordina che i diciassette agglomerati all’epoca esistenti vengano sciolti e con essi le loro strutture di governance, varando così di fatto la prima legge antitrust nella storia del paese.

Ma di questo parleremo meglio nella seconda parte.

Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com

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