La collaborazione tra Leitz e Minolta – terza parte

prosegue dalla seconda parte

Prima di concludere con ulteriori elementi l’interessante percorso della collaborazione tra le due aziende, riepilogo brevemente quanto descritto nella prime due parti, partendo dal contesto di mercato nel quale si svilupparono, non solo questo, ma anche ulteriori accordi tra aziende orientali e occidentali nell’ambito del mercato fotografico e nel corso degli anni ’70.

La carrellata delle caratteristiche economiche di Leitz e Minolta e le comuni peculiarità dei due marchi nell’ambito dei produttori di fotocamere ed obiettivi, hanno introdotto ulteriori elementi che spiegano la scelta di condividere competenze e tecnologia nello sviluppo, in prima battuta, di una nuova fotocamera a telemetro, la Leica CL, che lascerà tuttavia in breve tempo il passo ad un nuovo apparecchio reflex 35mm dalle caratteristiche innovative per l’epoca.

Questo accade già con il modello Minolta XE del 1974 il cui sistema esposimetrico evolverà nel doppio metodo di lettura nella Leica R3 del 1976.

estratto della brochure della Minolta XE-1 nel quale vengono descritti l’esposimetro e l’otturatore CLS progettato in cooperazione con Leitz e Copal

Per l’otturatore della Minolta XE-1, del tutto identico a quello che monterà poi la Leica R3 rimando a quanto già descritto nella seconda parte dell’articolo.

gli otturatori CLS smontati dalle due fotocamere

Facevo cenno nella seconda parte dell’articolo al fatto che la Leica R3, in termini di filosofia di prodotto, altro non è che un merge tra la Leicaflex SL2 e La Minolta XE.

Questa considerazione nasce dal fatto di aver comparato alcune componenti delle tre fotocamere sopra indicate approfittando di esemplari non più funzionanti ed in parte già utilizzati per recupero pezzi.

Questa comparazione, che mette in luce interessanti scelta maturate proprio nel periodo di collaborazione tra le due case, conferma gran parte delle informazioni disponibili sulle tecniche di progettazione usate ma apre anche alcuni interrogativi sulla consistenza di altri aspetti come vedremo a breve.

Ho quindi deciso di ampliare l’approfondimento delle differenze tra Minolta XE e Leica R3 dedicando poi in chiusura una parentesi sul successivo modello R4 ed al suo omologo Minolta XD-7.

Come già fatto cenno, Minolta introdusse nel 1966 il sistema CLC per la misurazione dell’esposizione che si basava su due cellule poste alla sommità inferiore e superiore della linea di colmo del prisma, in grado quindi di leggere, in prevalenza, l’una la parte superiore e l’altra quella inferiore del campo inquadrato nel mirino.

raffronto tra i due pentaprisma Leica e Minolta sui quali è ben visibile il posizionamento delle due celle del sistema CLC; la differenza visibile con il piccolo prisma aggiuntivo sulla sommità di quello Leica è riferito al sistema di visione dei diaframmi nel mirino del quale il modello Minolta XE-5 è privo; se avessimo comparato il pentaprisma del modello XE-1 non avremmo notato alcuna differenza rispetto a quello Leitz

Il sistema CLC fu molto innovativo per l’epoca perché rappresentò il primo tentativo di successo di sofisticare il sistema di lettura TTL che aveva visto la luce pochi anni prima, ispirandosi non tanto alla capacità delle cellule di leggere la luminosità media della scena, quanto di ponderare una potenziale differenza di luminosità tra parte superiore e inferiore del fotogramma.

In realtà già Pentax con il modello Spotmatic o Nikon con i Photomic TTL per Nikon F avevano introdotto un sistema di lettura a due cellule che erano tuttavia posizionate rispettivamente a sinistra e a destra dell’oculare ed il cui sviluppo riguardò poi una ponderazione tra parte centrale e complessiva del fotogramma.

Nel 1968 quando Leitz presentò il nuovo modello della serie Leicaflex, la SL, introdusse un’ulteriore novità proponendo un sistema di lettura che teneva in considerazione solo la parte centrale del fotogramma, chiaramente indicata nel mirino dal riscontro circolare sul vetrino di messa a fuoco.

Leicaflex SL e SL2 in finitura cromata – queste due fotocamere, oggi abbastanza snobbate sul mercato dell’usato sono dal mio punto di vista tra le migliori realizzazioni di quegli anni

La sigla SL sta infatti per Selektives Licht ovvero per la proprietà della fotocamera di leggere solo il venti per cento dell’area inquadrata dal mirino.

estratto dalla brochure della Leicaflex SL nel quale sono descritte le caratteristiche del sistema esposimetrico della fotocamera

Già Canon aveva introdotto un principio simile con il modello FT e suoi derivati, grazie alla cellula rettangolare posta dietro al vetro di messa a fuoco che deviava a questa, attraverso una specchiatura interna, la luce riflessa dallo specchio reflex.

Nella Leicaflex il sistema era diverso e vedeva il posizionamento della cellula, di forma tondeggiante, nella parte bassa della cassetta reflex con la luce deviata a questa attraverso un’area semitrasparente dello specchio ed il rinvio ad un secondo specchio posto sotto il principale.

vista posteriore della cassetta reflex di una Leicaflex SL2 – ben visibile la cellula dell’esposimetro posizionata nella parte bassa sotto il doppio sistema a specchio

Questo principio che troviamo poi anche sulla Leicaflex SL2 verrà mutuato da Nikon nel 1981 sulla F3 pur con una maggiore sofisticazione della cellula di lettura e si evolverà nella Leica R4 del 1980 diventando, con opportune modifiche e miglioramenti, l’unico sistema di lettura della fotocamera.

Le Leicaflex SL ed SL2 erano apparecchi pensati per un uso professionale o comunque da parte di appassionati in grado di comprendere che la selettività di un sistema esposimetrico non sempre aiuta nel definire una corretta esposizione e sovente può indurre ad errori derivanti dalla tipologia di luminanze del soggetto ripreso.

Cinqueterre, Riomaggiore – Leicaflex SL2 – Leitz Summicron 50 mm 2 primo tipo con filtro arancio – Rollei Superpan 200 sviluppata con Rollei Supergrain – questo è un esempio del possibile errore di esposizione del tipo di lettura operata dalla Leicaflex che prendendo in considerazione la parte centrale del fotogramma ha di fatto sottoesposto la scena

estratto dalla brochure della Leicaflex SL dove è illustrato il sistema di misurazione dell’esposizione nell’area coincidente a quella a microprismi per la messa a fuoco

Del resto, è altrettanto vero che un esposimetro di questo tipo, se utilizzato in modo ragionato, permette di evitare errori classici di esposizione legati al tipo di lettura media, ancorché ponderata al centro, di molti altri sistemi.

Ecco, quindi, che l’unione di queste due modalità realizzata sulla Leica R3, che oggi definiremmo media ponderata e spot, selezionabili in alternativa, costituì una vera novità, poi seguita da altri produttori.

Veniamo ora alle caratteristiche della scatola reflex.

Come visto nella seconda parte, l’inserimento della terza cellula rispetto al corpo in pressofusione già utilizzato per la XE comportò una fondamentale revisione della scatola dello specchio, revisione dettata da un lato dall’impossibilità di posizionare il meccanismo di rinvio nella parte inferiore ove invece doveva trovare posto la cellula di lettura.

raffronto della parte inferiore delle due scatole dello specchio – per quanto meno evidente perché di colore nero, anche la Minolta XE ha il sistema di rinvio del sincro flash in materiale plastico.

Una fondamentale differenza tra le due fotocamere è il tiraggio del corpo macchina, maggiore nel tipo di innesto Leica reflex. Questo ha necessariamente comportato un ridisegno della scatola dello specchio a prescindere dal collocamento della cellula dell’esposimetro.

Calibro alla mano, misurando i corpi macchina smontati, il tiraggio delle due fotocamere Minolta e Leitz è pari a 43,60 mm per la prima e 47,48 mm per la seconda.

Il vincolo in larghezza della cassetta Reflex, pur avendo un maggiore margine in termini di profondità, non ha consentito a Leitz di operare nessun miglioramento nella copertura del formato da parte del mirino rispetto a quello Minolta.

Viste laterali delle due cassette reflex dalle quali si rileva la diversa distribuzione dei comandi

Anche in questo caso, calibro alla mano, ho misurato l’area utile dei due schermi di messa a fuoco, escludendo quindi la parte laterale dove ha sede la scala dei tempi che di fatto copre una porzione del mirino.

I valori si discostano da quanto dichiarato dalla rispettive case madri in quanto per quelli ufficiali si tiene di norma conto dell’intera superficie del vetro smerigliato, ricomprendendo quindi anche la parte occupata dalla scala numerica.

I valori risultanti sono una copertura dell’87,1% per la Leica R3 e dell’86,3% per la Minolta XE, una differenza assolutamente trascurabile.

Giusto per cronaca, la copertura della Leicaflex SL2, al netto della scala dei tempi, in questo caso posizionata nella parte bassa del fotogramma, è pari all’86,7%.

La scelta di inserire nel mirino le informazioni di esposizione con scale che occupano una parte dell’area inquadrata, per quanto utile, si traduce quindi in una visibilità netta che penalizza la copertura dell’area inquadrata rispetto alla dimensione reale del fotogramma.

differenze nel sistema di messa a fuoco nelle tre fotocamere in esame; da notare il fatto che la Leica R3 è ancora dotata di un condensatore sopra il vetro smerigliato mentre la Minolta ne è priva


La questione che Leitz abbia voluto riprogettare la scatola specchio della R3 per migliorarne le caratteristiche, troverebbe fondamento, dagli elementi che ho raccolto, non per volontà diretta ma per la necessità di posizionare in modo differente i comandi.

Infatti, il sistema di gestione dell’apertura del diaframma sulle fotocamere Minolta dell’epoca, rappresentato dalle due grosse molle visibili sul fondo della scatola reflex, era radicalmente diverso da quello utilizzato sulle Leicaflex.

Di certo Leitz cambiò la filosofia costruttiva passando da una scatola reflex con integrate le tendine dell’otturatore, cassetta inserita verticalmente nel corpo in pressofusione in pezzo unico, come sulla serie SL, ad uno schema modulare con la scatola separata dall’otturatore e posizionata nel corpo in pressofusione costituito da due parti, una principale ed una frontale con l’attacco delle ottiche.

Questa filosofia costruttiva a sandwich che troviamo ad esempio su Nikon F è su molte altre reflex uscite tra la fine degli anni 50 e la prima metà degli anni ’60, diverrà poi lo standard per pressoché tutti gli apparecchi di questa tipologia.

Questa impostazione costruttiva favorì certamente l’adattamento al diverso tiraggio dei due sistemi Leitz e Minolta.

vista laterale della scatola reflex della Leicaflex SL2 con indicate dalle linee rosse due dei quattro assi delle tendine dell’otturatore.

vista frontale del corpo in pressofusione in pezzo unico della Leicaflex SL2 la cui forma e principio ricorda quello adottato sulle Leica a vite e a baionetta M nel guscio di protezione esterno a pezzo unico; questa caratteristica applicata ad un apparecchio reflex conferisce una particolare robustezza alla fotocamera ma rende anche necessaria l’integrazione dell’otturatore nella cassetta reflex

vista superiore del corpo in pressofusione a pezzo unico della Leicaflex SL2

corpo in pressofusione della Leica R3 dal quale è possibile rilevare le due componenti, quella principale ed il coperchio anteriore con l’attacco per l’ottica

Passiamo ora alla componente elettrica che, come già più volte detto, mutua per la Leica R3 due diversi sistemi di lettura, uno derivato dalla Leicaflex e uno da Minolta.

Da Leicaflex derivano la cellula e dal modello SL2 e il sistema di trimmer di taratura.

raffronto tra le cellule dell’esposimetro della Leica R3 a sinistra e della Leicaflex SL2 a destra

piastrina con i trimmer di taratura e galvanometro della Leicaflex SL2 del tutto analoga a quella della Leica R3 come mostrato nella foto successiva

piastra in ceramica con i trimmer di taratura della Leica R3

Nella seconda parte ho espresso qualche perplessità sul fatto che Ferranti possa aver preso parte alla realizzazione della piastrina in ceramica con i trimmer di taratura della R3. Per quanto non sia sufficientemente qualificato per esprimere un giudizio tecnico sulle componenti in esame, noto che sia sulla Leicaflelx SL2 sia sulla Leica R3 le piastrine bianche sono marchiate Leitz ed hanno lo stesso sistema di codifica alfanumerico.

Mi chiedo inoltre quale valore aggiunto potesse dare l’azienda inglese nella realizzazione di una componente così elementare.

Vi è inoltre da osservare, vista la forte somiglianza tra le due piastrine in ceramica, che se Ferranti avesse effettivamente prodotto quella dell Leica R3 avrebbe dovuto con buona probabilità anche essere il produttore di quella della Leicaflex SL2.

La Leica R3 monta inoltre una seconda componente che funge da collegamento tra i due sistemi esposimetrici e contiene il selettore per il passaggio dalla modalità spot a quella sull’intero fotogramma.

piastrina posizionata sul lato opposto del prisma rispetto a quella bianca con i trimmer di taratura; anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una componente piuttosto semplice

dalla vista d’insieme della componente elettrica della Leica R3 si individuano le due parti sopra descritte ed identificate con la lettera A per la piastrina di collegamento con lo switch e con la lettera B quella con i trimmer di taratura

circuito esposimetrico più semplificato per la Minolta XE

Dal punto di vista della meccanica di riarmo dell’otturatore e di avanzamento della pellicola, i due sistemi sono identici, con la sola differenza, per Leica, dell’introduzione del sistema di avanzamento motorizzato sui modelli marciati MOT nella tradizione dei precedenti della serie Leicaflex.

vista delle due fotocamere dopo aver tolto il fondello: sopra la Minolta XE e sotto la Leica R3

Come già osservato, la scelta di produrre in un unico sito le componenti standard in comune tra le due fotocamere, fece realizzare economie di scala interessanti che si tradussero in un vantaggio economico soprattutto per Leitz che con minori volumi produttivi avrebbe avuto una maggiore incidenza di costo producendo in proprio tutte le parti.

i corpi in pressofusione, realizzati da Minolta in Giappone, sono marchiati R per quelli dedicati all Leica R3 e K per quelli dedicati alla serie XE di Minolta.

Per certi versi snobbata dai puristi Leica, spesso tacciata di essere una Minolta con qualche filo in più, la R3 si rivela invece, ad un esame più approfondito, una interessante realizzazione e di certo una evoluzione della serie Minolta, dalla quale deriva, soprattutto per quanto concerne il sistema esposimetrico.

estratto della brochure della Minolta XE-1

Vi è inoltre da osservare che il differenziale temporale di uscita della Leica R3 rispetto al modello Minolta, consentì di certo a Leitz di effettuare opportune valutazioni potendo già disporre di esemplari prodotti in serie sui quali effettuare le modifiche.

Questo costituirà un valore aggiunto anche in occasione del successivo modello R4 come vedremo a breve.

Non va inoltre dimenticato che questa fotocamera giocò un ruolo fondamentale nel rialzo delle sorti del marchio, consentendo di creare una vera alternativa ai modelli reflex delle altre case nipponiche usciti a metà anni ’70.

Con essa ebbe inoltre un nuovo impulso lo sviluppo del parco ottiche che si affrancò, nella serie only R, dal sistema multicamma e, anche grazie alle sinergie con Minolta, si integrò pienamente nell’offerta di una molteplicità di focali al passo con le altre case del settore.

Se osservate le brochure di presentazione dei modelli SL ed SL2 noterete un parco ottiche limitato ed una attenzione alla compatibilità con la serie M rappresentata da un anello adattatore con tanto di simulatore del diaframma che giustifica probabilmente il maggior tiraggio del sistema R rispetto ad altri sistemi reflex.

Nel 1977 Minolta presenta la nuova serie di reflex 35 mm con il modello di punto XD 7, vi risparmio in questo caso la declinazione del modello a seconda dell’area geografica di commercializzazione, introducendo, in anticipo sui tempi, il doppio sistema di calcolo dell’esposizione, integrando la modalità a priorità di diaframmi presente sulla precedente serie XE con quella a priorità di tempi.

brochure della Minolta XD 7 in lingua italiana

Devo dire che mii ha colpito il lessico utilizzato e soprattutto nei termini “salto quantitativo” e “serenamente”.

Mi sono quindi confrontato con Andrea Aprà, che ringrazio ancora, grazie al quale ho recuperato copia dell’identica brochure in lingua inglese.

Andrea mi faceva presente che la brochure giapponese è completamente diversa da quella sopra mostrata che era stata specificatamente predispoosta per l’estero.

Occorre quindi fare riferimento a quella in lingua Inglese che ha un testo corretto e tradotto originariamente da Minolta.

brochure della Minolta XD 7 in lingua inglese

Com’è possibile rilevare, nella prima copertina il termine “quantum leap” viene trasformato in “salto quantitativo” che non significa nulla e soprattutto non è il concetto che si voleva far passare ovvero quello del salto quantico.

Circa la seconda pagina il “serenamente” è “quietly” che avrebbe potuto essere tradotto in un “tranquillamente” benché sia difficile sintetizzare in italiano e con un solo termine lo stesso concetto.

L’uso dell’articolo nella dicitura “La Minolta” suona poi un po’ lombardo.

Sempre Andrea mi faceva presente che i testi venivano elaborati inizialmente da Minolta in giapponese. A Osaka abitavano due americani che conoscevano perfettamente il giapponese e la tecnologia fotografica, questi creavano tutta la documentazione tecnica, manuali, brochure, manuali di servizio in inglese a partire dal testo giapponese,

Il materiale in inglese veniva poi tradotto in tedesco, francese e spagnolo da altre persone, sempre in Giappone.

Per tutte le altre lingue, ogni singolo distributore regionale si preoccupava di tradurre quanto ricevuto da Osaka. Nel nostro caso, con buona probabilità, le traduzioni vennero fatte o ad Amburgo, sede Minolta Europe, o a Milano da ONCEAS, che era l’importatore italiano dell’epoca, e poi inviate ad Amburgo per la stampa. 

pubblicità del 1978 delle Minolta XD 7 e XG 2

Anche in questo caso Leica si prende un lasso di tempo prima di far uscire il nuovo modello a proprio marchio.

La Leica R4, presentata nel 1980, rappresenta lo stacco rispetto alla filosofia con la quale Minolta proseguirà nell’evoluzione dei propri apparecchi negli anni successivi.

estratto dalla bruchure della Leica R4 di ben 50 pagine; visibile il circuito integrato di comando dell’esposimetro in questo caso certamente realizzato dall’inglese Ferranti

Sempre in questo caso, come fu per il precedente modello R3, Leitz mutua la componentistica base di Minolta, sempre in ossequio al principio delle economie di scala prima citate.

Il cuore di questa macchina, che risiede un un innovativo e sofisticato sistema esposimetrico, è invece un’esclusiva Leitz.

Abbandonato il sistema CLC con le cellule sopra il prisma, La Leica R4 dispone di un nuovo e più ampio specchio di deviazione della luce alla cellula esposimetrica sempre situata nella parte bassa della cassetta reflex ma in posizione e con caratteristiche diverse rispetto ai precedenti modelli.

Nella R4 il sistema di lettura si amplia alla modalità program introducendo per questa opzione, il doppio metodo di lettura, spot e integrale. Per il sistema manuale è invece disponibile solo la modalità spot come era stato per la Leicaflex SL2.

Un sistema senza precedenti per l’epoca.

i due sistemi di lettura integrale e selettiva della Leica R4

Si può poi discutere sulla praticità vista l’assenza del blocco del diaframma in posizione chiusa che richiede sempre un po’ di attenzione quando si usano le funzioni program o a priorità di tempi.

La Leica R4 mutua, integrandolo, il sistema di accessori della Minolta XD 7 del quale adotta il sistema di trascinamento motorizzato affiancandolo con un motore in grado di raggiungere la ragguardevole velocità di 4 fotogrammi al secondo commutabile a due.

estratto dalla brochure della Leica R4 nel quale vengono illustrate le caratteristiche del Motor Drive R

I due sistemi motorizzati non sono prodotti in Giappone ma realizzati in Austria. Per quanto non abbia trovato informazioni certe ho il fondato sospetto che venissero realizzati dalla Eumig per l’affinità che avevano i sistemi di trascinamento delle cineprese e quelli delle fotocamere 35 mm.

Un secondo accessorio presente solo nel corredò Leitz è il sistema di temporizzazione a distanza da usare in abbinamento al motor drive R.

estratto dalla brochure della Leica R4 nel quale vengono illustrate le caratteristiche del comando a distanza

Di seguito alcune immagini comparative del sistema di motore e dorso data delle due fotocamere. Il vantaggio nell’avere una versione già in produzione è quello di poterne corregge alcuni particolari. La differente posizione del cavo di collegamento del dorso data al corpo macchina, attraverso la presa flash, cambia nella R4 rendendo così apribile il dorso senza dover scollegare il cavetto come invece avviene sulla Minolta XD 7.

vista posteriore delle due fotocamere dalla quale è rilevabile la differente posizione del cavo di collegamento

sulla XD 7 inizia a manifestarsi una povertà dei materiali assente sul precedente XE; in questo senso la Leica R4 mantiene nelle finiture uno standard in linea con lo stile Leitz

vista frontale della Leica R4 nella quale si intravede il nuovo sistema a specchio semiriflettente con rinvio della luce, tramite il nuovo e più grande specchio ausiliario, alla cellula dell’esposimetro

vista frontale della Minolta XD 7 dalla quale si rileva l’assenza del sistema a specchio riflettente presente sulla Leica R4 e con questa anche l’assenza della cellula esposimetrica nella parte inferiore della cassetta reflex

vista della parte inferiore delle due fotocamere con il fondello smontato; in alto la Minolta XD 7 ed in basso la Leica R4

La dicotomia di realizzazione rispetto a Minolta che si realizza nella Leica R4 rispetto al precedente modello R3, si accentua nella seconda metà degli anni ’80 e diverrà poi una costante nelle successive realizzazioni Leitz.

Avrei voluto mostrare una Leica R4 smontata e sono settimane che giro e rigiro tra le mani un esemplare di R4 MOT Electronic non più funzionante.

I primi esemplari di R4 furono marchiati analogamente alla precedente R3 con la sigla della motorizzazione e l’attributo electronic, persi entrambi nei modelli prodotti a regime.

esemplare di R4 MOT Electronic

Non me ne vogliate ma non ho avuto il coraggio di aprire questa fotocamera anche se ormai inservibile, sperando magari che un giorno, tolta dal suo cofanetto, riprenda magicamente a funzionare.

Chiudo quindi questa carrellata rinviando all’articolo su Leica Erre il dettaglio sui successivi modelli R.

Spero di aver contribuito con questa disanima a sfatare la visione superficiale che sovente aleggia attorno ai primi modelli R di casa Leitz.

Max Terzi
maxterzi64@gmail.com

Leicaflex SL presentata nel 1968 – da questo modello prende il via l’innovativo sistema esposimetrico

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