Permettetemi ogni tanto di parlare di modernariato, soprattutto se questo porta un nome carico di storia come nel caso del sistema Contax G.
Questo sistema sta vivendo una seconda giovinezza, dopo anni nei quali era stato ampiamente snobbato, arrivando a toccare quotazioni molto basse in relazione al prezzo di vendita durante il periodo di commercializzazione cessato nel 2005.
Il tutto è valido sia per le fotocamere sia per le ottiche, ed il motivo è con buona probabilità da ricercare in alcuni limiti lamentati da molti utilizzatori soprattutto nella velocità e nella precisione di messa a fuoco.
Benché possa sembrare riduttivo valutare le qualità di un apparecchio, o come nel nostro caso di un intero sistema, guardando esclusivamente le quotazioni che raggiunge sul mercato dell’usato, questo costituisce dal mio punto di vista l’unico parametro oggettivo riferito all’interesse concreto da parte del pubblico di appassionati.

Se vogliamo è un po’ come la differenza che intercorre tra mettere un like ed essere disposti all’acquisto di quel prodotto.
Molti like, che siano espressi sui social o nei commenti in rete, non sottendono necessariamente un successo commerciale, pur appagando spesso l’amor proprio di chi pubblica.
Ecco quindi che l’aumento delle vendite e di conseguenza la lievitazione del prezzo di corredi usati, sono la prima espressione oggettiva di apprezzamento che poi magari sfuma dopo un utilizzo non del tutto adeguato.
Mi è capitato recentemente di leggere in rete una notevole quantità di opinioni ed esperienze su queste fotocamere, come sempre con pareri diametralmente opposti tra detrattori e sostenitori ma con alcuni temi trasversali che vale la pena di approfondire.
Non per altro la pubblicità vista sopra recitava: create a new camera class, and people start talking.
Per meglio approfondire è utile, dal mio punto di vista, inquadrare l’epoca nella quale usci il sistema Contax G, che per quanto possa essere considerato moderno e con un ampio ricorso all’elettronica, tra non molto raggiungerà il traguardo dei trent’anni dalla presentazione.
Ai più esperti ed appassionati il nome Contax è associato alle fotocamere a telemetro prodotte dalla Zeiss Ikon a Dresda dal 1932 in risposta al crescente successo delle Leica.

Le Contax dell’epoca non sono tuttavia una copia delle fotocamere di Wetzlar ma una reinterpretazione tramite caratteristiche costruttive profondamente diverse, non necessariamente migliori o peggiori, ma in tutti i casi frutto del tentativo fatto da Zeiss Ikon di proporre un modello differente in un mondo nel quale iniziavano a comparire gli imitatori Leica.
Le caratteristiche della Contax II del 1936 in termini di base telemetrica, di lettura della distanza integrata nel mirino, di velocità di otturazione, verranno solo in parte eguagliate da Leica sui modelli della serie M usciti poco meno di vent’anni dopo.

Un’ulteriore nicchia di utilizzo del marchio Contax è quella delle reflex prodotte a Dresda nel dopoguerra delle quali ho già parlato in questi articoli.
Il nome Contax è poi noto, in epoca più recente, per la serie di fotocamere reflex prodotte da Yashica a valere dal 1975 che furono portatrici di due novità: la collaborazione con Carl Zeiss per la produzione delle ottiche e il nuovo sistema di gestione dello scatto denominato Real Time System il cui acronimo è poi il nome dato alla fotocamera, sistema che forse per la prima volta, renderà il nuovo apparecchio completamente dipendente dalle batterie.
La collaborazione tra occidente e oriente per la produzione di ottiche è tuttavia già iniziata qualche anno prima ad opera della Rollei Werke Franke e Heidecke tramite la Rollei Optical, nata per realizzare gli obiettivi per le Rollei 35 e per le altre fotocamere successivamente prodotte a Singapore.
La differenza sostanziale tra i due casi, è che il progetto di Rollei non ebbe continuità, anche in ragione del fallimento dell’azienda ad inizio anni ’80, e fu intervallato dalla produzione, soprattutto per le reflex, di ottiche da parte di produttori giapponesi che venivano poi rimarchiate.
Nel caso di Yashica, e successivamente di Kyocera, la collaborazione con Zeiss durò un trentennio nell’ambito del quale la produzione di ottiche fu sviluppata oltre che per le reflex 35mm per la serie di compatte, per il sistema G e per il sistema 645.
Di Yashica ho già parlato nell’ambito dell’articolo sulle giapponesi maggiorate nel quale ho descritto il modello Electro 35.
Vi sono tuttavia produzioni meno conosciute, o giudicate di minor successo tra le reflex 35 mm a marchio Yashica, che tuttavia ebbero alcune interessanti prerogative come quella della lettura esposimetrica manuale tramite sistema led come sulla TL Electro, del sistema di innesto delle ottiche 42×1 e, da ultimo, un corredo di ottiche di assoluta qualità che oggi non è poi così facile reperire sul mercato dell’usato.
Di Yashica occorre inoltre ricordare la generazione di biottiche culminata con il modello 124 G considerato, a torto o a ragione, la migliore e più longeva interpretazione nipponica delle biottiche di Braunschweig.
A completare il dinamismo nella produzione di Yashica vi è anche nel 1965 l’uscita della Atoron, una submini che utilizza pellicole Minox 8×11.

Il salto tra questa generazione di apparecchi e la Contax RTS fu tuttavia notevole e consenti di unire la qualità delle ottiche Zeiss e il design di Porsche ad un cuore tecnologico di avanguardia per l’epoca che mantenne nel tempo un buon successo anche nei successivi modelli RTS II e III e nella serie di fotocamere reflex che uscirono a marchio Contax.

Nell’ottobre 1983, Yashica Company Ltd. viene acquista da Kyocera, azienda giapponese nata nel 1959 con il nome di Kyoto Ceramic per la produzione di semiconduttori ceramici, tecnologia che consenti nei decenni seguenti all’azienda uno sviluppo nel settore dell’elettronica con una differenziazione in molti ambiti produttivi.
Tra questi fu considerato strategico ad inizio anni ’80 quello dell’imaging e l’acquisizione di Yashica rappresentò di certo una buona opportunità.
I primi anni di Kyocera non furono caratterizzati da grande dinamismo o comunque non dal dinamismo che l’azienda mostrerà nel decennio successivo.
Da un lato la forte concorrenza degli anni ’80 che determinò la comparsa dei primi sistemi autofocus da parte di Nikon, Canon e Minolta, orientò la produzione sui modelli reflex a marchio Contax sugli omologhi a marchio Yashica e diede il via allo sviluppo di una linea di fotocamere compatte di fascia economica.
Nel 1984 verrà tuttavia presentata la capostipite della serie di compatte di qualità a marchio Contax, la T alla quale seguirono gli altri modelli della serie, ancora oggi molto apprezzati e con quotazioni di rilievo.
La serie T fornirà l’imprinting dal quale poi deriverà, dieci anni dopo, la Contax G.

Tra le compatte, un modello molto interessante per innovazione fu la Samurai uscita nel 1987, fotocamera mezzo formato 17×24, che ricorda molto il concept disegnato da Castiglioni per Ferrania qualche decennio prima.
La Samurai viene anche considerata la capostipite delle bridge camera.

Questa originale fotocamera, può essere impugnata ed azionata con una mano sola ed in ragione di questa caratteristica ne verrà prodotta anche una versione per mancini.
La Samurai uscì in diversi modelli, alcuni dei quali anche a marchio Kyocera ed è attualmente anch’essa apprezzata e ricercata.
Sempre nel 1987 in risposta ai sistemi reflex AF, uscì il modello Yashica 230 AF che tuttavia non ebbe grande successo sia per l’intempestività nella proposta delle nuova fotocamera, che arrivò in ritardo rispetto alle concorrenti, sia per la non disponibilità di ottiche Carl Zeiss nel nuovo sistema AF.

Occorre quindi attendere gli anni ’90 per poter assistere all’uscita di una serie di modelli molto interessanti la cui vita purtroppo fu abbastanza breve in ragione dell’abbandono nel 2005 della produzione di fotocamera da parte di Kyocera.
Tra questi voglio ricordare la Contax AX del 1996 della quale si è già parlato su SENSEI.
La Contax AX sviluppò un sistema di messa a fuoco automatico grazie al movimento del piano pellicola, sulla falsa riga del principio che abbiamo visto applicato nelle folding Mamiya 6×6 o nella GaMi 16, giusto per citare esempi a me cari.
Questo consentì di disporre, nell’ambito del sistema Contax reflex, di un modello autofocus che sfruttava tutto il vasto parco di ottiche manual focus Carl Zeiss e Yashica disponibili.
Se solo fosse uscita un decennio prima, la Contax AX avrebbe probabilmente avuto un successo ben diverso: nessun produttore osò infatti a metà anni ’80 creare una continuità assoluta con i vecchi sistemi MF, nemmeno Nikon che pur garantì l’utilizzo delle vecchie ottiche oltre che per il mantenimento della baionetta F, anche con l’AF assistito tramite l’indicazione nel mirino.
La risposta è del resto facilmente intuibile: la tecnologia AF fu vissuta da molte aziende del settore come una buona opportunità per rilanciare le vendite, garantendo per anni, come poi avvenne, uno sviluppo per pressoché tutti i modelli che adottarono i sempre più sofisticati, precisi e veloci sistemi di messa a fuoco automatica.
Tre anni più tardi, siamo nel 1999, usci il sistema Contax 645 nato con la buona presunzione che il digitale avrebbe spazzato, nel giro di qualche anno, il mondo degli apparecchi 35mm ma avrebbe in qualche modo risparmiato quello del medio formato.

Il che fu vero solo in parte, giacché il digitale allungò semplicemente l’agonia del medio formato analogico che capitolò anche sotto i colpi della produzione dei nuovi dorsi adattabili ad alcune fotocamere.
Ricordo la presentazione al SICOF della Contax 645 della quale conservo ancora la brochure recuperata all’epoca e che ebbi anche occasione di possedere ed utilizzare una quindicina di anni fa.
La prima impressione fu di una fotocamera eccessivamente ingombrante, grande quasi quanto una Mamiya RB 67 ma con una formato ben inferiore. Questa sensazione fu poi confermata dall’utilizzo e fu anche il motivo per il quale decisi poi di disfarmene nonostante la più che buona qualità dei risultati.
A completare il quadro dei modelli usciti negli anni ’90 vi è poi il sistema Contax G, la cui capostipite, la G1, venne presentata nel 1994.

Difficile definire queste fotocamere senza incappare in contraddizioni.
In realtà vi è ben poco di tradizionale.
Non sono apparecchi a telemetro, benché la messa a fuoco sia assistita da un sistema a finestrelle che ricorda quello delle fotocamere dotate di rilevazione della distanza di questo genere.
La Contax G1 può lontanamente ricordare una Leica benché il mirino, spesso anche in ragione dell’invecchiamento, non ha nulla a che vedere con quello di una Leica M di pari generazione, insomma occorre far buona pace con il fatto con il sistema G fa storia a sé, con pregi e difetti.
Il nome Contax riappare quindi dopo quarant’anni su una fotocamera non reflex ad ottiche intercambiabili, senza grandi preoccupazioni da parte di Kyocera che il nuovo apparecchio fosse evocativo degli analoghi e storici modelli dai quali ereditava il nome.
Unica eccezione si avrà con la G2 sulla quale il comando di messa a fuoco manuale viene spostato dalla ghiera presente sull’estremità destra della calotta, alla rotellina zigrinata posizionata come era nelle Contax a telemetro storiche.

Con l’uscita della G1 vengono presentate anche le ottiche, sempre marchiate Carl Zeiss.
Il parco di ottiche iniziale fu di assoluto rilievo qualitativo, costituito dal Planar 45 mm 2, dal Biogon 28 mm 2.8, dal Sonnar 90 mm 2.8 e da un Hologon 16 mm 8.
Il principio di funzionamento nasce però con una tecnologia già un po’ vecchiotta in termini di trasmissione della messa a fuoco che avviene, come sulle Nikon e Minolta dell’epoca, attraverso il motore di comando AF nel corpo macchina.
Tra il corredo di ottiche iniziale, il super grandangolare Hologon 16 mm 8, merita una citazione particolare non foss’altro per la grande particolarità di questa ottica che ben descrive quanto il progetto Contax G puntasse in alto.
Agli appassionati del marchio Zeiss, il nome Hologon riporta ai grandi fasti della fotocamera grandangolare ad ottica fissa, realizzata su base Contarex, piuttosto che alla rara versione in montatura Leica M.
L’Hologon per Contax G, è l’unica ottica prodotta in Germania, non consente di utilizzare il sistema di lettura TTL, per compensare la quale il corpo macchina dispone di una cellula di lettura esterna che si attiva quando il super grandangolare è montato.
Il sistema AF nei due modelli G1 e G2 è disattivato e l’ottica dispone di ghiera manuale di messa a fuoco.
Questa ottica è piuttosto rara e costosa e non aggiungendo probabilmente molto in termini di versatilità ad un corredo di per se già completo, rimane uno dei miei desideri ancora incompiuti.
Le ottiche per del sistema G, al pari di quelle delle vecchie Contax a telemetro, non hanno anello di messa a fuoco il cui valore viene comandato in modo automatico o manuale, direttamente dal corpo macchina.


Al pari di Nikon e Minolta, che avranno tuttavia nel frattempo cercato di far evolvere i loro sistemi anche per contrastare le ottiche Ultrasonic di Canon, il sistema della G1 è oggettivamente lento per gli standard dell’epoca, aggiungendo alla trasmissione della messa a fuoco anche il sistema di rilevamento presente nel corpo macchina che, come ho avuto modo di sperimentale personalmente, oltre che di concezione anch’esso piuttosto datata, risente molto delle povere e della condensa che di forma dietro i vetrini protettivi della calotta, anche a causa dello scarso isolamento che questa determina rispetto agli agenti esterni.
Se avete una Contax G1 con sporco all’interno del sistema di mira, avrete con buona probabilità una maggiore difficoltà di messa a fuoco.
Il problema è facilmente risolvibile da un buon riparatore, benché ci siano in rete dei tutorial per smontare la calotta ai fini di pulire la parte ottica. Sconsiglio di effettuare questa operazione da soli: occorre smontare componenti molto delicati e fragili ed il rischio di compromettere qualche contatto a pettine o di rompere qualche rotellina, l’interno è la fiera della plastica, è più che probabile.
Ai limiti della G1 visti sopra fu almeno in parte posto rimedio con la G2 uscita nel 1996.



Con la G2 uscirono tre nuove ottiche: uno spettacolare Biogon 21 mm 2.8, degno erede della generazione dei 21 mm Zeiss, il Planar 35 mm 2 e il Vario Sonnar 35 70 mm che fu il primo zoom per apparecchi 35mm non reflex ad ottiche intercambiabili.

In termini di compatibilità tra i due modelli del sistema G, occorre prestare attenzione soprattutto se si acquistano corpo e obiettivi in momenti diversi.

A parte la piena compatibilità delle ottiche per G1 al successivo modello G2, il Biogon 21 e il Planar 35 non sono compatibili con il modello G1 se non è stata effettuata una modifica, che veniva gestita dai centri assistenza, che applicavano dopo l’intervento un’etichetta verde nell’alloggiamento della pellicola in luogo di quella argento originariamente presente.
Questo è il motivo per il quale vi capiterà di trovare spesso accanto alla descrizione del modello G1 il termine green label.

Il Vario Sonnar 35 – 70 mm 3.5 – 5,6 funziona invece solo sulla Contax G2 senza possibilità di adattamento alla G1, ciò in ragione del maggior numero di contatti presenti sull’innesto dell’ottica.
Ho posseduto una G2 con il Vario Sonnar e devo dire che la qualità dell’ottica è buona benché la minore luminosità ne limiti l’utilizzo in condizione di scarsa illuminazione.


Come dicevo qualche paragrafo sopra, le quotazioni di questo materiale hanno subito una sensibile lievitazione rispetto a qualche anno fa e la differenza di prezzo tra Contax G1 e G2 ha assunto una dimensione tale da non giustificare l’acquisto della G2 solo per la caratteristiche distintive rispetto al modello precedente.
Per quanto il sistema autofocus della G2 sia migliore, almeno sulla carta, del modello precedente, grazie anche all’aggiunta di un sistema di misurazione della mesa a fuoco ad infrarossi, vi è a mio avviso un limite, non tanto intrinseco nelle caratteristiche della macchina quanto nelle aspettative degli utilizzatori.
Ora, se consideriamo i due apparecchi nel complesso delle loro funzioni, la versatilità e la precisione del sistema di esposizione, la possibilità del mirino di adeguare il campo inquadrato in modo automatico nel range di focali da 28 a 90 mm, la correzione automatica del parallasse, il parco ottiche disponibile, il TTL flash, si ha a disposizione il sistema analogico non reflex più completo, compatto e veloce probabilmente mai prodotto, il cui utilizzo richiede tuttavia alcuni accorgimenti.
Prendiamo quindi come riferimento la Contax G1 che rappresenta dal mio punto di vista il miglior compromesso tra prezzo e qualità delle prestazioni.
Su questa fotocamera e per certi versi anche sulla G2, non è a mio avviso la velocità quanto l’accuratezza della messa a fuoco che richiede alcuni accorgimenti durante l’uso, soprattutto se si utilizzano le ottiche 45 e 90 mm ed in special modo se la messa a fuoco avviene in abbinamento a diaframmi molto aperti e quindi con scasa profondità di campo.
Il sensore di messa a fuoco è punta alle parte centrale del campo inquadrato ed il riferimento è indicato nel mirino, consentendo così di identificare con precisione il punto esatto di focheggiatura.
Nel mirino è inoltre presente nel display a cristalli liquidi la distanza di messa a fuoco selezionata.

La fotocamera ha due sistemi di messa a fuoco, nella tradizione degli apparecchi dell’epoca: una modalità singola, nella quale la macchina scatta solo al raggiungimento del valore di messa a fuoco individuato tramite il punto centrale di riferimento ed una modalità continua nella quale il sistema AF adegua la messa a fuoco al movimento del soggetto identificato sempre nel punto centrale dell’inquadratura.
Dimenticatevi di poter utilizzare la messa a fuoco continua come fareste in una reflex 35 mm nel cui mirino è peraltro possibile controllare la nitidezza del soggetto.
In realtà, in base alla mia esperienza, dimenticatevi proprio di utilizzare la messa a fuoco in modalità continua.
Il sistema AF si attiva premendo leggermente il pulsante di scatto e la fotocamera, una volta rilasciato il pulsante, azzera il valore di messa a fuoco e lo ricalcola quando premerete di nuovo.
In fase di ripresa occorre quindi, identificato il soggetto, puntare il sensore, premere leggermente lo scatto, fissare il valore di messa a fuoco, riquadrare se necessario mantenendo premuto a mezza corsa il pulsante e quindi scattare.

Diversamente potrete usare le funzioni MF identificando il punto migliore di messa a fuoco e giocando con la profondità di campo.

Se cercate la stessa esperienza di messa a fuoco che avete su apparecchi digitali mirrorless o reflex di generazioni recenti, questo corredo non fa per voi, idem se siete abituati ad usare fotocamere analogiche a telemetro nelle quali tuttavia la fase di messa a fuoco è più lenta e complessa, comunque non paragonabile a quella delle Contax G.
Nulla da dire sul sistema esposimetrico che per quanto non dotato di particolari sofisticazioni o scelta di metodo di misurazione, fornisce sempre valori piuttosto precisi anche in relazione alla lettura diretta sulla tendina che, noterete, è colorata di grigio.

Come tutte le fotocamere di quella generazione dotate di pannelli di visualizzazione a cristalli liquidi, anche le Contax G soffrono di parziale e progressivo annerimento dei display, in particolare di quello del contapose.
Negli ultimi anni ha preso piede una azienda orientale di produzione di circuiti e display per fotocamere e ottiche, riprodotti in conformità agli originali.
Tramite il loro shop su un noto sito di e-commerce è possibile procurarsi per pochi euro i display esterni delle Contax G, che andranno poi sostituiti da un riparatore esperto.
Nell’uso di queste macchine fotografiche e dei loro obiettivi non ho riscontrato nel tempo ulteriori problematiche e se l’acquisto tiene conto dei limiti di utilizzo in relazione a notevoli vantaggi, non ultimo quello dello straordinario parco ottiche, avrete a disposizione un sistema compatto ed affidabile.
Peraltro il sistema G è ottimo anche per coloro che volessero avvicinarsi alle riprese con pellicole infrarosso poiché quasi tutte le ottiche, a parte l’Hologon 16 mm che non mi risulta possa montare filtri e il Biogon 21 i cui filtri hanno passo 55 mm, sono dotate di innesto per filtri 46 mm, cosa che consente, acquistato un filtro, di poterlo usare su pressoché tutte le focali.
Le lenti Zeiss hanno poi i valori di messa a fuoco compatibili con le pellicola IR senza bisogno di alcuna compensazione e, da ultimo, avrete sempre il mirino in piene condizioni di ripresa a differenza di una fotocamera reflex.
Il sistema G richiede un approccio slow, approccio tipico della fotografia analogica, nella quale 36 pose finiscono ben presto se proiettate nella frenesia con la quale si scatta in digitale.
Buon divertimento!
Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com


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Graze per questo articolo, Max: ho recentemente scoperto il “Sistema G” della Contax e me ne sono innamorato, affiancandolo alla storica passione per la Signora Tedesca a Telemetro. La qualità costruttiva e la tecnologia che le G si portano dietro sono mirabili, a dispetto – è vero – di qualche ritardo nell’ autofocus, ma comunque un’eccellente esperienza! Mau
Grazie a te Maurizio e buon divertimento con la tua nuova G2!
Max