La mia mucca è turchina si chiama Carletto le piace andare in tram senza pagare il biglietto. Confina a nord con le corna, a sud con la coda. Porta un vecchio cappotto e scarpe fuori moda. La sua superficie non l’ho mai misurata, dev’essere un po’ meno della Basilicata. La mia mucca è buona e quando crescerà sarà la consolazione di mamma e di papa. (Signor maestro, il mio tema potrà forse meravigliarla: io la mucca non ce l’ho, ho dovuto inventarla). La mucca – Gianni Rodari
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Da tempo mi ero riproposto, quando ne avessi avuta l’occasione, di passare a vedere ciò che rimane di una singolare costruzione a forma di fotocamera che dalla fine degli anni ’40, almeno così è riportato sulla didascalia accanto al manufatto, staziona sulla rotonda del lungomare di Rimini accanto al Grand Hotel.

Avevo letto, in modo un po’ distratto devo dire, di alcune polemiche sorte nel tempo sullo stato di conservazione e sulla valorizzazione di questa singolare opera che versa oggi, almeno all’apparenza, in stato di abbandono.
Qualche giorno fa mi trovavo a Rimini per lavoro e complice il periodo dell’anno e l’orario particolarmente mattiniero della mia visita, sono riuscito ad osservare con attenzione questa strana casupola a forma di macchina fotografica potendo contare su una insolita assenza di qualsivoglia elemento umano nei dintorni.
Accanto a quello che oggi appare come un monumento un po’ scalcinato, fa bella mostra un totem con la foggia di una pellicola 35 mm che riporta, al posto dei fotogrammi, le pagine con le informazioni sulla Fellinia, strano nome dato a quello che un tempo fu il chiosco per l’attività estiva del fotografo riminese Elio Guerra.
Come facevo cenno sopra, la casupola ricorda nelle forme una fotocamera ma ciò che la rende, almeno oggi, indissolubilmente legata ad un modello realmente esistito è la critta sull’obiettivo che recita: Officine Galileo n° 021452 – Esaog 1:2 f = 5 cm, ottica della quale era corredata la Galileo Condor II.

La questione mi ha un po’ incuriosito anche perché, leggendo le didascalie riportate sul totem, viene indicato nel 1948 l’anno di messa in opera della costruzione.
La Condor II viene tuttavia presentata alla Fiera Campionaria di Milano nell’aprile del 1951, e la commercializzazione avverrà qualche mese dopo, come ci ricorda la lettera, che ho inserito qui sotto, inviata nel luglio del 1951 dal fotografo milanese Giulio Galimberti a Ludovico D’Incerti all’epoca responsabile della produzione di apparecchi Ferrania a Milano nella sede di Via Contardo Ferrini.


È quindi abbastanza improbabile che la costruzione risalga al 1948.
Ho quindi fatto qualche approfondimento scoprendo che questa sorta di chiosco estivo aveva effettivamente in origine le fattezze di una Condor II, riprodotta sin nei minimi dettagli, era stata costruita ed utilizzata dal fotografo riminese sino al 1961 e poi ceduta ad Ario Rastelli che con la moglie Laura aveva proseguito l’attività sino al 1985.

Tra le informazioni che ho trovato, spicca l’articolo, citato nella didascalia della foto sopra, che traccia un profilo molto circostanziato della storia della Galileo Condor II di Rimini spiegando anche, sulla base delle testimonianze dirette raccolte dall’autore, il tribolato epilogo che portò alla chiusura dell’attività negli anni ’80 e alla cessione al comune della costruzione nel 2004.

Mi ha quindi fatto un po’ specie rileggere le didascalie poste accanto a quel che resta della Galileo che, a partire dal nome Fellinia denotano un pressappochismo tipico di chi, con buona probabilità, non si è preso nemmeno la briga di valorizzare un minimo la storia.

La mia mucca è turchina si chiama Carletto le piace andare in tram senza pagare il biglietto.
Mi rendo conto che un appassionato viva con un certo pathos gli atteggiamenti superficiali di chi non denota sensibilità e conoscenza della materia, sino ad assumere talvolta atteggiamenti di sdegno o di feroce critica verso l’operato altrui.
Messo quindi da parte quel minimo di risentimento che, devo dire, un po’ aleggia ancora mentre scrivo queste righe, non posso che constatare come una testimonianza così interessante di una parte della storia dell’industria e della fotografia italiana in generale, possa cadere nell’oblio fino ad essere etichettata con un termine che, almeno apparentemente, nulla a che vedere con i trascorsi di questa superstite se non per la radice del nome che ci ricorda il celebre regista riminese.
Peraltro, con un minimo sforzo di ricerca, un aspetto che lega la Condor II a Fellini c’è ed è Ferrania che proprio in quegli anni commercializzava le fotocamere prodotte dalle Officine Galileo a Firenze e produceva la pellicola cine utilizzata per le produzioni italiane e non solo.
Sulla Condor II di Rimini faceva bella mostra di sé, almeno per un periodo, una insegna del produttore italiano di pellicole.

Ho quindi chiesto ad Alessandro Bechis, responsabile per la gestione e lo sviluppo del Ferrania Film Museum, quali film da loro censiti accomunassero Ferrania e Fellini. La risposta di Alessandro, come sempre tempestiva e puntuale, segnala che risultano due film nel quale Fellini è regista, “Le notti di Cabiria” premio Oscar come miglior film straniero e “Luci del varietà” insieme a Lattuada. La pellicola usata è la Pancro C7 che reggeva il confronto con la più performante e utilizzata DuPont. Fellini è inoltre presente anche in altri titoli Ferrania come sceneggiatore o co-sceneggiatore.
Alessandro mi ha inoltre segnalato che la Riviera Romagnola e la costiera adriatica saranno per tutti gli anni 50 e 60 un bacino previlegiato di utilizzo dei prodotti fotografici Ferrania.
L’accordo commerciale tra Galileo e Ferrania si interromperà invece nella prima metà degli anni ’50 così come, per ragioni che non mi sono mai risultate del tutto note, si interromperà la fornitura delle ottiche utilizzate sugli apparecchi prodotti da Ferrania nella sede di Milano.
Questo spiega perché esistano teorie divergenti sulla data di presentazione della Condor II modello con il quale le Officine Galileo di Firenze termineranno la produzione di fotocamere.
Sicuramente presentata nel 1951, come testimoniato dall’articolo apparso sulla rivista Ferrania di maggio di quell’anno, la commercializzazione avveni in seguito e, fattore molto curioso, non si trova alcuna traccia della pubblicità della Condor II sulla rivista prima citata mentre, a partire dal 1953, appaiono articoli di presentazioni e pubblicità della GA.MI. su tutte le uscite mensili.
Nel 1953 con la presentazione della Galileo GA.MI. 16, progettata e prodotta a Milano ed anch’essa corredata dall’ottica Esaog, verrà utilizzata la rete distributiva di Galileo al posto di quella Ferrania, come descritto nell’articolo che ho dedicato a questo apparecchio.
In attesa che qualche buon’anima, che sia tra le istituzioni o i privati, prenda a cuore il ripristino e la cura di questa singolare opera, descrivendone anche la storia in una più circostanziata prospettiva, invito chi si trovasse a passare per la città romagnola a fermarsi un attimo per una visita a ciò che rimane della mitica Condor II di Elio Guerra.
Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com

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Gran bell’articolo Max…. Complimenti….
Gianni
Grazie Gianni!
Max