Ho riflettuto a lungo prima di scrivere e mentre scrivevo questo articolo.
Trattare le questioni legate a queste fotocamere presenta una certa difficoltà poiché la letteratura, prevalentemente in lingua tedesca, è complessivamente poco nutrita, ed in più perché quanto c’è da sapere è già riassunto nella recente pubblicazione di Pierpaolo Ghisetti e Marco Cavina il libro Contarex.
Con Marco peraltro condivido, immeritatamente, le pagine di SENSEI.
La grande passione che anche io nutro per queste fotocamere e le rilevanti contraddizioni che questa serie porta con sé, mi hanno recentemente indotto qualche riflessione che condivido in queste righe.
Sarà probabilmente capitato anche a voi di maneggiare un prodotto, del quale peraltro potreste anche subire il fascino, e di chiedervi cosa diavolo sia frullato in testa a coloro che lo hanno ideato, prodotto e commercializzato.
Questa domanda non sottende, necessariamente, un sentimento negativo ma piuttosto la perplessità nel non comprendere quale sia, o fosse stato, l’obiettivo alla base del progetto.
Questo interrogativo mi ricorda un passaggio del primo libro di Paolo Villaggio e poi del film interpretato dallo stesso autore, nel quale il Rag. Fantozzi si chiede, guardando la moglie, cosa mai lo spinse un giorno a sposare quella specie di curioso animale domestico.
Identica considerazione potrebbe giustamente essere fatta, dico io, anche dalla Signora Pina.
Nel mio caso, vi assicuro, si verifica solo la seconda condizione coincidente con le situazioni nella quali mia moglie mi vede immerso nell’amata ferraglia.
Tutto questo spiega come non si è sempre del tutto consapevoli dei reali effetti conseguenti alle proprie azioni, anche nel caso in cui queste siano animate da profondo affetto.
Vedremo invece in questo articolo cosa accade quando esse siano dettate dalla necessità di restare a galla in un mercato sempre più competitivo e di come si possa fallire pur mettendo in campo il massimo delle capacità e della razionalità.
Di fronte a sfide di mercato rilevanti per il mondo dei produttori di fotocamere, come potevano essere quelle di inizio anni ’60, il tema della razionalità delle scelte giocò un ruolo profondamente diverso soprattutto tra mondo occidentale ed orientale.
Al 1959 questi due mondi arrivarono con una filosofia di prodotto molto differente, che trova un buon esempio nell’uscita, più o meno contemporanea, della Contarex e della Nikon F.
In questo senso possiamo parlare di un diverso modo di concepire il mercato che fu per gli occidentali visto in un’ottica di complicazione e per gli orientali in una di complessità.
Sull’approccio dell’industria giapponese e sulla filosofia costruttiva della Nikon F ho parlato in questo articolo.
Fino alla fine degli anni ’60 invece l’industria tedesca di produzione di fotocamere concepì il mercato come complicato, mettendo in produzione apparecchi spesso autocelebrativi della propria capacità di sviluppare una sofisticata meccanica, sofisticazione che evidentemente doveva, dal loro punto di vista, rappresentare il valore aggiunto percepito dai propri clienti.
Occorre peraltro osservare che precisione meccanica, robustezza e qualità delle ottiche furono per i precedenti decenni le caratteristiche di mercato trainanti per l’industria tedesca.
Ma con buona probabilità mai a nessuno balenò mai veramente l’idea di approfondire in concreto la reale percezione dei propri clienti o potenziali clienti al mutare dei tempi e degli operatori di mercato.
Questo abbaglio, che portò i produttori tedeschi fuori gioco nel giro di un decennio, è a mio giudizio ben rappresentato dagli apparecchi Contarex.

Come scrivevo in apertura, sono da sempre un buon estimatore di queste fotocamere e sino a qualche anno fa avevo un discreto corredo composto da un paio di corpi, una Contarex ID e una Super II serie e da svariate ottiche tra le quali ho profondamente adorato il 21 mm Biogon il 25 mm Distagon, il 50mm 2 Planar e l’Olympia Sonnar 250 mm primo tipo.
Questa estate si è riaccesa la fiamma, complice il ritrovamento di un lotto di ricambi che comprendeva una paio di fotocamere smontate ed incomplete.
Durante le vacanze, per porre rimedio alla profonda noia che mi deriva dallo stare al mare, ho recuperato per una cifra più che ragionevole una Contarex I non funzionante con l’intento di smontarla.
La macchina non era del tutto ferma e fatti un paio di tentativi senza aprirla – togliere la calotta di una Contarex è veramente una prova d’ardimento – riuscivo addirittura a scattare un rullo utilizzando un 35 mm 4 Distagon piuttosto malconcio ma con ancora tanto da dire.
Un 35 mm che ha una distanza di messa a fuoco minima di 19 cm, così, giusto per dire.
Unico problema la chiusura del diaframma in fase di scatto che resta uno dei talloni d’Achille di queste macchine tanto fastidioso quanto lungo e complicato da risolvere.
Tornato a casa mi decido ad aprire il corpo macchina usando come riferimento i due esemplari smontati.
Per togliere la calotta di una Contarex I occorre smontare ben 33 parti e togliere, in aggiunta, 21 viti, 5 tra mollette e molle, oltre ad un buon numero di rondelle.
Sono abbastanza convinto che nessun’altra reflex 35 abbia mai avuto selettore dei tempi, ricarica e riavvolgimento composti da così tante parti.

In realtà una volta tolta la calotta non vi è nulla che si possa umanamente fare sui meccanismi della fotocamera che compaiono a vista, senza essere addestrati e disporre di strumentazione e documentazione tecnica appropriata, se non verificare con un tester la possibile causa del malfunzionamento dell’esposimetro che su questo esemplare era completamente morto.
E morto è rimasto, coerentemente con l’occhio di Polifemo associato al soprannome di questa fotocamera.
interessante è invece osservare la disposizione dei componenti: sulla destra si trova l’imponente gruppo meccanico di comando dei tempi, dal quale parte la trasmissione del valore di velocità di otturazione impostato, attraverso un sistema a carrucola, con un cordino che passa sopra l’oculare e raggiunge l’esposimetro.

Al di là del prisma troviamo l’esposimetro dal quale parte il cablaggio che arriva alla grossa cellula al selenio posta sopra il bocchettone di innesto delle ottiche, cellula dotata di un meccanismo ad iride di simulazione del diaframma.


Questo primo esame consente di comprendere da un lato la concezione modulare di questa fotocamera, potendone osservare i primi due macro componenti nel gruppo di comando dell’otturatore e nell’esposimetro, dall’atro di osservare la tecnica con la quale è stato realizzato quest’ultimo, differenziando la trasmissione dei valori di tempo e diaframmi attraverso i due sistemi visti sopra.
Tolta la calotta è invece possibile effettuare una pulizia a fondo del mirino, operazione anche in questo caso non banale.
Se è necessario rimuovere la polvere tra la lente di Fresnel, il vetrino di protezione e la lente che si trova subito sotto il prisma occorre togliere il nastro adesivo messo a protezione, pulire la colla e smontare vetrini e lenti.


Un secondo punto debole di questa fotocamera è il perno di ricarica dell’otturatore e avanzamento della pellicola sul quale viene montato nell’ordine il selettore dei tempi, la leva di ricarica ed il contapose.

Il filetto che si vede in foto serve per ancorare il sistema di ricarica e deve essere in buone condizioni per poter garantire la tenuta del meccanismo e soprattutto consentire alla molla di ritorno della leva di carica di rimanere in sede.
La filettatura è contraria, cosa da sapere in fase di smontaggio della macchina per vitare di rovinare irrimediabilmente questa delicata parte.
Un’ulteriore chicca che rende molto difficoltosa la fase di smontaggio ed estremamente complicata quella di rimontaggio è la posizione della molla di ritorno della leva di carica.

Facevo prima cenno alla sistemazione del dispositivo di ritorno del diaframma in posizione di lavoro durante lo scatto.
La Contarex non fu la prima reflex ad otturatore a tendina con diaframma automatico, ma fu di certo la prima, e forse l’ultima, a posizionare questo meccanismo nel corpo macchina anziché nelle ottiche come siamo di norma abituati a vedere.

Ne deriva che un difetto di funzionamento di questa componente, condiziona il risultato, rallentando, a prescindere dall’ottica usata, la chiusura del diaframma durante lo scatto con il conseguente rischio di ottenere immagini sovraesposte.
Questo meccanismo è coassiale al bocchettone delle ottiche ed è protetto dalla calotta cromata anteriore per togliere la quale è necessario aver smontato quella superiore.
Ecco quindi che per sistemare il difetto, abbastanza tipico di queste macchine, occorre smontare per metà l’apparecchio.

Il problema del malfunzionamento della chiusura del diaframma può dipendere da due componenti: l’allentamento della molla di ritorno la cui tensione può essere regolata attraverso il meccanismo a “cricchetto” come mostrato nella foto sopra.
Qualora questa operazione non sia sufficiente a ripristinare la piena funzionalità del meccanismo, il problema è da ricercare nello sporco accumulatosi nel tempo soprattutto nel cuscinetto a sfere sul quale ruota la camma di chiusura del diaframma.
Per accedere al cuscinetto è necessario smontare completamente la piastra anteriore, operazione nella quale non è prudente avventurarsi.
La piastra anteriore è il terzo modulo del quale è composta questa fotocamera.
Prima di parlare del quarto modulo, racconto che, preso dall’entusiasmo, mi sono procurato, sempre per una somma più che ragionevole, un secondo corpo, questa volta una Contarex ID, per intenderci quella con i vetrini di messa a fuoco intercambiabili.
La macchina aveva una delle due tendine staccata nella parte inferiore dal resto del meccanismo.

Veniamo quindi al quarto modulo, costituito dal gruppo delle tendine, il cui accesso è straordinariamente semplice.

L’operazione di smontaggio che rende visibile il gruppo tendine, per quanto semplice, deve essere effettuata con molta cautela in quanto una volta tolte le quattro viti di tenuta, la separazione della parte relativa all’alloggiamento ed allo scorrimento della pellicola comporta la fuoriuscita di due perni con relative rondelle e molle.
Il primo con le ruote dentate comanda il trascinamento del film, il secondo è responsabile della trasmissione dell’informazione sull’avanzamento del film in caso sia montato il magazzino intercambiabile.
Ad operazione effettuata avrete in bella vista tutto il sistema delle tendine ivi compresi i regolatori della tensione dei rulli.

Anche in questo caso l’operazione è a puro scopo edonistico: tensione dei rulli, lubrificazione o eventuale sostituzione delle tendine devono essere effettuate da personale esperto.

Arrivati a questo punto nello smontaggio della Contarex ID, mi rendo conto che la tendina non è rotta ma semplicemente sganciata dalla fettuccia che la tiene collegata al secondo perno.
Riattaccata l’asola al riscontro metallico della tendina, scaricata la molla di tensionamento, riportato in fase l’otturatore e ricaricata la molla, la macchina è ritornata in piena efficienza.
Ero così poco fiducioso di riuscire a sistemare il problema che non ho scattato per scaramanzia foto nemmeno con il cellulare durante le attività sopra descritte.
Il gruppo otturatore rappresenta dal mio punto di vista un’altra delle grandi prerogative di questo modello, garantendo lo stesso percorso di scorrimento ad entrambe le tendine, prerogativa che consente una assoluta precisione anche nell’esecuzione dei tempi veloci.
Ci troviamo quindi di fronte ad una razionale progettazione, con soluzioni meccaniche molto all’avanguardia per l’epoca e che soprattutto non erano una evoluzione o una copia di schemi costruttivi già esistenti.
Modularità, innovazione e razionalità si scontrano tuttavia con la complicazione costruttiva che scontava la necessità di disporre di centri assistenza ben formati e di un impiego di mano d’opera per ogni singola riparazione decisamente superiore a tutti gli altri modelli di questa categoria.
Questo spiega perché fosse, ed è tutt’ora, molto costoso fare manutenzione su queste fotocamere, ammesso che si trovi qualche riparatore ancora disposto ad impegnare ore di lavoro anche per interventi di manutenzione considerai di routine.
Al costo degli interventi di riparazione si affiancava quello di acquisto.
Ho trovato in rete alcuni riferimenti al fatto che in Zeiss Ikon elaborarono questo progetto principalmente con la mira di esportare queste fotocamere nel mercato statunitense.
Non so se questo sia fondato né conosco il rapporto tra le Contarex vendute in Europa e negli US.
Nel 1962 in Italia la Contarex I veniva proposta da Vasari, nota organizzazione romana di vendita di prodotti ottici e fotografici dell’epoca, a ben 322.000 lire corredata dal 50mm 2 Planar.

Lo stesso commerciante proponeva la Nikon F prisma con il 50mm 2 a 240.000 lire, la Rolleiflex 2.8F a 225.000 lire e l’Hasselblad 500C con l’80mm 2.8 Planar a 400.000 lire.
Nel 1972 una Contarex SE era nel listino dell’importatore ufficiale in Italia a 810.000 lire.
Giusto per confronto nello stesso anno una Fiat 128 costava circa 1,2 milioni di lire.
Questa fotocamera considerata, probabilmente fuori target dalla stampa italiana specializzata, non compare mai nei listini dell’usato e ad essa viene dedicata la prima prova, che io abbia avuto modo di trovare, solo nel 1965 dalla rivista Progresso Fotografico nella rubrica i nostri TEST.

Il giudizio sintetico fu: la Contarex è una macchina di qualità superiori anche se non di concezione del tutto perfetta. Completa e versatile è molto precisa e robusta.
In chiusura condivido alcuni scatti dei rulli prova effettuati dopo il rimontaggio dei dei due esemplari dei quali ho parlato e che vedete smontati nelle foto pubblicate sopra.
Unico inconveniente rilevato è che la Contarex I manifestava durante la prova, peraltro non su tutti i fotogrammi, una piccola infiltrazione di luce proveniente dalla giunzione tra il corpo macchina e il carter di alloggiamento e scorrimento della pellicola, infiltrazione poi risolta con il posizionamento di una guarnizione.




Personalmente mi ritengo molto fortunato: al termine degli esperimenti di anatomia patologica, le mie due Contarex sono ancora vive e ora ben funzionanti, con in più il vantaggio di avermi consentito di approfondire la conoscenza meccanica di questi straordinari apparecchi.
Ma sono pur sempre esperimenti e quindi dall’esito incerto: il suggerimento è sempre quello di rivolgersi ad un riparatore professionista in grado di garantirvi la certezza del risultato.
Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com

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Un contributo tanto prezioso, quanto interessante e complimenti per la pazienza nell'”entrare” tra le complessità meccaniche della magnifica Contarex, riuscendo a spiegare con rara chiarezza i misteri celati sotto gli scintillanti carter del capolavoro di Zeiss Ikon.
Grazie!
Max
Da antico utente delle meravigliose Contarex , la cui qualita’ di immagini compensa la pazienza necessaria per usarle, Le porgo i piu’ vivi complimenti per l’ interessantissimo articolo.
Grazie molte, mi fa piacere che la passione che condividiamo per queste fotocamere emerga da questo articolo e sia apprezzata.
Max