L’interesse per la fotografia ha, nel periodo tra le due guerre, un momento di forte crescita, spinta anche dalla diffusione di apparecchi maggiormente compatti e di sempre più semplice ed affidabile utilizzo.
Ne sono prova, ad esempio, il lancio da parte di Franke e Heidecke della Rolleiflex e di quello da parte di Leitz della fotocamera di Oskar Barnack.
Tra i casi di quegli anni, scoprii qualche tempo fa quello di Jacques Bogopolski.
Facciamo un passo indietro e torniamo alla fine degli anni venti.
“L’anno era il 1927, l’era industriale era in pieno svolgimento e il mondo si stava innamorando del film in movimento. Questa nuova forma d’arte, tuttavia, sarebbe rimasta elitaria e irraggiungibile se Jaques Bolsey non avesse creato la rivoluzionaria Bolex. Per mezzo secolo dopo la sua morte, nel 1962, il contenuto della vita di quest’uomo ha giaciuto sepolto in uno scantinato a New York. Dimenticato, il suo nome sarebbe stato omesso dai libri di testo, la sua eredità sarebbe stata oscurata e la storia di un inventore perduto non rivelata.”
Con questo incipit viene presentato il progetto sviluppato da Alyssa Bolsey pronipote di Jacques Bogopolski, naturalizzato Bolsey dopo il suo arrivo negli USA nel 1939.
Dopo aver appreso che il suo bisnonno aveva inventato l’iconica fotocamera Bolex, la giovane cineasta Alyssa Bolsey ha ricostruito la storia della Bolex dall’invenzione fino all’attuale sviluppo nell’era digitale. Dopo l’introduzione del film 16mm avvenuta nel 1923 ad opera di Kodak, Bolsey ha inventato la Bolex, una cinepresa di utilizzo semplice e flessibile.
Alyssa scrive sempre nella presentazione del film come con questa macchina da presa il bisnonno sia diventato un regista e un importante pioniere del cinema a Ginevra, creando film personali, professionali ed educativi.
Bolsey non immaginava certo quanto questa invenzione sarebbe sopravvissuta a lui e quanto sarebbe stata la chiave per realizzare il suo sogno per un cinema accessibile a tutti.
Nel 1814 Moïse Paillard fonda a Sainte-Croix, in Svizzera, una piccola fabbrica di orologi. In seguito l’azienda, cui erano subentrati gli eredi, produsse anche grammofoni, radio e dal 1904, a Yverdon-les-Bains, macchine da scrivere.
Quando ancora il suo nome era Bogopolski, Bolsey registra il 25 ottobre 1927 il marchio Bolex introducendo sul mercato la Auto Cine Camera A.
Dall’unione tra le due aziende, il 29 settembre 1930 nasce la Bolex Paillard, che lancia nel 1933 la famosa cinepresa Bolex Paillard H 16 per il formato 16 millimetri cui segue nel 1938 il modello H8 per il formato 8 millimetri.
Del resto cosa c’è di più simile al motore a molla di un grammofono, se non quello di una cinepresa che deve al pari consentire un preciso scorrimento della pellicola ed una altrettanto precisa rotazione dell’otturatore?
La grande affidabilità delle cineprese Bolex unitamente alla maneggevolezza e alla forma molto compatta consentiranno un grande diffusione incrementata nel dopoguerra da una serie di innovativi modelli.
La principale antagonista di Bolex è stata ed è tuttora Arri, azienda fondata a Monaco di Baviera nel 1917 da August Arnold e Robert Richter come Arnold & Richter Cine Technik.
Nel 1924, Arnold e Richter svilupparono la loro prima macchina da presa, la portatile Kinarri 35. Nel 1937, Arri introdusse la prima cinepresa reflex al mondo, la Arriflex 35, sulla base del progetto di Erich Kästner. Questa tecnologia impiega uno specchio rotante che consente la visualizzazione senza errori di parallasse all’operatore, permettendo la messa a fuoco attraverso il mirino reflex, proprio come in una fotocamera SLR.
Nel 1952, Arri introduce l’Arriflex 16ST, la prima cinepresa reflex per il formato 16 mm seguita da Bolex nel 1956 dalla H16 RX.
L’antagonismo sviluppato negli anni dai due produttori è stato ben bilanciato dalle politiche di prodotto che hanno consentito alle due aziende di ritagliarsi ciascuna un fedele segmento di pubblico.
ARRI mantiene una posizione di spicco nel formato 35 mm nel quale Bolex non entrerà mai.
Di contro Bolex svilupperà e perfezionerà il motore a molla delle H16 che consente di utilizzare la cineprese senza alimentazione elettrica rendendo la macchina preferita per riprese in condizioni ambientali e climatiche maggiormente estreme, ambiti questi dove le ARRI, alimentate elettricamente, possono presentare problemi di autonomia.
Nel dopoguerra Bolex sviluppa due famiglie di macchina da presa: la prima per il formato 8 mm legato alle riprese amatoriali con il modello di punta, la H8RX, che è di fatto una H16 in miniatura.
In questo segmento nasce nel 1942 la compatta L8 corredata da obiettivi Hugo Mayer, Zeiss, Som Berthiot e, dal 1944, anche Kern.
Nel 1953 esce un’altra compatta, denominata B8, dotata di torretta per due obiettivi che dal 1958 diviene la prima cinepresa al mondo con la misurazione esposimetrica della luce attraverso l’obiettivo con un sistema che ricorda quanto Leitz svilupperà anni dopo nella Leica M5 e nella Leica CL
Nel 1959 viene lanciato il modello D8L con la torretta per tre obiettivi mentre nel 1961 esce la Bolex P1, reflex compatta fornita di obiettivo zoom.
Nel 1967 viene presentato il modello “150 Super”, destinato al formato Super 8 che Kodak introduce nel 1965.
La seconda famiglia di macchine da presa utilizza le pellicole in formato 16 mm ed ha la principale novità nel lancio nel 1956 della fotocamera Bolex H-16 Reflex. La fotocamera utilizza un sistema di prismi fissi a scomposizione che deviano nel mirino il 25% della luce che entra dall’obiettivo. L’H-16 Reflex utilizza un attacco delle ottiche C standard.
Il prisma, situato dietro l’obiettivo e davanti al piano del film, influisce sulla correzione ottica degli obiettivi con lunghezze focali inferiori ai 50mm. Kern introduce così una linea di obiettivi denominati “RX” corretti otticamente per la reflex.
Chi voglia utilizzare una H16 RX deve accertarsi che questa monti gli obiettivi marchiati RX, pena un errore di esposizione in fase di ripresa.
La serie H16 RX evolve in successivi quattro modelli attraverso l’introduzione di migliorie e innovazioni che ne sosterranno la fama e l’utilizzo in tutto il mondo.
La H16 RX5, ultimo modello della serie, prevede il montaggio del magazzino per bobine di pellicola da 100 metri, le cosiddette “orecchie dì Topolino”, aumentando così l’autonomia di ripresa, a discapito delle dimensioni.
Viene inoltre lanciato un motore ausiliario che deve essere posizionato al posto della manovella di ricarica in modo da garantire una maggiore autonomia di ripresa senza dover interrompere per ricaricare la molla.
Tra gli altri accessori disponibili sin dagli anni ’50 per la H16 vi è il kit, sempre prodotto da Kern, per riprese stereo che consente di riprendere e successivamente proiettare in 3D, tecnica questa che ebbe grande diffusione in quegli anni.
Una menzione a parte meritano gli obiettivi della Kern, anch’essi prodotti in Svizzera.
Nel 1944, gli obiettivi Kern furono le prime lenti cinematografiche prodotte con un rivestimento antiriflesso, nonché le prime ad includere una scala automatica della profondità di campo. Il diaframma ad iride era caratterizzato da fermi di clic precisi.
La ricerca e i miglioramenti dell’ingegneria ottica richiesti dalle esigenze della seconda guerra mondiale portarono alla linea di obiettivi Kern Switar e Yvar.
La collaborazione con Paillard permise di fornire una linea di obiettivi di qualità per le cineprese Bolex per tutti i modelli 8 e 16 mm sviluppati dopo la guerra.
Nel 2018, BOLEX INTERNATIONAL SA in Svizzera continua a produrre le leggendarie cineprese 16 mm e SUPER 16, nonché servizi per cineprese e proiettori, ricambi per proiettori Bolex, cinghie, lampade, assistenza su cineprese Bolex Super 8, gestisce inoltre il centro di riparazione per tutte le cineprese Bolex direttamente in Svizzera.
Sono attualmente in produzione due modelli, la H16 EL camera e la Mechanical system image photo H16 SBM.
Per tutta la vita Jacques Bolsey ha continuato a produrre un’ampia varietà di invenzioni, spesso in campi abbastanza indipendenti. Al momento della sua morte avvenuta nel 1962 egli stava, ad esempio, rielaborando i disegni per un auto elettrica, che aveva iniziato decenni prima.
La storia di questo marchio, la diffusione delle sue macchine da presa, il significato che queste hanno rappresentato per il cinema amatoriale e professionale costituiscono l’eredità di Jacques Bolsey che viene ora ripercorsa e celebrata nel lavoro di Alyssa del quale qui sotto è possibile visualizzare il teaser.
Massimiliano Terzi.
Bibliografia e sitografia: Beyond the Bolex: a documentary film; brochure Bolex Paillard.
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