Prosegue dalla prima parte.
L’introduzione dell’esposimetro sulle Rolleiflex avviene nel 1956 con buona probabilità sotta la spinta delle innovazioni portate dalla concorrenza, non tanto da quella tedesca quanto da quella giapponese.
Per quanto riguarda in particolare le biottiche, in Germania solo Zeiss Ikon proseguirà nel dopoguerra nella commercializzazione della nuova versione della Ikoflex che l’esposimetro, come dicevo nella prima parte, l’aveva già nella versione introdotta prima del secondo conflitto.
Nel dopoguerra invece, da parte di alcuni costruttori giapponesi viene sviluppato il filone delle biottiche con la produzione di modelli e versioni che consolideranno la loro presenza sul mercato negli anni successivi fino a restarvi sino ad inizi anni ’90 com’è il caso della Mamiya C330 Professional F.
In casa Minolta con il modello Autocord L già nel 1955, viene introdotta una versione della TLR con esposimetro incorporato.

Questa pubblicità americana del periodo, introduce due messaggi: la semplicità d’uso rapportata al bambino, che se sa fare due più due farà sempre esposizioni perfette, ed il prezzo.
Per la Franke e Hiedecke inizia una fase nella quale l’evoluzione dei modelli Rolleiflex è un percorso obbligato per mantenere la competitività di questa tipologia di apparecchi che oggi gli appassionati valutano con un metro che non è pari a quello che i professionisti o gli appassionati utilizzavano all’epoca.
L’azienda quindi, rimanendo sempre ancorata alla famiglia delle biotiche, moltiplica gli sforzi, differenzia i prodotti ed è in questo senso che va a mio giudizio letta l’introduzione dell’esposimetro e la repentina evoluzione che questo ebbe, due anni dopo, con l’uscita della serie F nel 1958.
Sulle nuove Rolleiflex presentate nel 1956 l’esposimetro è di serie sulla 3.5 con ottica Planar e sulla 2.8E per entrambe le versioni dell’ottica.
Per la 3.5 Xenotar l’esposimetro è opzionale e installabile anche after market.

Le prerogative del primo sistema esposimetrico di casa Rollei erano da un lato le buone performance che si basavano sulla possibilità di leggere, su scale EV differenti, i livelli di luminosità alta e bassa agendo semplicemente sul commutatore posto nell’angolo a sinistra della targhetta con la scritta Rolleiflex, dall’altro l’invariata e pratica utilizzabilità della fotocamera anche con l’applicazione di questo accessorio.
La dotazione di questo accessorio ed in particolar modo della cellula posizionata sotto la scritta Rolleiflex, avviene dal 1958 tramite un apposito kit con il quale la placca anteriore con il logo, la cellula esposimetrica e il selettore per le alte e le basse luci diviene interamente asportabile, semplificando di molto le operazioni di installazione o di disinstallazione dell’esposimetro.

Il kit consentiva quindi anche all’utilizzatore di effettuare l’operazione senza necessità di ricorrere all’assistenza.

In generale per capire se la versione della biottica monta il primo o il secondo tipo di placca, basta semplicemente guardare le due viti con la testa cromata che trattengono la scritta Rolleiflex.
Se la testa ha il foro passante sul lato, si tratta del nuovo tipo interamente asportabile, diversamente tolta la scritta, la cellula esposimetrica resterà solidale al corpo macchina.

Diventando intercambiabile l’intera placca, sulle versioni T, Wide e Tele in numero di matricola viene spostato sul frontale della fotocamera.


Occorre considerare che la Wide e la Tele sono realizzate sulla base della versione E2 della 3.5 e 2.8 nelle quali fu introdotto il mirino intercambiabile e mantenuto il sistema esposimetrico non accoppiato della serie E.
Il kit con esposimetro dedicato ai modelli sopra indicati, che resterà in catalogo per molti anni, è costituito dall’unità di lettura che deve essere montata a baionetta sulla manopola di messa a fuoco rimuovendo il coperchio con l’indicazione della sensibilità della pellicola, dalla placchetta con la scritta Rolleiflex contenente la cellula e da due curiosi attrezzi con la testa di plastica colorata: il primo un cacciavite che serve per togliere le viti di tenuta del coperchio della manopola di messa a fuoco nonché per stringere la vite di blocco dell’esposimetro, il secondo, appuntito, per rimuovere le due viti di tenuta della placchetta Rolleiflex, dotate del foro passante.

Questi kit che oggi è molto raro trovare e molto costoso acquistare, rappresentano un altro aspetto della genialità costruttiva di Rollei di quel peiodo.

Il del terzo step evolutivo, del quale facevo cenno nella prima parte, porterà al lancio nel 1958 del successivo modello F sia nella focale 3.5 sia nella focale 2.8, versioni che rappresentano a mio avviso l’apice della qualità costruttiva delle biottiche.

Con la serie F scompaiono i valori EV riportati sul selettore dei tempi, scompare la doppia gamma di lettura con il relativo selettore sul frontalino e viene introdotto l’accoppiamento dell’esposimetro con il comando dei tempi e diaframmi.
Viene così di molto migliorata l’usabilità dell’esposimetro rispetto alla serie E, con la possibilità di far collimare i riferimenti per la corretta esposizione agendo sulle due rotelline frontali senza cambiare il modo di impugnare la macchina per impostare i valori EV e quindi senza distogliere lo sguardo dal mirino.

Per mantenere un principio simile, viene sostata sulla 3.5 la scala EV in modo sia visibile guardando la fotocamera dall’alto.

Ritornando ai modelli della serie F, se si escludono le prime versioni, si può a mio giudizio constatare, nella successiva e lunga vita di queste fotocamere, un lieve ma costante declino fino alla sopravvivenza del solo modello con ottica 2.8 poi sfociato nel nella più recente GX con esposimetro incorporato.
Quando dico declino, mi riferisco unicamente ad un peggioramento qualitativo nelle soluzioni costruttive via via adottate e per certi versi anche nei materiali utilizzati: la tanto celebrata White Face, ad esempio, o il più recente modello GX sono tra le versioni che dal mio punto di vista più hanno risentito dell’impoverimento sopra descritto.
Fino all’inizio degli anni ’60, potremmo meglio dire fino alla scomparsa di Reinhold Heidecke avvenuta nel 1960, il modello di biottica rappresentava l’unico prodotto dall’azienda di Braunschweig ed il tentativo di mantenerne attuali le caratteristiche anche tramite la differenziazione della produzione, come poi avvenne negli anni successivi, dovette essere un tormentone testimoniato anche dall’uscita tra il 1950 ed il 1960 di ben sedici modelli e versioni di biottica.
in quegli anni fa anche la comparsa un nuovo accessorio, denominato Rolleilux, che incorpora in uno speciale paraluce un esposimetro che restituisce i valori di lettura in tempi e diaframmi.

Il paraluce, disponibile solo nella versione Bay I, è dedicato alle Rolleicord, alle Rolleiflex Automat e alla versione della 3.5T senza esposimetro.

Quando si acquista questo accessorio occorre fare attenzione poiché il verso della baionetta è differente tra la Rolleiflex Baby e, ad esempio, la Rolleiflex 3.5T.

Poco male comunque, poiché sulla montatura è presente una vite di blocco, allentata la quale è possibile adeguare l’accessorio al verso della baionetta della fotocamera semplicemente ruotando il paraluce.
Raggiunta la posizione corretta la vite deve essere nuovamente serrata, con la garanzia che il tutto resti bloccato nella giusta posizione.

Partner nella produzione dei sistemi esposimetrici per Rolleiflex è la tedesca Gossen, nota per la produzione del Lunasix e dei modelli da questo derivati.
La Franke e Heidecke sviluppa negli anni ’60 con Gossen due importanti progetti: il primo sulla Rollei Magic che rappresenta il tentativo, mal riuscito, di introdurre un sistema di calcolo automatico dell’ esposizione su un modello di biottica.
Il secondo con l’esposimetro della Rollei 35 che contribuirà invece al grande successo di questa fotocamera.
Restando nel mondo delle TLR, la Rollei Magic uscita dal 1960 nella versione I e nel 1962 nella versione II, è di norma piuttosto snobbata anche a causa del malfunzionamento dell’esposimetro che soffre di invecchiamento al pari ad esempio di quello delle Zeiss Ikon Contaflex o delle Voigtländer Ultramatic con le quali condivide lo stesso principio di funzionamento.
Questo fatto determina, almeno per il primo modello di Rollei Magic, prodotto dal 1960 al 1962, la sostanziale inutilizzabilità dell’apparecchio.
Vi è poi da dire che sull’altare dell’automatismo fu sacrificata la versatilità, limitando ad esempio la gamma dei tempi che su questo modello va da 1/30 a 1/300 di secondo.
Di contro, trovato un esemplare ancora funzionante, colpisce la semplicità d’uso che abbinata all’ottica, uno Schneider Xenar 75mm 3.5, garantisce risultati di ottima qualità.
Con questi due modelli, interessanti dal mio punto di vista sotti il profilo del design, viene introdotto, sebbene con ritardo, il concetto di semplificazione d’uso descritto nella pubblicità di Minolta che ho inserito all’inizio di questo articolo.


Qui termina questa breve carrellata sugli esposimetri per Rolleiflex biottica che costituiscono una interessante, seppur piccola, parte del repertorio di accessori di queste affascinanti fotocamere.
Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com
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