Ho conosciuto di persona Giulio nel luglio 2020 quando già il libro sul Gran Sasso era stato ultimato. Ne avevo seguito la genesi nei mesi precedenti e mi aveva molto colpito l’approccio della fotografia in montagna raccontato dall’autore, approccio del quale ho poi avuto occasione di parlare nell’articolo nel quale descrivo una giornata trascorsa con lui sul monte abruzzese per antonomasia.
Dal mio punto di vista l’Abruzzo si esaurisce tra versante aquilano e teramano del Gran Sasso con qualche appendice verso il pescarese. Del resto, quei territori, sono il mio buen retiro e lì ho concentrati affetti e senso di appartenenza ad una terra non mia ma che mi ha accolto e profondamente affascinato.
Durante il tempo trascorso insieme in quella torrida giornata di luglio, Giulio mi aveva anticipato la sua idea di dedicare alla Maiella il nuovo libro che già all’epoca aveva in mente di realizzare.
Colsi la notizia in modo piuttosto indifferente più che per falso campanilismo, per la profonda ignoranza che realizzai in quel momento di avere su quella montagna sulla quale non ero, e a tutt’oggi non sono, mai stato.

L’unico punto di riferimento, da aquilano adottivo, era il ricordo di Pietro Angelerio del Morrone le cui spoglie sono custodite nel capoluogo abruzzese nella chiesa di Collemaggio nella quale fu incoronato Papa il 29 agosto del 1294 con il nome di Celestino V.
Pietro pur provenendo da una zona diversa, per quanto non molto distante dalla Maiella, su questa montagna trascorse i primi anni da eremita trovando rifugio sotto un costone di roccia nel quale fu edificato dopo la sua morte l’eremo di Sant’Onofrio.

Egli si spostò poi sul versante settentrionale della Maiella, nei pressi di Roccamorice, nell’abbazia di S. Spirito a Maiella che diventerà la prima casa della congregazione religiosa da lui fondata, che assumerà poi il nome di Ordine dei Celestini.

Questi luoghi e questi itinerari sono stati percorsi da Giulio nel periodo dedicato a ritrarre i molteplici scenari di questa montagna degli uomini e dello spirito come riportato nel titolo del libro, fedele, come lui stesso ricorda nella presentazione, all’impostazione a metà strada tra documentazione ed estetica, rigorosamente in bianco e nero su pellicole di grande formato usando banchi ottici.
Questo approccio alla fotografia in montagna richiede lucidità, allenamento e concentrazione che maturano in ore e ore di salita a piedi con l’attrezzatura sulle spalle, nell’individuazione dei punti di ripresa e nell’utilizzo della fotocamera grande formato spesso in condizioni difficili se non proibitive.

Questa è la magia delle immagini che è possibile vedere nell’anteprima del libro, attualmente oggetto di un’iniziativa di crowdfunding per finanziarne la stampa, a questo link.
Sulle fotocamere utilizzate, sulla tecnica e sulle storie legate a questo lavoro avremo occasione di ritornare con Giulio: per il momento gustiamo insieme questo repertorio.
Max Terzi
maxterzi64@gmail.com.

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