Il valore, l’affetto e il prezzo

Sarà capitato a molti di voi di assistere o di partecipare a discussioni, soprattutto sui social media, nelle quali prima o poi un malcapitato viene brutalmente maltrattato solo per aver espresso un parere personale su questo o quel modello piuttosto che per aver posto una domanda che ai più sembra offensiva per via della banalità o dell’ingenuità percepita.

Se escludiamo i “troll” che partecipano alle discussioni con interventi fuori luogo, provocatori o insensati per il gusto di suscitare reazioni, il resto dei soggetti che si espone al pubblico ludibrio lo fa spesso in buona fede, animato da una visione che muove, in modo forse un po’ troppo assoluto, da un punto di vista personale che come tale andrebbe a mio avviso rispettato.

Poi, dico io, se Raymond Queneau negli Esercizi di stile, ha trovato il modo di descrivere in 99 racconti lo stesso banale episodio accaduto su un autobus, non è forse possibile arrivare a confutare le tesi altrui senza essere offensivi o che questi se ne abbiano a male?

Difficile dirlo senza far ricorso alla retorica sull’impoverimento del linguaggio scritto e parlato alla quale ormai da anni assistiamo.

Se mi riferisco poi alla mia esperienza personale devo ammettere che scrivendo in questi ultimi due anni per SENSEI, mi sono sforzato di migliorare l’obiettività della mia visione e mi rendo anche conto di non esserci sempre riuscito.

La percezione di un appassionato, qualsiasi materia esso tratti, non è mai assolutamente imparziale se non altro per la prospettiva soggettiva nella quale ciascuno si mette nel raccogliere gli elementi, nel catalogarli ed organizzarli e nel costruirci sopra un ragionamento o una narrazione.

Del resto, la visione soggettiva è quella che ci distingue, che spesso qualifica le nostre opinioni ed è il fulcro di una visione espressiva come quella della fotografia.

Sovente chi approfondisce acquisendo il maggior numero di elementi possibili, sforzandosi poi di essere imparziale e scevro da coinvolgimenti, finisce per fornire un contributo neutro.

Come diceva Pablo Picasso “i computer sono inutili, ti sanno dare solo risposte”.

Di contro accade spesso che chi traccia giudizi senza razionali, riscuota maggiore successo anche in relazione al fatto di sopperire a questa mancanza con proclami o toni decisamente più attrattivi di chi mantiene un profilo più ragionevole, sforzandosi magari di integralo con dei contenuti.

Queste dinamiche sono trasversali a passioni, opinioni politiche e quant’altro riguardi un coinvolgimento emotivo e passionale. Per coloro che avessero voglia di approfondire il tema segnalo tra i tanti testi scritti sull’argomento, quello di Robert Cialdini Le armi della persuasione

Se siete mai stati “trollati” o avete – più o meno consapevolmente – “trollato” qualcuno in qualche discussione o in qualche post, li troverete molte delle spiegazioni sulle dinamiche che alimentano queste situazioni.

Se circoscriviamo queste riflessioni al mondo della fotografia amatoriale o del collezionismo di apparecchi fotografici, possiamo ben distinguere tre aspetti, teoricamente applicabili anche ad altri contesti, che rappresentano il modo con il quale si sviluppano opinioni, sentimenti, pareri, e di come questi finiscano anche per ripercuotersi sul valore materiale degli oggetti.

Il primo e più in grado di suscitare sentimenti di difesa o di offesa, riguarda la sfera affettiva.

Una macchina fotografica o un’immagine possono essere per un appassionato evocativi di situazioni, di persone o di esperienze alle quali sono legati ricordi che ciascuno porta nel proprio vissuto.

 

Farsi fotografare con la macchina fotografica amata non è essa stessa l’essenza della fotografia?

 

È questo certamente un approccio irrazionale ed è quello che suscita spesso le maggiori prese di posizione di difesa o offesa.

La storicità e l’iconicità di alcuni modelli o di alcune marche, la presunta padronanza di questa o quella tecnica, scatena gli animi rendendo a volte impossibile iniziare e sviluppare una discussione serena, rispetto alla visione dogmatica degli interlocutori che non ammette deroghe.

Senza entrare troppo nel dettaglio, mi è capitato tempo fa di assistere ad un episodio nel quale un malcapitato, per aver scritto un post su uno dei tanti gruppi FB che trattano il tema analogico, chiedendo a cosa si riferissero i numeretti uguali ai valori dei diaframmi, posizionati sull’anello di messa a fuoco, fu lapidato dai Cavalieri del Sacro ordine della Profondità di Campo.

Senza pietà.

Immaginate un po’ cosa quotidianamente potrebbe succedere a colui che improvvidamente dovesse paragonare una Tolleiflex alle famose biottiche di Braunschweig, piuttosto a colui che provasse, e di aspiranti suicida se ne vedono, a paragonare il bokeh di un Jupiter 8 a quello di un’ottica presa a caso tra la produzione tedesca nella regione dell’Assia.

Il secondo aspetto, tra quelli a cui facevo cenno prima, fa riferimento a questioni esclusivamente razionali e può accadere si trovi in contrasto con il primo.

Si tratta del valore.

Per valore intendo tutto ciò che può gravitare attorno alle caratteristiche intrinseche dell’oggetto: parliamo quindi di valore collezionistico in relazione ad esempio alla rarità, piuttosto che di valore storico in relazione alla portata innovativa per l’epoca, di valore costruttivo in ragione dei materiali, della tecnica e delle soluzioni adottate oppure di valore del brand.

Qui non ci piove, giacché qualsiasi tesi seria deve essere supportata da elementi che ne mettano in risalto il senso e le ragioni.

La foto che trovate nel titolo di questo articolo è stata scattata con una Contarex Cyclope secondo tipo e con un 50mm Blitz Planar.

Quando guardo le fotografie che ho scattato con questa macchina, che al pari del successivo modello Super ho adorato, prevale il sentimento di affetto e difesa, che sono invece costretto ad abbattere se guardo questo esemplare, ad esempio, dal punto di vista del valore storico che la annovera di certo tra i grandi ma intempestivi prodotti dell’industria fotografica dell’epoca.

Diversa ancora è la valutazione sotto il profilo del valore collezionistico che pone invece queste fotocamere ed il loro nutrito corredo di ottiche, tra gli oggetti desiderabili dagli appassionati del marchio Zeiss Ikon.

La sintesi dei primi due aspetti, affetto e valore, si trova spesso riassunta nel terzo, rappresentato dal prezzo.

Il prezzo significa quanto si è disposti a pagare per possedere un determinato modello e dipende dalla rarità o dal valore affettivo a questo attribuito, ma su questo aspetto ritorno tra poco.

Vi siete mai chiesti, io per esempio lo faccio spesso, per quale motivo si è disposti a spendere 299 euro per il remake della Lubitel 166 e grossomodo la metà per una Rolleicord IV?

Lo stesso ragionamento può essere effettuato nel confronto di prezzo e valore di una Lomo LC-A e di una Minox 35.

In entrambi questi casi il valore storico, e per certi versi anche quello collezionistico, dei due modelli meno quotati, è di certo ben superiore.

Ma il ribadire questo concetto non serve a far sì che il loro prezzo cambi.

Per quanto poi si possa immaginare una produzione ampia di queste due vecchie analogiche, che ne possa far scendere le quotazioni a causa del basso indice di rarità, non immagineremo mai quanto possa essere stata esageratamente più ampia la produzione delle Lubitel o delle Lomo LC.

Da che cosa dipende quindi il maggior o minor valore economico di una fotocamera?

La risposta o meglio le risposte sono innumerevoli ed forse il caso di sottolineare da cosa a mio avviso non dipende.

Non dipende dall’esaltarne fino allo sfinimento le caratteristiche come non dipende dal difenderne a tutti costi il valore affettivo, aspetti questi che restano importanti ma non determinanti.

Pur potendo dire tutto il male possibile di una Lubitel 166, il fascino che ha ad esempio questo scatto realizzato da Riccardo Bucchino con questa macchina, spiega che alla fine il risultato è sempre equalizzatore e che una buona fotocamera, da sola, non farà mai un buon fotografo.

 

 

Potete vedere qui il video realizzato da Riccardo sulla Lubitel 166.

 

Massimiliano Terzi
maxterzi64@gmail.com

 

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Contarex Cyclope II –  Zeiss Planar Blitz 50mm f/2 – Fuji Velvia 100

 

 

 

 

 

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